Alfabeta - anno VII - n. 76 - settembre 1985

Tendenze di ricerca/Cinema Avanguardi!eBo,uovtecniche ~ In continuazione e sviluppo del convegno a Palermo «Il senso della letteratura» (9-1I novembre 1984) abbiamo dato inizio a una serie di scritti sulla ricerca in diversi campi: Aldo Gargani (epistemologia) e Karlheinz Stockhausen (musica) nel n. 68 (gennaio '85), Eugenio Barba (teatro) e Antonio Attisani (teatro) nel n. 72 (maggio '85), Gilio Dorfles (arti) e Francesco Leonetti (letteratura e arte) nel n. 74/75 (luglio-agosto '85). Allarghiamo qui la discussione alle tematiche del cinema con questo intervento di Vittorio Boarini, mentre sono previsti contributi di PaoloBertetto e altri autori sullo stesso argomento. E, sint?matico c?e il cinema restt sostanzialmente estraneo alle vicende dell'avanguardia letteraria e artistica del primo ventennio del secolo per coglierne alcuni degli elementi significativi solo quando la restaurazione omologa l'avanguardia come tradizione del nuovo. Il cinema, infatti, nasce come altro rispetto all'arte, come meraviglia tecnica, conquista del «progresso», realizzazione di ingegneria, industria, cioè lavoro sociale, risultato delle forze produttive: e quando si afferma come linguaggio, autonoma possibilità di una innovatrice comunicazione culturale, si colloca proprio nell'ambito di quel tentativo di conciliazione fra arte e industria, a partire dal quale muove la comprensione dell'avanguardia. Se le categorie che connotano l'avanguardia storica non sono immediatamente riconoscibili nello sperimentalismo cinematografico degli anni Venti, le caratteristiche fondamentali dei movimenti neoavanguardistici sono presenti, e in alcuni casi in forma dispiegata, nel cinema, che diviene, nelle sue manifestazioni più conseguenti, una delle espressioni maggiormente significative dell'avanguardia rivisitata. Il cinema, che oltre a essere divenuto una grande industria è stato assunto di diritto fra le arti, assumendo nell' entre deux guerres dignità culturale pari a quella del teatro, delle arti figurative e della musica, condivide con queste il privilegio neoavanguardistico delle arti non semantiche sulla letteratura. Così il cinema è un riferimento obbligato, storicamente e teoricamente, per tutta la neoavanguardia e di essa esprime nel modo più compiuto la tendenza alla translinguisticità, cioè all'assunzione di un linguaggio universale costituito da segni separati dai referenti e ridotti a significanti scissi dai significati, vale a dire un linguaggio sottratto alla semanticità comune. Il cinema rivisita l'avanguardia nella linea che è tipica di ogni movimento neoavanguardistico: negazione anarchica del presente inteso come totalità alienata dei rapporti sociali comunicativi; instaurazione di una comunicazione altra, come rovesciamento della co- -:: municazione esistente in quanto ~ comunica, secondo la celebre formula di Marcuse, la rottura della comunicazione (è il caso dell'Underground americano); oppure, al di là della rottura comunicativa, ricostruendo il cinema dopo averlo destrutturato ed elevandolo a modello della «tragica realtà» occultata dall'apparente innocenza ~ del linguaggio filmico identificato ~ con il mondo (il cinema di Godard ~ ne è l'esempio più convincente). Ora il cinema partecipa pienamente al gioco delle tendenze e, pur non potendo· mettere sullo stesso piano l'avanguardia cinematografica americana (un'avanguardia di massa sostenuta dal Movement) con quella europea (meno radicale nel complesso e più intellettualistica), si possono comunque individuare, oltre all'area americana, un'area francese che dà vita alla Nouvelle vague, un'area inglese identificabile nel Free Cinema, un'area brasiliana da cui nasce il Cinema Novo. Certo che nel New American Cinema, connotato come underground, si possono individuare atteggiamenti differenziati e fasi diverse; che la Nouvelle vague nel suo complesso non rientra appieno in una definizione di neoavanguardia come quella che ho sommariamente indicata (e così dicasi per il Free Cinema, anche se sicuramente autori come A. Resnais e K.Reisz ne fanno parte a pieno titolo); che parte rilevante del cinema d'avanguardia è dovuto a personalità che è difficile far rientrare immediatamente in una tendenza. Tuttavia non mi sembra dubbio che quelle citate siano individuabili come precise tendenze cinematografiche, le quali, per tutti gli anni Sessanta, si contendono il privilegio di fare cinema come critica del cinema, come pratica teorica fondata sullo sconvolgimento anarchico delle strutture comunicative e della sensibilità. T endenze identificate come correnti, dunque, come gruppi d'avanguardia dotati ciascuno di caratteristiche proprie, per cui il cinema da esse espresso è riconoscibile per omogeneità linguistiche e, più in generale, culturali. Tendenze legate alla stagione della neoavanguardia e, quindi, esaurite con lo sfinimento che le espressioni avanguardistiche subiscono quando l'avanguardia finisce nel tentativo di realizzarsi praticamente, di passare dall'anticipazione teorica alla pratica dell'immaginazione al potere. In questa definizione di tendenza non sono perciò compresi fenomeni cinematografici che precedono gli anni Sessanta, anche se costituiscono espressioni culturali rilevantissime, le quali avranno poi notevole influenza sul cinema in generale e in particolare sulle neoavanguardie. È il caso del Neorealismo italiano (si pensi all'influenza di Rossellini sulla Nouvelle vague e in particolare su Godard) che, pur esprimendo un orientamento culturale unitario, è rappresentato, nei suoi esiti più alti, da registi assai diversi linguisticamente quali Visconti e De Sica, oltre al citato Rossellini, i quali esauriscono questa esperienza artistica, iniziata durante il conflitto mondiale, al termine degli anni Quaranta. Nel corso degli anni Settanta, mentre la fine dell'avangurdia mette capo alla dissoluzione dello stesso oggetto artistico (nelle arti figurative, ad esempio, le grammatiche del corpo e il concettualismo per sfuggire alla mercificazione_rifiutano i processi di oggettivazione), o alla riproduzione iperrealistica del quotidiano e del passato a significare l'impossibilità del futuro (l'iperrealismo ha nel cinema un suo aspetto rilevante rappresentato al meglio da Bogdanovich), il cinema sembra rassegnarsi alla sua morte, alla sua totale identificazione con la realtà, al suo destino tecnico per cui riproduce all'infinito un universo fantasmagorico divenuto reale, un universo del quale tutte le immagini sono state prodotte e possono solo essere riprodotte. La fine della politica come sepaappiattimento sul presente, di fine della storia, in cui si affermano il cinema della nostalgia, la rivisitazione devota del passato, il culto delle memorie, la religiosità cinematografica. ratezza e la rottura critica dell'i- 11 mondo riprodotto e sostituito dentità di sesso e merce, sancita dal cinema diviene una nuova nella «Rivoluzione culturale» mes- nebulosa religiosa in cui la sa in atto dai movimenti eversivi tecnica dà spettacolo di sé e il sodegli anni Sessanta, rifluiscono ciale si rappresenta nella generale nella restaurazione postsessanlot- tendenza del ritorno all'arte. La tesca per emergere nel cinema nel- parola d'ordine è la creatività, la forma tradizionale del genere. connotato che si attribuisce a ogni La politicità del cinema in quanto lavoro nella giusta considerazione tale, che aveva trovato in Godard che, realizzata l'arte nella realtà l'espressione più alta, e l'Eros in-.:. sociale, tutto il lavoro è produzioteso come coscienza erotica del- ne artistica e che, in un mondo l'immagine cinematografica nella passato in immagine, la denomisua sensibilità e corporeità, che nazione fa la cosa, la rende vera. dal cinema underground nella sua Naturalmente, se tutto è creafase più matura (il cinema pop di zione, nulla lo è; i prodotti artistici Warhol, per esempio) era stato sono tutti equivalenti e le distinrappresentato al più alto livello, zioni fra essi si riducono, dalla rientrano nel contenutismo tema- parte del consumo, ai generi che, tico espresso negli stereotipi di ge- come per tutti i prodotti per il nere del cinema politico e nella mercato, tendono sempre più a identificazione naturalistica fra moltiplicarsi e a differenziarsi in immagine e cosa praticata dal ci- sottogeneri, dalla parte della pronema pornografico. duzione, a distinguersi non per la Certo che i risultati raggiunti qualità dell'oggetto ma per la dalla Neoavanguardia cinemato- tecnica secondo cui esso viene grafica restano acquisiti, ma si prodotto. esprimono o nella prosecuzione in Si assiste così, per quanto ritermini sperimentali di quelle guarda il cinema, ad una rubricaesperienze (penso al cinema speri- zione vertiginosa, che si proietta mentale francese) o nel rinnova- nostalgicamente anche nel passato mento linguistico della produzione reinventando il cinema fuori dalla industriale (visibile con particola- sua storia schiacciata sul presente, re evidenza nel cinema america- per cui tutti i film esistenti sono no) o nei prodotti di singole perso- tendenzialmente sistemati in un dal cambiamento del contesto e visibile), ma dalla diversa tecnica impiegata per produrle (differenza invisibile). Le nuove tecniche - e fra esse quelle che vengono sussunte nell'universo magico dell'elettronica hanno il posto d'onore - sono meraviglie futuribili (certo di straordinaria rilevanza scientifica, non lo si può negare) davanti alle quali si ripete lo stupore degli spettatori che novant'anni fa assistevano all'Arrivée du Train dei Lurnière, ma la cui specificità si perde nel1'oggetto in quanto, con procedimenti assolutamente nuovi, si rifanno le immagini già note. In sostanza, assistiamo sempre allo stesso film: con procedimenti elettronici o meno si produce in continuazione un Come eravamo, che è poi un come siamo e come saremo, una rappresentazione dell'eterno presente in cui, nell'età della tecnica, il mondo finisce nella riproducibilità. Il discorso sul cinema perde così il proprio oggetto: da un lato diventa chiacchiera sul mondo, tuttologia, discorso ideologico al quale partecipano dalle prime pagine dei quotidiani, con eguale competenza, il papa, il pittore populista, l'antropologo femminista, il sociologo amoroso (Je vous salue, Marie è solo il caso più recente e clamoroso, ma non l'eccezione); dall'altro si specifica nel tecnicismo, accademico o meno, delle analisi funzionali in cui vengono passati al vaglio i procedi- .......... ._,,_ . ~ ·-- - - --.-...-... ~; •/ l -~-:--<"=" ..,,,,,,.,._-..-. Etienne Soubre (1856) Odio e Amore di Prete son parte dello stesso stupro (1878-1890) nalità, gli autori, che si impongono per proprie specifiche qualità. Anche l'emergere di alcune cinematografie nazionali di straordinario rilievo culturale, quali il nuovo cinema tedesco, per citare solo il fenomeno più macroscopico, non contraddice la dissoluzione delle tendenze. Pur avendo origine neoavanguardistica in quella che viene definita la prima generazione del nuovo cinema della Rft (la generazione dei Kluge) e avendo in comune la ricerca di una differenza rispetto alla riproduzione tecnica del mondo come spettacolarità diffusa operata dal cinema, i giovani registi tedeschi restano un insieme di artisti, spesso di altissimo livello (basti pensare a Fassbinder), con caratteri estremamente differenziati. Essi non operano in direzione di una critica radicale del cinema, bensì per dar vita a un cinema non identificato con la sua natura tecnica, un cinema che tende a rivelare la sua sostanza extralinguistica ma senza porsi in questione come tale. Nei suoi esiti più alti, il cinema tedesco resta il risultato di singole individualità che operano senza rotture drammatiche nell'universo della cinefilia di massa, in quel sistema di differenze indifferenti, di casellario universale sul quale si può leggere, a mo' d'esempio: War film, Gangster film, Fantasy, Science-Fiction, Film nero, Film giallo, Film rosa e perfino, leggo nel recente catalogo di una rassegna, rosa e nero. La fine delle tendenze scatena il bisogno quasi ossessivo di raggruppare comunque i prodotti cinematografici, dileguando il mondo in una furia classificatoria, degna del migliore Borges, dalla quale non resti fuori nulla, quasi a sancire in una tassonomia senza scampo la fine della storia e del mondo stesso. A ciò fa riscontro l'emergere della tecnica quale campo in cui reintrodurre le distinzioni abolite dell'equivalenza generale in cui le differenze classificatrici annullano la differenza. Se tutte le immagini possibili sono state prodotte, se il mondo, divenuto una rappresentazione spettacolare di se stesso, esaurisce l'arte, se la creatività è pura rappresentazione del sociale, allora ogni produzione è riproduzione dell'esistente, ripetizione differente delle immagini date, dove la differenza è costituita non solo dalla nuova combinatoria in cui vengono inserite le immagini (differenza data menti semiotici e le tendenze produttive, in una metonimia comparativa piena di senso, ma priva di significato, in quanto nulla dice dell'oggetto cinema. Tutto ciò rimanda al problema dell'ontologia del cinema, della sua essenza non tecnica, di quel pensiero del vedere che, nell'epoca in cui il cinema segue il proprio destino artistico di realizzarsi nel mondo, non può che essere la sostanza non cinematografica del cinema, il suo essere al di là dello schermo, la sua differenza rispetto alla rappresentazione spettacolare del sociale. Azzardo un cenno a un «cinema di pensiero» che colga l'essenza ontologica del cinema al di là dell'esistenza tecnica in cui finisce; un cinema che attraversi il vedere per divenirne il pensiero. Penso, per riprendere indicazioni già fatte, a molte opere di Fassbinder, al Wenders di Nel corso del tempo, a Syberberg, all'ultimo Resnais (L'amour à mort), naturalmente al Godard ricordato sopra, e a una complessa fenomenologia in cui inserire i nomi di Pasolini (Salò), di Anghelopulos (Anaparastasi), di De Oliveira (Francisca).

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==