Alfabeta - anno VII - n. 76 - settembre 1985

N ella mia tribù; quando nasce un bambino, il padre ·. invita un oracolo o un indovino della religione Ifa, e • gli chiede di leggere la sorte del bambino e dire che • cosa esso diventerà, che cosa farà e non farà nella vita. E quando nacque il principe, gli indovini predissero al re la· sua vita; ossia che cosa avrebbe fatto. Ma l'oracolo Ifa, Babalawo, disse al re che suo figlio sarebbe cresciutoforte e se ne sarebbe andato .via di· casa; ma più fosse andato lontano, e più sarebbe diventato povero. Il suo destino era fa· povertà. Il re ne fu .sconvolto, e domandò con quale sacrificio si potesse scongiurare una cosa così terribile.· «Nessun sacrificio», gli fu risposto. Giacché infatti questo era quanto il bambino aveva ricevuto in sorte dal suo creatore, e nessun sacrificiopoteva cambiarlo. . • Il principe crebbe e diventò un giovane robusto e lavora~ tore, ma l'anno che lui piantava gli ignami arrivavano le • locuste a distruggerglieli, e l'anno che non c'erano le locuste mancava la pioggia e il raccolto andava in rovina. Così le cose procedevano male; qualche volta il re suo padre gli dava del denaro per comprarsi degli abiti e altro: ma non appena lui comprava • un abito e lo appendeva al muro, ecco che di .notte·arrivavano lé formiche e prima del/'alba gli avevano divorato l'abito, riducendolo a brandelli. Una grandissima sfortuna. E le cose andarono.avanti così, fino a che il re si disse: «Ma che figlio è mai questo?'.Fasfigurare il palazzo e me stesso che sono il re suo padre». E ne r seguì quanto era stato previsto, ché infatti l'indovino aveva predetto che il re avrebbe cacciato suo figlio dal palazzo, ma qualche anno dopo essere stato cacciato, il figlio avrebbe fatto qualcosa per cui lo avrebbero allontanato anche dalla città. E nel suo peregrinare il principe sarebbe giunto a una città straniera e sarebbe diventato il re di quella città; tuttavia, siccome era destinato alla povertà, avrebbe fatto qualcosa che lo avrebbe riportàto alla sua condizione originale. Così si vede il principe che se ne va, ma non lo·si vede ritornare. In effetti, un anno dopo ch'era stato cacciato dal palazzo, lo si vide vagabondareper la città, ed ecco che si imbatté in una piccola capanna appena fuori città, la riparò, e ci andò ad abitare tutto solo. E quando veniva mezzogiorno, andava all'immondezzaio a cercare del cibo marcio da mangiare, o degli animali morti, e se li portava a casaper cucinarsi il pranzo. Così faceva. • Ed ecco che il dignitario di secondo grado dopo il re ebbe una figlia; e secondo la tradizione della città, avvertirono il padre che bisognava consultare l'oracolo Ifa. L'oracolo predisse che la bambina sarebbe diventata una baruffona litigiosa, sempre occupata a litigare e accapigliarsi, e che il padre allafine l'avrebbe cacciatadi casa, benché lei fosse molto bella. Difatti man mano che cresceva, la bambina si faceva brontolona e attaccabrighe, e brontolava su ogni cosa al mondo. Quando diventò una donna, il padre la cacciò di casa. Allora lei andò a brontolare in giro per la città: e un giorno il principe la incontrò - proprio quel principe che aveva avuto in sorte la povertà, ed era così povero che la gente lo aveva soprannominato «Povero»; nessuno più lo chiamava con il nome che gli era stato dato alla nascita. Egli si imbatté dunque nella donna alla quale, dato il suo carattere, la gente della città aveva dato il soprannome di «Baruffona», cioè di una che brontola sempre e sempre attaccabriga. La donna disse: «Buongiorno», e lui chiese: «Perché brontoli, donna?», e lei: «Non sai come mi chiamo?» «Come?», fa lui. «Mi chiamo Baruffona». «E che cos'è che tifa brontolare così?»,.«Vedi», fa lei, «brontolare è il mio lavoro quotidiano: per questo sono nata, e questo è il mio destino». «Sì; ma io voglio sposarti, perché non ho nessun'altra che possa sposarmi - nessun'altra donna». «Oh sì, ... anch'io cèrcavo marito, è nò_nriuscivo a trovarlo: accon~ sento a sposarti. A propositò; come tichiàmi?» «Mi chiamo Povero». «Ah, Povero - ciòè povertà? Bene, o;mai ho· • già accettato di sposarti. Non posso rifiÙtar'tgi iiisto perché sei un poveto; • ma siccome io accetto la tua povertà, tu devi accettare il mio carattere,perché io sorio una che brontola sempre». Lui disse che eta d'accordo,. e lei segu.ìPovero nella sua capanna, dove abitarono insieme. La gente ·di quèllà zona cominciò a andare alla loro capanna, e chì.edevà: «Chi è che brontola a questo modo tutto il tempo, anche di notte?» Un giorno Povero rispose:·«È mia moglie: brontolare· è il suo compito, sì, insomma il suo lavoro quotidiano». «Davvero?» disse la gente. «Perché tu vivi qui da molto tempo, ma, sebbene tu sia povero, • non ti abbiamo mai sentito fare ·un simile chiasso». Lui disse: «Vi prego di scusarmi», e la gente se·ne tornò a casa'propria. ·' E ancora una ·volta accadde che il secondo dignitario dopo il re ebbe un figlio maschio, e, secondo i costumi di quella città, chiamò l'oracolo Ifa e questi gli disse che tutte le cattive qualità del mondo si erano date convegno in quel figliolo. Non c'era. niente da fare: con il tempo sarebbe stato costretto a cacciarlodi casaper il suo cattivo comportamento. E durante i suoi viaggi in un paese straniero, egli sarebbe diventato secondo dignitario dopo il re; ma poi con le sue stesse mani avrebbe provocato la propria rovina e sarebbe ritornato alla condizione primitiva. Difatti il ragazzo crebbe intruppandosi con una banda di ladri e rrialaf ttori che andavano in giro a svaligiate le case della città e a saccheggiare le proprietà degli altri. Allora suo . padre lo cacciò di casa. Lui se ne andò, e un giorno incontrò Povero che stava trasportando una capra morta raccolta nell'immondezzaio. Quando lo vide, disse: «Buongiorno! Vuoi che ti aiuti a portare a casa quella capra». «Ma certo, vieni - aiutami». L'altro prese la capra e se la caricò sulle spalle; e entrambi andarono a casa di Povero, dove insieme prepararono l'animale, e Baruffona lo cucinò. Il nome di quest'uomo era «Maldicente». Mangiarono, e quando ebbero finito Maldicente chiese: «Come sei finito da queste parti?» «A causa della mia povertà: sì, perché io sono un principe, e mio padre è il re di questa città, ma mi ha cacciato a causa della mia povertà». «Questo è il tuo destino», gli fece Maldicente, e l'altro rispose: «Non credo nel destino». «Invece ci devi credere», insisté Maldicente. «Quella cosa che chiamano destino non esiste», ribatté Povero, «io non ci credo». E un giorno il Creatore vide che Povero e sua moglie Baruffona vivevano fra grandi stenti e inquietudini, . ne ebbe pena, e mandò un messaggero a chiedere a ciascuno di lor0 se poteva fare qualcosa per aiutarli, se avevano un desiderio da esprimere. Il messaggero andò e così parlò a Povero: «Mi ha mandato il Creatoreper chiedere a te e a tua moglie che cosa volete che eglifaccia per voi». «Il creatore?»«Proprio lui». Povero fu sorpreso, e domandò: «Ma tu chi sei?», e l'altro rispose: «Un messaggero del Creatore. Vai a chiamare tua moglie, perché il mio messaggio riguarda anche lei». Povero chiamò la donna: «Moglie Baruffona, vieni a sentire il messaggio del Creatore!» Lei venne e cominciò subito a brontolare. «Perché mai brontoli, una bella donna come te?», chiese il messaggero. «Vedi, questo mio marito, Povero, è così povero che non può comperare nulla: non ha denaro, non ha nulla». «Tu, però, non dovresti brontolare per questo». «Devo pur brontolare per qualche cosa». «A proposito», disse il messaggero, «che cosa vuoi che faccia il Creatore per tuo marito?» E lei: «Vedi, mio marito è catìivo. Una sola cosa voglio; che • it Creatore mi a,uìi ·a • ammazzarlo». iCpme, vuoi ·che il Creatore uccida tùo marito?» «Sì, è proprio questo-che voglio». «Va bene», concluse il messaggero. «E tu, Povero», continuò rivolgendosi all'uomo, • «che cosa vuoi che faccia per tua moglie il Crea- • tore?» «Vedi quell'albero di mango che cresce davanti alla mia capanna? È tutto ciò che·possiedo. Io sono Povero, l'uomo più povero -di questo secolo,·ma rion voglio far del • mak a nessuno. Vorrei soltanto che il Creatore desse ·u potere del còmando assoluto alla mia voce: e che qualsiasi cosa io dica, immediatamente succeda».· Il messaggero promise di • riferire al Creatore i desideri, se ne partì a gran passi, e scomparve. Giunto dal Creatore, gli espose la volontà della moglie e del marito, e Egli approvò 'dicendo: «Che i loro desideri si avverino». Non appèna il Creatore ebbe parlato, un effettivo potere di comando càlò ·sullavoce di Povero, e qualsiasi co~alui dicesse sùbito succedeva. • Quanto alla donna, dopo qualche giorno il Creatore mandò Morte a uccidere Povero per conto della moglie, ché tale era stato il suo desiderio. Un giorno, mentre marito e·moglie litigavano e baruffa-· vano, d'un tratto comparve Morte, ed esclamò: «Alt, voi due! Povero, secondo il desiderio di tua moglie, io son venuta a prendere la tua vita»: «Grazie, Morte», disse.Povero, «sono proprio felice di dare la vita per mia moglie, e ti sarò grato se mi uccidi, perché così raggiungerò i miei antenati. Prima però ho bisogno del tuo aiuto». «Quale aiuto?» chiese Mòrte. «Vedi quell'albero di mango là fuo- • ri, davanti alla capanna?» «Lo vedo». «Ebbene, è l'unica cosa che possiedo. Ti prego, fammi un piacere, concedimi di raccogliere un ultimo mango dai suoi rami e mangiarlo, prima di uccidermi». «Oh, non c'è problema. Vai pure a raccoglierlo, ma poi ritorna qui». E così Povero prese la scala e l'appoggiò al tronco del mango; poi stese il braccio per raccogliereun frutto - ma siccome non arrivava a prenderlo, chiamò Morte e le chiese di aiutarlo con le sue lunghe braccia. Morte non si poté rifiutare, a causa della potenza di comando che c'era nella voce di Poverb; andò, salì sulla scala, e allungò la mano - ma a questo punto, mentre Morte coglieva il mango, Povero a gran voce comandò: «Che tu rimanga attaccataal mio albero», e subito Morte vi rimase attaccata,come per paralisi. La moglie era furiosa, perché Morte non era riuscitaa ammazzare suo marito; Morte però era paralizzata, e pregò Povero di ordinare ali'albero di lasciarla andare. Ma Povero così disse: «Non prima che tu mi abbia giurato che tu, Morte, non ucciderai mai né Povero né Baruffona». «Come vuoi», disse Morte, «prometto che da oggi in poi non tenterò mai più di uccidere Povero né Baruffona: e se dovessi farlo, mi inghiotta la tenebra della notte». Dopo questo giuramento, Povero ordinò all'albero di lasciar andare Morte, e Morte fu libera, e immediatamente scomparve. La Baruffona svenne e cadde a terra per il dispiacere di non aver potuto fare uccidere suo marito, e prese a morderlo e a inseguirlo dappertutto. E a loro si unì il Maldicente, con la sua banda di ladri e malfattori che svaligiarono tutte le case della città. Molte cose accaddero. Alla fine il re mandò una squadra di poliziotti, fece arrestare i tre e li cacciò dalla città. Ma Povero, Baruffona e Maldicente erano senza-Morte, e così se ne andarono per il mondo a seminare dovunque povertà, risse e maldicenza. Ed ecco perché noi uomini abbiamo sempre e dovunque guerre, guai e inquietudini di ogni genere. Questa è la fine della mia storia. Il titolo, in lingua yoruba, è Ise Babaosi, Aso ati Elenini, che significa «Il Povero, la Baruffona e il Maldicente». Narrazione raccolta e tradotta da Itala Vivan

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