Alfabeta - anno VII - n. 76 - settembre 1985

. sul maggiore dei nostri poeti «negativi» dopo Leopardi e dal Quaderno di quattro anni in poi riscrive criticamente gli ultimi capitoli di quello che chiama il «Romanzo montaliano», che si conclude con una voce diaristica e totalmente atonale, cercando di dar conto «del puro movimento di una mente in cui paiono sempre più coincidere ossimoricamente il nulla e il tutto, il giornaliero e l'intemporale, l'accidentale e l'eterno». Il nome di Clizia termina con una utilissima illustrazione documentaria sugli enigmi fino a oggi rappresentati dai nomi poetici che designano i personaggi femminili dell'opera di Montale e.da un puntuale regesto di tutte le iniziative avviate dalla morte del poeta in poi, raccolte, edizioni critiche o commentate, convegni di studio. Marco Forti II nome di Clizia. Eugenio Montale vita, opere, ispiratrici Milano, All'insegna del Pesce d'oro, 1985 pp. 95, lire 15.000 Le vie regionali verso l'italiano Bice Mortara Garavelli Che ci si interroghi su fatti e misfatti del parlare e dello scrivere contemporanei non è una novità, non lo è mai stata. La novità, se c'è, sta nelle ragioni· dell'interrogarsi, negli umori e negli intenti che le distinguono rispetto al passato. Oggi più di ieri si sente crescere l'allarme per l'appiattimento di un patrimonio comune che, appunto perché tale, sembra a molti avere perduto una sua presunta e rimpianta integrità. È ragionevole che si voglia capire di che entità e qualità sia stato il prezzo pagato all'unificazione linguistica e commisurarlo ai vantaggi sociali e culturali che ne sono derivati. Ma per comprendere e valutare a fondo la complessa realtà di questo nostro italiano unitario - e tutt'altro che uniforme - si deve· scavare intorno alle radici lunghe del suo divenire storico. La diffusione della lingua nazionale è stata segnata, com'è noto, da intoppi e resistenze nelle diverse regioni; imprudente e riduttivo tenerne conto soltanto come di 'accidenti' che abbiano rallentato la marcia vittoriosa del toscano e sfocarli in una prospettiva unificante senza indagare caso per caso composizione, entità e conseguenze del regionalismo linguistico. A questo fine non bastano gli studi dialettologici, che ricoprono ambiti naturalmente diversi da quelli che spettano alla storia della lingua, anche se il loro contributo è per molti aspetti fondamentale per quest'ultima. Occorre 'fare la storia' delle vicende riguardanti la lingua entro limiti territoriali che hanno nelle regioni i loro punti di riferimento, anche se non coincidono coi confini amministrativi di queste: occorre colmare veri e propri vuoti di conoscenza specialmente riguardo a territori periferici. Per il Piemonte, «ai confini d'oltramontani», disponiamo ora di un lavoro pionieristico nell'impostazione e nei risultati (Piemonte e Italia. Storia di un confronto linguistico, di Claudio Marazzini) che si raccomanda per l'agilità del disegno e per l'oculatezza con cui sono interpretate le informazioni documentarie. Non di rado si tratta di primizie: di dati che vengono alla luce e sono analizzati qui per la prima volta. Questa storia della diffusione dell'italiano in Piemonte, tiene a sottolineare l'autore, «non vuol essere un manuale, capace di rispondere a tutte le domande, ma un percorso attraverso alcune linee prefèrenziali di interpretazione». Che queste siano proprio le linee principali, le strade maestre da imboccare per avere una visione nitida dei fatti in questione, si sperimenta addentrandosi nella lettura, assai appetibile anche per i non specialisti. L'indagine si incardina sulla politica culturale, sugli «spazi di intervento della corte e dello stato», dalle scelte italiane di Emanuele Filiberto al fiorire della «corte letterata» nella Torino di Carlo Emanuele I, fino al travagliato periodo dell'occupazione napoleonica e ai provvedimenti dei Savoia per la diffusione dell'italiano, nel pieno Ottocento. L'attività delle società letterarie, combattive nell'età della resistenza antifrancese (Grassi e Napione) e della contemporanea rinuncia all'italiano (Denina; a cui è dedicato un intero capitolo, non digressivo, data l'importanza- che per primo Marazzini aveva già dimostrato - di Denina come linguista di formazione europea), le discussioni sulla norma linguistica, l'ordinamento scolastico sono studiati nei loro aspetti più problematici e non soltanto come sfondo alle esperienze degli scrittori. Dal Quattrocento a Baretti, a Faldella, a Pavese, la letteratura è ingrediente essenziale, ma non privilegiato almeno nelle sue manifestazioni 'alte', in questo panorama culturale in cui prendono rilievo, specialmente agli esordi, più che gli adeguamenti le manomissioni della norma toscana, e perfino abbozzi di un «italiano alternativo». Funzionale a quest'ottica, per scelta dichiarata dallo stesso Marazzini, l'assenza, tra le altre analoghe, di un poeta abbastanza famoso della corte casalese dei Gonzaga, Galeotto del Carretto. A proposito del quale va segnalata la recente meritoria iniziativa di Maria Luisa Doglio che ci ha dato una pregevole edizione della commedia di Galeotto Li sei contenti, scritta in prosa agli inizi del Cinquecento, vero e proprio incunabolo del teatro moderno. Una pièce certamente rappresentabile, da leggere con divertimento, secondo la cifra, che la Doglio suggerisce, della trasgressione di tutte le convenzioni, compositive, comportamentali e etiche: come attesta la spregiudicatezza del lieto fine, col patto riconciliativo di adulterio da parte dei due coniugi protagonisti. Claudio Marazzini Piemonte e Italia. Storia di un confronto linguistico Torino, Centro Studi Piemontesi, 1984, pp. 266, lire 32.000 Galeotto Del Carretto Li sei contenti a c. di Maria Luisa Doglio Torino, Centro Studi Piemontesi, 1985, pp. 56, lire 10.000 Hollywood lava più bianco Pietro Selva È uscito un libro che illustra come la pubblicità è diventata spettacolo e come le merci sono diventate delle star, «persone» immortali, che noi consumiamo e da cui siamo consumati, attraverso la sospensione del reale. È Hollywood lava più bianco di Jacques Séguéla, il più famoso e irrequieto pubblicitario francese, autore della campagna pubblicitaria che nell'81 ha portato François Mitterrand alla presidenza della Repubblica. Il libro è edito dalla Lupetti & Co., una nuova casa editrice milanese specializzata in testi sulla comunicazione e la pubblicità. L'autore afferma che è Hollywood la prima grande produttrice di miti moderni e «consumistici», attraverso la creazione di star. Le star sintetizzano sogni collettivi, sono surrogati di bisogni e speranze, sono archetipi indistruttibili. Dopo avere passato in rassegna i principali personaggi dello Star system, da John Wayne a Marylin, da Clark Gable a Woody Allen, moderno archetipo del nevrotico metropolitano, Séguéla dice che anche la pubblicità deve saper dare alle merci, alla «Marca», la stessa a/Iure. La «Marca» deve diventare Persona, deve trasformarsi in star. Le merci-spettacolo devono copiare da Hollywood il segreto del successo. Nel mondo pubblicitario, però, sono presenti due tendenze in antitesi. Una legata alla «copy strategy», documento ideato in America negli anni Venti che dà le direttive, dal punto di vista del marketing, su come muoversi nell'ideazione del messaggio pubblicitario. Una vera tragedia, ripete spesso Séguéla, perché il marketing ragiona sempre in termini di . numeri e di banalità, dividendo le persone in «target»; le persone si devono invece unificare o dividere secondo il loro immaginario. Purtroppo, dice, c'è ancora chi crede che la gente comperi un dato detersivo perché «lava più bianco». L'altra tendenza è quella che Séguéla chiama della «Star strategy» e che dovrebbe essere la chiave vincente per aprire le porte del sogno del consumo e per creare la «poesia delle merci». Il libro, anche attraverso vari esempi e uno scoppiettare di idee e di provocazioni, descrive le seduzioni di questa «Star strategy». Le ultime star prodotte dagli spot pubblicitari dell'agenzia di Séguéla, la Rscg, sono le Visa Critroen, automobili che si illudono di volare come aerei. Jacques Séguéla Hollywood lava più bianco Milano, Lupetti & Co., 1985 pp. 186, lire 22.000 Cooperare per competere Index Le radici storiche e la forza tradizionale della cooperazione risiedono in settori legati al consumo, all'agricoltura, alle costruzioni. Non mancano certo, anche in Italia, cooperative di rilievo nei campi che si suole designare con l'etichetta del «terziario avanzato». Ma, se si pensa che una legislazione risalente al ventennio fascista, e non ancora del tutto smantellata, vietava persino la costituzione di cooperative fra liberi professionisti, ci si renderà meglio conto delle difficoltà di ogni genere che la cooperazione incontra tuttora in un'area essenziale dell'economia (e della tecnologia) ad alto sviluppo; con paradosso ben visibile, dal momento che - come indica là letteratura anglosassone più aggiornata e acuta - l'attività per piccoli gruppi cooperanti si impone in misura crescente quale modello efficace di produttività e creatività in numerosi e svariati settori del terziario più o meno avanzato e della stessa industria, nell'ora in cui l'automazione riduce continuamente la distanza fra i computers dell'ingegnere e del marketingman e i computers che controllano le linee di produzione. Desta perciò poco stupore che la Lega nazionale delle cooperative abbia avvertito l'urgenza di organizzare un convegno ad alto livello sull'argomento del terziario avanzato e delle professioni. Un convegno poco rituale, va detto subito, perché reso pepato dal diretto confronto con esponenti di alcuni di quei «corpi» professionali che più hanno da perdere e da guadagnare nell'abbandonare le nicchie protezionistiche offerte da Ordini e Albi, e con esse una visione individualistica della professionalità, per avventurarsi nel mare incognitodell'impresacooperativa e dell'innovazionecompetitiva. - Per tutti, citeremo in proposito l'intelligente intervento del presidente dell'Oice, Pierfranco Poletti, che ha preso di petto i problemi posti dalle trasformazioni del lavoro all'esercizio della «libera professione», in particolare da parte degli ingegneri. Da un'altra angolatura, più «accademica» (ma non nel senso deteriore del termine), Giancarlo Mazzocchi ha potuto mostrare il «significato della terziarizzazione», accantonando alcuni mitemi correnti sul post-industriale, nel passaggio dalle professioni tradizionali alle nuove professionalità rimodellate dall'innovazione. I notevoli apporti provenienti dall'esterno del movimento cooperativo (e bisognerà citare quanto meno quelli di Francesco Galgano e Raoul Nacamulli, anche se non è qui possibile riassumerne i contenuti) non hanno fatto passare in secondo piano quelli dall'interno della stessa Lega delle cooperative. Una certa immagine «alla Ferrini» che (a torto o a ragione) si è andata cristallizzando attorno al colosso della cooperazione italiana ha potuto essere verificata, e smentita, da contributi robusti per aggiornamento dell'analisi e per ricchezza di informazione. Si ricordi qui la vasta introduzione di Giancarlo Pasquini, diretto responsabile del dipartimento politiche d'impresa della Lega, e dunque diretto responsabile di quanto la Lega va facendo e vuol fare in questo campo difficile; e, ancora, le accurate relazioni che Mario Primo Salani e Alberto Zevi hanno tenuto rispettivamente sul Sistema Intra (il raggruppamento delle imprese nazionali del terziario avanzato promosso dalla Lega) e sul finanziamento dell'innovazione cooperativa; a cavallo fra delineamento teorico e approfondimento delle concretezze delle professioni, Edwin Morley Fletcher e Gino Rosafio hanno profondamente girato il dito nella piaga dei dilemmi che l'innovazione pone a tutti i lati del triangolo: movimento cooperativo, organizzazioni professionali, organizzazioni politico-sindacali. Peraltro (come notava Italico Santoro, della presidenza della Lega, nelle conclusioni del convegno) non ci si è limitati a girare il dito nella piaga: gli approfondimenti hanno indicato anche piste da battere. Vorremmo sottolineare il passaggio della relazione di Morley-Fletcher m cui si dice, spietatamente, che le professioni debbono scegliere fra una protezione forzosa (sempre più aleatoria) dei propri monopoli informativi e capacità di ricostituirli a livellì sempre più alti, in un quadro di competizione aperta, dove ogni gradino deve continuamente essere abbandonato per quello superiore. Le implicazioni sono vaste, e non solo sul terreno strettamente economico. L'economia si va «intellettualizzando», dunque i problemi dell'organizzazione del sapere e dei poteri di informazione scendono nelle strade; il «gioco delle perle di vetro» non può essere trattenuto nelle mani dei giocatori tradizionali. Gli intellettuali dovrebbero saperlo, e forse non lo sanno abbastanza. L'impresa cooperativa offre loro una possibilità di innestarsi nel mercato senza subordinazioni, abbandonando posizioni di «rendita» destinate a essere travolte. Professioni, terziario avanzato e impresa cooperativa Convegno nazionale a cura della Lega nazionale delle cooperative e mutue Milano, 10-12 luglio 1985 costa&nolan Sam Shepard Scene americane Rock Star Il bambino sepolto Vero West a cura di Paolo Bertinetti Hubert Damisch Teoria della nuvola Per una storia della pittura Gillo Dorfles La moda della moda Nina Kandinskij Kandinskij e io presentazione di Pontus Hulten Pontormo Il libro mio a cura di Salvatore Nigro presentazione di Enrico Baj disegni di Pontormo illustrazioni di Enrico Baj a giorni in libreria Michael Frayn Teatro Rumori fuori scena Miele selvatico introduzione di Masolino d'Amico Edizioni Costa & Nolan Genova Vi,1 Peschiera 21 tel. (O10) 873888/9 Distribuzione in libreria Messaggerie Libri Guida editori ,: I'' "'l'••I, \ Il \\Ili 1c;l1, li '' 1,1 :,11 \.li\.!\ Il fiore azzurro Imminenti ANDRÉ BRETON Arcano 17 A cura di Laura Xella pp. 125 Lire 15.000 r - I I I I ! V - BIIETON Arcano 17 ------ ' \..V I ,____. --~-- CUIOA L __._'............ . CARLEINSTEIN Lo snob e altri saggi A cura di Giusi Zancui pp. 160 Lire 16.000 PAUL VALÉRY La caccia magica saggi scelti da 'Variétés' Pref. e cura di Marina Giaveri pp. 224 Lire 18.000 p "

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