Norbert Elias La solitudine del morente Una società che non ha più posto per chi invecchia e muore: i costi preoccupanti della «civiltà delle buone maniere» Georges Duby Una società francese nel Medioevo La regione di Micon nei secoli Xl e Xli Una pietra miliare nella storiografia contemporanea: il primo, grande libro di Georges Duby José Antonio Maravall La cultura del Barocco Un'epoca fervida e ricca di tensioni, devota e sensuale, raffinata e violenta: il quadro complesso della società e della cultura seicentesche nell'interpretazione del maggiore storico spagnolo Eric J. Leed Terra di nessuno Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale Nell'inferno di una guerra inaudita, dove gli eroismi si spengono nella routine, dove disperazione e nevrosi si accampano sul livido limite tra la vita e la morte il Mulino Longo Editore c.p. 431 - 48100 Ravenna Tel. 27026 (ltaly) Ezio Raimondi - D. De Robertis Fausto Curi - Cino Pedrelli Renato Serra. Il critico e le responsabilità delle parole. pp. 160, 33 ill., L. 16.000 Con inediti Serriani A. Corsaro - M. Verdenelli Bibliografia campaniana (1914-1985) Con un'appendice di contributi critici pp. 136, L. 20.000 Gerhard Rohlfs Dizionario storico dei cognomi in Lucania pp. 236, L. 30.000 Donatino Domini Giochi a stampa in Europa dal XVII al XIX secolo Con LXX tav. a col. e bn., carta vergata, L. 38.000 Alfredo Oriani e la cultura del suo tempo a cura di Ennio Dirani pp. 304, L. 22.000 Ravenna 1882. Il socialismo in parlamento (Andrea Costa) pp. 272, L. 20.000 Franco Masino Glossario del calabrese antico (sec. XV) pp. 288, L. 30.000 Irene Maria Malecore Le lotte contro i Turchi nel Salento in due drammi popolari sulla distruzione di Roca pp. 168, L. 16.000 Giorgio:Mascherpa Severini e il mosaico pp. 120, 100 ill., L. 18.000 Cfr. Schede 11«Cfr.» (confronta) è la sigla dei rimandi nella ricerca teorica, critica e saggistica. In questo giornale la sezione indicata «Cfr.» è la sola • serie di recensioni in senso proprio, e raccoglie dunque le· scelte di lettura dei direttori e collaboratori frequenti del giornale. Noi non ci fidiamo più della sistematica delle varie discipline, e usiamo qui, riproponendo più fitto e continuo il nostro «Cfr. » bibliografico, vari modi di approccio (recensioni e notizie, soggetti, veline delle riviste, stato dell'arte, pagine degli editori, ecc.). Per una critica della conoscenza scientifica Mario Vegetti Una raccolta di saggi scritti su temi e in tempi sensibilmente diversi può giustificarsi in due modi: o per la tendenziale organicità dei risultati acquisiti, o per la capacità di delineare le condizioni e il senso di un programma di ricerca. Se questo è vero, Conoscenza e dominio di Mario Galzigna mi pare presentare, per aspetti diversi, entrambi i titoli di legittimità. Dal primo punto di vista, contano soprattutto i saggi raccolti nella sezione sulla Fabbrica del corpo: due importanti contributi, di stile nettamente ma originalmente foucaultiano, sulla genealogia dell'anatomia in età moderna. Per il secondo, valgono gli interventi su Monod, sulla ricerca genetica, su Eigen e Prigogine, oltre naturalmente alla Postilla filosofica che a questo è più specificamente dedicata. Il lavoro di Galzigna si muove a partire dai problemi di una critica della scienza che hanno il loro maggiore punto di riferimento in Miche! Foucault, e utilizza naturalmente sia la lezione di metodo di Canguilhem, sia le esperienze della sociologia della scienza anglosassone e italiana (significativi i riferimenti a Maccacaro e a Cini). Si tratta òvviamente, in questo contesto, sia di evitare il riduzionismo semplicistico della scienza alla determinazione storico-sociale dei modi di produzione e delle ideologie, sia di arrendersi alla cogenza positiva dei suoi dispositivi di verità. Se ci sono degli effetti del potere sulla scienza, ci sono anche - e importano di più - effetti di potere della verità scientifica stessa. È intorno a questi ultimi che si apre lo spazio per una critica (genealogica e epistemologica insieme) della verità scientifica, che ne comprenda i meccanismi di formazione e di funzionamento senza negarne irrazionalisticamente lo statuto teorico. Al di fuori di questa critica non c'è che il rifiuto tout-court della scienza in nome dei suoi effetti di dominio (una posizione che Galzigna imputa alla Dialettica dell'illuminismo francofortese), oppure, ancora più ingenuamente, l'idea di poter controllare gli usi sociali della scienza mediante un intervento esterno che ne lasci immutati i dispositivi teorici. Siamo, fin qui, entro l'ambito dell'eredità foucaultiana. Ma il programma di Galzigna propone l'ambizione di forzarne i limiti in almeno due sensi. Il primo riguarda gli oggetti: la critica alla verità scientifica dovrà investire anche, e soprattutto; le scienze 'dure', formalizzate, come la biologia molecolare, la genetica, la termodinamica dei processi irreversibili. Il secondo riguarda la posizione filosofica da cui questa critica deve muovere. Nella Postilla, Galzigna sottolinea la necessità di un ritorno alla prospettiva del soggetto, e precisamente all'ambito del soggetto husserliano della Lebenswelt come funzione capace di fondazione di senso e di interrogazione critica radicale, «proprio perché rappresenta il bersaglio privilegiato delle tecniche di dominio e delle pratiche di assoggettamento fondate e legittimate dagli sviluppi della conoscenza scientifica» (p. 198). Un programma tanto importante quanto filosoficamente fondato, come si vede. A giudicare dalla chiarezza critica, invero non comune di questi tempi, con cui prende posizione nei confronti del neo-scientismo di Prigogine (e che è nota ai lettori di questa rivista), Galzigna sembra attrezzato a portarlo avanti. Lo stesso riferimento all'orizzonte husserliano è a mio avviso filosoficamente inevitabile, anche se è altrettanto inevitabile chiedersi fino a che punto sia legittimo sovraccaricare l'idea di Lebenswelt dello spessore storico-sociale necessario all'indagine critico-genealogica, e se quell'idea non prema invece nella direzione di un nesso immediato fra trascendentale e esperienziale che taglia fuori appunto le determinazioni intermedie necessarie alla seconda. Ma è certo che con la sua proposta Galzigna si inserisce in modo significativo nel dibattito attuale, e necessario, su di una ritrovata prospettiva della soggettività. Mario Galzigna Conoscenza e dominio. Le scienze della vita tra filosofia e storia Verona, Bertani, 1985 pp. 226, lire 15.000 Baruchello-Martin, prima inglese Francesco Leonetti In edizione inglese, nella corrente 'distrazione' editoriale italiana, esce anzitutto How to lmagine (Come immaginare), riflessione sul rapporto dello spazio personale - l'immaginazione - con gli spazi e le forze naturali che la circondano e alimentano. Citiamo dal risvolto d'autore del libro stesso. Per un certo numero d'anni Gianfranco Baruchello ha condotto una fattoria fuori Roma, una fattoria che ha prodotto quadri, films, fotografie e libri al pari dei prodotti agricoli. Ora, insieme con Henry Martin, scrittore e critico, Baruchello intraprende un'indagine di quella fattoria. La narrazione procede per la propria strada dipanando molti degli assunti filosofici e formali che costituiscono il fondamento dell'arte contemporanea, e diventa una «verifica del potere dell'arte contro il potere delle molto più potenti strutture sociali che l'affiancano». Baruchello fin dal 1961 è attivo e decisivo nelle maggiori gallerie, nei musei e collezioni private sia in Europa che in America, compresi il Guggenheim Museum e il Museum of Modem Art di New York. Egli descrive il proprio lavoro come «utilizzante i vari modi dell'arte quali possibili vie per creare uno spazio dove le contraddizioni possano non solo coesistere ma fondersi in una serie di piccoli sistemi, da proporsi come un'alternativa a tutti i Grandi Sistemi, Grandi Dottrine, Grandi Fedi, ideologie». Quest'interessante teoria di Baruchello e Martin sui piccoli sistemi propone un flusso provvisorio e incostante interstiziale e attivo con i quadri, le sculture, gli assemblaggi, gli oggetti, i films, i videotapes e i libri, e con alcune forme dell'effimero come sono gli eventi, gli happenings e i progetti. Gianfranco Baruchello Henry Martin How to Imagine New York, McPherson & Co., 1984 La ~sconfitta~ di Enriques Gaspare Polizzi Il caso Enriques di Ornella Pompeo Faracovi individua in maniera perspicua obiettivi significativi per una ricostruzione storiografica. Intende sondare quel nuovo terreno disciplinare che si costituì tra Ottocento e Novecento grazie all'interazione di filosofi e scienziati e alla forza propulsiva di teorie fisico-matematiche altamente «speculative», per fame emergere un versante italiano ben definito. Rifuggendo da semplificazioni accreditate, il volume mira con sguardo attento all'epistemologia italiana e in particolare a delineare esaustivamente in Enriques l'epistemologo, lo storico della scienza, l'organizzatore di cultura, il protagonista di un rinnovato processo di definizione di una filosofia scientifica, e non più soltanto il simbolo di una «storica» sconfitta dinanzi al neo-idealismo. Il pieno raggiungimento di questi obiettivi fa del volume il testo più completo e convincente sullo scienziato livornese (fa tesoro degli aggiornamenti prodotti al convegno su Enriques svoltosi a Livorno nel 1981, e pubblicati l'anno successivo - a cura della stessa Faracovi - da Belforte nel volume Federigo Enriques. Approssimazione e verità), ma anche un momento di una più ambiziosa indagine storiografica sui quesiti cruciali posti agli inizi del secolo dai filosofi-scienziati che inaugurarono il discorso epistemologico (Poincaré, Duhem, Meyerson, Mach, Vailati, Russell). L'accurato esame della produzione enriquesiana e la sua contestualizzazione nell'orizzonte europeo (e francese in particolare) solleva questioni importanti, sia sul piano storiografico generale, sia su quello interno alla figura di Enriques. Ne prospetto solo alcune. Dopo aver visto nell'epistemologia italiana del primo Novecento un'accolita di sconfitti, dispersa dall'egemonia crociana e gentiliana, o una dimostrazione dell'arretratezza del positivismo nostrano dinanzi a più agguerrite tendenze europee (il pragmatismo, la logistica e, più tardi, l'empirismo logico), si pone con adeguata documentazione il problema di delineare la rilevanza storica e teorica della filosofia scientifica in Italia, le cui forme - in scienziati quali Volterra, Loria, Mieli, Vailati, Peano, Pastore, Rignano, e soprattutto Enriques - si caratterizzano per l'attenzione al nuovo sapere fisico-matematico, per la riflessione su aspetti «classici» della gnoseologia (che in Enriques è, fin dal 1900, orientata con forza intorno al Kant teoretico), per l'individuazione del ruolo propulsivo e unificante della storia della scienza. Non si tratta di un'epistemologia omogenea, ma - secondo la Faracovi - di un movimento ben delineato, e non solo di riflesso al neo-idealismo (cfr. pp. 199-201). Per altro, nell'intero primo capitolo del libro («Una filosofia scientifica tra criticismo e positivismo») e un po' in tutto il volume, emergono i forti collegamenti tra Enriques e l'epistemologia francese, al punto da far pensare - come nel caso della riflessione sulle geometrie non-euclidee (cfr. pp. 20-26, ma forse il posto di Poincaré non è quello del nominalista puro e del promotore della critique des sciences, come sembra emergere alle pp. 70-76) - a un dialogo più1 efficace nel contesto francese (ed europeo) che non in quello italiano. Anche la preziosa indicazione della Faracovi sulla profondità della riflessione enriquesiana sul Kant della Ragion pura si riempie di significato in una prospettiva francese (con lo stesso Poincaré, ma anche con Brunschvicg e Bachelard, il cui debito nei riguardi di Enriques è stato poco evidenziato) ed europea. Tale kantismo riformato, che ricerca un rapporto dinamico e approssimato tra invarianti costruttivi del pensare e invarianti del reale, permette a Enriques un riorientamento delle forme della razionalità che tesaurizza il patrimonio delle geometrie noneuclidee, della teoria degli insiemi, della teoria della relatività, senza spezzare la continuità e la storicità del razionalismo. In tale quadro le forme del rapporto con Croce e con Gentile (ampiamente discusse nei capitoli 3 e 4) non sono più presentate asimmetricamente e neppure come nucleo centrale della riflessione enriquesiana. L&«sconfitta» di Enriques va allora vista - per la Faracovi - non in merito all'inda- .gine filosofica (che prosegue, secondo l'autrice, con un rilievo non minore negli ultimi scritti filosofici e storiografici; cfr. pp. 173-209), ma nella prospettiva di un'interazione feconda tra filosofi e scienziati, che il neo-idealismo impedirà in Italia recisamente. L'ampiezza dei temi affrontati rende convincente il processo di accorta valorizzazione dell'opera di Enriques, sollevando al contempo altrettanti quesiti (motivati anche dalla strutturazione del libro nello schema Enriques e ... ) . Il caso viene riaperto, con buona pace di chi ha dimenticato le origini vicine della nostra cultura scientifica, ma soltanto con una articolazione più vasta può risolversi nel riconoscimento di una tradizione nazionale consistente. Ornella Pompeo Faracovi Il caso Enriques. Tradizione nazionale e cultura scientifica Livorno, Belforte, 1985 pp. 216, lire 25.000 Il nome di Clizia Biancamaria Frabotta Marco Forti, il critico montaliano oggi più accreditato nella generazione che opera dal dopoguerra in poi, sta curando per i tipi della Mondadori una edizione ampliata e aggiornata della guida critico-antologico-bibliografica alla lettura di Montale intitolata Per conoscere Montale. Di questa nuova edizione pronta per il prossimo anno oggi Scheiwiller pubblica in anteprima il saggio introduttivo. Ora intorno al nome di Clizia, la massima ispiratrice della Bufera e di parte delle Occasioni, Forti condensa un saggio esaustivo e stringato in cui nulla che conti viene, della vasta produzione di Montale, dalla poesia alla prosa giornalistica o di invenzione, dai bellissimi saggi critici alle traduzioni, trascurato. Ne esce un ritratto critico che dietro la figura del poeta delinea con maestria la fisionomia dell'intellettuale e dell'uomo di cultura e insieme la figura morale di uomo esemplarmente libero e indipendente. Il libro ha dunque un indubbio valore propedeutico e didattico, anche se si colloca al di là di questa soglia, non concedendo nulla, sia dal punto di vista critico che stilistico, alle tentazioni della divulgazione o della aneddotica. Fino al Diario del '71 e del '72 Forti riassume e sintetizza il contenuto delle sue note pagine critiche
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