ceschDi, odl,~sil:barocco Gillo Dorfles Architetture ambigue. Dal Neobarocco al Postmoderno Bari, Dedalo, 1984 pp. 159, lire 25.000 Luciano Anceschi L'idea del Barocco. Studi su un problema estetico Bologna, Nuova Alfa Ed., 1984 pp. 288, lire 20.000 Progetto di una sistematica dell'arte Modena, Mucchi, 1983 pp. 197, lire 15.000 11 saggio «Barocco nell'architettura moderna» di Gilio Dorfles (ora ristampato in Architetture ambigue) compare nel 1951. Nel 1945 era uscito invece «Rapporto sull'idea del barocco» di Luciano Anceschi e, dello stesso autore, vedono la luce nel 1955 «Annotazione bibliografica su Barocco e ambiguità» e nel 1959 «Idea del barocco» (questi e altri scritti sono ora raccolti nel libro edito da Nuova Alfa). Sia Dorfles che Anceschi dimostrano di conoscere i rispettivi studi e interventi, pur citandosi su piani diversi dell'analisi: più schiettamente di critica d'arte quelli del primo, e più specificamente di estetica quelli del secondo. Particolarmente indicativo, per la tematica toccata, è di Dorfles il saggio del '51 che, alla fine della lettura del volume, risulta essere ancora il più stimolante rispetto ad altri e successivi articoli, e dimostra maggiore solidità, più accorto impiego dell'analogia e costante interrogativo teorico sulla possibilità di far comunicare lontane cronologie artistiche e poetiche. Improntato a intenti critici e localizzato nelle realizzazioni architettoniche del Novecento, lo scritto traccia il perimetro del ritorno barocco nel nostro secolo. Il punto di partenza è identificato nell'Art Nouveau (ad esempio con Horta), per poi caratterizzarsi sul versante della ricerca spaziale col Cubismo (particolarmente per gli intenti plastici), con l'Espressionismo (Mendelssohn), con Gaudì, con l'Organicismo tedesco (fratelli Luckhardt, Hans Scharoun, Bruno Taut). In tali esempi - mutuando una definizione di Bruno Zevi - il vasto orizzonte organicistico «si definisce in architettura in contrapposizione al teorico, al geometrico, agli standards artificiali, alle scatole bianche», mettendo in evidenza un ritorno del Barocco «inteso come dinamismo contrapposto a staticità, come modulazione plastica contrapposta a quella geometrica, come umanizzazione o organicità contrapposta alla frigida meccanicità e all'aridità tecnica, e infine come risorta monumentalità intesa non nel senso di un vaniloquio .s costruttivo ( ... ) ma nel senso d'un ~ valore esteticamente rilevante». c:i.. Dorfles, nel luogo dell'analogia ~ critica, riprende la letteratura sto- -. riografica e teorica sull'argomen2 cS to, quella che è venuta depositan- ~ dosi nella cosiddetta «disputa del ~ Barocco», lunga ormai circa due j secoli. In tale vicenda analitica, mai chiusa, le domande che si pongono non sono solo quelle rivolte alla caratterizzazione del Bai:: rocco storico, ma anche e soprat- ~ tutto quelle indirizzate alla tradu- l cibilità dell'idea del Barocco nella ~ cultura contemporanea, senza la quale a nulla varrebbe la ripropoSlZlone nominalistica, poetica, estetica, per similitudine, per derivazione o concettualizzazione del Barocco dentro i fenomeni d'arte del nostro tempo. Il punto di snodo fondamentale è rappresentato dal formalismo di Wolfflin che, alla fine di un lungo, contrastato e polemico dibattito, eleva il Barocco a «concetto fondamentale della storia dell'arte», in contrapposizione al Rinascimento (con una trasposizione quasi fedele alla dicotomia nietzscheana tra dionisiaco e apollineo). A Dorfles Wolfflin piace (o piaceva, nel 1951) e non può essere altrimenti, poiché egli avalla con lo stonc1smo un modo di procedere concettualizzato e analogico tipico dell'attività critica cui Dorfles si applica. In particolare, le caratteristiche di «massiccio» e di «movimento» si qualificano quali principi dello stile barocco e unità interpretative atte a rintracciare valenze barocche nel contemporaneo delle esperienze prima accennate, e tutte segnate dal senso plastico contrapposto al lineare, dal movimento contro la staticità, dall'organico contro l'ideale. Ma il tempo, pur tuttavia, esiste, e la cronologia di un presunto atteggiamento barocco non può essere risolta per pura via stilistica (ché, anche questa, nel tempo vive, e fenomenicamente si differenzia). Dorfles salva Wolfflin ma condanna Eugenio D'Ors, che per transustanziazione cristiana fa del Barocco una «categoria generale dello spirito», dunque esente dalle tare temporali come ogni sostanza liturgica che si rispetti. Ma, stretto tra la concettualizzazione storicistica tedesca e l'eternizzazione latina, Dorfles riesce solo a sfuggire alla soffocante trappola teorica con scricchiolanti derivazioni cronologiche secondo cui la nostra epoca sarebbe una estrema propaggine di quella del XVII secolo, o, ancora, con parallelismi sensibilistici che, nel Seicento come nel Novecento, vedono «il contrasto tra individuo e società, tra vita privata e vita pubblica, tra dato storico e dato esistenziale». Ma non è questa la drammatica frattura delineata e profetizzata per l'intera epoca moderna da Goethe, che sino -a differente e futuro giudizio non può, per ora, risultare Barocco? Dorfles, insomma, pur di fondare in qualche modo la legittimità della critica per similitudine, chiede troppo alla durata storica e al valore modellizzante dell'analogia. E tale atteggiamento è quello che gli fa compiere anche degli immeritati passi falsi, ad esempio quando vede nel delirio plastico del Cubismo una reincarnazione del senso di rottura della superficie di matrice barocca. Ma il Cubismo, nel suo inseguimento del plastico, non guarda mai allo sfondamento della superficie, bensì radicalizza il principio di datità razionale del piano bidimensionale pittorico, e qui il valore plastico sembra piuttosto tornare ai principi lineari e per piani sucessivi di suggerimento rigidamente rinascimentale, addirittura, e non barocco. Lo stesso processo di revisione andrebbe poi compiuto anche a proposito del recupero neobarocco che Dorfles propone per taluni maestri del Movimento moderno. Ma qui è sufficiente ricordare che non basta una linea curva per dedurne un senso di movimento alla Bernini (come non basta un rettangolo per richiamarsi all'Alberti), e dunque va segnalata la brutta tentazione di una critica d'arte che, sebbene per taluni aspetti si sia dimostrata quasi profetica, è inciampata in un eccesso di modellizzazione. Questa modellizzazione è per altro riduttiva e sul suo altare metonimico, in cui una singola parte vuole parlare logorroicamente per tutti gli astanti, viene immolata alla fine la stessa possibilità critica, quella che sa di far parlare il presente delle idee nei documenti del passato senza doversi legittimare con genealogie storicamente trop- ..po larghe e teoricamente troppo strette. 11 problema del luogo di enunciazione critica viene molto bene in risalto negli scritti di Luciano Anceschi, sia in quelli più strettamente di estetica filosofica, sia in quelli di storia delle idee. Il Barocco, nella prospettiva della fenomenologia critica cui Anceschi si ispira, trasfigura nella vicenda della sua concettualizzazione, in cui il fenomeno artistico non parla mai per sé ma di sé tramite i suoi interpreti. Qui si colloca la «disputa del Barocco», sin dalle sue origini in ambiente neoclassico, dove la triade artistica (Bernini, Borromini, Pietro da Cortona), il concettismo letterario (da Marino a Gongora), il pensiero filosofico (da Bacone a Vico), vengono assunti in modo denigratorio, sino allo spregio contenuto nella formula di Benedetto Croce che vi vede «una varietà del brutto». Solo con lente aperture ottocentesche il Barocco disputato inizierà a risalire la china impostagli dalla zavorra neoclassica. Particolarmente, come ricorda Anceschi, sarà il manuale di Kugler e Burckhardt a «riscoprire» la scultura barocca e in particolare la pittura nel suo «naturalismo nuovo». Troviamo poi Delacroix a contrapporre significativamente Antinoo e Sileno, prefigurando la più fortunata antitesi di Nietzsche tra Apollo e Dioniso. Su tale base, con la Scuola di Vienna di ispirazione linguistica dina tutto quel mondo èli rottura ( .-..) che non è riducibile né sotto la nozione di Rinascenza, né sotto la nozione di Illuminismo; (f) entro un'area geografica che comprende tutte le nazioni di civiltà europea fino ai paesi coloniali, e, non a caso, l'America latina ... » Può sembrare strana tale smisurata apertura di Anceschi nella storicizzazione e geografia del Barocco, e forse fuori misura la sua intelligibilità concettuale. Ma ciò gli è reso possibile, come accennato, dalla prospettiva fenomenologica, per la quale Anceschi riprende la lezione di Antonio Banfi, «soprattutto per la fertile proposta del principio di correlazione soggetto-oggetto rispetto alla assolutizzazione del Soggetto come a quella dell'Oggetto». Il Barocco, di conseguenza, si sovrappone alla vicenda delle sue RiccardoMarasco (la «grammatica storica delle arti visive») e con il formalismo, il Barocco non potrà più essere taciuto o venire escluso da un nucleo artistico inteso come istituzione o precetto. Wolfflin porta a compimento il ritorno teorico e storiografico del Barocco, cementandolo nella sua contrapposizione al Rinascimento e facendolo assurgere così alla dignità di «concetto fondamentale della storia dell'arte». Ma, si chiede Anceschi, con serrato interrogativo filosofico diluito in scrittura lombarda, occorre pure parlare di una attualità del Barocco, anche se è impossibile reperire un «soggetto costante». Ora, liberato il Barocco da una ingabbiatura riduttivamente storicistica e scioltone il senso dalla rigidità qualitativa idealistica, esso è «termine che per chiunque lo pronunci (a) ha riferimento alla storicità; (b) in particolare, è nozione storica di classificazione; (c) che al di là delle storie particolari (artistica, letteraria, ecc.) esprime una indicazione di storia della cultura; (d) in cui è esplicita l'idea di una integrazione tra i vari aspetti della vita e della cultura umana; (e) ... coorinterpretazioni, e la sua attualità non va invocata né per derivazioni o propaggini temporali, né per concettualizzazione metastorica, bensì per il più «semplice» principio fenomenologico che nel dato storico vede la formalizzazione interpretante. Coerente risulta, alla fine, il titolo L'idea del barocco dato alla raccolta dei saggi. In contrapposizione tanto alla fissazione idealistica quanto alla riduzione storicistica, Anceschi può così recuperare non solo la possibilità, l'unica, di una estetica filosofica, ma anche di una critica avveduta teoreticamente. Se ancora in Nietzsche parlano contrapposizioni sistemiche (usuali nel profetismo) e se in Wòlfflin si cerca la fondatezza storica dei concetti (non poteva essere altrimenti, per uno storico dell'arte, per quanto formalistico), nell'orizzonte teorico di Anceschi in conclusione può abitare la scommessa critica, piegando la veridicità storica all'analogia teorica. Il Barocco, come il Rinascimento, il Neoclassicismo o il Romanticismo, non può che essere «disputato».
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