era lontana. Questa volta un po' del suo tempo poteva prenderselo, non per raccogliersi in sé o presso di sé, anzi per la verità per fare esattamente la cosa opposta. Aprì il flusso delle sue immagini proibite, cioè che non erano funzionali: era andato per le strade di Londra e di New York nel pomeriggio di ottobre quando la pioggia è finita e il vento accarezza le strade asciugandole e si era sentito dire: «È tutto pronto adesso per te, ma adesso; ora fa', fa' qualcosa». Era andato per le strade lunghe e strette di Lucca in cui a uno non sembra di camminare, ma di stare sognando di camminare. Ogni volta si era ritrovato di fronte, per' così dire, al coraggio di ogni cosa, che è lo stesso coraggio ovunque e che non ha un nome, come un fiL e froge dei cavalli vibrano a frequenze infinitesimali. Le vibrazioni si trasmettono ai testicoli. È il principio di una risposta. I testicoli dei cavalli si tendono (che sian «palle di pelle di pollo»? viene a ronzare disturbando la canzoncina infantile ... ). Quelli degli uomini presenti, o almeno di uno di loro, patiscono un vuoto d'aria, precipitano e dentro Io stomaco si forma una bolla di ansia. Si stringono, anche, preparano l'eccitazione. I buchi del culo dei cavalli si stringono e si allentano e si stringono definitivamente in forma di attinia. Quello dell'uomo dà qualche segno di sofferenza, come fosse tagliuzzato. La gamba sinistra della ragazza che lui sta guardando senza potere smettere di seguirla, incrociarla, guardarla con sospetto e attrazione («vorrei e non vorrei, e il cuore comincia davvero a tremare?»), la gamba sinistra della ragazza comincia a battere un suo ritmo come in controtempo. La curva della natica è ben disegnata e qualcuno può pensare che tra la coscia che si muove quasi frenetica, sì, impaziente, e quella immobile il sesso della ragazza cominci a sentire l'effetto delle sollecitazioni. Forse si sta aprendo. Quando la ragazza ferma la gamba rimane aperto o si richiude isterico? Io credo che rimanga aperto, questo sta pensando lui. La ragazza con dita affusolate sta arrotolando il biglietto di ingresso ai cavalli. In dubbio se distruggerlo o farne una piccola arma di carta, aguzza. Poi comincia a lacerare il piccolo imbuto che si era formato col biglietto. Forse la ragazza è vergine e non vuole esserlo, così pensa lui, e la parola «vergine» gli fa ribrezzo, come sempre. I capelli dei cavalli sono pettinati, acconciati, come fossero di donna. A volte come di grandi dame a una festa. Anche gli occhi sono di donne che sfoderano membri poderosi, testicoli sovrumani. Quando i membri da divinità vengono rinfoderati i testicoli si fanno più rotondi ma non si rilassano. Palloni da football invece che palle ovali da rugby. La ragazza la vede quasi sempre di profilo, ora di fronte ha occhi nero-blu, un colore che non è un colore, invece di brillare risucchia. Non è una cavalla; è una donna-uccello, forse. Appena adulta. Le scarpine modello college nascondono zampette ungulate, tenere con unghie taglienti, che sfodera e rinfodera, di nascosto. Potrebbe scendere sui cavalli e sostenersi senza fatica inglio illegittimo. Questo era il mister6'"'che si presentava davanti ogni volta che si ritrovava in quella particolare situazione nella quale rientrava in sé e contemporaneamente usciva fuori da sé. C'era una specie di invito diffuso nell'aria a fare qualcosa, un desiderio di risoluzione. Se un'esistenza è un arco tra un principio e una fine, gli uomini sembrano interessati principalmente a queste due estremità, mentre la cosa più importante era quella sospensione che lui sperimentava in mezzo, che non valeva nulla, che non era il termine di nessuna qualificazione professionale, ma che era semplicemente la propria forza, e che racchiudeva l'intero segreto della sua vita, anche se non si vedeva, non si toccava e non si diceva. Ma quella sospensione era am:- pia come l'arco del cielo che circondava i suoi pensieri quando di notte camminava per le strade di Vienna e quei pensieri scendevano su di lui con la medesima leggerezza dei fiocchi di neve; ma non erano fiocchi di neve, erano immagini •leggere, errabonde che gli facevano attraversare il Domplatz di S. Stefan e poi Io conducevano per un intrico di strade adiacenti fino alla Wollzeile e quindi lungo la Rotenturmstrasse in una discesa al termine della quale si trovava nello Schwedenplatz al cospetto del grande canale del Danubio che getta i suoi ponti silenziosi verso il Prater. E allora le insegne, le scritte come «Teppich» o «Pol4er», che svende i Loden, diventavano segnali per qualcosa che era stato o cercava, che non sapeva e tuttavia riconosceva come una parte di sé. È solo con un senso di colpa, quale conseguenza di un atteggiamento di irresponsabile leggerezza, che G. camminando per le strade di Vienna pensava che in fondo tutte le insegne, gli edifici, i ponti, le segnaletiche fossero l'immane pretesto di una domanda che veniva rivolta a lui, che in ritardo raggiungeva altri che già prima di lui avevano imboccato la via di quella ricerca ondeggiante sulle strade. «È questo dunque - lui si era domandato - che voleva dire tutto quanto prima, tutto quello che è successo prima e che finora non conoscevo, ma che era come il presagio di qualcosa che era già successo agli altri e che ora raggiunge anche me?» G. stava solo in mezzo al grande Schwedenplatz, in cui sfociano da ogni parte vie verso il Danubio. Circa due secoli prima, lungo una sponda del fiume un povero musicante aveva commosso Grillparzer perché aveva esibito nell'indifferenza generale della folla, durante una festività pubblica, una delicatezza di spirito che superava la sua palese incapacità di suonare il violino dal quale riusciva a strappare soltanto suoni disarticolati. E G. sentiva di appartenere a quell'immagine gratuita che danno le città, nella quale la vita ha significato e bellezza anche per chi non possiede le capacità di far nulla o ha un diverso immane compito davanti nel Tempo. I cavallidiMilano filandogli le unghie sulla groppa. I cavalli .ne avrebbero solo dolore. Ha labbra strette e serrate. I cavalli tengono la bocca aperta o spalancata e mostrano lingue arcuate, pronte a schioccare. Siamo abituati a pensare che quando i cavalli nitriscono il suono esca dalle froge vibranti. Invece deve essere un suono di quelle gole di tortora. G Ii zoccoli dei cavalli (ma come hanno fatto a uscire i ca- 'valli che sembravano così ben custoditi?) battono sul selciato della piazza del Duomo, ovattaAntonio Porta nee di tiro, non c'è scampo. Le prime linee cadono ma loro non si fermano, avanzano le seconde, poi le terze, e noi a buttarli giù, uno sopra l'altro. Quelli dietro vengono avanti scavalcando i primi e ci cadono sopra. Continuano a avanzare, ormai c'è un muro di soldati russi uno sopra l'altro e noi continuiamo a sparare. Fino a quando? Fino a quando siamo stati costretti a fuggire. La valanga dei morti stava per sommergerci. «Sono arrivato a Milano a piedi. Mi chiedono di abiurare, di rinnegare l'Esercito del Re. Io decido Giuliano Mauri ti dagli stracci che li avvolgono. Per non far rumore? A causa di un gelo improvviso? Gli stracci che avvolgevano (e avvolgono ora, qui sulla pagina) i piedi e i polpacci gelati degli alpini in fuga senza fine che ritornano dalla Russia. «Eravamo sul fiume Don» mi dice uno di loro, «bene attestati. Davanti a noi le linee russe. Cominciano a avanzare e noi li prendiamo sotto il fuoco incrociato delle nostre mitragliatrici. Sai che cos'è un fuoco incrociato? Una di qua e una di là, a incrociare le lidi rimanere fedele al giuramento, non passo dall'altra parte, io. E dico 10 con orgoglio, con fierezza, è l'ultimo sentimento che mi rimane, l'ultimo appiglio. Mi sbattono subito in Germania, ancora con le mie pezze ai piedi, e da lì sono riuscito a tornare, IO, mangiando fierezza, II)a certo, ti può fare sorridere, ma è così che si resisteva, che si sopravviveva, solo così. Sempre con le mie pezze ai piedi, legate ai polpacci;la barba nera da orco, e questi stessi occhi chiari, azzurri, da angelo ... » L e labbra della ragazza non gliosi?» ma per fortuna, e non è riescono a aprirsi, non riesce solo una fortuna, è una virata di a pronunciare la parola che 180 gradi, ho detto «Sì, sono belrompe il ghiaccio. Dietro la sottile lissimi». Ero diventato cenere e parete di ghiaccio sta ferma come so_norisorto, in pochi secondi, e un pesce imprigionato. Ma la sua --rontinuo a rinascere e lei è quì, la gamba sinistra ha ricomfociato a pagina è il suo specchio. Un momuoversi, prima a intervalli poi~- mento fa l'ho rivista, come allora, frenetica, quasi senza controllo. come sempre. La pagina è il mio Se potesse dire anche una sola pa- specchio ma non soltanto, sento rola, una parola qualunque e muo- che lei è nella stanza qui accanto, versi verso di me e guardarmi con col corpo senza corpo. gli occhi scuri da uccello, che pun- «Nella piazza sembra che nevigono. Sembra che sia la lingua del schi» dice una donna anziana con cavallo che le sta vicino che si la veletta. «Non ci credo» le rimuove perché ... No, non c'è per- sponde il marito cieco con il capFernando Grillo ché, è una mia idea che sia il cavallo a dire «Sì» per lei. II «Sì» Io sento chiaramente e lei mi sta guardando. Dopo quel «Sì» si è avvicinata e sta di fronte a me, immobile, gli occhi sono ora concavi, specchi neri che mi riflettono: in questo istante io sono presente perché gli specchi dei suoi occhi ridisegnano la mia figura che hanno appena assorbito. Allora, e solo allora, io dico «Sì», e aggiungo «sono bellissimi». Un istante prima meditavo di dire: «Non ti sembrano meravipello floscio, all'inglese, agitando il bastone bianco per il disappunto. «Non ci credo nemmeno io» dico alla ragazza, ma sono colto dai sospetti, quando sono entrato dai cavalli era un crepuscolo terso e gelido, non so quanto tempo sia passato da allora, perché dai cavalli si può entrare anche di notte, e siamo in una stagione dai repentini mutamenti meteorologici, basta il vento che scende dalle Alpi e comincia a nevicare, secco. Siamo a Milano e i cavalli d'inverno devono mettersi le pezze ~gli zoccoli
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