Alfabeta - anno VII - n. 74/75 - lug./ago. 1985

no emergere in Europa: maggiori misure di polizia o sospensione delle partite di calcio: «lo Stato assistenziale è una parte centrale del problema». Tasse elevate, sussidi pubblici e scarse opportunità per l'avanzamento individuale, scrive, «hanno creato una sottoclasse oziosa o sottoccupata, un problema ulteriormente aggravato dai residui di un sistema classista superato». I governi europei, secondo il Wall Street Journal, hanno fatto troppo poco per promuovere «la transizione dalla società assistenziale alla società delle opportunità». E il modo più rapido per stimolare l'iniziativa individuale è «smetterla di penalizzare il successo attraverso un sistema fiscale fortemente progressivo». L'interpretazione del principale quotidiano economico Usa è insomma seccamente socioeconomica; la violenza deve essere combattuta stimolando l'economia, l'iniziativa e l'occupazione attraverso qualcosa di simile alla riforma fiscale reaganiana: meno tasse, meno progressive. La signora Thatcher, secondo il Wall Street Journal, parla di «vergogna e disgrazia», ma non ha capito l'essenziale (Behind the Brussels Tragedy, 31 maggio). Dall'altra parte dell'Atlantico, The Economist è poco incline a trovare la radice della violenza sportiva nella recessione e nelle politiche della signora Thatcher, anche se «la recessione non ha certo giovato». I teppisti di Bruxelles, sostiene The Economist, erano persone che avevano abbastanza soldi per comprarsi un biglietto alquanto costoso: «sarebbe meglio esaminare il sistema di valori culturali che hanno reso possibile» la tragedia di Bruxelles (Britain's shame in Brussels, 1° giugno). The Economist ritorna sull'argomento in un successivo editoriale (Agenda for Europe's polecats, 8 giugno), nel quale si afferma che «i teppisti inglesi (hooligans) non sono né i poveri, né i negri, o gli stupidi, al contrario tendono a considerarsi come una élite 'britannica'». Dopo una ricostruzione della formazione e della perpetuazione di questa «sottoclasse» a partire dalla rapida inurbazione subita dalla società inglese all'alba della rivoluzione industriale, conclude: «Ciò che occorre è dare ai giovani britannici fra i 13 e i 25 anni qualcosa di cui possano sentirsi orgogliosi». Una riforma della scuola gioverebbe, afferma il settimanale, ma forse anche l'introduzione in Gran Bretagna di un «servizio nazionale» simile al servizio di leva che esiste in molti paesi del continente, anche se non necessariamente o esclusivamente militare. Perché è esplosa la pazzia di massa di Luciano Gallino (La Stampa, 31 maggio, p. 3) « (... ) il massacro era perfettamente prevedibile, se non nelle sue esatte dimensioni, certo nella sua dinamica e nella sua gravità. ( ... ) parlare di follia o di bestialità dei tifosi, o anche solo d'una parte di essi, non solo è tecnicamente inesatto, ma· non serve minimamente per trovare il modo che simili errori non si ripetano (... ) le i::s responsabilità sono molto più am- .s . ~ pie e distribuite di quanto non si C). sia detto e scritto finora. ( ... ) Gli spettacoli di folla sono diventati troppo complessi, troppo carichi .9 di i~teressi, troppo numerosi, per -- i lasciarne la preparazione e il con- .si trollo a degli incapaci irresponsa- ~ bili, stiano essi in basso o in alto - ~ nell'organizzazione delle società moderne». i:: Quando nei club si coltiva la vio- ~ lenza di Ferdinando Camon (Il -o Giorno, 31 maggio, p. 2) ~ ~ « ( ... ) Se i tifosi del Liverpool sono arrivati a poter fare quello che han fatto, è anche perché la loro esistenza, la loro crescita, il loro tifo sono stati utili e funzionali alla crescita del Liverpool, alla sua leggenda, al timore che lo circonda. E così, per altre squadre, il tifo, il denaro, il supporto degli squadroni della morte, quelli col teschio o con le tibie incrociate, dei gruppi di guerrieri, delle brigaè stata allevata nella convinzione che i giochi organizzati fossero un mezzo per calmare gli spiriti eccitati, che altrimenti avrebbero potuto essere dannosi per la società. Ciò era ritenuto valido tanto per gli spettatori quanto per i giocatori. Abbiamo visto quanto disperatamente errata fosse questa supposizione. Adesso si ritiene che un incontro di calcio sia un'occasione Milli Graffi te di ogni colore. L'operazione che si è voluta fare finora, da parte di alcuni grandi club (soprattutto italiani; il Liverpool non ha mai mostrato scrupoli moralistici del genere), è stata quella di bloccare a metà strada l'evoluzione di queste organizzazioni di supporters: che nascano, sì, questo può essere bene, può giovare alla squadra; che si moltiplichino; che abbiano sedi, facciano riunioni, si organizzino gerarchicamente, abbiano stemmi e bandiere, lancino proclami, insomma che 'si carichino': tutto questo porta denaro. «Ma che non abbiano spranghe alle partite, e che siano tenuti separati dagli avversari, perché non ci scappino i morti: insomma che non possano mai 'scaricarsi'. Se si riesce in questo, la situazione è ideale, la società ne trae potenza. ...la ' eserv1 per scatenare la violenza di parte. Lo diamo per scontato e ricorriamo a strumenti protettivi per evitare che la violenza vada troppo oltre. Agenti, polizia a cavallo, filo spinato, muri di mattoni proclamano che il calcio non è più un divertimento cui un uomo possa portare la moglie e i bambini. È un pretesto per una guerra limitata. ( ... ) «Non credo che si debba farci entrare la sociologia. La violenza delle folle ha sempre fatto parte della cultura mondiale. La sua repressione fu un successo britannico. Una volta, c'erano le risse nelle strade. Poi, c'è stato il calcio. Ora, il calcio serve a favorire le risse. Ci accorgiamo che è il calcio che fa emergere la bestia nei giovani spettatori. ( ... ) «Succede che, per varie ragioni Nel numero 33/34 di luglio-agosto La vita sobria di Cornaro • D'Annunzio e l'arena ardente L'inizio effettivo del comunismo Secondi piatti di pesce • I bambini raccontano 40 -pagine a colori, Lire 4.500 Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano, telefono (02) 592684 «È una soluzione che poggia su un equilibrio impossibile, che tende continuamente a rompersi. Quello che i supporters del Liverpool hanno fatto a Bruxelles non rappresenta una deviazione o una stortura o un incidente nel loro funzionamento: ma ne è l'esatta attuazione». Noi inglesi dannati d'Europa di Anthony Burgess ( Corriere della Sera, 31 maggio, p. 1) «( ... )Per generazioni, la gente storiche, il calcio attragga folle più grandi. Le grandi folle sono masse. Le masse sono naturalmente inclini alla violenza. ( ... ) Tutto ciò che si può fare è di imporre tecniche sempre più efficaci di prevenzione, più polizia, più filo spinato, più fucili puntati. ( ... ) «Nessuna malvagità premeditata a Bruxelles; certo, non più di quanta emergesse dalle ondate che hanno seminato la morte nel Bangladesh. Ciò che abbiamo visto è stato una lugubre stupidità. E contro di essa, come sapevano gli antichi, non possono lottare nemmeno gli dei». La guerra del pallone di f'rancesco Alberoni (La Repubblica, 4 giugno, p. 1) « ( ... ) Per quanto grave sia ciò che è accaduto, non siamo, però, di fronte all'inaudito, al mostruoso, ma a qualcosa che appartiene allo sport. Come l'incidente automobilistico nelle corse di formula uno, come la morte di un pugile in un incontro di boxe, come la strage di un aereo che precipita sulla folla. ( ... ) «Per questo non capisco l'atteggiamento di molta gente, di molta stampa, di molti politici verso ciò che è accaduto. Gli inglesi sono stati intemperanti ma non sono diversi dagli altri. L'idea che il Parlamento europeo debba proibire loro di assistere alle partite sul continente è assurda ed ignobile come una legge razziale. Ed è assurda, se vera, anche la decisione del governo Thatcher di sospendere le trasferte delle squadre inglesi nell'Europa continentale. Il calcio è qualcosa che appartiene alla cultura europea, è uno dei pochi sport che unificano veramente il nostro continente. Ritirarsi dalle competizioni, per l'Inghilterra, è un po' come ritirarsi dall'Europa. ( ... ) «La passione per il calcio accomuna popoli lontani come lo spagnolo, l'italiano, il tedes~o e l'inglese. Perfino l'inglese, che pure è il più separato dal continente e più vicino per lingua e per cultura agli Usa, di fronte al calcio si sente europeo. ( ... ) A poco a poco sta emergendo un vero e proprio campionato europeo, altrettanto importante di quello nazionale. Destinato forse, nel futuro, a diventare il più importante di tutti, il campionato della Nazione Europea. La catastrofe di Bruxelles è la conseguenza di questo nuovo spirito sportivo. Probabilmente nessuno si aspettava un afflusso così grande di sportivi, una passione così torrida, così pericolosa, ma, perciò, così viva. ( ... ) «È perciò totalmente privo di senso, e pericoloso, pensare di ridurre i rapporti sportivi fra Inghilterra e continente. Il senso di colpa ed il dolore di questo dramma devono invece farci capire quanto siamo vicini, quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri, quanto, d'ora in poi, saremo corresponsabili. No, i tifosi inglesi non devono essere allontanati dalla comunità. Non deve essere allontanato nessuno, perché la comunità è di tutti e la tragedia è di tutti. «Il vero problema è di far progredire la comunità e di imparare a viverci. A livello continentale lo sport di massa richiede una comprensione reciproca più elevata, un senso di autocontrollo maggiore ma, soprattutto, un nuovo tipo di organizzazione, di gestione adatto ai nuovi tempi, alle nuove esigenze europee». E la violenza comincia a mangiarsi lo spettacolo di Elvio Fachinelli ( Co"iere dellaSera, 4 giugno, p. 3) « ( ... ) Ora però un'importante modificazione è in corso. Finora, è stata l'immagine spettacolo a condurre il gioco: si appropria della violenza, la riproduce, la nutre, la spegne, a suo piacimento, la fa scomparire e ricomparire. Ora succede che la violenza comincia a mangiarsi lo spettacolo. Coloro che davanti al fiume delle immagini multicolori che ci penetrano avevano esaltato l'apparizione della società dei simulacri, dell'uomo facsimile, delle passioni deboli, del sangue sostituito dal plasma smeraldino di mutanti evanescenti, si trovano davanti, a tratti, una ferocia improvvisa, guizzante, decisa a comandare sullo spettacolo, a entrarci dentro da padrona e anche a farlo a pezzi. La strage di tifosi nello stadio belga prima della partita di calcio ne è un esempio recente; prima come per .uno stratagemma di guerra .preventiva, senza dichiarazioni ufficiali. L'effettuazione della partita dopo la strage, per evitarne un'altra maggiore tra gli spettatori 'inferociti', è la conferma che una forza aliena è entrata in campo e domina minacciosa. «Facciamo i conti con questa forza, dicono tutti. Ci vuole 'più polizia, più filo spinato, più fucili puntati' - secondo l'autore de L'arancia meccanica. La città in stato d'assedio? Altri, standosene evidentemente ben lontani dagli stadi, parleranno forse di un nuovo super-spettacolo in gestazione, di un gigantesco teatro della crudeltà alla Artaud, questa volta su scala di massa. Ah, l'arena ... Altri ancora cercheranno interpretazioni e spiegazioni - comari commentanti sull'uscio di casa l'eleganza della ghigliottina». Se il calcio diventa una droga di Ida Magli (La Repubblica, 5 giugno, p. 1) « ( ... ) A che serve chiedere agli intellettuali cosa pensano del calcio? Quale rapporto c'è fra la ricchezza interiore di Calvino o di Soldati e la paurosa povertà di tutti quelli che non possiedono altro valore che il calcio, che non parlano che del calcio, non amano altro che il calcio, non sanno altro che il calcio? Migliaia e migliaia di persone cui è stato fornito il calcio come droga, allucinazione, derealtà, ma ai quali non è data la possibilità di accorgersi della loro psicosi perché la società li garantisce, confermando in tutti i modi il calcio come valore collettivo. «Sì, il problema è la patologia del gruppo. ( ... ) Il gruppo viene dato sempre, per definizione, come 'normale'. È difficilissimodefinire ciò che è patologico se non in funzione della 'eccezionalità'. Ma c'è un altro modo per valutare la patologia: il principio di realtà. Ed è il principio di realtà che è venuto meno nel comportamento dei gruppi e delle società nei confronti del calcio. I milioni di persone che si esaltano per un goal, che spendono la vita dietro al campionato 'delirano'. E il fatto che siano milioni non cambia nulla alla realtà del delirio. I 'teppisti' di cui oggi ci si lamenta non sono altro che coloro che (come accade sempre quando una società sviluppa comportamenti psicotici, allucinatori) assolutizzano la norma, ne diventano gli 'eroi', passano dal simbolico al concreto, rendendo così evidente quale sia la patologia che sottende al gruppo che li genera». La tragedia di Bruxelles ha un nome: debolezza di Jean-Francois Revel (Il Giornale, 7 giugno, p. 1) « ( ... ) come possono pretendere i nostri responsabili politici e amministrativi di saper governare, quando non sono capaci di impedire, nel cuore della capitale delle istituzioni europee, una violazione così mostruosa e micidiale della legge? ( ... ) non ci vengano a raccontare che si trattava di un 'problema insolubile', sostenendo che la polizia non può 'sorvegliare tutti' e ricorrendo ad altre scappatoie. Questi non sono che i vagiti dell'impotenza e dell'inefficienza. E li abbiamo già sentiti. (... ) «Lo Stato di diritto si distingue dai regimi totalitari in questo: che non può fare nulla al di fuori del diritto, sua sola arma. In cambio, ha però il dovere di mostrarsi spietato nel quadro di questo stesso diritto. Se non agisce più né fuori del diritto, perché se lo vieta per principio, né all'interno del diritto, perché non ne ha più la volontà o la forza, allora è perduto».

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