Alfabeta - anno VII - n. 74/75 - lug./ago. 1985

ExCapti~it"teSalus L'edizione italiana del libro di Cari Schmitt, di cui offriamo· qui un breve estratto (alcuni brani dal capitolo che dà il titolo ali'edizione originale: Ex Captivitate Salus, Koln, Greven Verlag, 1950) per concessione dell'editore Adelphi, sarà in libreria nel 1986. Dalla 'decisione' al Nomos Angelo Bolaffi In un passo del Diario di Ernst Jiinger, datato 14 dicembre 1943, si traccia un profilo sorprendentemente incisivodi Cari Schmitt, autore la cui presenza è una costante evidentissima a differenza, ad esempio, di Heidegger il cui nome non compare mai (e, cosa ancora più sorprendente e sulla quale solo la pubblicazione degli inediti potrà far luce, lo stesso vale per le opere di Schmitt): «Fra tutte le persone che conosco - scrive Jiinger- Cari Schmitt è quello che possiede la mente più atta alla definizione. Come pensatore egli è seguace dell'idea monarchica e, quando una incorniciatura del demos sostituisce un'altra, la sua posizione si fa necessariamente scabrosa. Nell'ascesa di poteri illegittimi, al posto del primo giurista della corona rimane un vacuum, e il tentativo di riempirlo va a scapito della reputazione. Infortuni professionali». Jiinger individuò, dunque, lucidamente la grandezza e i limiti dell'impresa intellettuale di Schmitt, la strutturale aporeticità, cioè, di una geniale lettura, di una affascinante interpretazione del moderno, che inevitabilmente avrebbe co~nvolto in modo diretto anche i destini personali dell'autore. Esattamente di questo intreccio tra vicenda biografica e formazione della teoria schmittiana ci parla Ex captivitate salus: composto di brevi saggi e di uno centrale più ampio, quello che dà il titolo a tutta l'opera, questo volumetto rappresenta forse il vertice dal punto di vista delle capacità letterarie di un autore dotato comunque di uno stile di scrittura al limite del virtuosismo, che senza dubbio è una delle spiegazioni del suo fascino e del suo successo. Coinvolto dopo la sconfitta del nazionalsocialismo nel processo di Norimberga, anche se non direttamente, e chiamato in causa per le responsabilità morali e non immediatamente penali, tanto che Robert M.W. Kempner, vicecapo della Allied War Crimes Commission lo definì come «il maggior criminale dal punto di vista morale», accusa dalla quale durante l'interrogatorio si difese autodefinendosi «un avventuriero intellettuale» (ein intellektueller Abenteur), Schmitt affronta in quest'opera scritta durante il periodo di detenzione (ecco la captivitas che salva) il problema delle 'colpe' della sua teoria. Lungo quella che si può definire come una 'ermeneutica della reticenza' egli punta nella sua autodifesa a paragonare il suo caso a quello di un «Epimeteo cristiano» e a legare il suo destino alla nascita e alla crisi dello jus publicum europaeum. A differenza da quanto fatto (in segreto) da Martin Heidegger, che dopo il '45 aveva redatto una penosa autodifesa per quanto fatto e detto nel '33-34, o dal distaccato e gelido 'superamento' degli orrori plebei perpetrati dal «popolo di lémuri e dal guardaboschi capo» iniziato da Jiinger già in Sulle scogliere di marmo, l'impostazione di Schmitt è aggressivamente offensiva: tu qui es, risponde a Eduard Spranger, che in carcere gli aveva fatto pervenire un questionario di domande. In realtà le linee di difesa sviluppate da Schmitt di fronte alle accuse sono di due tipi: la prima organizzata attorno al sistematico ricorso alla metafora; la seconda, più esplicitamente teorica, rivela, oltreché evidenti e convinti tratti di continuità con l'elaborazione degli anni Venti-Trenta, gli elementi di novità che nella riflessiometaforica condizione della Intelligenz e, in particolare, dei giureconsulti, in un sistema massificato. Quella della 'emigrazione interna', la tattica di cercar rifugio in 'cripte e catacombe', anziché nell'aperta ribellione fu, secondo Schmitt,-una scelta in parte inevitabile e comunque alla fine capace di 'ingannare il Leviatano'. Ma lasciando da parte l'aspetto più decisamente biografico, l'elemento di novità che si diceva presente in questo scritto è la definitiva presa d'atto da parte di Schmitt della fine di quel sistema giuridico sul, e grazie al, quale erano sorti gli Stati sovrani e si era posto fine agli orrori delle guerre civili di religione: il Silete Theologi! di Almonumentale ricerca dedicata al diritto internazionale dello jus publicum europaeum, evidentemente motivata dalla disfatta tedesca nelle due guerre mondiali e nelle successive 'punizioni' di Versailles e Norimberga, si presenta come una complessa, non univoca, talvolta contraddittoria lettura delle cause delle metamorfosi della guerra, del suo divenire totale e del declino irreversibile del Nomos. Tale doppio processo si legherebbe al trionfo delle potenze oceanico-protestanti (Inghilterra e poi America) rispetto a quelle cattolico-terranee. E come sul versante del diritto statale interno l'affermazione della sovranità Quatuor Manicle: Jean-Jacques Viton, liii Bennett, Nanni Balestrini, Liliane Giraudon Tale radicale rottura epocale, metaforicamente rappresentabile dal passaggio dell'esistenza umana dalla casa alla nave e che, per molti versi, rimanda a quella del Seicento nella quale si passò dal «mondo chiuso all'universo infinito», questa irreversibile convenzionalizzazione delle relazioni intersoggettive, questo 'spaesamento' provocato dalla perdita del radicamento e del fondamento, sarebbero alla base della dissoluzione dell'antico Nomos e della sua sostituzione con la tecnica. Tecnicizzazione e industrializzazione divengono il nuovo destino della terra, che secondo la previsione di Tocqueville vedrà il trionfo delle due superpotenze, la Russia e l'America, mentre i processi di democratizzazione si tradurranno in crescente centralizzazione. È evidente la curvatura romantico-nostalgica di una grandiosa interpretazione del moderno quale dialettica tra spinte centrifughepluralizzanti e necessità di un fondamento per costituirne l'unità politica e sfuggire al relativismo: la polemica antinormativistica e anticonvenzionalistica in nome della decisione e del nomos è destinata all'impotenza e all'opportunismo. Qui Jiinger aveva visto giusto: il destino di Schmitt come persona è quello della sua teoria, l'idea cioè che uno Stato e un consorzio politico siano impossibili senza la presenza di un potere ultimo e dirimente, capace di decidere nel caso d'eccezione e per questo sovrano. Come dio anche il potere non può che essere uno. Qui dentro, in questa che abbiamo definita una aporia immanente, deve essere rintracciata la causa vera dell' 'occasionalismo' che Schmitt aveva, nel suo Romanticismo politico, implacabilmente bollato quale malattia mortale dei romantici, e di cui poi egli stesso venne a sua volta accusato da Lowith. Da questo punto di vista è un romantico malgré lui destinato allo scacco. Negli anni Venti-Trenta Schmitt cercò nella 'decisione' versus la dissoluzione policratica di Weimar ne schmittiana si erano delineati bericus Gentilis che aveva annun- avrebbe comportato una regola- di fondare una via d'uscita: ma in all'inizio degli anni Quaranta, at- ciato la definitiva separazione di zione (Hegung), delimitazione-re- un'epoca di massa la decisione detorno al tema del significato di fi- teologia e diritto e la fondazione golamentazione del conflitto (ma ve paradossalmente intensificare losofia della storia emblematica- di quest'ultimo in sfera autonoma, Schmitt non spiega come tale in- la produzione di miti per mobilitamente racchiuso nella opposizione si trasforma nel Silete Jurisconsul- terpretazione non sia in contraddi- re e ideologizzare, spingendo così polare di Terra e mare e, successi- ti! che segna la fine dello jus publi- zione con l'individuazione dell'es- proprio nella direzione di quello vamente, al problema del Nomos cum europaeum che, secondo senza del politico nella relazione 'Stato totale', i cui pericoli Schmitt della terra, e delle conseguenze Schmitt, aveva retto le sorti d'Eu- amico-nemico), così il diritto dei aveva acutamente e con largo antidella universale affermazione del- ropa tra il XVI e il XIX secolo. popoli allorché ancora vigeva un cipo intravisti. La metafisica della la tecnica. E come nel Cinquecento le tesi Nomos avrebbe significato una decisione produce Behemoth, il Per simboleggiare la propria del bellum justum e del tirannici- mise en forme della guerra, una non-Stato, e non la rinascita del condizione negli anni tra il '33 e il dio avevano spalancato la via agli sua delimitazione sul modello del Leviatano. La teoria della dittatu- '45, trascorsi pericolosamente nel- orrori della guerra intestina e fra- duello sia pure tra Stati: non guer- ra si trasformò per questo nel sile 'grinfie del Leviatano', Schmitt tricida, così nel XX secolo il crollo ra giusta ma riconoscimento dello lenzio di fronte al dispotismo di amava paragonarsi a Benito Cere- dell'antico ordinamento avrebbe justus hostis che va rispettato in uno Stato totalitario. E la successino, il capitano del racconto di fat!.Orinascere l'idea di una guerra quanto tale e non messo, in quan- va ricerca attorno al diritto euroMelville, prigioniero della propria giusta il cui pendant è la trasfor- to sconfitto, hors la loi. peo e alla sua capacità di regolare ciurma di pirati, costretto a finge- mazione dello justus hostis in cri- Riprendendo negli anni Qua- la guerra, di metterla in forma, re di esserne il capo, i cui tentativi· minale, dell'avversario- in quanto ranta un'antica intuizione presente dovette arrendersi di fronte alla 'O nascosti di segnalare al capitano combattente sotto le bandiere del- nella sua opera fondamentale del onnipotenza della tecnica e alla ';; Amasa Delano la verità della pro- lo Stato nemico - in delinquente '23 intitolata Romischer Katholi- marginalizzazione geopolitica del- .s pria situazione servono solo ad au- da eliminare. Si apre così, secon- zismus und politische Form, l'Europa: divenne una dolorosa e ~ mentarne i sospetti. In altri termi- do Schmitt, l'epoca del Weltbur- Schmitt dispone le sue considera- nostalgica evocazione. ~ ni: quella da lui scelta fu solo par- gerkrieg, della guerra civile piane- zioni su un piano di filosofia della Collocandosi nella illustre tradi- ~ zialmente una vita liberamente vo- taria. storia, connettendo la fine di un'e- zione degli 'sconfitti' comprenden- g Iuta, giacché, ecco l'aspetto della Qui deve essere individuato un poca allo sradicamento prodotto te Tucidide, Tacito, Machiavelli e ~ necessità, anche «uno stu~ioso e aspetto nuovo della riflessione dall'affermazione del 'mare' sulla Tocqueville, Schmitt vuol fare va- ~ un ricercatore non può scegliersi il schmittiana, nel quale vengono 'terra' che dissolve il fondamento lere di per sé il detto che 'lo scon- ~ regime politico a piacimento» e «il declinati sul versante del diritto in- del Nomos, il suo Grund. Il No- fitto scrive la storia': questo può ]i dovere di.scatenare una guerra ci- ternazionale quei 'concetti del po- mos (che non è la lex ciceroniana) essere vero anche in questo caso. ìQ vile, attuare sabotaggi e diventare litico' che erano serviti a decifrare si dà solo in relazione al solido Ma scrivere la storia non significa ~ martiri ha i suoi limiti: non pos- il 'geroglifico' del moderno sul fondamento 'terra' della cui ap- necessariamente saper scrivere la s:: sum scribere in eum qui potest versante interno della vita statale. propriazione-divisione-coltivazio- propria biografia. Anzi, non è sta- ~ proscribere (Macrobio)». Questa ricerca, che culminerà nel ne c'è traccia nell'etimo greco, ne- to quasi mai vero. E Schmitt ce lo ~ Quella di Cereno, dunque, è la Nomos der Erde (1950), cioè nella mein. conferma. g 1-----------------------------------------------------------------------------l:::s

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