Alfabeta - anno VII - n. 74/75 - lug./ago. 1985

Centro Internazionale di Semiotica e di Linguistica Urbino 12-26luglio 1985 Convegni: I luoghi dello spettacolo 12-14 luglio in collaborazione con la Mostra internazionale del Nuovo Cinema. Coordinatore: Francesco Casetti (Milano) Frammento/Frammentario 15-18 luglio Coordinatore: Louis Marin (EHESS, Parigi) L'interpretazione 19-21 luglio in collaborazione con la rivista Alfabeta. Coordinatori: Maurizio Ferraris (Trieste) e Stefano Rosso (Genova) Interazioni conversazionali 22-26 luglio coordinatori: Catherine Kerbrat Orecchioni e Jacques Cosnier (Lione II) in collaborazione con E. Roulet (Ginevra) Conferenze: d'Arco S. Avalle (Firenze), J. Baudrillard (Nanterre), P.A. Brandt (Aarus), A. Conte (Pavia), E. Lepore (New Brunswick), L. Prieto (Ginevra), L. Vaina (Cambridge, Mass.), ecc. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a: Centro Internazionale di Semiotica e di Linguistica P.za del Rinascimento 7 61029 Urbino (0722) 2289 I. Asimov, J. Bixby, R. Dahl, D. Westlake, R. Silverberg Hallucination orbit La psicologia nella fantascienza Presentata da lsaac Asimov, una antologia di racconti dedicata al rapporto tra la fantascienza e la "meno conosciuta delle scienze". '"Albatros" Lire 20.000 Asimov, Bradbury, Hoch, Queen, Wharton La notte di Halloween Le strane cose che possono accadere la notte in cui demoni, spiriti maligni, folletti e streghe sciamano sulla Terra. '"Albatros'" Lire 16.000 Eudora Welty Un sipario di verde Brevi e intensi racconti, cui fa da sfondo il paesaggio del delta del Mississippi, con la sua atmosfera di nebbie, mistero, leggenda. "I David" Lire 10.000 Gertrude Stein Sangue in sala da pranzo Un giallo "sui generis" della celebre scrittrice americana ammirata da Hemingway e Picasso. "I David" Lire 8.000 Editori Riuniti Cfr. li lavoro delle riviste Il «Cfr.» (confronta) è la sigla dei rimandi nella ricerca teorica, critica e saggistica. In questo giornale la sezione indicata «Cfr. » è la sola serie di recensioni in senso proprio, e raccoglie dunque le scelte di lettura dei direttori e collaboratori frequenti del giornale. Noi non ci fidiamo più della sistematica delle varie discipline, e usiamo qui, riproponendo più fitto e continuo il nostro «Cfr. » bibliografico, vari modi di approccio (recensioni e notizie, soggetti, veline delle riviste, stato dell'arte, pagine degli editori, ecc.). Tradizione e storia Biagio de Giovanni 1. La rivista li Centauro dedica un numero doppio (11-12), che sarà in libreria nella prima settimana di ottobre, al tema «Tradizione e storia». Figureranno nel numero contributi di Agamben, Cacciari, de Giovanni, Esposito, Desideri, Sini, Vitiello, Russo, Pasqualotto e ancora altri; uno straordinario scritto di Schelling sul problema occuperà lo spazio che tradizionalmente la rivista dedica a «testi» mai prima tradotti o in genere poco noti. Perché questo tema? 2. Il numero del Centauro cerca di rimettere in discussione ciascuno di quei termini e il loro rapporto. Esso muove dalla consapevolezza che interamente aperta è la domanda se si possa parlare ancora oggi di un senso della storia e di una potenzialità ermeneutica della tradizione. La nostra condizione di oggi sembra esser quella di pensare al di fuori di tradizioni consolidate e legittimate. «Tradizione» può essere intesa nel suo significato lessicale di «insegnamento trasmesso», dottrina comunicata attraverso l'insegnamento. Se poi l'attenzione si spinge verso l'atto del tradere, e cioè verso la dimensione attiva del trasmettere, ancor più leggibile diventa la nostra condizione presente: il tradere implica un trasmettere vincolante, la costituzione di un vincolo attivo che lascia scorgere un rapporto serrato fra i presupposti evocati e raccolti dal tradere e il loro prodursi e riprodursi nella nostra coscienza. Traditio indica una vincolante continuità fra questi due poli. Essa è un luogo ritornante che garantisce la costituzione del sapere e della coscienza, l'intreccio positivo fra l'uno e l'altra. La certezza del presente è garantita dal tendersi delle sue linee costitutive verso ciò che già si è costituito con certezza e che già da allora lancia i suoi vincolanti messaggi verso un futuro di cui si colgono gli invalicabili orizzonti. La nostra presente condizione è tutt'altra. Sembra che si possa muovere da questa impressione immediata, da questo le. Quella immediata impressione di un presente tutto ritorto su se stesso contiene un nucleo di verità, ma la sua concettualizzazione è possibile in direzioni assai diverse. La morte della tradizione è anche morte della storia e del suo senso? È di Hannah Arendt un pensiero che conduce in una direzione opposta: «L'innegabile perdita della tradizione non implica affatto una perdita del passato, poiché tradizione e passato non sono la stessa cosa, come vorrebbero farci credere quanti credono nella tradizione da un lato e quanti credono nel progresso dall'altro: per cui finisce con l'essere indifferente che i primi deplorino questo stato di cose e i secondi se ne rallegrino. Perdendo la tradizione, abbiamo perduto il filo che ci guidava sicuri nel vasto dominio del passato. Ma questo filo era anche la catena che vincolava ogni generazione successiva a un determinato aspetto del passato. Forse soltanto adesso il passato si apre davanti a noi con inattesa freschezza, per dirci cose che nessuno finora aveva orecchie per ascoltare». Il problema prende così una forma complicata: è possibile che per concettualizzare la «morte» della tradizione diventi necessario passare attraverso la rinascita della possibilità della storia almeno nel senso che la morte della tradizione mette la nostra coscienza presente di fronte alla dimensione pura e semplice del fatto, alla riscoperta della sua immediata purezza; o nel senso che la tradizione interrotta e morta nella sua fissità si ricostituisce in forme nuove attraverso l'incessante «interpretare», attraverso la frequenza frammentaria e discontinua dell'interpretare. 4. Qualunque sia la posizione dalla quale si guarda al problema, il nesso fra tradizione e storia diventa essenziale per concettualizzare il nostro presente. Dalla sua problematicità, si possono ridefinire momenti costitutivi del «moderno», si può toccare in modo pungente la problematica del tempo e del presupposto, si possono rivisitare le grandi filosofie della storia e la loro negazione, fra Hegel e Nietzsche, fra Hegel e Heidegger, riguardare passaggi decisivi del rapporto fra norma, testo, interpretazione. conoscitivo in grado di render problematico se stesso e tutto ciò che non è se stesso; si può trattare di comprendere la sua intenzione, le sue intenzioni. Queste possono essere singolarmente «libere»: ma «libertà», non più implicata direttamente nelta storia della metafisica occidentale come era in Hegel, come può definirsi? Come farsi valere? Come coincidere con l'attualità? Come stabilirsi come luogo critico? Gli interrogativi rimangono aperti; ma può essere già significativo il tentativo di formularli, di definire il terreno su cui essi appunto si riaprono. Il nostro presente «astorico» può riafferrarne la novità e la pregnanza. Il Centauro n. 11-12 rivista trimestrale Napoli, Guida Editore (in libreria a ottobre) Cfr. Mostred'arte Gli occhiali di Parmiggiani Guido Guglielmi Una testa di statua su cui si innesta un ramo; una figura che nuota in un vaso di fiori per raccogliere un fiore. Sto descrivendo due lavori di Claudio Parmiggiani: Alchimia, del 1982, esposto nella grande sala personale di Reggio Emilia (Sala Rossa - Sala degli Specchi) del marzo-aprile di quest'anno; e Figura che raccoglie un fiore dentro un vaso, del 1984, presente nella contemporanea mostra di disegni alla Galleria civica di Modena. L'origine metafisica e surrealista di Parmiggiani è evidente. Parmiggiani è un lucido evocatore e contemplatore di oggetti perduti. Il suo visionarismo ricorda quello di un personaggio di Savinio che aveva bisogno di tenere gli occhiali nel sonno, per vedere meglio - più argutamente e più lontano - nei sogni. Parmiggiani non è interessato alla concettualizzazione degli oggetti. È interessato alle loro analogie e alle loro metamorfodelle immagini. Egli va oltre la pittura - cui tuttavia resta fedele - é fa uso dei materiali più eterocliti, perché ha bisogno di costruire ambienti o recinzioni. Lo spazio, in cui le tele o gli oggetti sono esposti, appartiene all'opera, diviene la loro profondità, lo spazio della loro «delocazione», il teatro della loro significazione. Permutazioni o slittamenti metaforici, in questo modo, non si attuano più solo all'interno delle immagini. Interno ed esterno sono speculari. E l'osservatore entra nell'opera. L'ambiente, o uno spazio comunque delimitato - l'opera -, è una scena profonda in cui i possibili si incontrano e hanno luogo strani aggregati. Fuori dell'opera, invece, sta il mondo essoterico, l'infinita dispersione della realtà. Qualcuno ha parlato per Parmiggiani di postmodernità. E se la postmodernità si oppone alla tendenza della modernità a abolire la trascendenza delle immagini, e a tradurre ogni esperienza nell'immediatezza della fruizione, Parmiggiani è sicuramente un postmoderno. Le cose tornano in lui a essere sospese e trascendenti. Ma è una postmodernità che non comincia da oggi, che si ritrova per esempio in Savinio e De Chirico, e che in realtà attraversa tutta la modernità. Postmodernità in Parmiggiani è riscoperta della temporalità delle cose: non più delle cose nel tempo, ma - ed è certo l'opposto - del tempo nelle cose. Queste ultime, nel suo lavoro, non patiscono crisi né reclamano affermazioni, ma continuamente diventano altre cose. E tramutandosi, lasciano sopravvivenze e impronte (sono insieme - e argutamente - presenti e passate). Cfr. ..... Il punto delle discipline La divulgazione giuridica Amedeo Santosuosso . Messi in parentesi i suoi rapporti con la politica (che oggi si presentano o banali o di grande comples1-------------------1----------------1 sità) e incerto ancora su una ripreLuglio/Ago!,,IO 19X5 Numero 26 • Anno J Lire 4.000 Edizioni Clx)pcrativa Nuovo Sapere Via Valtcllin.1 20 20159 Milano Spcllizi<mc in ahhonamc.:nmro~1ak gruppo 111no Printct.1 lt.ily Memiledellu COf>peralil'tl N11om Sll/H.'rt' ErvinLaszlo:p~to e futuro del Cintidi Roma Fannaci inutili:una vicenda~mplare Sciemae immaginario .. Reportage:tuttiinsieme nel «marenostrum» In tutte le edicole e nelle principali librerie sa di quelli con l'economia, il diritto, come purificato (ma è un paradosso, ci dicono le cronache del «processo Tortora»), vuole presentarsi con l'evidenza degli oggetti, quasi inerte, disponibile comunque a essere sistematizzato. Il che non è detto che sia male - se è attenuazione della centralità del giuridico dominante negli anni scorsi - purché sia chiaro di cosa si parla. Induce a questo tipo di considerazioni la produzione recente di alcuni strumenti di divulgazione («alta»), specie di tipo enciclopedico, ma anche manualistico e di genere affine. dato che letteralmente è dentro la 1-----------------,,-----------------1 L'Enciclopedia Garzanti del diritto e dell'economia ( a cura di Giuseppe Barile, 1 ed., 1985) pone la questione in modo duplice. Vi è infatti in essa una ricerca di oggettività (formale). Ma nello stesso tempo viene operato quell'accostamento con l'economia - che non è cosa di poco conto - senza che vi siano mediazioni né giustificazioni esplicite. nostra vita quotidiana: siamo al di fuori di ogni vincolante continuità, il nostro pensiero non si costituisce dentro «luoghi» i cui contorni siano legittimamente definiti. Il presente sembra interamente contratto in se stesso. Dietro e intorno a esso non v'è nessuna compatta necessità, nessuna linea che discende verso di noi. 3: Perciò, il rapporto con la «tradizione» è diventato un problema insieme inquietante e vitaI contributi del Centauro tendono a restituire questa complessità del problema, essi si intrecciano in un c9J1frontoobbiettivo di posizioni, di pensieri diversamente ispirati. Forse essi riescono, con il restituire, insieme, la problematicità e l'attualità del presente, a concettualizzare questo termine come inizio nuovo, non mero risultato. Il presente, separato dalla sostanza tradizionale, come ritorto su se stesso, si pone come luogo criticosi. Dell'oggetto egli non coglie la presenza o la definizione, ma l'ulteriorità, il carattere diveniente, la dimensione metafisica. Per questo è la citazione il metodo per lui più conveniente. Laddove infatti la nuda esposizione tradirebbe le cose rendendole univoche, è nella citazione che esse sono restituite alla loro virtualità o al loro poter essere altro. Più in generale il problema di Parmiggiani è un problema di protezione Diritto ed economia è infatti accostamento che può essere imbarazzante, specie dopo certe semplificazioni della vulgata marxista più o meno recente, e non facile da definire né come relazione né come termini della relazione stessa. In realtà, il fiorire di studi soprattutto di lingua inglese su «law and economics» non è tanto centrato sullo studio delle corrispon-

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