Confucio Primavera e Autunno con i Commentari di Tso trad. dal cinese di F. Tomassini Milano, Rizzoli, 1984 pp. 1092, lire 55.000 N ella consueta ondata di libri pubblicati lo scorso dicembre non ha trovato molta risonanza un grosso volume: Confucio, Primavera e Autunno, con i çommentari di Tso, edito da Rizzhli. Forse anche perché Fausto Tomassini, che ha affrontato anni di lavoro per volgere in italiano il classico cinese, lo ha corredato di brevi indispensabili note, puntigliose e utilissime appendici, diagrammi, una cartina, anche cenni schematici sulla storia della Cina antica, ma ha confucianamente sdegnato di scrivere una prefazione suasiva o provocatoria. Un libro non letto, tuttavia, è spreco di pioppi. Nella Cina antica, letteratura e storiografia nascono molto presto. Già dall'epoca Shang (circa 17001100 a.C.) esistevano archivi di Stato delle divinazioni interpretate, scritte sopra le scapole di bovidi e i gusci di testuggine usati nelle cerimonie ufficiali. Si divinava per ogni decisione da prendere. Oltre centomila frammenti sono stati ritrovati e decifrati nell'ultimo secolo, quindicimila in un solo fortunato scavo archeologico di pochi anni fa. Avverte David Keightley che gli Shang credevano nella natura razionale della divinazione, e interpretarla era quindi un'attività razionale. A patto di seguire sempre rigidi schemi e non barare - si cominciò a barare quando il potere degli Shang era avviato a un drammatico tramonto. L'antropologo Evans-Pritchard, dopo lunghi soggiorni presso gli Aranda che praticavano la divinazione, concludeva (1937) che «regolare la vita pubblica e privata sulla divinazione è un sistema non meno adeguato di qualsiasi altro io conosca», compresa la democrazia parlamentare. Evans-Pritchard era un sincero democratico. Agli Shang successe la dinastia Chou (uso la trascrizione Wade-Giles adottata da Tomassini per non confondere il lettore, ma ormai anche le università america~ ne praticano la «pinyin» elaborata dagli studiosi cinesi). Nelle grandi distanze degli spazi cinesi il complesso sistema monarchico-feudale si rivelò impotente a controllare i feudatari grandi e piccoli, presto di fatto indipendenti: sono i periodi classificati «Primavera e Autunno» (770-476a.C.) e «Regni Combattenti» (475-221a.C.) fino all'unificazione nell'impero dei Ch'in, 221 a.e. Almeno dopo il 1000 a.e. esisteva in Cina una letteratura scritta su tavolette di bambù. La materia prima di costo esiguo contribuì a differenziare la letteratura cinese ad esempio dalla greca, che usufruiva di materiali costosissimi e quindi nasceva per essere recitata a voce in cenacoli e scuole - mentre la cinese si rivolgeva dagli inizi a singoli se pur privilegiati lettori, per mezzo di «libri». Gran parte di questi testi sono perduti, come le raccolte di canti e racconti popolari, cronache e leggende, la cui esistenza è documentata in cataloghi di antiche biblioteche. Pochi testi e frammenti sono stati preservati in trascrizioni Lo<<Tso>> molto più tarde (la carta è inventata in Cina nel 125 d.C. e la stampa litografica intorno all'800 d.C.), e qualcosa va emergendo in 'copie' originali dell'epoca su bambù dai nuovi scavi archeologici. Gli stati feudali stipendiavano uno storiografo ufficiale che registrava gli avvenimenti di maggiore importanza stagione per stagione, da qui la formula «Primavera ... Estate... Autunno... Inverno». Più o meno nel VI secolo a.C. furono compilate le grandi sillogi attribuite a Confucio, Il libro delle Odi e Il libro dei Documenti. A Confucio è anche-attribuita la stesura del Ch'un Ch'iu, ovvero Primavera e Autunno, riscritto dalle cronache del piccolo Stato feudale di Lu. Se stampato tutto di seguito senza commenti, il Ch'un Ch'iu, che comprende gli anni 722-469 a. C., anche in traduzione occuperebbe poche decine di pagine prive di qualsiasi significato per un lettore di oggi. Sono avare notazioni come «Shu Kung va a Chin», «Carestia», «I Ti fanno una incur- ·sione contro Wu» (scelgo tra le meno criptiche). L'egizia «Pietra di Palermo» è al confronto prolissa. Alcuni studiosi contemporanei ipotizzano che ci si trovi di fronte a un prontuario per tenere lezioni o discussioni. Ma il grande storico cinese Szuma Ch'ien (II-I sec. a.C.) nella sua biografia di Confucio scrive che «quando il significato di Primavera e Autunno si fece strada i ministri sediziosi e i figli scellerati ebbero timore» e attribuisce al Maestro il detto «Quelli che in futuro saranno con me lo faranno a causa di Ch'un Ch'iu, quelli che mi vitupereranno lo faranno a causa di Ch'un Ch'iu». Da allora, altissima è nella cultura cinese la fama di Ch'un Ch'iu che «usa espressioni concise ma le allusioni sono vaste», così come sono numerosi e prolissi i commenti esplicativi. L a maggior parte delle mille pagine del volume curato da Tomassini sono occupate dal Libro di Tso, per la prima volta tradotto integralmente in italiano dopo la versione inglese di Legge (1895), francese di Couvreur (1914) e altre, in russo inglese e tedesco, ma quasi sempre parziali. L'autore è un ignoto Maestro Tso forse contemporaneo o di poco posteriore a Confucio. Autorevoli studiosi moderni ritengono Il Libro di Tso nato come testo autonomo intorno al IV secolo a.e., in seguito adattato a commentario di Ch'un Ch'iu con interpolazioni, aggiustamenti e tagli. Si tratta in ogni caso di un libro straordinario, non solo per l'interesse storico. Pochi anni fa una rivista anglosassone indisse un referendum tra personalità della cultura per indicare «cento libri da salvare». Nella classifica finale la letteratura italiana era rappresentata dalla Divina Commedia, Petrarca tra i primi degli esclusi. La letteratura cinese da due titoli: lo Chuang Tze e lo Tso chuan. Nessuna sorpresa per lo Chuang Tze. Ma il meno noto Tso chuan era da tempo letto studiato e amato, per esempio da Joyce e Pound. Ai cultori della psicologia del profondo, primo Jung, è testo quasi'indispensabile: anche perché lo Tso contiene numerose e precise descrizioni di divinazioni eseNiccolò Ferrari guite con i bastoncini di achillea, sono le più antiche applicazioni pratiche documentate dello / Ching. Tomassini le ha scrupolosamente analizzate in nota una per una, e riprodotte tutte graficamente complete di mutazioni in una accuratissima appendice. Lo Tso chuan è il più antico testo cinese e non solo cinese di storia «narrativa». Non manca di descrizioni, da sempre famose quelle di battaglie, e i personaggi parlano in prima persona con dialoghi tra virgolette (un cinese non diceva mai «io» ma «questa modesta persona» o simile espressione, parlando in terza persona). Non sono prolusioni retoriche dichiarazioni o pubblici discorsi, per altro presenti, come nei testi egizi e negli storici greci, ma vere e proprie scene dialogate in scabra e altissima sintesi letteraria. Lontane dalla cronaca, tese in un disegno esclusivo. Dallo Tso in avanti, la storia cinese sarà narrativa. Pochi secoli più tardi Szuma Ch'ien elaborerà complessi schemi storiografici che diverranno canonici fino alla caduta dei Ching (1911). Ne saranno parte essenziale le «biografie» di personaggi ufficiali e no, compresi assassini briganti eremiti e cortigiani, sempre in forma narrativa e dialogata. Lo scrivere storia e le differenze tra storiografia occidentale e cinese (che dagli inizi non trascurò economia geografia e etnografia) non sono argomento di questa nota. Al lettore la riflessione suggerita da Tomassini su che cosa era l'Occidente; e il resto del mondo, nei secoli percorsi dallo Tso chuan. In Cina, secondo la tradizione in gran parte confermata dall'archeologia moderna, erano già tramontati quattro grandi imperi e si avviava allo smembramento il quinto. Ma senza soluzione di continuità. Stava formandosi come classe dirigente quell'originale corpo di letterati-burocrati che le lingue occidentali non hanno trovato parola per definire (è possibile leggere in italiano le opere fondamentali di Ji Chaoding, Needham e Balasz). Chiamandosi confuciani, in seguito avrebbero esercitato per due millenni e mezzo il potere politico, in un dualismo di cannibalesca simbiosi con l'assolutismo dei sovrani che potevano eliminarli fisicamente ma non farne a meno. Anche il «mandato del Cielo» per cui governavano i dinasti poteva essere messo in discussione e annullato se il mandatario si rivelava indegno: nel Libro di Tso il principio è già codificato, richiamandosi a un remoto passato. Sempre e fino a oggi, nella storia cinese, per legittimare il nuovo ci si appellerà all'antico. I maggiori rivolgimenti saranno giustificati ricorrendo alla tradizione. Lo Tso era tra le citazioni preferite di Mao Zedong. I personaggi dello Tso chuan sono per noi figure di un mondo lontano - ma non più di quelli raccontati da Beda il Venerabile, Gregorio di Tours o Geoffrey of Monmouth. I nostri prìncipi medioevali erano brutali tagliagola schizoidi raffrontati alle raffinatezze culturali di questi signori più antichi di millecinquecento anni, che attaccavano uno Stato perché un terzo fosse invaso da un quarto, o stringevano e rompevano complesse alleanze recitando antiche odi. L o Tso è ispirato da un intransigente e rabbioso moralismo, da aristocratica indignazione civile. Attribuisce tutti i mali al mancato rispetto dei riti - intende i riti non come vuoto cerimoniale ma legge prima, affermazione necessaria di princìpi senza la quale le altre regole sono prive di senso. Predire cattiva fine a chi infrange i riti gli è un po' troppo facile, in quell'epoca si moriva spesso di morte violenta. Se affiorano nel testo tutti i concetti base dell'ideologia confuciana, ossessiva è l'insistenza sul li, i riti. Superate le prime decine di pagine, un po' monotone per un lettore di oggi a parte la massa di informazioni preziose, lo Tso si infiamma e alza il tiro, come se chi lo ha scritto più non potesse reprimere il freddo furore. Descrive crudamente un mondo che vive nel sangue, nei complotti, nella sopraffazione, dove è assente il rispetto della personalità umana, dell'integrità fisica, della vita. Nel periodo «Primavera e Autunno» come registrato da Tso, morire nel proprio letto di morte naturale era eccezione poco spiegabile. Chi saliva al trono doveva immediatamente preoccuparsi di eliminare tutti i fratelli e gli zii per consolidare la successione e prevenire i complotti, che comunque puntualmente lo minacciavano. In harem signorili sterminati (le mogli arrivavano al nono grado, concubine a parte) rigidamente sorvegliati non mancavano tradimenti-, interferenze politiche di Stati stranieri, tresche, uccisioni. Le figure femminili sono generalmente nefaste, l'atteggiamento del confuciano Tso nei confronti delle donne non è molto diverso da quello di Paolo di Tarso. Già appaiono le figure femminili eroicizzate a difesa degli antichi costumi che le opprimevano, più tardi luogo comune nella letteratura ufficiale cinese. Come la vecchia principessa che rifiuta di uscire dal palazzo in fiamme perché non è presente un uomo della famiglia a scortarla in pubblico, anche se l'età la esonerava dall'obbligo, e muore nel rogo. Feroce e quasi sempre breve è la vita dei potenti, oppressi da ricchezza eccessiva e provvisoria, da un lusso che è necessario esibire, dominati da una rapacità sfrenata. I ministri finiscono bolliti vivi o in salamoia, più spesso viene loro graziosamente concesso il beneficio del suicidio, nei casi peggiori sono giustiziati con tre generazioni di consanguinei. A Ch'i così frequente è il supplizio del taglio dei piedi che il prezzo delle speciali scarpe ortopediche per gli amputati sale eccessivamente provocando proteste. Un povero giovane principe, oppresso dalla vergogna per le attività sessuali di una mamma un po' troia che non nascondeva di dividere il letto anche con il fratello, zio del ragazzo, tenta il matricidio ma è troppo maldestro e inibito, non riesce e ne nascono guai a non finire. Il duca P'ing è dedito a smodate pratiche sessuali e la sua salute finisce per risentirne. Consulta il grande medico Ho, che lo avverte del pericolo in una dotta e secca anamnesi ancora citata nei manuali di semeiotica. Il duca lo onora e lo rimerita, dopodiché si cura a suo modo, prendendo una nuova moglie giovanissima e di straordinaria bellezza, tutt'altro che passiva, un po' querula. Dopo un anno la giovane muore e il duca immediatamente la sostituisce, né aveva intanto smobilitato l'harem. Osserva Needham che l'umanitarismo in Europa nasce molto tardi, quando all'inizio del Rinascimento si diffondono le pratiche igieniche e quindi il rispetto per la propria persona. In Cina le pratiche igieniche erano già abbastanza diffuse. Si immagazzinava il ghiac- "'" cio in grotte profonde per il refri- <::s .s gerio estivo, e in caso di eccessiva ~ calura il ghiaccio era distribuito c::i.. anche agli anziani di condizione ~ modesta. ~ e ~ ~ .Òo Un lettore distrattamente ipocrita può attraversare lo Tso come un catalogo di crudeltà dove mo- . ~ notom sono solo gli omicidi familiari e sfilano sacrifici umani, ese- i::: cuzioni di cadaveri rimossi dalla ~ -e tomba (avevano avuto l'impuden- ~ za di morire per conto proprio), ~
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