Laterrasenzail male Umberto Galimberti La terra senza il male Milano, Feltrinelli, 1984 pp. 246, lire 25.000 e onfortato dall'aureo libretto di E. Glover, Freud or Jung (New York, Norton, 1950), Herbert Marcuse poteva liquidare la psicologia analitica junghiana davanti all'intelligenza progressista scrivendo in Eros e Civiltà (1955): «All'ala destra della psicoanalisi, la psicologia di C.G. Jung diventò presto una pseudomitologia oscurantista» (trad. it. p. 250). Avvolto da questa atmosfera da visionario occultista perso in balocchi e profumi, Jung non è mai stato seriamente preso in considerazione da filosofi o da cultori delle scienze politiche e sociali del campo progressista, per i quali l'unica versione della psicologia del profondo credibile è rimasta quel~. la freudiana. • Il libro di Umberto Galimberti • La terra senza il male mostra in:.·· tanto che i temi della ricerca juQ~ ghiana nascono dall'impegno dia~_.. gnostico che affatica le menti mi:- .; gliori dell'Occidente: Da quale malattia siamo affetti? Qual è il senso della nostra cultura quando ogni senso possibile appare logoro, già consumato? L'ordine del linguaggio non rimanda più a nessun senso che ecceda l'organizzazione dei significanti: il senso, al di là e al di qua-e dentro le parole, è sbandito. Le accuse del bando variano: la ricerca del senso viene riletta come un residuo metafisico, contraffazione del vecchio e già defunto dio, o come volgarità materialistica e ingenuità da realismo scientista o... Così i nomi coincidono finalmente con le cose perché le cose sono diventate segni e giochi linguistici. Il trionfo dell'immaginario si impone cacciando i simulacri che il moderno aveva di soppiatto sostituito al dio morto e alla metafisica abbandonata. «Una volta saldato il desiderio all'ordine della rappresentazione, il desiderio perde la sua forza potenzialmente desituante e desidera le 'belle cose' che gli vengono rappresentate. Non c'è più bisogno di 'reprimerlo', di 'rimuoverlo' per iscriverlo nella legge, perché dove la legge ha monopolizzato ogni ordine della rappresentazione, dove non c'è spazio che non sia occupato dai segni del codice, è il desiderio stesso che non sa più esprimersi se non come desiderio del codice e desiderio della legge» (La terra, p. 85). Tanto più, aggiungerei, quando la produzione e il consumo delle merci avvengono attraverso il dominio sulla produzione di codici di segni come garanzia più alta della riproduzione allargata. di capitale: forse il senso è stato decentrato in periferia insieme con «le cose» della «produzione immediata» ... ? 11 dominio è dunque dominio del linguaggio. Il linguaggio del dominio è il linguaggio del1'equivalenza come organizzazione capace di risolvere ogni materia possibile, ogni mondo della sensibilità, in calcolabilità di quantità e in relazioni calcolabili (razionalizzazione) di diversi linguaggi identificati nel loro essere isomorfi: tutto ha la stessa forma, tutto è infatti segno, sistema o gioco di segni. Ciò che elude questa rete complessa di •segni è muto: ci dir_à qualcosa, avrà un qualche ·significato solo· a condizione: di essere Romano Madera logo del dominio si estende «una rete polinodale dove ogni senso codificato implode, perché ogni immagine non è più semplice segno di un Significante che la trascende, ma nella sua polimorfia non interrotta da alcuna scansione logica, su cui sempre si appoggia la circolazione del Senso, mette in causa tutti i significanti supremi e il monopolio delle loro rappresentazioni. Per questo i simboli non si interpretano, ma si lasciano operare. Alle loro spalle non sopportano un codice che riduce la portata della loro significazione e li costringe a ripetere all'infinito il rito della conformità al Significante supremo. Tale è l'Oro per le merci, il Padre per i figli, il Fallo per le pulsioni, il Senso per le parole, l'Anima per i corpi, il Dio per gli dei» (La terra, p. 45). di identificazione, non è l'altro come contrapposto all'uno - sarebbe infatti solo un altro uno, un altro principio di identità - ma l'altro dall'uno come compresenza, ambivalenza, dell'uno e dell'altro. G alimberti individua il linguaggio simbolico nell'accezione di Jung come vera fuoriuscita dalla metafisica occidentale. Siamo di fronte a qualcosa di diverso da una interpretazione innovatrice del pensiero di Jung. . Commentando, infatti, un passo sul processo di individuazione, luogo decisivo del pensiero e della pratica iunghiana, Galimberti denuncia il limite filosofico di Jung: «Senza questa rinuncia [alla trattazione filosofica. ndr] Jung avrebbe potuto constatare che col sacrificio dell'io non è in gioco solo un problema 'psicologico', ma addirittu- - ra il problema del senso e del nonsenso della .ragione e della sua sto- •rià. La sua tesi si sarebbe sollevata passibile di inserimento in una in- .11 dalla pura empiricità, che come è terrelazione codificata di signifi- • noto non dimostra niente, all'è;>ricanti. Il linguaggio che pretende.di . j ••. gine del protezionismo di una n1funzionare al di là di questa··corrè- ~--...,,....., ' gione·che mira solo a porsi al siculazione di lingue di s<igniè ~_istica ~ to_ ( ..:). Il Sé( ... ) sarebbe apparso oscurantista, cioè ingenuà: .. Persi- ,-7· · ... co"méquel fondo violento, perché no il mistico, se ne p~rliamo,-è-so- · indifferenziato, da cui è scaturito lo il significaiùe dèl limite.di ogni .. Questa r_ètepÒli9odale çhe rom- ,~•rat_to decisionale che, separando segno possibile_- i_Ìnistici,ir. filos9- 1Je l'equiv~lenza--d·ell'universo del ,:,:r·agione e f9llia, ne impedisce il fi, i miti, le verità: m·ateriale sto- linguaggiò'della· ragio~è, ~he ròri-i~,. dialogo» (La terra, pp. 178-79). riografico. pe quindi con il centro del domi- Il sacrificio cosciente dell'Io con dominio come linguaggio del nio, è la rete polinodale del lin- me soggetto assoluto consentirebdominio sul linguaggio che desi-, -g~àggiQ siQ!bç>lico.«che,~'a ~iffe- be allora «il progetto dell'eccedengna contenuti, significati di cose·" tenza ·dél segno noh~•rinvia·a cose za del possibile sul reale, del senso presenti nel mondo, è inattaccabi- note'. Questa definizione del sim- sul sig11ificatodi volta in volta stale da indicazioni di nuovi e altri bolo proposta da Jung va custodita bilitò», U:~"f,rogetto, «un prodursi contenuti. L'ordine della rappre- e meditata. La sua formulazione come significato.· a venire», che sentazione cattura i nuovi. conte- negativa non è un risultato provvi- non ten_tadi imporre ·il sùo corso nuti sovversivi perché li dice se- sorio e preliminare, ma definitivo •perché ha 'rinunciato aèl identificondo il suo ordine. La. trasgres- e inoltrepassabile. Il simbolo non carsi con l'univocità dei riferimensione è vinta dalla iscriziçme nel dice cose note. Il simqolo abita • .ti di.si'g.nificatoe sa, quindi, che il codice che la designa e la situa de- quindi quelle regioni che la: co- progetto «accade a se stesso». finendone il significato.- Il deside- scienza non ha mai o non ha anco- In questa eccedenza del senso rio proibito appare come scimmia ra percorso ... » (La terra, p. 51). sul significato stabilito, sembra di impotente e minuscola della sua Qui è dichiarata con fermezza la riascoltar~, fattosi psicologia e verità realizzata nella.legge, la sua portata de La terra senza il male. non solo logica, il trascinamento proibizione è solo la constatazione Oltre, e un oltre che è altresì un del pensiero dialettico oltre le della sua ridicola inefficacia. dentro, oltre il dominio e il suo «positività», la corrosione interna Il sesso e la morte, i grandi temi linguaggio, solo il linguaggio del- del negativo sui «dati di fatto» ... dei tabù, sono amministrati, cioè l'altro porta salvezza. Ciò che è Forse per questa ambivalente conparzializzati come significati defi- dunque interdetto dalla malattia sonanza, che echeggia da luoghi niti e azioni determinate, . sono occidentale - la cui diagnosi conti- ispiratori così diversi, Galimberti funzioni della divisione tecnica e nua, dopo Nietzsche e con Hei- tenta di correggere d'anticipo le sociale del lavoro: niente è rima- <legger, a estendersi genealogica- possibilità svisanti di lettura del sto, del sesso e della morte, che mente da ·socrate e Platone fino a suo testo: «il vero rimosso della porti ancora il contagio dell'indefi- noi- è il linguaggio simbolico, l'al- nostra civiltà non è l'istinto, ma la nito, la circolazione epidemica di tra forma del pensare, come dice- trascendenza, intesa come ulterioun senso inafferrato che sb.orda va Jung. Altra rispetto all'eqtiiva- rità di senso rispetto al senso codidal limite di parola e azione, ii rito lenza del linguaggio segnico che ficato» (La terra, p. 80). (a cui una volta si voleva fissarlo, pone il suo segno, l'uguale, quale Si cerca con ciò di mettere fuori sapendo di non potere). autocrate di ogni significare. L'al- gioco tanto le diagnosi freudiane Oltre il dominio del logo che è terità al principio df uguaglianza, quanto le «terapie» marcusiane. Qui Galimberti sembra tuttavia risentire, nello schematizzare Marcuse, della fretta e dell'antipatia poco meditata che Marcuse aveva per Jung. Secondo Galimberti, Marcuse muove dalla tesi che «la felicità consiste nella piena esplicazione delle pulsioni istintuali» (La terra, p. 78). Per quanto si tenti di semplificare, Marcuse mette in realtà al centro del suo discorso la «rapressione della coscienza». La non-necessità di una repressione addizionale delle pulsioni (modificando l'assetto storico-sociale determinato del principio di realtà) sposta e riformula la contraddizione fra civiltà e pulsioni. «Allargare il campo della coscienza» diceva un grido di battaglia. In Marcuse quel grido aveva già trovato una modulazione filosofica nella rimeditazione della dialettica (da Hegel ad Heidegger), ritrovata (con Marx) dentro le determinazioni della storia delle contraddizioni dell'individuo sociale, e in esso sprofondate fino a iscriversi nel suo linguaggio pulsionale (Freud). Marcuse ripensa e rimette in moto Hegel, proprio in virtù del doppio capovolgimento di «fondamento» operato usando Marx e Freud in due direzioni opposte, mediabili soltanto se ci si situa in una nuova posizione: il lavoro del negativo, il lavoro del concetto, si riprende dentro la figura dell'individualità sociale, determinata secondo la differenza specifica delle forme storiche della sensibilità verso la natura esterna (lavoro) e interna (linguaggio pulsionale) in relazione doppia. Ma è proprio questa doppia contaminazione della dialettica a impedirne la risoluzione nel registro «logico», o della sola logica della «ragione». La dialettica del1'individuo sociale è, in Marcuse, essenzialmente estetica, fondata cioè nelle forme storiche delle pulsioni e del lavoro strette in relazione di determinazione reciproca. Per Marcuse la «felicità» è dunque liberazione della sensibilità immaginante e conoscente, del pensare del fare e del sentire - e del patire. La terapia marcusiana consiste nel liberare le potenzialità dell'immaginazione dialettica - le potenzialità di un linguaggio categoriale e immaginale insieme - di prodursi «come significato a venire», per usare un'espressione della Terra senza il male. Lecostruziondieliranti l::s -S Le psicosi e la maschera ~ 1::1, Congresso in Roma ~ (18, 19, 20 gennaio 1985) °' ...... o Mario Rossi Monti -~ eo ~ La conoscenza totale Milano, Il Saggiatore, 1985 pp. 141, lire 13.000 ~ La casa di Dedalo n. 2 l «Il sapere come narrazione» ~ Parma, Maccari, 1984 S e c'è un punto chiaramente individuabile nella riflessione psicoanalitica attuale, questo è dato dalla ricerca sulle modalità del pensare e del sentire nelle psicosi, le forme più gravi di alterazione del pensiero, delle capacità di simbolizzazione. A questo tema, appunto, è stato dedicato di recente un convegno di studi organizzato dalla clinica psichiatrica dell'università «La sapienza» di Fiorangela De Lisa Roma, diretta da Leonardo Ancona per iniziativa di Orlandelli, De Risio e Ferro. Il convegno, dal titolo Le psicosi e la maschera (la maschera qui simboleggia la perdita di contatto con il Sé, la maschera come l'altro, l'inquietante, il doppio che rinvia alla scena onirica e teatrale, alla messa in scena di se stessi), ha mostrato l'alto livello di autoriflessione critica della psicoanalisi oggi, su quello che si può dire costituisce ancora il «buco nero» nella comprensione dei fenomeni del pensiero e dei misteri della mente . Per questa ragione, forse, si avvertiva una sorta di inquietudine diffusa, come una consapevolezza di trovarsi di fronte a una questione che, in qualche modo, rappresenta una sfida alle possibilità interpretative e terapeutiche della psicoanalisi. Non è un caso, del resto, che Freud stesso avesse segnato dei limiti all'esplorazione e alla pratica terapeutica proprio nei confronti della psicosi. E avesse lasciato in eredità una sorta di impossibilità a procedere. Ma gli psicoanalisti dopo di lui non si sono rassegnati all'interdetto e, soprattutto con Bion e poi con Matte Bianco, hanno accettato la sfida, affrontando l'arduo compito di tentare una più
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