Rossi-landi e lascie1q1dieoisegni Ferruccio Rossi-Laudi Metodica filosofica e scienza dei segni. Nuovi saggi sul linguaggio e l'ideologia Milano, Bompiani, 1985 («Il campo semiotico») pp. 312, lire 25.000 L, improvvisa morte di Ferruccio Rossi-Laudi il 5 maggio scorso a Trieste, dove egli era professore ordinario di Filosofia teoretica, è avvenuta tre mesi dopo la pubblicazione del suo libro Metodic.a filosofica e scienza dei segni. Questo volume chiude la trilogia iniziata nel 1968 con Il linguaggio come lavoro e come mercato (3 ed., 1983)-e proseguita con Semiotica e ideologia (1972, 2 ed., 1979), entrambi apparsi presso la stessa casa editrice Bompiani e tradotti in diverse lingue. I tre volumi raccolgono gli scritti di un periodo di ricerca che si estende complessivamente dal 1965 al 1979. Altri scritti dello stesso periodo, come pure quelli precedenti al 1965 o successivi al 1979, avrebbero dovuto essere raccolti o fusi in ulteriori volumi, alcuni dei quali l'autore stava già preparando annunziandone i titoli: Dall'analisi alla dialettica (saggi 1949-1976, con alcuni inediti), Betweeri signs and non signs (saggi 1952-1978,con inediti), Quattro filosofi contemporanei, . scritti su E. Colorni, G. Vailati, Ch. Morris e L. Wittgenstein. '· Metodica filosofica e scienza· dei segni, malgrado il sottotitolo che fa pensare a una raccolta di saggi, è un volume unitario, la cui organizzazione (in funzione della possibilità di mantenere la datazione originaria di ciascun saggio e al tempo stesso di realizzare il collegamento interno attraverso i reciproci rimandi, l'eliminazione delle ripetizioni, la loro strutturazione in forma di capitoli, l'omogeneizzazione dello stile e della terminologia - dato che alcuni sono traduzioni in italiano di scritti originariamente apparsi in altre lingue - , il comune riferimento a una unitaria bibliografia e infine l'ampio e dettagliato indice analitico) è costata paradossalmente, come l'autore ha dichiarato in occasione della presentazione del volume nell'università di Bari, molte più ore di lavoro di quelle richieste dalla stesura originaria dei singoli saggi. Il sottotitolo si giustifica con il fatto che il libro dal 1979in poi, da quando era stato annunciato come «imminente», era stato indicato, anche nelle bibliografie dell'autore e altrui, con il titolo provvisorio di Nuovi saggi sul linguaggio e l'ideologia, per cui quando il libro fu licenziato, con il suo nuovo e appropriato titolo, sembrò oppor- °' tuno all'autore e all'editore richia- <"l c::s mare nel sottotitolo la denomina- -~ zione originaria. «Se, come spero, g_ si farà una ristampa o una nuova ~ edizione anche di questo libro - ha ~ detto Rossi-Laudi a Bari, nella ~ stessa occasione - metterò un sot- ~ totitolo più adatto, come Applica- "èo zioni della dialettica al linguaggio ~ o qualcosa del genere». i:: Si tratta di un libro dedicato alla ~ problematica del segno e della ri- ~ produzione sociale dei segni, se- ~ condo una angolatura filosofica - filosofica e semiotica anche, però direi che in questo caso la filosofia, come dire?, «ingloba» la semiotica, se per filosofia si intende la ricerca dei fondamenti delle scienze e dunque della stessa semiotica in quanto scienza. Da qui il titolo, Metodica filosofica e scienza dei segni, dove la metodica filosofica - anche nel senso kantiano del termine - è la ricerca dei fondamenti, dei presupposti, delle condizioni-di: metodica filosofica come fondazione di una possibile scienza dei segni. Riprendendo l'originale idea della connessione e inscindibilità di linguaggio e lavoro avanzata e sviluppata nel libro del 1968, il volume inizia con un capitolo dedicato alle dimensioni del lavoro, alla distinzione dell'attività dal lavoro, alle articolazioni e ai livelli del lavoro. Perché questa attenzione alla nozione di lavoro in un libro dedicato alla scienza dei segni? La risposta la si può trovare già nella epigrafe del volume in cui leggiamo a firma di Gramsci: «Non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens». Allora tutto ciò che possiamo dire sull'homo sapiens, sui suoi processi cognitivi, sul suo comportamento segnico, non può essere separato dal fatto che l'uomo si distingue dagli altri animali non solo perché è dotato di linguaggio verbale, di linguaggio articolato, ma anche perché è un animale che lavora, è homo faber. Non si può dunque separare una ricognizione sulla scienza dei segni da una ricognizione, come dire?, di ordine economico - di una economia, però, critica, nel senso che si ispira fondamentalmente alla critica dell'economia politica marxiana. Questo libro copre scienze e ambiti disciplinari diversi: evidentemente la semiotica e la filosofia del linguaggio, ma anche l'econo- • mia politica, la sociologia, l'antropologia culturale, la psicologia. Rispetto agli altri due volumi della trilogia, questo offre un ampliamento e approfondimento delle intuizioni, delle categorie e proposte analitiche precedenti, per esempio soffermandosi ampiamente e dettagliatamente sulla omologia fra produzione linguistica e produzione materiale, sullo schema della riproduzione sociale, sulla pluralità delle articolazioni degli artefatti linguistici e non linguistici, e sulla complessa nozione di «denaro linguistico», introdotta da Rossi-Landi fin dal 1965, anzi già rinvenibile in maniera implicita in un libro organico del 1961, Significato, comunicazione e parlare comune (ripubblicato, dopo un lungo silenzio, nel 1980 presso Marsilio). Alcuni capitoli, come «Ontologia sociale delle proprietà e primo articolarsi della falsa coscienza», costituiscono nuclei di una ricerca poi ampliata da Rossi-Laudi anche al di là della trilogia di Bompiani, in particolare in Linguistics and economics (Mouton, 1974; 2 ed. 1977), originariamente pubblicato in inglese e non tradotto in italiano, e in Ideologia (Mondadori, 1978; 2 ed. 1982). Altri capitoli, invece, tentano nuove applicazioni delle categorie proposte da Rossi-Laudi, per esempio offrendo dei «criteri per lo studio ideologico di un autore» o degli strumenti per la critica dell'innatismo linguistico (con diretto riferimento a N. Chomsky) e per una caratterizzazione non convenzionale del linguaggio sotto il profilo dell'intreccio, in esso, di fattori biologici e sociali, che di solito vengono considerati separatamente. L, ultimo libro apparso di Ferruccio Rossi-Landi si ricollega, già dal titolo, al citato libro del 1961, Significato, comunicazione e parlare comune. Infatti, in questo libro già trovava impiego l'espressione «metodica filosofica» che ora compare nel titolo del libro del 1985. Essa si specificava nel libro del '61 come «metodica del parlare comune» e voleva indicare la necessità di tener conto delle strutture fondamentali, delle modalità di fondo, dei modi generali o universali, riscontrabili in tutte le lingue, nel senso che, al di là delle differenze che si possono rilevare fra lingua e lingua, ci sono delle strutture di, fondo, dovute al comune riferimento a ciò che Hjelmslev chiamerebbe «materia» (danese mening, ingl. purport), materia che viene formata e sostanziata in maniera diversa nelle varie lingue. Il «parlare comune», contrapposto già nel libro del '61 al parlare individuale (parole) e al «linguaggio ordinario» o «comune» della filosofia analitica inglese, che non si preoccupava di spiegare i fondamenti e i presupposti dell' «uso linguistico», venne ripresa da RossiLandi, a partire dal '65, in termini di «lavoro linguistico». Questo punto di raccordo fra due libri così lontani nel tempo ci dice anche un'altra cosa fondamentale per la comprensione del significato della ricerca complessiva di Rossi-Landi. Oggi siamo ormai, io credo, abbondantemente fuori dalla semiologia di matrice saussuriana. In gran parte delle pos1Z1oni filosofico-linguistiche, semiotiche, ecc., insomma relative alle scienze del linguaggio, l'eredità saussuriana è stata messa fra parentesi, o del tutto abbandonata, per lo meno per certi aspetti. Mi riferisco in particolare al modello di segno basato sul rapporto di scambio eguale fra significato e significante, scambio eguale omologato allo scambio quale è proprio della società borghese capitalistica. Infatti il presupposto di tale forma sociale è che gli scambi siano eguali, presupposto discusso e criticato da Marx, con i concetti di plus-lavoro e di plus-valore. Oggi ci si richiama ad altri modelli di segno, e fra questi quello che emerge è il modello della «semiotica dell'interpretazione» di Peirce. Ebbene, il libro del '61 di RossiLandi (libro che considero strettamente innestato e collegato a Metodica filosofica) era già abbondantemente, anzi completamente fuori - perché aveva altri riferimenti, alt-ri parametri, altri punti di orientamento - dalla concezione saussuriana del segno e del valore linguistico, e dunque dalla influenza della economia marginalistica al cui modello di valore (economico) essa si ispirava. Nel libro del '68 Rossi-Landi, forte della critica marxiana dell'economia politica e sulla base del concetto di linguaggio come lavoro, faceva direttamente i conti con le dicotomie saussuriane di langue I parole e di significante / significato, individuando la matrice marginalistica (Walras e Pareto) del valore linguistico saussuriano. Il libro del '61 già pionieristicamente si poneva nella linea di pensiero che va da Peirce a Morris (si pensi che già nel 1953 era apparsa una monografia di Rossi-Laudi su Morris, poi ripubblicata da Feltrinelli-Bocca nel 1975, con il titolo Morris e la semiotica novecentesca), oltre a situarsi in un rapporto di diretto confronto con la riflessione di Wittgenstein, la filosofia analitica inglese e il neopositivismo, e a collegarsi alla ancora minoritaria tradizione locale dei Cattaneo, Peano, Vailati, Calderoni, Enriques, Colorni. D i Metodica filosofica e scienza dei segni due concetti mi sembrano di particolare rilevanza, e anche utili a dare un'idea del movimento di ricerca che anima questo libro: quello di «riproduzione sociale» e quello di «residuo segnico». Entrambi risultato di complessi processi di astrazione, sono, il primo, il concetto più generale e comprensivo, potendosi indicare la riproduzione sociale come «il principio di tutte le cose»; il secondo, il concetto più collegato con la concentrazione sugli elementi minimi, costitutivi del lavoro segnico, che, come nell'analisi marxiana della merce, fanno da cellula da isolare e da cui partire nella ricerca, per poi ricostruire totalità sempre più ampie e comprensive. La riproduzione sociale è il processo per cui ogni società si forma e procede, permane e si riproduce, attraverso il lavoro umano, che istituisce rapporti mediati con la natura, i quali sono fin dall'inizio rapporti fra gli uomini, cioè, fra l'altro, scambio continuo di messaggi. I tre momenti distinguibili all'interno del complessivo processo della riproduzione sociale, cioè la produzione, lo scambio e il consumo, si ritrovano, nel segnico, come produzione-scambio-consumo segnici verbali e non-verbali. Proprio i segni permettono che fra la produzione e il consumo, fasi astratte, rispettivamente, iniziale e terminale della riproduzione sociale in generale, si inserisca come momento astrattamente intermedio lo scambio. «La nostra ipotesi centrale - dice· Rossi-Laudi collegando i due concetti-chiave del suo libro, il segno e la riproduzione sociale - è che lo scambio ricomprenda in se stesso, a un più alto livello dialettico, una tripartizione fra produzione scambio e consumo. Questa triade interna allo scambio non riguarda però gli oggetti materiali già prodotti e destinati al consumo, bensì segni che entrano in gioco affinché . fra la produzione e il consumo si inserisca appunto lo scambio. «Abbiamo una produzione segnica, uno scambio segnico in senso stretto e specifico (scambio di messaggi), e un consumo segnico. ( ... ) Fra la produzione e il consumo materiali esterni, il processo dello scambio si inserisce come qualcosa di unitario e al tempo stesso di duplice: si scambiano oggetti materiali esterni che non sono segni e si scambiano inoltre messaggi, cioè si comunica. È come se contemporaneamente si svolgessero due processi» (p. 34). Per la inscindibile connessione • fra segno e riproduzione sociale, quanto c'è di comune in quest'ultima produrrà elementi comuni in tutti i sistemi segnici, mentre ciò che è diverso nei diversi casi di riproduzione sociale produrrà elementi diversi negli stessi sistemi segnici e sistemi segnici diversi fra di loro. Benché si possano scoprire dunque elementi comuni della riproduzione sociale e in particolare segnica, bisogna abbandonare, dice Rossi-Laudi, la credenza metafisica che sia mai possibile individuare una tipologia dei segni valida per tutti i tempi e luoghi, o addirittura comune agli animali umani e non-umani. L'isolamento per astrazione della «cellula» segno come unità di signans e di signatum (termini agostiniani che hanno fra l'altro il compito di evitare l'ambiguità mentalistica del signifié saussuriano) fa scoprire, sia dalla parte del signans sia da quella del signatum, residui irriducibili di ordine materiale, corporeo e sociale. Dalla parte del signans, corpi, naturali o artefatti, ma in ogni caso sociali, che fungono da veicolo segnico; dalla parte del signatum, il suo «residuo» sociale, sia in quanto interpretante, nel senso di Peirce, sia . come intensione, senso, lekton, sia infine come estensione, referente, designato: una doppia· materialità, insomma, fisica e storicosociale, ed è in questa doppiezza che consiste la specificità della materialità semiotica
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