QuellJIcivetta si giustifica! Eh, non c'è da gridare! Sì lo ammetto, ma si tratta soltanto di un cornetto! È vero, sì, il filo uno mi ha fatto, e molti mi han sfiorato con le dita parlandomi vicino con la bocca sussurrante. Lo sai, se mi si tocca mi gira tutto dentro, è la mia vita. Anche se l'altro sta a distanza, è fatto: tubo, balbetto, stabilisco un contatto. Ma quando vuoi, lo sai, non lo fo più: tu mi fai fremer, solo tu, tu tu. Un fannullone sventato Dove tieni la testa, nella luna? Tu cacci balle, se alcunché ti pesa lo molli giù, e poi spendi ogni forza col misurino, ed infine si smorza inerte ogni tuo moto. In nessuna faccenda metti impeto. In chiesa - soltanto intento a lenta oscillazione - non badi al cardinal, ma al sacrestano... È vero parli sempre di un tuo piano, di qualche inclinazione, ti perdi a strologar con belle frasi, ma sono varie e alterne le tue fasi. Mag'arihai molti numeri, e tant'è, ma vedi solo macchie in fronte a te. Hai tutto fuori posto. Dove mira quell'orbita tua tonda, che ti gira? Dodiciindovinelli Umberto Eco Un bullo di periferia, poco virile Ma se ti sei venduto per uno scudo! Ti credevi astuto ed hai voltato il tacco davanti a un damerino, filavi con l'amico e l'hai perduto per correr dietro alla moglie di un altro! Sin da bambino ti mostravi fiacco come una femminuccia, moscardino! Non sei scaltro: ti credi un leone ed hai dei punti deboli, coglione! Adorabile, ma incostante Mia luce, dell'aureo tuo giro di vite m'avvinci, e io guardo te, folle falena, e lo sguardo m'acciechi se solo ti miro. Io vedo da bianca corolla fiorir le tue forme tornite di anfora greca, di ampolla, di giara di latte, squisite. La sera, mia piccola, sosto su un libro, e tu dietro le spalle conforti le pagine gialle, m'avvolgi di quei fili d'oro che al sommo del capo tu ostenti. Lo sguardo tuo chiaro io adoro felice, e una vampa tu senti percorrere tutti i tuoi nervi se solo fo un gesto. Ed a quello ti ecciti, ardi, mi servi, e quasi con il polpastrello non oso toccarti perché d'ardor bruceresti anche me. Adoro con te, mia fedele, sedere in un ristorantino al lume di poche candele per intimo e dolce festino. Adoro nei luoghi più aperti indurti un poco alla volta a offrirmi, dei tuoi lacci sciolta, dei lumi sui gesti più esperti. Ma come ti sento insicura! Talora il tuo viso si oscura, ti scuoto, ti stringo alla vita... È come se fossi svanita, sei diaccia, è finita, è finita! Lo sai che ti dico, o svampita? Ne trovo altre cento, se credo! Ritorno a un'amica sincera, a un'antica fiamma. E io tento: rivivo un languore ormai spento da tempo. A che serve? Non vedo che ombre. Mi osservo allo specchio, mi sembra di esser più vecchio e mormoro: «Che brutta cerai» Un lurido guardone Dal fondo del tuo nulla nascosto alla finestra / tra i rami di ginestra tu guati la fanciulla che lieta dirimpetto scioglie il crine sul petto e ignara di tua voglia agucchia sulla soglia. La notte solo solo tu vaghi errante al suolo per osservar la faccia della vergine diaccia. Reputi cosa bella se a fine settimana pedini la donzella coi fiori alla sottana? Né ti basta: t'occorre solitaria la passera sbirciare nella torre tra resti di filossera. Nei giorni di tempesta occhieggi anche l'uccello che fugge dal bordello e a te sembra una festa: la vista ti rincuora I e membri, e membri ancorai Di qual noia ti rodi? Di che piacere sai? Un solo amore: odi. Tutto solo in un canto tra inferni di rimpianto, . rimani, angelo mai. Non è finito! A luglio senza sentir rimorsi spii da dietro il cespuglio e seni, e colli, e dorsi, e i giochi interminati di quel che per natura crudele, avida, impura, ha un fine: reca nati. Michele Sindona Guai a fidarsi delle sue promesse! Manovrando con monache e con preti, con mediatori bravi, che le reti sapevan bene dove andavan messe (era esperto del ramo), con l'aiuto di un consulente subdolo ed astuto da far accapponar davver la pelle, sfruttando ignobilmente le sorelle e un tizio molto in alto, assai potente (non facciam nomi, che poi ci si pente), ha pescato nel torbido, e civile, lui che sembrava tanto un baciapile sempre intento a cantare gli inni santi, ha messo nelle peste tutti quanti. Poi ha esortato tutti a aver pazienza: «Non disperate, chiamo un cardinale, faccio pagare ai frati, ed è morale cattolica... E poi c'è la Provvidenza!»
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