Pnnetrll1ilta ValerioMagreBi Amori (AHabeta73) Ogni volto fotografato è un'immagine bellica, il punto di tangenza Osservo il panorama dellafronte nellasua piena nudità, Ho visto il volto di una donna fotografato un anno dopo l'altro per cinquant'anni Ho spesso immaginatoche gli sguardi sopravvivano ali'atto del vedere tra l'aereo nemico e la nave ne/l'attimo precedente l'esplosione. Fermo nell'istantanea, nel numero, lo stesso, che produce la crescita dei rami, e fatto scorrere come se fosse stato un film tutto di seguito. come fossero aste, tragitti-misurati, lance nel contatto flagrante tra due sguardi immolato, ripreso la facciata leggeradi una chiesa, le spire della chiocciola, le foglie. In sei o sette secondi quel viso, quella fiamma, sale e scende consumandosi e i lineamenti ardono, si chiudono. in una battaglia.- Allora penso che dentro una stanza appena abbandonata simili tratti debbano restare mentre le fiamme covano già nella fusoliera crescendo dentro i suoi tratti, vive Appena modellato, la tornitura delle cinque dita, la foglia dell'orecchio, l'incocca delle braccia, l'edificio del piede. Ho pensato alle piante sensitive che sfiorate qualche tempo sospesi ed incrociati . nell'equilibrio del loro disegno . soltanto il tempo necessario a compiere la missione del ricordo. ripiegano le foglie e si nascondono. . • intatti e sovrapposti come i legni dello shangai. Che cosa sono i gessi di -Pompei, calchi, prototipi o statue? Come fosse la forma delle forme, l'abisso morfologico nel quale anche l'aberrazione trova posto, il misurato orrore del,capello Uno vicino ali'altro dopo il pasto stanno i bicchieri degli sposi, congiunti in una adiacenza nuziale. Dalla notte anatomica sale la nudità. Férmati sulla soglia, guardala luccicare, la moneta, Forse piante, la cui punta si duplica. Ovunque, contagiando le piante ruderali, . vestiti e suppellettili liscia, polita, che sorgono dalla rovina di una forma e scelgono una curva, Ha braccia di corrente trasparente e tersa, lunga e pallida sul greto • .de#e gambe. È un ruscello la coppia tradisce il suo passaggio e lascia dietro sé sopra cui distingui il v.o/o lavorato a sbalzo, un invaso di pietra come luogo della loro fioritl!,ra. cose abbinate, pari, toccantisi tra loro, testimoni, . :dove nuotano i pesci delle orecchie dolci, lenti, gemelli, paia del mondo.· • - . ·:"·.sotto.lasuperficie fibrata del suo_-sguardo. ,. .. ... , . .. ., '. . ' •. · . . ,·· ... ·. ... ;. : .' • I . .. ' Torino, 22 novem~re - Mercole (ieri) non cenai. Oggi, giovedl, Flip.mi ùrve • latte macchiato ·cornettoalla crema. Desinare in Campana con Fua4 riso _alBarolo e tortino.di carciofi. Cena, che vengono Ivano e uno Ardo, mangiando strozzapreti e gelato miele e .noci. Con un. sole bellissimo scioglie la forte nebbia. Fatto poi spettacolo dove quell'Ardo una gamba rossa e. una gialla sembrava.Carpaccio. E .unpannolino.. • Genazzano, 23 novembre Fuad prepara riso con zucca barucca cotta di Rocco con cavoli dorati, acqua e limone. Invidia e pane duro. Genazzano, 24 novembre Tazza di latte due cucchiai di caffè nero pane duro cinque biscotti alle noccioline con aspirina e miele. Desinare e cena ceci e lenticchie. Fuad prepara Mahshe con le foglie del cav<Jlfiore,peperoncino verde fresco preso in orto e rosso scarlatto stagionato, piccantissimi. Suonato valzer nuovo cantando. Telefono tanto. Scrivo qui. Genazzano, 25 novembre Guardo il dipinto doppio di Laubiès (vedo che se ne ricorda Enrico Baj nella presentazione del Libro mio che Salvatore Silvano Nigro preparava e da tempo mi magnificava) e questo dipinto mi guarda coi suoi due occhi vuoti velatissimi e mi viene in mente come Laubiès avesse allora in casa un suo creato fanciullino e lo facesse disperare. Tale e quale Pontormo. Ma Laubiès, detto ricco e parsimonioso, mentre mangiava rapanelli nella vinaigrette, rideva nel bistrot, fatalista. Scrivevo, preciso come oggi 27 anni orsono~ musica un rigo grosso al giorno come una paginona o tante paginette. E allora il diario annotava 3 sacchettini di noccioline, una remoulade, vino Sylvaner, omelette bavosa. Anche un disegno del viso e lampada e telefono poco ma 44 teatri. . .. : Genazzano, 26 novembre Insomma, nessuno ci penserà e non parrà pertinente, ma quel titolo Il libro mio, che il misero, sia pure insopportabile, Pontormo si lascia dietro appena prima di crepare, porta dentro uno struggimento ben altro, se pensiamo all'equivalente Livre di Mallarmé, per esempio. Parola che direttamente intitola l'oggetto chiamato per nome come cosa, persona amata, strumento della propria musica personale - a proposito, .da dirsi corporale, musica di budella, se si pensa proprio a lui, poveraccio! -; feticcio quotidiano chiuso sopra nomi, cibi, malanni, atmosfere, disegnini e digiuni. Un libro come assoluto al colmo della letteratura (Mallarmé); un quaderno apparso squallido, al colmo dell'insignificanza di scrittura; registro maniacale di un miserando quotidiano di chi dipinse carne, stoffa come pura luce e luce in quanto colore, grazia, trasparentissima carne. Prosaicamente, prendiamo i Classici del/'arte Rizzo/i, • questo titolo di Libro viene vulgato in «Diario». Ed eccoci qui. Da cronico diarista incallito nel vizio quotidiano del- . lo sfogo manoscritto, a trovarmi nel destro d'intervenire; provo, intanto, per quattro giorni di seguito e cedo alla tentazione di registraremanieristicamente, alla Pontormo, qualche menù, alcuni ragazzini, la nebb~ dissolta dal gran sole del primissimo inverno e associazioni d'idee 4ggiustate sul vivere, la scena e i pentagrammi. Da ironizzare ce n'è. Meglio;' a leggeregli stronzo/i, i crespe/li mirabili, lo strugimento, i lucignoli lunghi di bambagia, lo stomaco sdegnato, i musi al devotissimo Bronzino e Batista, «la prima volta che g/'à bergato fuora», balza vivissimo il computo sozzo e spilorcio delle giornate biliose del folle maestro. Eppure Nigro, già rovistando tempo addietro ne Le brache di san Griffone, libretto strabiliantepubblicato da Laterza (dico libretto da compositore d'opere liriche) affina i sensi e fulmina l'indagine su carte lontane di qualche secolo, giungendo a restituircene anche la puzza; tocchiamo nelle sue note la camicia stracciata e nera d'unto che Pontormo non voleva cambiare, con lui ci si corica vestiti e ci atterrisce l'umido della stamberga inospitale. Adesso, che invece mi spoglierò per dormire, vedo come lascio cadere i panni e fanno mucchio. Scrivo qui ancora un rigo assonnato mentre riguardo e accosto dipinti di Bronzino e di Pontormo ne~'altalena delle reciproche attribuzioni, certe o meno certe, sembrandomi, quei d~, una bella parabola di coppia. la lega morbida de/l'incarnato. Il profilo sta fermo, non supera la linea che gli viene assegnata, miracolosamente trattenuto -trattienea sé l'immagine, la chiude nel cerchio del suo prezzo, nella suprema decapitazione. Prove d'lll"tMa SylvanoBussotti Dal «Libro mio», allamaniera del Pontormo [Alfabeta 73] Genazzano, stessa data Appresso un poco d'agitato riposo vorrei ancora regi-· strare il caso che fa uscire questo libro nel bel mezzo di quelle fastidiosissime polemiche sull'arte moderna. Mi ritorna la voglia di lasciar.pure le opere in pasto ai consueti studiosi dell'arte, che pari a infiniti musicologhi hanno l'estro sdegnato, e appassionarmi all'inconsueto metodo di Nigro che presta, vediamo, una estrema attenzione ·acome il nostro tracciasse le parole, riquadrando, mettendo in evidenza i più odiosi pensieri, e come soprattutto lasciasse vuoti spazi tutti colmi di stizza. Sapessi smetterla di scrivere diari in questo libro mio forse sarei libero. Ma le lune, la vita, ripetendo e anche scimmiottando quelle così dette miserie humane da cantar nei requiem, i mali della pancia o, improvviso, il benessere, che alternano disegni a travagliatissime cacate, braccia e coscie allo spiluzzico di un unico grappolo d'uva per cena, son lune che attraggono maree di sapere; è un vivere che da quello Jacopo, e prima, ad oggi sembra il solo capace al sublime in pittura (musica?), per sublime intendendo proprio sublime. C'è un disegno al British Museum, datato circa1525, supposto autoritratto, ignudo, raccolto appena sotto un velo di mutanda, che punta verso di noi l'indice teso e un par d'occhi focosi, scavati addosso muscoli nervosi, e sembra anche una beffa verso tutti noi dimorati al di qua della sua paventatissima morte. Quando, in risposta al Varchi, disputando di supremazia fra pittura e scultura, ebbe il finissimo tratto politico d'osservare come comune essenza d'entrambe fosse la scienza del disegno, Pontormo sentenziava una certa natura scritta - vergatasopra il foglio - comune ad ogni pratica d'arte. E nel Libro. vediamo come a quella pratica ebbe a votarsi una vita. Che ci metteremmo a copiare di buon grado, venendo dalla cucina un odorino di.spezie, lettori e. diaristi, musici indiscreti, buongustai di memorie che invano s'industria il tempo a cancellarequando va per codesti tartufi a razzolare il Nigro. (Queste pagine di diario sono state ispirate dalla pubblicazione de Il libro mio di Pontormo, a cura di Salvatore Silvano Nigro, presentazione di Enrico Baj, Costa & Nolan Edizioni).
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