Alfabeta - anno VII - n. 72 - maggio 1985

....... - ....... Dallebandeal movimentoe, ritorno Renato Giovannoli M o/te cose sono accadute nella socialità e nell'immaginario sociale dei giovani nell'ultimo trentennio. In primo luogo, è nato il «giovane» - agli inizi degli anni Cinquanta -, come categoria sociologica e settore di mercato (quello, per intenderci, del rock'n'roll). Il giovane comincia a esistereper la società e • la sociologia quando è «prodotto» dall'industria culturale per essere il fruitore di una cultura, appunto, «giovanile». Il «problema» dei giovani, e la loro «ribellione», sorgono nel momento in cui i giovani cominciano a produrre, oltre che a consumare, una «cultura giovanile» la quale, in questa forma attiva, non può che essere alternativa, o decisamente conflittuale, nei confronti della cultura degli «adulti». Una prima fase è quella delle «bande»: rockers, mods, teddy boys, blousons noirs - i teppisti intellettuali figli del boom economico. La culiura che professano è di tipo tribale (al di fuori della Famiglia e dello Stato non possono che esserci bande). Ma si tratta di una «cultura» in senso antropologico, non in senso industriale, e, in generale, in questa fase il giovane resta escluso dalla produzione della cultura che consuma. Per di più, la ribellione delle bande non ha obbiettivi definiti: finiscono con lo sprangarsi a vicenda ai confini dei rispettivi territori. Nel corso degli anni Sessanta, con modelli diversi (comunismo, hippies, ecc.) ma in fin dei conti convergenti, nasce la categoria di «movimento giovanile», che segna il passaggio da una concezione puramente sociologica a una politica del giovane. Se la banda si occupava degli angusti confini del proprio quartiere-ghetto, il movimento giovanileguarda al mondo, mentre la mini-socialità della banda si ribalta in un'ideologia collettivisti- - -~{A, ·,l:,_-,' '•~tll!i ..m ;.: ~~,.f.-- ~~ • • • • . ~·~"':t-- •,. ... . ca che si manifesta nelle assemblee del '68 come nel concertane di Woodstock (anch'esso, guarda caso, dello stesso anno). La cultura· giovanile conquista nuovi spazi, ma ancora soltanto se intesa in senso antropologico. Dal punto di vista dell'industria culturale le cose non cambiano: entrato nel mondo del lavoro, il giovane rinuncia automaticamente a essere tale e gli è comunque preclusa la produzione della cultura giovanile. Con gli anni Settanta il modello movimentistico entra in crisi. Il movimento si frantuma in «gruppi» che, anche se spesso pretendono di essere «partiti», ripropongono un modello che somiglia molto a quello della banda. Nonostante vari tentativi di unificazione dei gruppi, questo processo si rivela irreversibile e culmina nel 1977. Quando si è cercato di ridurre il «movimento» del 1977 all'Autonomia operaia (e magari al terrorismo) si è commesso un errore in primo luogo filosofico. Se l'Autonomia utilizzava una teoria del «soggetto forte» di marca leninista, il «movimento» del '77, nella sua pratica e in molte teorizzazioni, era un brulicare di soggetti (gruppi, bande) tutt'altro che forti e per di più effimeri. L'errore derivava forse da una confusione terminologica: non che il «movimento» del '77 rifiutasse di definirsi «autonomo», ma in generale intendeva l'autonomia, a differenza di Autonomia operaia, come autonomia da qualsiasi progetto statale o di statalizzazione (anche comunista). Si tornino a leggere i teorici del '77, da Scalia, a Bifo, a Deleuze e Guattari. Uno dei sinoIli Hl . .. ' . .,.,........ nimi di «autonomo», in questa accezione, era il termine «non garantito», che significava sì «disoccupato», o qualcosa del genere, ma senza specificare se si trattasse qui di una condizione subita o non piuttosto orgogliosamente rivendicata. (La storia degli anni successivi dimostra che non ci sono solo i giovani che non trovano il «posto fisso», ma anche quelli che lo rifiutano). Il modello del gruppo settantasettino non è più il Partito, né i partitini (che in questo periodo consumano definitivamente la loro funzione) ma il gruppo dadafuturista o, esplicitamente, la banda. In pochi mesi a Bologna (dove chi scrive abitava) nascono e muoiono decine di queste bande: dai Gruppi d'azione Mao-Dada (vicini a Radio Alice) al Collettivo I Fiori Blu (si noti l'ascendenza queneauiana), dal Terron Power (i meridionali iscritti alla facoltà di Agraria, che hanno il motto «mai più senza badile») al Mucchio Selvaggio (l'ascendenza Immagine dal disco «Ortodossia» ,dei CCCP-Fedeli alla linea è questa volta western), alle Colonne Fantozzi (che praticano l'autoriduzione nei ristoranti al grido «mai più senza secondo»). Tra i tanti nomi di bande che compaiono graffiti sui muri bolognesi ce n'è uno che segna l'inizio di una nuova fase del processo (quella degli anni Ottanta): Skiantos. Si tratta di un gruppo rock «demenziale», il primo della new wave italiana, che dimostrerà come la cultura giovanile, e in particolare la «creatività» settantasettina, possano avere anche sbocchi commerciali. Nel '77 compare anche un altro gruppo rock, il Gruppo d'Urlo Metropolitano, che ben presto adotterà un nome più allusivo (chandleriano) e commerciale: Gaznevada. All'inizio del 1978 apre il Punkreas, un locale che nel giro di pochi mesi diventerà il quartiere operativo del nuovo rock, oltre che il principale luogo d'incontro della Bologna «alternativa». La cultura delle bande anni Cinquanta torna di moda (grazie alla lingua italiana che ne fa due omonimi, «band» e «gang» possono facilmente identificarsi). Roberto Antoni (alias Freakantoni, leader degli Skiantos) ha raccontato tutta la storia nel libro Stagioni del rock demenziale (Feltrinelli, 1981): «Gli Inarrestables non li fermavi mai, né potevi sperare di prenderli. Gli Stress avevano un rock paranoico e nevrotico, simile a quello degli Smanias. (. . .) Gli Ustionants facevano musica infuocata e avevano negli Infiammables degli irriducibili nemici. (. ..) Se i Frigos furono agghiaccianti, i Polos erano senz'altro glaciali. (.. .) Soltanto Freddy Ice Cream & i Ghiaccioli ebbero il coraggio di fare un concerto sul fiume ghiacciato, giù dal Ponte Lungo, ma fu un disastro perché c'erano poche persone e poi durante il pezzo Scaldami Bambina si ruppe il ghiaccio e finirono nell'acqua. : ' ~ . ..... f ' 1111111111111 .·,. • I •• t 1 , .. ' - (... ) Complesso di una certa importanza furono i Doktors, specialisti del Rock Ospedaliero». Eccetera, e questa folle enumeratio copre tutte le pagine del libro. (ln realtà i gruppi della new wave italiana si chiamavano, oltre che Skiantos e Gaznevada: Kaos Rock, Luti Chroma, X Rated, Windopen, Garage, Kandeggina Gang, Take Four Doses, Righeira, ecc.). Per qualche anno ancora saranno soprattutto le bande rock a dimostrare che è possibile uscire dal ghetto. Dal 1980, però, il fenomeno non riguarda più soltanto la musica rock ma anche i fumetti, gli spettacoli, il video, la danza, l'arte e il design. Tutto ciò non accade per puro amor d'avanguardia: c'è un mercato, in gran parte sommerso, che comincia a raccogliere quesfa produzione «autonoma». La banda di teppisti degli anni Cinquanta, fondamentalmente luddista, si è trasformata in una équipe di lavoro. Il '68 aveva prodotto intellettuali, politici e professori; la generazione del '77, unificata soltanto dalla comune disoccupazione, ha dovuto imparare l'arte di arrangiarsi. Gli anni Ottanta vedono la generalizzazione di questo modello. Dagli Usa giungono notizie di ima New York dove tra autori di graffiti, rappers e break-dancers il modello si dimostra vincente. Il mito della rock star conferma l'ipotesi: è possibile vendere la cultura giovanile «autonoma»; di più: si possono fare i soldi (la «pilla»). The great rock'n'roll swindle. Nascono nuove professioni «autonome»: dall'impresario di gruppi rock o di danza al cacciatore di sponsors. Divisi tra il desiderio di successo e di ricchezza e nuove esigenze di politicizzazione (Arci!Kids), i giovani si preparano agli anni Novanta. Una nuova fase? Staremo a vedere.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==