Alfabeta - anno VII - n. 72 - maggio 1985

• Mensile di informazione culturale Maggio 1985 Numero 72 / Anno 7 Lire 5.000 wJ z 2.. o 'I:- v Q. .• o > I I V < \.-. ..... ~-.-~~ - d. ~aie ~ u o S. re ~ ~~,'-' LA60Vl. "L,aVA\', le i magini . o&BE-'" dell'ambieÌ11e (Bifo/Mascitelli) Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 • 20137 Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo IIInO • Printed in Italy «CosaNostra» Prove cl' artista (ValentinGi. argani) R· DB& ~V I\. Do N 1".·'Tl 1\i.CHAPE' -"--~--,r~)-,__ ___ _ I Prousat Colorno ,__s-r.......___~c:Jt (OrlandoR, aboni, ......._ ,, , Genette) Cosa Nostra * F. Tenaille: Intervista a Julian Beck • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • . F. Muuioli: Altre cosmicomiche * G. Ficara: La scuola cli Paloma, I In questo numero: I F. Sessi: La cometa * S. Verdino: Caproni, la rima • I Supplementdoi sedicipagine I R. Bugliani: Il verso libero non c'è * Da Parigi • . • fo Prove cl'artista: N. Valentini/ A. Gargani: La strega cli Oxford I G I Cfr. * Testo: F. Orlando, G. Raboni, G. Genette: Proust a Colonto 1 1ovanp1er .- rza 1 (a cura cli L. Rampello e F. Sossi) * M. Fiumanò: Aporie clel matemo I ' I F. Berarcli Bifo: Tecnologie comunicative * N. Luhmann: La complessità A cura di Vanni Code~uppi, Carlo F~rmen"t:CGianni Sassi E.Mascitelli: Da un evoluzionismo all'altro* F. Masini: Le declinazioni cli VaNimo I IAtei:ventj di: ::-_-~- • • I A. Colonetti: La cultura clel progetto * M. Sesti: Remake cli IIICl5SCI I Renato Giovannoli, Carlo Forme.i:iti,-9mar Calab~e.~-_. I A. Attisani: Limitrofie * Lettere * Immagini: Le Nalles I Contributi dell'A_rci(~i~s: Stef~no Cris_nln~_~~,~anp~o(l> ~i~vestri, I Giornale clei Giomali: L'informazione a scuola (Il) Alberto P1cc1Q1,01,-VanmCodelupP1):l1v.1c:,$.ansone Indice della comunicazione: America clel noni e Yuppi-clo I. •• ••--~-••·•;..• .;.,111·•-111111 • .I .- . . .. ""-' ~ : ,. I ./ , ';t"' , , . , .

Pino Fasano L'utilee il bello Le transizioni delle forme letterarie alle soglie dell'era borghese pp. 124 L. 10.500 CarlaBenedetti La soggettività nel racconto Proust e Svevo pp. 132 L. 10.000 GiancarloMazzacurati Verga Monografia per lo studio della letteratura italiana pp. 226 L. 13.000 AntonioSaccone Marinetti e il futurismo Monografia per lo studio della letteratura italiana pp. 170 L. 12.000 MarioPuccini L'odoredellà maremma a cura di A. Palermo pp. 215 L. 14.000 GiovanniGenovesi TinaTornasiVentura L'educazionenel paese che non c'e Storia delle idee e delle istituzioni educative in utopia pp. 256 L. 20.000 GioiaM.Rispoli L'artistasapiente Per una storia della fantasia pp. 152 L. 13.500 AlbioCesareCassio Commediae partecipazione: La Pace di Aristofane pp. 158 L. 13.000 L'Università per Gesualdo Un impegno di idee e progetti per la ricostruzione e lo sviluppo nel dopoterremoto a curadi G. Caterinae V. Gangemi pp. 450 L. 75.000 G. M.Bertin · R. Laporta C. Pontecorvo Università in transizione pp. 404 L. 32.000 Nigel Cross L'architetto automatizzato pp. 208 L. 16.000 --- Più libri più idee le immagindiiquestonumero Le immagini di questo numero (prese dal volume di Bertrand Lemoine Le Halles di Parigi, tradotto nell'82 da Jaca Book) sono dedicate a un luogo comune della nostalgia, i grandi mercati coperti della Parigi ottocentesca abbattuti negli anni Settanta per volontà di Georges Pompidou nel quadro di una risposta alquanto pompière alla 'sfida americana' i cui effetti visibili oggi sono di varia qualità, ma nel complesso deludenti come i grattacieli del quartiere della Défense. Un progetto 'modernista' (far sì che La capitale del XIX secolo lo sia anche per il XX) piuttosto diffuso pure tra quei parigini che, non essendo presidenti della Repubblica, devono limitare le migliorie moderne ad aspetti secondari del paesaggio urbano (fast food molto più cari che in America, ma con cibi peggiori; tastiere con codici segreti invece dei citofoni all'ingresso dei palazzi - non ci sono neanche a New York, dunque son.o un tratto persino da ventunesimo secolo; gente vestita con stivali di tipo texano che il sabato sera fa lo struscio, a piedi o in automobile, lungo boul. St.- Miche/; il design di certe macchine francesi, che sembra derivare in linea diretta dai fumetti di Métal Hurlant ... ). Quella di tirar giù le Halles sembra essere stata una decisione presa a furor di popolo - però avversata dagli architetti. È sintomatica la lettera indirizzata a Pompidou dalla Giuria internazionale chiamata a giudicare i progetti per il Beaubourg (il più noto e meno brutto fra gli edifici sorti sulle Halles): « Vi supplichiamo, signor Presidente, di fare qualcosa per salvare almeno una parte dei padiglioni, sacrificati senza un valido motivo, sia per.ché rappresentano Sommario Cosa Nostra pagina 3 Frank Tenaille Intervista a Julian Beck («Tendenzedi ricerca/Teatro») pagina 4 Francesco Muzzioli Altre cosmicomiche (Cosmicomichevecchiee nuove - Collezionedi sabbia - Pa/omar,di I. Calvino) pagina 4 Giorgio Ficara La scuola di Palomar (Collezionedi sabbia,di I. Calvino) pagina 5 Frediano Ses.si La cometa (La notte della cometa - Tempo di màssacro - L'arrivo della lozione - Abitare il vento, di S. Vassalli) pagina 6 Stefano Verdino Caproni, la rima (Tutte le poesie, di G. Caproni) pagina 7 Comunicazione ai collaboratori di «Alfabeta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; . b) tutti gli articoli devono essere corredati da precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: auLe Halles nella storia del/'architettura f rancese un'epoca e un risultato che difficilmente si riuscirà a eguagliare, sia perché costituiscono, in rapporto al futuro Centro Beaubourg, uno spazio di animazione e di incontro legato al vostro nome». Ma, come disse Rimbaud in anni in cui le Halles erano moderne (costruite nella seconda metà dell'Ottocento da Baltard su vecchi dou da un oscuro - e poco verosimile - genius loci. Così, per eccesso di un modernismo ormai fuori moda, è scomparso un tratto tipico della Parigi moderna del XIX secolo, il «ventre di Parigi» di cui scriveva Zola, un emblema della modernité decantata da Baudelaire, e già commemorata nel Novecento da Benjamin. Quest'ultimo difficilmente avrebbe proposto di abbattere le Progetto di Poyet per il mercato degli Innocenti (fine del XVIIT sec.) mercati persino medioevali, e poco dopo i grands boulevards voluti da Haussmann per tenere sotto controllo un altro fenomeno moderno, Le rivoluzioni): « Bisogna essere assolutamente moderni». Per qualche tempo, al posto delle Halles abbattute, rimase un grande buco in cui Marco Ferreri rievocò la battaglia del Little Big Horn in Non toccare la donna bianca. Poi vennero: il Beaubourg; un bruttissimo shopping centre seminterrato che qualche presidente, nel ventunesimo secolo, dovrà abbattere; mangiatori di fuoco e di spade, ritrattisti e venditori di chincaglierie richiamati davanti al Centre Georges PompiRoberto Bugliani Il verso libero non c'è (Letteraturaitaliana,voi. I li, tomo I: Teoriae poesia, di Autori vari) pagina 7 Prove d'artista: Nanni Valentini pagina 9 Aldo Gargani La strega di Oxford pagina 10 Da Parigi a curadi Nanni Balestrini e di MaurizioFerraris pagina 11 Cfr. Schede pagine 12-13 Testo: Francesco Orlando, Giovanni Raboni, Gérard Genette Proust a Colorno a curadi LilianaRampe/lo e FedericaSossi pagine lS-18 Cfr. Il lavoro delle riviste pagina 19 Marisa Fiumanò Aporie del materno («Il parto»2) pagina 21 Franco Berardi Bifo Tecnologie comunicative («Le immagini dell'ambiente» Il) pagina 23 Ernesto Mascitelli Da un evoluzionismo all'altro («Le immagini dell'ambiente» Il) pagina 24 Halles, che già ai suoi tempi dovevano apparire vecchiotte: perché quelle strutture ottocentesche incarnano lo spirito del moderno, il flusso della folla, lo choc della metropoli, i grands boulevards e i Lampioni a gas (che danno una luce chiarissima e indiscutibilmente moderna: a Parigi, prima che intervenissero gli scrupoli neo-modernisti, restarono in uso per moltissimo tempo, sino all'inizio degli anni Sessanta). Un postmoderno che abbatta il proprio passato veramente moderno è solo la parodia dei propri presupposti. ,Guardando La fotografia di un avo ottocentesco, Roland Barthes si diceva: «Quegli Niklas Luhmann La complessità («Le immaginidell'ambiente»Antologia) pagina 25 Ferruccio Masini Le declinazioni di Vattimo (La fine della modernità - Dialettica, differenza,pensiero debole - Al di là del soggetto - Le avventuredelladifferenza, di G. Vattimo) pagina 26 Aldo Colonetti La cultura del progetto pagina 27 Mario Sesti Remake di massa (Segnocineman. 15; Cinema & Cinema n. 39) pagina 28 Antonio Attisani Limitrofie (Limitrofie - Milano, 16-18 marzo 1985) pagina 28 Lettere pagina 29 Giornale dei Giornali L'informazione a scuola (Il) pagina 30 Indice della comunicazione America del nord e Yuppi-do pagina 30 Le immagini Le Halles a curadi MaurizioFerraris Supplemento Giovani per forza a curadi CarloFormenti, GianniSassi, VanniCodeluppi In copertina: Il quartieredelleHal/esintornoal 1550 occhi hanno visto r Imperatore»; guardando queste plan_imetrie possiamo immaginare che le Hai- /es fossero familiari, poniamo, a un moderno come Proust. Il quale non vi ha dedicato menzioni speciali (come invece al Faubourg, al Trocadéro, alla rue La Pérouse), ma nella Recherche ha lasciato considerazioni che si attagliano benissimo al caso specifico. Per esempio questa: « È uno dei torti delle persone dell'aristocrazia quello di non voler capire che se desiderano che noi crediamo in loro, sarebbe anzitutto necessario che vi credessero loro stessi, o almeno rispettassero gli elementi essenziali della nostra fede. Al tempo in cui credevo, anche se sapevo il contrario, che i Guermantes abitassero nel loro palazzo in virtù d'un diritto ereditario, penetrare nel palazzo del mago o della fata, far sì che s'aprissero davanti a me le porte use a cedere soltanto quando s'è pronunciata una formula magica, mi sembrava altrettanto difficile quanto ottenere un colloquio dallo stesso mago o dalla fata stessa. Nulla mi riusciva più facile di far credere a me stesso che il vecchio domestico assunto la sera precedente o fornito da 'Potei & Chabot' fosse figlio, nipote, discendente di quelli che servivano la famiglia molto prima della Rivoluzione, e ponevo un'infinita buona volontà nel chiamare ritratto d'antenato il ritratto comprato un mese avanti da Barnheim figlio. Ma un fascino non si travasa, i ricordi non si spartiscono, e del principe di Guermantes, ora eh'egli stesso aveva infranto le illusioni della mia fede andando ad abitare all'A venue du Bois, ben poca cosa restava». Maurizio Ferraris alfabeta mensiledi informazioneculturale dellacooperativaAlfabeta Direzionee redazione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Art director: Gianni Sassi Editing: Marisa Bassi (AER-Milano) Grafico: Bruno Trombetti Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazionee amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatoretecnico: Giuseppe Terrone Pubblicherelazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttoreresponsabile: Leo Paolazzi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139 Milano Telefono (02) 5392546 <'-1 Stampa: Rotografica, .5 tore, titolo, editore (con città e data), collaborazioni su commissione. viale Monte Grappa 2, Milano ~ numero di pagine e prezzo; Occorre in fine tenere conto che il Distribuzione: Messaggerie Periodici c:i.. c) gli articoli devono essere inviati in criterio indispensabile del lavoro intel- ~ triplice copia; il domicilio e il codice lettuale per Alfabeta è l'esposizione Abbonamentoannuo Lire 40.000 ;::: fiscale ·sono indispensabili per i pezzi degli argomenti - e, negli scritti recen- estero Lire 55.000 (posta ordinaria) .S; commissionati e per quelli dei collabo- sivi, dei temi dei libri - in termini utili Lire 70.000 (posta aerea) O() ratori ·regolari. e evidenti per il lettore giovane o di Numeri arretrati Lire 6.000 ~ La maggiore ampiezza degli articoli livello universitario iniziale, di prepa- Inviare l'importo a: Intrapresa E: o il loro carattere non recensivo sono razione culturale media e non speciali- Cooperativa di promozione culturale ~ proposti dalla direzione per scelte di sta. via Caposile 2, 20137 Milano lavoro e non per motivi preferenziali o Manoscritti, disegni e fotografie non Telefono (02) 592684 i::: personali. 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•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• i CosaNostra i • • • • • • : r----------------. re da almeno un decennio dell'io- blee elettive - per il miglior fun- ne di questo intellettuale politico, toriale (cui non fa ancora riscon-: • Illusionisti e illusioni teresse per il privato che sostituì- zionamento di quella che si è co- aperta come essa è a una esperien- tro, come sappiamo, l'apparato: : Nanni Balestrini sce quello per la politica? E che le minciata a chiamare «l'azienda za di studio ormai non solo o non statale nel suo complesso) rischia-• • . . arti e la musica siano oggi (parola Italia». E dobbiamo confessare, più «provinciale», e neanche sol- no di_diventar_ein Italia un eufor~-: : Già ce l'avevo su con Alb~rom per di Alberoni) rigogliose, è cosa ben . non senza amarezza, che le moda- tanto «europea» - il che sino a co mito che distrugge se stesso. E • • quella storia del cinema. E succes- difficile da dimostrare, se parago- lità specifiche del suo lavoro, la qualche decennio fa era già una ben noto che il movimento turisti- : : so due o tre mesi fa, quando un nate con quelle di un passato re- sua figura stessa di «specialista po- eccezione. Un'esperienza che è co e il richiamo culturale sono di-• • suo articolo annunciò dalla prima cente. E la vita amorosa? Basta litico», per dirlo con Gramsci, anche di vita, sino all'intimità del- ventati nel nostro paese una fonte: : pagina della Repubblica la nascita frequentare i giovani d'oggi, inve- hanno dovuto alle circostanze del- la famiglia: cosa di non secondaria di ricchezza tale che perfino i poli-• • del Nuovo Cinema Italiano. Mor- ce dei film di Samperi, per render- la sua morte la loro possibile mes- importanza. tici più ottusi l'hanno capito, pro-: : to e sepolto quello vecchio, Fellini si conto che non è all'acme. sa in rilievo. Una conseguenza, Vi è poi la contemporaneità di ponendo l'immagine un poco voi-• • Tognazzi Sordi Antonioni e com- Quando però Alberoni procla- certo, di una miope ottica diffusa - un impegno insieme universitario gare ma non priva di efficacia di: : pagaia, ecco adesso il nuovo astro ma poi che l'italiano di oggi vi- alla quale non è facile sfuggire, e politico, meno infrequente, que- «petrolio italiano»; ma è forse me-• • sfolgorante, anzi due, perché ci sa- vrebbe in una dimensione estetica, per contrapporvisi, nel giro usuale sta, nella società italiana, ma tut- no noto che questa fonte di rie- : : rebbe il Nuovo Cinema Italiano quasi un nuovo rinascimento al- dell'informazione e dei suoi stru- tavia, nel caso di Tarantelli, carat- chezza più che salvaguardata vie- • • Comico e il Nuovo Cinema Italia- l'insegna della moda «made in menti d'uso. terizzata dalla unità e dalla non- ne oggi saccheggiata, come succe- : : no Erotico. Dato che abito in ltaly», è difficile non restare inter- Adesso di Ezio Tarantelli sap- separazione dei due momenti, an- de per la normale pratica della• • Francia, dove gli unici film italiani detti. Va bene che Milano, auto- piamo alcune cose essenziali: che zi dalla loro reale integrazione. caccia che da noi si trasforma subi-: : proiettati sono quelli dei fratelli definitasi con orgoglio la capitale da ragazzo, a sedici anni, per gua- Ma ciò che appare più significa- to in sterminio. • • Taviani (V.C.1.), decido subito, mondiale del pret-à-porter, è di- <lagnare qualcosa, aveva fatto la tivo è l'atteggiamento, per così di- L'immagine orrifica che mi os-: : piuttosto eccitato, di dedicare un ventata il paese dei sarti come guida turistica, che era stato stu- re, personalizzato, anti-ideologi- sessiona è quella del centro di Fi- • • pomeriggio a colmare la mia grave Cremona è il paese del torrone e dente «prediletto» dell'economi- co, con il quale questo nuovo renze e degli Uffizi. Mi è capitato : : lacuna culturale. Disastro! Amatricia il paese delle balie, ma sta Federico Caffè, che aveva la- «quadro» si muove e agisce nel di recente di tentare di muovermi • • Ho resistito mezz'ora in una sa- ciò non è sufficiente per farci ve- vorato presso il Servizio studi del- suo fare politico. Uomo, certa- nei dintorni del Duomo e di rima- : : la semivuota davanti a un film (di dere l'intera nazione attraverso i la Banca d'Italia, che si era recato mente, di sinistra, profondamente nere bloccato da una folla impavi- • • cui ho rimosso il nome) di Sampe- tabernacoli tessili di via della Spi- a completare la sua formazione coinvolto sul tema del lavoro e da quanto compatta. Un fiume di: : ri, garantito da Alberoni come il ga davanti a cui sfilano e si pro- negli Stati Uniti, alla scuola del della disoccupazione, specie gio- umani palesemente non pensanti e • • capolavoro del N.C.I.E. (ma non sternano i laudatori dei tempi e Mit dove, in seguito, aveva anche vanile, Tarantelli opera nella Cisl, solo deambulanti occupano spazi : : è uno che fa film da quindici anni, dei ricchi di turno. Meglio però insegnato, come alle Università di si oppone decisamente alle posi- senza rendersi minimamente con- • : Samperi?) .. Sono poi passato al non prendere per paggi rinasci- Firenze, e ora di Roma. Dirigeva zioni del Partito comunista italia- to di dove si trovano. Occupano e : • N.C.I.C., dove ho trovato un'altra mentali i sanbabilini («paninari» inoltre da alcuni anni l'Ufficio stu- no sulla scala mobile e sul referen- basta. • • vecchia conoscenza, il Benigni, mi dicono che si dice oggi) dalle di della Cisl. dum, ma vota comunista. È capitato a uno dei custodi de- : : delizioso ai tempi di Berlinguer. scarpacce gialle e dagli orrendi Sappiamo anche, attraverso le Da un punto di vista di parte - gli Uffizi di cadere al suolo colpito • • Ma Non ci resta che piangere è un da malore per soffocazione, a cau- : : filmettino proprio gracile e mode- sa della folla ammassata nelle sale • • sto. Risultato complessivo: eroti-111111111111111111111111111111111 della Galleria. Quando mi hanno : : mo niente, comicità carsa, fru- _..raccontatoil fatto (che ha provo- • • strazione e ira per la fiducia inge- cato uno sciopero di protesta più : : nuamente mal riposta. Senza riu- &W!B\iTu~?itfl:sn che giustificato), ho capito che co- • : scire a capire se ero stato vittima sa voleva dire un sovrintendente : • di imbroglio o di delirio. che gode della stima di tutti quan- • • Sono di nuovo a Milano intorno do mi accennava alla ormai non : : a Pasqua e ricomprata malaugura- procrastinabile necessità di «chiu- • : tamente La Repubblica mi ritrovo dere i musei» per evitarne la di- : • un Alberoni intitolato «Il declino struzione. • : della politica». La solita vecchia ifil~~~~filTI Ora è evidente che nessuno si : • solfa sulla fine del marxismo delle sogna di sottrarre cultura alle mas- • ·: ideologie delle fedi delle chiese se, ma è proprio nell'interesse di : • (ma proprio mentre intere pagine un mercato ricco e in continua • : dello stesso giornale sono dedicate espansione che occorre pensare e : • al papa e a un affollato convegno decidere qualcosa per non passare • : di credenti), tutta roba che sareb- alla storia come «nuovi Goti». C'è : • be sostituita oggi dall'interesse per ben altro che il verde dei prati da • : il concreto e il privato (lasciando salvare. Qui non è questione di : • evidentemente al solo Alberoni il ¼fif!W·~-----··--······:; privato o di politico o di ideologi- • : compito di sfornare i Grandi Siste- L:;;;.;;;========================== ~======="""" co ma semplicemente di «pratico» : • mi Ideologici). Propostaottocentescadi riassettodelleHalles(Thorele Chirade) (e il primo segnale di allarme c'è • : Al di là del fatto che bisogne- stato proprio a Firenze che non ha : • rebbe pure cominciare col precisa- giubbotti. «Svolta epocale», que- parole della moglie americana, al limite, settario - si cercherebbe segnato il tutto esaurito per Pa- • : re che cosa si intende per politica sta, «paragonabile a quella avve- Carole Beebe, raccolte da Benia- qui una contraddizione; ma un ta- squa). Questo gioco al massacro è : • (c'è il pensiero politico e l'attività nuta nel 1600 dopo le guerre di mino Placido per La Repubblica, le giudizio non sarebbe che un se- il vero effimero, come l'illusoria • : politica, c'è quella di base, l'istitu- religione»?!? che «aveva una piazza sempre in gno di una tradizione schematiz- ancorché rapida ricchezza che pro-: • zionale, l'internazionale, l'econo- O forse più semplicemente die- mente. Una di quelle piazze dell'I- zante e totalizzante dei modi della duce. • : mia politica, la politica economi- tro questi giochetti di funerali e talia meridionale dove i giovani di- politica e dei comportamenti di un Dunque le necessità sono ricon- : • ca, la cultura politica ... ), mi è ap- battesimi epocali, dietro a questo soccupati (magari laureati) pas- soggetto tanto colto quanto fedele ducibili a due: rifiutarsi di dare in• : parso però chiaro, da quell'artico- proporre sempre come inedito seggiano ... »; che «pensava sempre a se stesso. «lo lavoro sulle idee», p,!sto, letteralmente, a una folla : • lo, che Alberoni non è un folle né quello che c'è già o quello che non alla disoccupazione. Era un'idea diceva Tarantelli, su convinzioni, onnivora opere irripetibili e insie- • : un truffaldino. È solo un utilizza- c'è, si nasconde paradossalmente fissa per lui». Infine dalla stessa cioè, elaborate e meditate perso- me promuovere un consumo cuJ-1: • tore maldestro di quella macchi- un'unica (anche inconscia, maga- fonte sappiamo che era sua inten- nalmente e liberamente. Ha una turale regolato e produttivo. • : netta concettuale, inflazionata dai ri) intenzione, desiderio, illusione: zione, alle prossime elezioni am- sua idea sulla scala mobile, e si Ecco una prima proposta: i bi- : • maitres-à-penser parigini dell'ulti- arrivare a dimostrare irrimediabil- ministrative, di votare comunista. batte per questa; ha una sua idea glietti a orario, in modo da non • : mo decennio, che consiste nell'ir- mente che niente è cambiato, che Si sa inoltre - e lo si sapeva anche sul quadro politico generale del permettere l'accesso a mostre e : • rompere in scena annunciando pe- niente cambia, che niente può prima che una tragica circostanza Paese, e sulla funzione, in esso, musei a visitatori oltre un certo • : rentoriamente che qualcosa è per cambiare, che tutto è come prima lo portasse sulle prime pagine dei del Pci e vota comunista. «Appar- numero. Le visite devono essere : • sempre finito: la letteratura è mor- e che sarà sempre come prima. quotidiani - che Tarantelli era sta- tiene», perciò, a se stesso, anche prenotate esattamente come una • : ta, il comunismo è defunto, il mo- Prima di cosa? Ovviamente prima to diretto ispiratore del taglio dei se è proprio l'opposto di chi creda camera in albergo o il pullman per : • demo non c'è più, la fotografia è di quello che è e resta sempre (no- punti della scala mobile, e che che ciò significhi rinchiudersi nel la gita scolastica, come si fa al Me- : : scomparsa, il tempo si è dilegua- nostante gli anni plumbei e tutto il aveva fermamente mantenuto tale «privato». tropolitan Museum di New York • • to... resto) l'unica svolta irrimediabile: sua posizione sino a farsi compar- Per tutti questi motivi ci sembra in occasione delle grandi mostre. : : Adesso lì hanno smesso, forse quell'emblematico '68 che ha ve- tecipe di un appello perché al refe- possa affermarsi che Ezio Taran- Esauriti i posti disponibili non si • • perché non c'era più niente da far ramente lui sì solo trasformato rendum su tale argomento si vo- telli si muovesse in un orizzonte entra più, si prenota la visita per : : morire, ma Alberoni ha fatto suo tante cose. Ma della cui irreversi- tasse contro l'abrogazione della etico, scientifico, politico, che su- un'altra ora o per un altro giorno. • • il meccanismo. Il guaio è che vuo- bilità tanti ahìloro non si rassegna- legge che tale taglio aveva sancito. pera positivamente gli schemati- Sembra invece che le nuove am- : : le strafare, non si accontenta di no mai. Non gli resta che pian- È stato anzi questo lo specioso smi, le divisioni, le contrapposi- ministrazioni di «centro», proprio • • essere apocalittico (teme forse di gere. pretesto del suo assassinio. zioni prestabilite e prefigurate. Si a Firenze, vogliano l'apertura in- : ....-,: essere considerato un semplice iet- r----------------. Pochi dati, nella vita di un uomo muovesse cioè liberamente e con- discriminata di tutto per tutti a• ~ • tatore) ma vuole essere anche pa- Ezio Tarantelli che non aveva ancora, del resto, sapevolmente secondo parametri qualsiasi costo, appunto con la: ·~ : lingenetico: non si limita perciò a Mario Spinella compiuto i quarantaquattro anni e e anticipazioni di una società, e di prospettiva miope dello sfrutta- • ~ • constatare i decessi ma annuncia ~-----------~ presumibilmente, visto il suo ap- una visione della politica, appun- mento immediato e devastante del : g! : al tempo stesso anche le nascite. E Nei molti commenti che sono stati passionato impegno sui grandi te- to, libera e consapevole. capitale culturale. È questo un se- • ~ • così, con la buona volontà e l'otti- dedicati alla barbara uccisione di mi dell'economia del Paese e del- gnale di povertà, non di ricchezza, : ~ : mismo costruttivo di Bouvard e Ezio Tarantelli, nei giorni del de- l'azione sindacale, avrebbe assun- Il sacco di Firenze soprattutto di assenza di pensiero, • E • Pécuchet, il nostro solerte giardi- litto, non appare forse sottolinea- to un ruolo crescente nella realtà Antonio Porta intollerabile quando si svende, : ~ : niere propone incessantemente to a sufficienza quanto di nuovo politica italiana. Sufficienti, tutta- _____________ __. con atto arbitrario e prevaricato- • .:: : nuovi germogli e alberini. egli rappresentasse nel personale via, questi dati, a definire un'im- Quelle che vengono definite oggi e re, il frutto di un pensiero millena- : ~ • Purtroppo si tratta sempre di ro- politico italiano, nel quadro cioè magine ben precisa, e tale da fare non senza ragione le «rivincite del rio. • i • ba o vecch~a o inesiste~te (vedi •di c~loro che si adopera_noin mo- riflette~e. . mercato» in u~ q~~dro d! general_e : g : N.C.I.). Chi non ha sentito parla- do duetto- entro o fuon le assem- Colpisce anzitutto la formazio- recupero dell eff1c1enza1mprend1- • ~ ....................................................................................................... .

Tendenze di ricerca/Teatro Intervistaa JulianBeck Q uesta intervista è stata rilasciata da Julian Beck al Museum of Modem Art di New York, durante il 7° Festival internazionale di poesia Polyphonix (29 ottobre-8 novembre 1984), a cui Beck, nonostante il cattivo stato di salute, aveva voluto partecipare con un intervento critico molto duro nei confronti della politica reaganiana. L'intervista è già apparsa sul n. 434 (16-28 febbraio 1985) della Quinzaine Littéraire, che ne ha autorizzato la traduzione. D. Nessuno è profeta in patria. Ho letto sul New York Times la critica di Frank Rich. Era a dir poco sorprendente! Julian Beck. Al limite della cattiveria. D. Sei fin troppo gentile. Non era una critica, ma una gambizzazione! Beck. Appunto. D. Il rapporto tra il Living e il suo paese è paradossaie. Mentre in Europa il dialogo con voi, per quanto possa essere stato acceso, non si è mai interrotto, qui in America i malintesi durano ormai da trent'anni. Beck. Da un punto di vista culturale, qui da noi c'è una situazione di paralisi. Nel teatro non mancano certo le invenzioni, né i talenti, ma il tutto è sempre freddo, freddissimo. Mentre il nostro è un teatro di calore. Invece di limitarci a stimolare immagini mentali negli spettatori, noi proviamo davvero a cambiare qualcosa nel pubblico. Nella Archeologia del sonno c'è una scena che vuol richiamare il problema della censura nata dalla paura. La paura che censura le nostre speranze. E noi lanciamo degli interrogativi: Il popolo sta perdendo contatto? Con la crisi, temete di non avere più soldi? Se vi toccano, vi fa paura? Quando mi sono avvicinato a Frank Rich facendogli queste domande, ormai avevo la mano a un palmo dalla sua coscia, mi ha detto: «Eccoci, ci siamo, ci siamo!» (Si mette a ridere). D. Quindi la parabola si è avverata? Beck. Alla perfezione, come dimostra il suo articolo. Ma sono Italo Calvino Cosmicomiche vecchie e nuove Milano, Garzanti, 1984 pp. 317, lire 20.000 Collezione di sabbia Milano, Garzanti, 1984 pp. 221, lire 18.000 Palomar Torino, Einaudi, 1983 pp. 132, lire 12.000 i Si sa che gli universi si fanno e si disfanno ma è sempre lo stesso materiale che gira»: questa legge della provvisorietà, osservata dal «vecchio Qfwfq» nei Meteoriti, non poteva non arrivare a coinvolgere la stessa galassia della scrittura cosmicoconvinto che già prima contasse di ammazzarci lo spettacolo. D. A parte questa storia, che vi ha danneggiati parecchio, che rapporti avete con la cultura ufficiale americana? Beck. Qualche anno fa decidemmo di andare a lavorare nel Brasile fascista. A San Paolo, a Rio. Per lo stesso motivo ora abbiamo deciso di rimanere negli Stati Uniti di Reagan. Perché vogliamo sensibilizzare l'opinione pubblica, spingerla a mobilitarsi. Perché oggi gli Americani hanno paura. Paura di fare e di parlare, paura di opporsi al Nord del continente e a quello che capita laggiù... D. Fatte le debite proporzioni, il Living ha una vita più difficile oggi che non dieci anni fa? Beck. È stata sempre dura! D. Sì, l'impressione che gira è proprio quella. Beck. In Europa, pensavamo di poter vivere con le tournées. Ma non abbiamo trovato sovvenzioni, salvo quelle del Ministero della Cultura, in Francia, per mettere in scena due spettacoli nell'82 e nel1'83. Andiamo in giro da più di vent'anni, e a un certo punto ci siamo detti che così non si poteva andare avanti. Ci serve più tempo per preparare gli spettacoli, e vorremmo sprecarne un po' di meno entrando e uscendo da alberghi e teatri. Mi è capitato di dirlo altre volte: i primi dieci anni sono stati fantastici, i secondi dieci un tantino più pesanti, ma di fare altri dieci anni così non se ne parla nemmeno! Per cui abbiamo deciso di stabilirci a New York. Per qualche tempo siamo stati in trattative con Jack Lang per trovare uno spazio permanente a Parigi. Ma era 1'81. Ora la situazione è cambiata. Ci sono meno soldi. Non è facile difendere il progetto di un groppo dominato dagli Americani (sorride) togliendo il pane ai gruppi locali. Quindi abbiamo deciso di lavorare qui. È una scelta politica: gli Stati Uniti sono il paese più pericoloso del mondo! D. A conti fatti, come sono state"le vostre esperienze europee? Beck. In Italia, ci siamo avvicinati molto alla cultura popolare. Abbiamo lavorato con gruppi coa cura di Frank Tenaille munisti, socialisti, anarchici, che ci portavano nelle loro città per fare workshops, letture, conferenze, ecc. In sette anni abbiamo lavorato in centosessantacinque città. Il che vuol dire che in Italia la cultura ci ha lasciato un certo spazio. Ma uno spazio piuttosto marginale. Continue tournées in provincia e, di tanto in tanto, una settimana a Milano, Venezia, Firenze. Perché in Italia i soldi ce li ha la mafia teatrale ... e non ci è stato certo concesso di spartire la torta. Per cui nell'83 abbiamo deciso di andare in Francia, a Nantes, dove abbiamo allestito L'Archeologia del sonno e un grande Museo del Sonno. Poi Francis Coppola mi ha chiesto di recitare nel suo film, e dopo abbiamo preparato la stagione del Teatro Joyce. D. È da molto tempo che sognate uno spazio fisso? Beck. Nei primi dieci anni a New York avevamo luoghi relativamente stabili. Ma c'erano sempre problemi con le autorità, sia al Cherry Lane della Centesima strada, sia a quello della Quattordicesima ... Ora vogliamo uno spazio sperimentale, perché con le tournées è vitale avere sempre successo. E tante volte il piacere non va d'accordo con il successo. Ho in mente un sacco di tentativi. Cose da recitare per due-quattro settimane, poi basta! D. Porterete le vostre ultime cose in giro negli Stati Uniti? Beck. La critica di Frank Rich ci ha fatto saltare tutti i contratti. C'è un potere della stampa, e un conformismo, da fare accapponare la pelle. Prima del pezzo di quel gazzettiere ci aspettavano a Boston, Filadelfia, Washington, ecc. Dopo Rich, ci hanno detto: «Purtroppo non ci è più possibile!» Però il successo con il pubblico è stato grande. D. Ero ad Avignone quando avete recitato Paradise Now. Cosa aggiungereste alle riflessioni sul teatro di allora? Beck. Temo che il tentativo di creare un teatro politicò, negli anni Settanta, indulgesse a toni retorici... una tendenza agli slogan che ci ha alienato il pubblico. Oggi ci serve un teatro capace di dare cose diverse. Ormai c'è una conoscenza diffusa dei meccanismi politico-economici. Nel '68, nessuno sapeva che cosa volesse dire «autogestione», mentre ormai fa parte del vocabolario corrente. Per cui non è più necessario un lavoro di informazione. Si può invece portare il pubblico a sentire e a pensare. Trovare modi in cui il pubblico si organizzi da solo. Specialmente sulla necessità di smilitarizzare il pianeta, che mi sembra l'obiettivo numero uno di questa fase. D. E come avviene la traduzione in forma teatrale di questi problemi? Beck. Rimaniamo dell'idea che il teatro deve divenire un rito in cui la soluzione dei problemi spetta al pubblico. Crediamo che ormai si tratti di «attivare» lo spettatore. Oggi il teatro è anzitutto un teatro di osservazione. Ribadiamo la necessità di umanizzare, di restaurare il potere dell'etica, della morale ... cose di cui c'è una mancanza assoluta. D. Poco fa parlavi dell'assenza di calore nella cultura americana... Beck. Sì, tutto si irrigidisce, tutto diventa conservatore. D. Secondo te, gli Stati Uniti sono in una situazione di dinamismo culturale rispetto al resto del mondo? Beck. Neanche un po'! Non c'è movimento, non ci sono temi. Non c'è metafisica, e proprio perciò manca il movimento. Fra gli scrittori come fra i poeti e i pittori, siamo sempre lì, ci sono compartimenti stagni, non c'è più contatto. Credo che quando c'è calore venga voglia di contattare altri esseri umani. Se non c'è, resta solo il gelo nato dalla paura. Il Movimento muore. Da queste parti, l'arte è vista come una merce. Tristissimo. D. Non è un rischio per il Living mettersi a lavorare in una situazione tanto letargica? Beck. Forse. Ma credo che abbiamo abbastanza amici per resistere. Contiamo di rivolgerci alla comunità degli artisti e vedere se si riesce a promuovere una nuova moralità. D. Il Living ha avuto molti figli? Beck. Credo che molti gruppi ci siano debitori: The Archeology Theater a New York, gli Erath. Circus a Stoccolma ... Poi altri cercano di portare avanti e di approfondire i problemi della espressione corporea, dell'uso della voce, e i temi anarco-pacifisti che abbiamo inventato ... E poi certo molti gruppi «sulla strada» sparsi per il · mondo. In questo senso, abbiamo una famiglia numerosa di cui andiamo piuttosto orgogliosi. D. Una vostra vecchia frase suonava così: «Si entra in teatro prendendo coscienza della indistruttibilità del brutto». La sottoscrivereste ancora? Beck. Sì, se parliamo di Broadway! D. Possiamo leggerla rapportandola alla rielezione di Reagan? Beck. Sicuro! Non bisogna essere troppo ottimisti. Quella è una definizione che si attaglia alla lotta. D. Allora, Julian Beck, un ottimista scettico? (Beck tace e sorride). D. Insomma, hai dimostrato forza di volontà nei momenti difficili e, malgrado tante avversità, hai questa specie di lato invulnerabile... Beck. Sono convinto che con il pessimismo non si può realizzare nulla. Per far saltar fuori l'energia ci vuole ottimismo, è una sorta di benzina ... di carburante. D. Ma allora, siete il Living Theatre o il Sisyphe Theatre? Beck. Io non dico nulla, sta a te .deciderlo ... D. Nel 1985, che messaggio lasceresti a un giovane attore? Beck. Fare un teatro che abbia un rapporto di simbiosi con la moralità, e che la trasmetta con i mezzi propri del teatro. Non fare nulla che vada contro ciò in cui si crede. La nostra lotta è incomin-. ciata negli anni Sessanta. La borghesia ha ripreso il sopravvento. E proprio per quel motivo il teatro è tanto gelido. No? (Traduzione dal francese di Maurizio Ferraris) Altrecosmicomiche mica, su cui Calvino è tornato, riunendone le sparse membra e montandole secondo una nuova struttura complessiva, tanto da farne un libro nuovo. Oltre ai racconti compresi a suo tempo nelle Cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967), sono stati integrati al corpus anche quelli scritti per La memoria del mondo (1968 e 1975); e alcuni raggruppamenti di quella raccolta, pur rimaneggiati nell'ordine esterno e interno, forniscono ora l'ossatura della prima parte. Insomma, la ricomposizione attraversa varie fasi e strati diversi; ed è legittimo sospettare che anche Cosmicomiche vecchie e nuove siano soltanto una pausa. La ripresa di un genere di racconto sperimentato negli anni SesFrancescoMuzzioli santa - con i caratteri peculiari della scoperta scientifica in esergo e della sua applicazione narrativa per mezzo del personaggio non umano - dimostra che quel periodo culturale (oggi da molti rimosso in parentesi) costituisce per Calvino una base ancora produttiva, tant'è vero che al blocco delle cosmicomiche «storiche» si sono aggiunti alcuni testi recenti. Ma c'è di più: se Calvino ha rimescolato il mazzo delle sue carte, è perché le cosmicomiche si situano in partenza e costitutivamente (si potrebbe dire: per «programma genetico») sotto il segno della provvisorietà. Provvisorio è l'impronunciabile Qfwfq, per il suo stato fluttuante disposto a ogni trasformazione, stato davvero insolito tra le buone maniere delle convenzioni letterarie; per la sua consistenza materiale mutevole da una storia all'altra, e per i balzi nel tempo e nello spazio che compie nel corso di uno stesso racconto. Non si sa da quale luogo provenga la sua voce, eppure dall'esordio innesta il contatto con un pubblico di astanti (si rivolge a un «voi»: «Se vi dico che me ne ricordo ... », ad esempio). È quasi la presa di parola in un dibattito, a negare, commentare, correggere o assumere alla lettera le ipotesi avanzate dalla scienza; ma la didascalia in corsivo (del tipo: «- raccontò Qfwfq -») che di solito l'accompagna provvede a collocare la voce narrante in un passato non identificabile, slargando nello stesso tempo un diva- . rio tra locutore ed enunciatore. Al contrario di altri autori (come Arbasino o Leonetti) che hanno rielaborato i loro testi degli anni Sessanta, Calvino localizza l'intervento sulla disposizione dei pezzi, suddividendo e accorpando, ~ secondo quell'istanza distributiva 2 ormai fatta propria dopo le espe- -~ rienze delle Città invisibili e Palo- t::).. mar. Nel gioco degli spostamenti, ~ diventa significativa soprattutto ....._ l'assegnazione delle estremità: ini- .9 zio e fine. La posizione di apertura ~ è affidata ora agli Evoluti e mu- E tanti, cioè a quei racconti che han- ~ no per tema il mostruoso: e il mo- s:: struoso non soltanto rappresenta il ~ composito, nell'aggregazione ibri- l da delle parti, ma è anche la possi- ~

V) ~ i:: -~ t:l.. ~ °' ...... .si ~ E ~ ~ !:! <u .C) g bilità scartata dall'evoluzione che persiste o riemerge inopinatamente a contestare l'univocità rigida della norma. II mostruoso, intersezione del reale con l'immaginario, fa da ponte, a ritroso, tra le cosmicomiche e la produzione precedente, penso in particolare a La giornata di uno scrutatore. Per quanto riguarda la postazione di coda, vi troviamo i Racconti deduttivi che, del resto, privi come sono di Qfwfq, occupavano già il finale di Ti con zero e de La memoria del mondo. Il fatto è che a Ca}vino premeva evitare una chiusura definitiva: e cosa meglio di un rifacimento che alludesse al-_ la eventualità futura di rimettere tutto in gioco? Ecco allora spiegata l'insostituibilità de Il conte di Montecristo, ipertestuale pastiche dumasiano inteso a svolgere, dalla scrittura altrui, una serie di congetture e di potenzialità, verso quella «saturazione d'altre storie», enunciata poi, e praticata anche, in Se una notte d'inverno un viaggiatore. e oerente con se stesso, il nuovo montaggio non resta tuttavia un esperimento isolato. Non casualmente la stessa immagine della sabbia, che nei Cristalli indicava lo scomporsi e ricomporsi del mondo, compare anche nell'avvio, e fin nella sede privilegiata del titolo, dell'altro volume pubblicato da Calvino, pressoché in contemporanea con la riproposta di Cosmicomiche: si tratta di Collezione di sabbia, raccolta di brani a mezza via tra letteratura, saggio, reportage. Qui, nella sabbia, l'autore riconosce le caratteristiche della propria scrittura, in quanto residuo cristallizzato del vissuto, sostanziale eppure variabile: ,<quella sabbia di parole scritte che ho messo in fila nella mia vita, quella sabbia che adesso mi appare tanto lontana dalle spiagge e dai deserti del vivere. Forse fissando la sabbia come sabbia, le parole come parole, potremo avvicinarci a capire come e in che misura il mondo triturato ed eroso possa ancora P etrarca diceva degli antipodi «che 'l dì nostro vola I a gente che di là forse l'aspetta». Chissà cosa illuminava il sole laggiù, nella sua immaginazione? Un mondo del tutto nuovo e sorprendente, con foreste non foreste, fiumi non fiumi, città non città? Oppure un mondo simile al nostro, magari con qualche pittoresca variazione nel colore o nell'umore della gente? Qualche secolo più tardi, Giacomo Leopardi, nel Mai, deplorava che quel mondo fosse stato scoperto: «E figurato è il mondo in breve carta; I Ecco tutto è simile, e discoprendo, I Solo il nulla s'accresce». Non c'è niente, niente di veramente nuovo in ciò che si conosce, una volta conosciuto; anzi ogni cosa è eternamente uguale a un'altra e solo inventando e immaginando noi possiamo illuderci che il «nuovo» esista. Fra queste due folgorazioni della mente, una aperta alla possibilità di conoscere il nuovo, l'altra negatrice di questa stessa possibilità, ci furono i viaggi veri e propri, da qui al nuovo e ad altri mondi (raccontati dal Carletti, dal Ricci, dal Della Valle, dall'Algarotti... ) e anche diverse teorie del viaggio, come quella picaresca, quella donchisciottesca, quella formativa di Smollett, Lesage, Fielding, quella sentimentale di Sterne o magan quella blandamente astratta di De Maistre, che trovarvi fondamento e modello». Fissare per avvicinarsi a capire: è proprio in questi termini che si muove lo sguardo dello scrutatore (ed è la stessa strategia dell' «attenzione» che domina Palomar); attraverso le occasioni visive che gli si offrono - esposizioni, libri, viaggi - per decifrare il mondo come mappa di segni, anzi, dato l'intrecciarsi delle dimensioni e delle intenzioni, come «nodo» di segni accavallati. Il linguaggio della cultura e quello della natura si sommano e si attraversano, e il testo esegue su di essi una scrittura che è nel contempo lettura. Lo sguardo deve valere a distinguere nella selva oscura dei segni, e a penetrare gli strati dei palinsesti: «vedere vuol dire percepire delle differenze», scrive Calvino. Ma è chiaro che ogni profondità raggiunta è una nuova superficie: non solo, per Calvino, la comprensione è un «avvicinarsi» inesauribile, ma l'osservatore stesso è continuamente in movimento lungo un percorso che ne moltiplica i punti di vista. La collezione, priva di gerarchie e mai del tutto conclusa, costringe, appunto, a una ricognizione orizzontale. In questo modo lo sguardo è coinvolto in una sequenza temporale. E la riflessione sul tempo viene in primo piano, in molti brani del libro (anche la sabbia segnala lo sbriciolamento di ogni durezza o durata): tutto il capitolo sui viaggi è intitolato La forma del tempo, e viene a porsi in preciso parallelismo con il cosmicomico La forma dello spazio. Sembra che anche il giudizio, deducibile dai dati raccolti, risenta della coscienza della propria «caducità»: è un giudizio spesso posto in dubbio e in confronto con il contrario. Questa incertezza, costitutiva delle operazioni di Calvino, la riscontriamo esemplarmente, al fondo di Collezione di sabbia, nelle pagine sull'Iran: tra i cortei di pietra, che sfidano il tempo mediante la resistenza monumentale, e le carovane nomadi, che imbrigliano la morte uniformandosi al ciclo della natura, il viaggiatore rimane insoddisfatto di entrambe le soluzioni: «In un caso o nell'altro, qualcosa mi trattiene; non trovo il varco in cui potrei introdurmi per accodarmi alla fila». Ciò significa non dirimere gli opposti, ma saggiare la consistenza del loro confine. È proprio quanto accade nei racconti cosmicomici, dove le avventure fantastiche si svolgono negli interstizi aperti fra mondi diversi, colti nel momento della separazione, quando tra l'uno e l'altro sono ancora possibili passaggi e mescolanze; quando, insomma, le opposizioni Disegno della medaglia commemorativa per la ricostruzione delle Hal/es falistici ed euforici, anche quelli assunti dalla letteratura. Lo ribadisce nell'Implosione: c'è un modo corrente di guardare al testo in chiave di esibizione e di.potenza, per cui «le passioni, l'io, la poesia, sono visti come un perpetuo esplodere». La preferenza per l'implosione («Continuo a scavare nel mio buco, nella mia tana di talpa») suona a rifiuto degli atteggiamenti spettacolari, e di qualsiasi discorso culturale troppo sicuro di sé, dogmatico, e quindi imposto. A pplicata al piano letterario, l'implosione si traduce in lavoro riflessivo (critico e autocritico) sui materiali toccati dal1'esperienza, la cui interpretazione è intrinseca alla organizzazione di agglomerati e di insiemi; un metodo distante, quindi, da qualsiasi psicologismo o realismo semplificato. L'interscambio letteratura-logica è ancora fortemente attivo nel gioco linguistico di Calvino. I testi di Palomar si collocano in questa direzione di ricerca; anch'essi composti a tasselli brevi, e ripartiti in sezioni e sottosezioni, sono attraversate da «brecce» e collegamenti. Si potrebbe dire che, per Calvino, distinzione e indecisione procedono di pari passo; e lo confermano le cosmicomiche «nuove»: così il Qfwfq de Il niente e il poco, che si lancia agli estremi esaltandosi per la «totalità» o per il «nulla», di volta in volta canzonato da un silenzioso personaggio femminile, fino a comprendere il valore del «relativo». secondo una dislocazione ternaria. Di primo acchito, il signor Palomar sembra un alter ego esattamente inverso a Qfwfq: tanto umano e familiare, quanto quello alieno; tanto «signorilmente» ri11 spettoso, quanto quello sbrigliato; 2 tanto personalizzato, quanto quello metamorfico. Eppure il nome Palomar rimanda a un osservatorio astronomico (in più c'è, forse, un riferimento alla paloma, emblema di pacifismo). L'ultimo personaggio di Calvino nota, del resto, la parabola dalla prospettiva cosmico-comica a quella antropocritica: «ora capisce che è col trovare una pace interiore che doveva cominciare. L'universo forse può andare tranquillo per i fatti suoi; lui certamente no». Calvino vuole ironicamente contestare gli atteggiamenti trionMa l'esplorazione del «dentro» si riapre, dialetticamente, nel «fuori» (poiché, in Calvino, dentro e fuori sono interrelati e invertibili addirittura); verso il rapporto con un universo imperfetto, «pencolante» e «contorto»: ed è la Lascuola di Paloma, fece un lungo viaggio intorno alla propria camera. Ma se viaggiaresia utile o possibile, se sia una condizione necessaria del conoscere il mondo o se stessi (o tutti e due), o se al contrario non sia che la simulazione di una conoscenza impossibile, questo, ancora oggi - e oggi soprattutto -, non lo sappiamo. Italo Calvino, in Collezione di sabbia, pone intanto a se stesso e a noi una domanda: «Se un Nuovo Mondo venisse scoperto ora, lo sapremmo vedere?». Il problema non è tanto di capire se noi, oggi, siamo o meno legittimati a conoscere, a scoprire nuovi mondi, né se questi mondi esistano o meno, quanto di accertare, per via empirica e metodica, se abbiamo qui, nel nostro mondo, gli occhi per vederne un altro eventuale. Giorgio Ficara questa possibilità e sulla sua stessa attesa, ora si apre un varco nel linguaggio e cerca nelle cose stesse qualcosa di nuovo. Collezione di sabbia, che è un po' la scuola di Palomar, allinea, in successione solo apparentemente casuale, una serie di cose viste, nei musei, alle mostre, nei libri e infine nel mondo: da un'esposizione al Grand Palais sulla «Nascita della scrittura», a un' esposizione alla Maison de Balzac dedicata ai disegni di scrittori francesi del XIX secolo, a un libro di Mario Praz (in cui, tra l'altro, si studia la legge d'economia di un paesaggio m rapporto a quella dei mobili in un salotto), a uno studio scientifico di Pierantoni su L'occhio e l'idea, lo sguardo metodico di Calvino ci procura, al pari di quello profetico dei poeti, frequenti illuminazioni. Come gli occhi dei poeti nell'impazienza della visione, così i suoi, nella pazienza del vedere, ci svelano qualcosa che mai, prima, era stato visto. Ma qual è, poi, la dinamica di questo sguardo? Nel più avvincente dei capitoli del libro, La forma del tempo, Calvino, insieme a silenziosi giardini giapponesi, rovine di templi messicani, sfilate di re e nomadi in Iran, descrive l'itinerario del proprio sguardo: la cui prima virtù è di non definire la cosa vista, ma di sfiorare e tentare invece il suo eventuale mistero e la sua certa complessità. Ogni cosa, per Calvino, è quasi indefinitamente problematica, a ogni cosa lo sguardo concede di essere estranea alla sua preveggenza e al suo sapere; viaggiare, e guardare, riconoscendo la natura problematica del mondo, significa cioè porre, ancora oggi, dei problemi al mondo, vedere è soprattutto un vedere il problema. Anche quando gli pare di essere vicino alla conclusione del suo ragionamento, osservando meglio, Calvino scopre che un lato del problema la smentirebbe. A Kyoto, per esempio, colpito dall'armonia dei giardini delle ville imperiali, fa una riflessione: che una natura così padroneggiabile dalla mente umana sia stata costruita perché «la mente possa ricevere a sua volta ritmo e proporzione dalla natura»; ma quando vuole applicare questo principio e comporre un haiku su quel paesaggio scopre che «non ha senso aspettarsi che un paesaggio (. .. ) detti delle poesie, perché una poesia è fatta di idee e di parole e di sillabe, mentre un paesaggio è fatto di f oglie e di colori e di luce». Oppure a Palenque, di fronte agli alti templi a scale e alla foresta soprastante, considera come i. bassorilievi istoriati spariscano invasi da una profusione di liane e nidi di serpente e conclude: «invano il linguaggio aveva sognato di costituirsi in sistema e in cosmo: l'ultistessa consapevolezza sulla necessità di non camuffare ideologicamente e di non fuggire evasivamente quanto di «approssimativo, limitato, traballante» pertiene all'esistenza, che raggiungono i recenti Qfwfq. L'implosione è inseparabile da un «altrove» specularmente inverso, con cui costituisce una connessione irregolare e contorta: «Ogni percorso nel tempo procede verso il disastro in un senso o nel senso contrario e il loro intersecarsi non forma una rete di binari regolati da scambi, ma un intrico; un groviglio... ». Intrico, groviglio (il secondo termine suscita inevitabilmente un'eco da Gadda). Collezione di sabbia concorda nell'interesse per la complessità del «tessuto» e del «nodo», fino al «groviglio intricatissimo» risultante dalle combinazioni genealogiche. Analogamente, negli appunti sul Messico, davanti al millenario «albero del Tuie», la proliferazione dei progetti e delle forme è vista come aggrovigliarsi mostruoso (proprio quel «mostruoso» che, lo abbiamo visto, marca ora le battute d'avvio dell'itinerario cosmicomico): «è un mostro che cresce( ... ). Il tronco sembra unificare nel suo perimetro attuale una lunga storia d'incertezze, geminazioni, deviazioni». L'esattezza geometrica e ordinatrice, procedendo nel raggruppare e nel circoscrivere, incontra la molteplicità dei «nodi», cioè delle relazioni (interne e esterne) degli elementi, per cui sollecita il riaprirsi di un sistema sempre in tensione, «sul piede di partenza» e «nell'attesa di un trasferimento», come accade al Colonnello Egg e ai suoi>bagagli in Fino a che dura il sole. Distinguere non significa eliminare, sembra dire Calvino; anzi, oggi, abbandonato il ruolo assordante ed eclatante di portavoce del mito, la ricerca letteraria guadagna una funzione di comunicazione, proprio nel senso di mettere in comunicazione ciò che è tenuto separato dalle barriere del senso comune. ma parola spetta alla natura muta». Ma poi capisce che anche questa conclusione è imperfetta, perché «da quando il linguaggio esiste, la natura non può abolirlo». Lo sguardo, per Calvino, è dunque la forma privilegiata dell'interrogazione e il grado più alto della responsabilità etica: non sapere nulla, ma saper dispiegare l'intensità e la precisione del proprio sguardo, essere certo della necessità di guardare, ma incerto - inquieto - sull'oggetto osservato. I viaggi compiuti da Calvino, nel minuscolo e nel fugace come nella vastità di mondi lontani, ci insegnano che il viaggiatore - con questo fine di interrogare ciò che si vede - ha come risultato di provocare sempre nuove interrogazioni, in una continua veglia. Se, poi, da questa mobile e ardita materia si possa trarre un libro vero, e non solo frantumi o schegge, non è concesso dirlo in astratto. Ma certo per Collezione di sabbia dovremmo ripetere l'epigrafe sterniana (del settimo libro del Tristram): «Non enim excursus hic ejus, sed opus ipsum est». Italo Calvino Collezione di sabbia Milano, Garzanti, 1984 pp. 223, lire 18.000 Così la prescrizione di queste pagine lungimiranti è: «riattivare l'uso degli occhi», incominciare a guardare, riconoscere delle differenze, distinguere tra un colore e l'altro, tra una prospettiva e l'altra, tra un rilievo e l'altro: si ha l'impressione di un risveglio, di una nuova disposizione verso le cose, di una richiesta di profondità spessore forma in ciò che si vede. Se nelle Città invisibili Calvino opinava che tutto fosse linguaggio (e m quanto linguaggio: inganno), se, scrutando la vastità del mare, aspettava che una nave passasse, ma era poi molto incerto su ~L------------------------------------------------------------------------------

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