Alfabeta - anno VII - n. 71 - aprile 1985

P coviamo a immaginare uno dei «mondi possibili» che fanno la gioia dei cultori della rediviva logica modale. In tale mondo, le automobili non verrebbero né vendute, né possedute; inoltre, avrebbero la strana proprietà di cambiare forma e prestazioni (magari di poco) tutti i giorni. Ogni mattina, uscendo in strada, i cittadini sceglierebbero il modello più «in forma» e più adatto alle proprie esigenze, e lo prenderebbero in uso, gratuitamente. I produttori di automobili sarebbero remunerati dalle scritte pubblicitarie che - nottetempo - verrebbero applicate alle fiancate delle auto. Ovviamente, le marche più usate dagli automobilisti sarebbero anche il miglior veicolo pubblicitario, quindi incasserebbero più denaro; viceversa, le marche non utilizzate non riceverebbero pubblicità e dovrebbero sospendere la produzione. Senza dubbio, è un mondo stravagante e pieno di complicazioni; ma è logicamente consistente. Tanto è vero che in un altro settore, quello delle comunicazioni di massa, il mondo attuale funziona, prevalentemente, proprio così. Nel nostro «mondo possibile», occorrerebbero sistemi per rilevare ogni giorno la frequenza d'uso dei vari modelli di automobili, così 11 sistema economico dominante può apparire il più irrazionale dei sistemi possibili se si prendono a riferimento del pro· prio pensare i valori assoluti del bene collettivo ed individuale, dell'individualismo edonistico, e poi, il piacere, l'amore per sé e per i popoli e le genti; l'oziare fantasticando; la pigrizia creativa, La conquista del proprio tempo per se stessi. Tutto è ostacolo alla realizzazione di questa way of !ife. Persino le arance vengono distrutte a tonnellate nel momento in cui se ne importano dal Canada e nel- /' attimo in cui si stanzia danaro per alleviare la fame nel mondo. Le forme di irrazionalità del si• sterna economico dominante sono svariatissime, ciascuno di voi se ne costruisca un elenco e non ci pensi più. La solida base dell'operare 'irrazionale' è il mercato· e le regole cui risponde questo modo di fare sono dette: «le Leggi del mercato». È un tipo di legge non scritto e che spesso muta con il mutar dei potenti e dei loro interessi, mentre per altra parte è legge superiore a chiunque. Quando gli economisti - son loro che si occupano in prevalenza di questo tipo di leggi - provano a scriverle e a discettare su di esse, subito vengono smentiti da fatti e applicazioni nuovi e inusuali, e debbono in fretta elaborare nuovi termini per più recenti manifestazioni del «mercato». Vien fatto di credere che siano più i filosofi in grado di descriverlo tale mercato, ma non ve ne sono di buoni che scrivario. Gli epistemologi s1 stanno oggi confrontando con il sistema, ma solo per approdare alla conclusione della sua irrazionalità e lì abbandonare l'uomo; il quale inevitabilmente si attenderà da esw le cose più pazze, quasi giustificanGiornale dei Giornali Raiin·analisi lndex - Archivio Critico de~'Informazione che gli agenti di pubblicità abbiano i necessari indicatori. Anche nel mondo attuale delle comunicazioni di massa le ricerche sull' audience (sul pubblico e sulla sua composizione) hanno una funzione analoga. È immaginabile, però, che nel nostro «mondo possibile» le variazioni quotidiane nella forma e nelle prestazioni dei modelli di automobile sarebbero oggetto di quotidiana conversazione, e che i media diffonderebbero costantemente i risultati di rilevazioni, ricerche e test sulle diverse marche. Ciò non accade, invece, nel mondo attuale delle comunicazioni di massa, anche se - per loro natura - i mezzi di informazione mutano contenuto e prestazioni (almeno un po') tutti i giorni. Disinteresse popolare? Diverso ruolo che l'informazione e l'automobile hanno nella vita quotidiana? Paradosso intrinseco alla difficoltà dei media nel diffondere dati sulla loro propria struttura, sulle proprie prestazioni? Probabilmente, queste ed altre ragioni. Resta il fatto che, mentre le ricerche sul pubblico (che regolano la distribuzione pubblicitaria) si fanno sistematicamente e ricevono una grande attenzione (anche da parte di alcuni settori del pubblico mèdesimo), ricerche metodiche sui contenuti e sulle prestazioni dei media sono rare; le poche che si fanno ricevono scarsa diffusione e ancor più scarsa attenzione. L'utente di informazione viene educato a pensare che giornali e telegiornali rimangono, più o meno, sempre gli stessi e che ha scarso interesse conoscerne le performance, compararne i contenuti, ecc. Il consumatore di informazione (nel senso stretto, giornalistico, del termine) è un consumatore abitudinario, fedele alla propria testata, almeno quanto è saltellante e vagabondo il consumatore di informazione-spettacolo televisiva, munito di telecomando. In questo mondo attuqle, pochi sanno che la Rai è forse il solo organismo di comunicazione di massa che compie regolari rilevazioni Indice della comunicazione dei contenuti delle proprie emissioni, in particolare per quanto riguarda i telegiornali, pubblicandone i risultati. Non si tratta di «virtù aziendale». In base alla vituperata legge di riforma del 1975, il Consiglio di amministrazione della Rai è tenuto a «verificare periodicamente i programmi trasmessi per accertarne la rispondenza alle direttive e agli schemi approvati», inviando «alla Commissione parlamentare periodiche relazioni» (art. 8). Esiste perciò una struttura denominata Verifica Programmi Trasmessi che effettua sistematiche rilevazioni di contenuto. mettendole a disposizione di studiosi e centri di ricerca perché ne analizzino i risultati ed eventualmente li estendano con proprie rilevazioni. Il fatto che quasi nessuno conosca questa attività di analisi non va certo a merito della Rai, che - si pensa - non mancherebbe di opportunità per far conoscere ad un pubblico più largo i dati sulla propria offerta informativa. Ma resta vero che, in qualche modo (grazie alla legge) la Rai lava i propri panni in pubblico: tanto è vero che, come è accaduto più volte, la stampa ha potuto utilizzare le ricerche della Verifica Programmi Trasmessi per criticare lacune e deformazioni dei telegiornali. GlobalMarket Index - Archivio Critico dell'Informazione dolo per il folle modo in cui fa vivere e morire milioni di persone. Anni fa abbiamo sostenuto che mai l'informazione diffusa dai mass media avrebbe potuto essere obiettiva. Erano tempi in cui giornalisti ed esperti, convinti dell'esatto contrario, riuscivano persino a misurare l'obiettività dell'informazwne. A motivare la nostra convinzione vi era la enormità degli eventi scartati dai media, dalle agenzie come dai giornalisti, e che pure si erano ver~f'icati.Enormità non solo quantitativa ma spesso proprio qualitativa: vi sono eventi così importanti da non poter essere raccontati. Spesso tali eventi non erano neppure conosciuti dagli operatori dell'informazione che comunque nulla facevano per conoscer/, e tanto meno per raccontar/i ai lettori. o ai telespettatori. Ne indagavano su fatti di mistero. Oggi glt stessi esperti e giornalisti d'un tempo ammettono, anzi, enunciano baldanzosi, che non vi può essere obiettività nell'informuzione di un mass media, intendendo che dunque ciascuno può scrivere. e soprattutto tacere, quello che gli pare e piace, essendo perfettamente inutile che si dia da fare ad essere obiettivo. Di far parlare i protagonisti degli eyenti ormai non si parla neppure, e così qualunque discorso sulle fonti de/l'informazione assume i toni de~'inevitabilità o della rassegnazione. Un unico segnale verso la cessione della parola ai «protagonisll» viene dalla trasmissione condotta da Biagi su Rai 1, Linea diretta, e tanto osteggiata. Potrebbe essere un invito rivolto ai TG a riprendere la pratica delle interviste e ad allargare le categorie delle persone intervistate, o politici o sportivi, o niente. • Nel mentre le tecnologie crescono e sviluppano le loro capacità di comunicazione interattiva. Tuttavia. grazie ad alcuni automatismi di salvaguardia vengono diffuse delle apposite leggi di mercato che ne indirizzano lo sviluppo verso il settore business, verso l'utenza d'affari. che tranquillamente persegue obbiettivi tipici del mercato stesso e chl si attiene alle sue leggi. Come per incanto questo indirizzo. questa scelta di sviluppo, apparirà a breve come l'unica possibile· e senz'altro come la più «giusta». Anche i vecchi media hanno subìto sorte analoga. La radio P la televisione si sono sviluppate nel peggiore dei modi possibili. rispetto alle loro potenzialità. eppure oggi viene difficile persino immaginare un diverso sviluppo per I primi due media elettronici. mentre al- !' epoca dei fatti, la forzatura della loro evoluzione fu evidente (cfr. B. Brecht, La radio un'invenzione antidiluviana?. e: G. Cesareo. La televisione sprecata). Una volta stabilito l'indirizzo che il media deve avere come meta all'interno .del mercato. altri automatismi provvederanno alle sue modalità di crescita. Così si ,':arrivati, in Italia. in virtù delle leggi del mercato e contro ie leggi dello , -Stato, al monopolio televisivo privato contrapposto al monopolio pubblico. Questi del resto stanno subendo in tutta Europa /'attacco del mercato, e ognuno si va scegliendo una diversa strada di difesa o sviluppo. Nel 1986 la Francia lancerà il suo satellite televisivo e così farà l'Inghilterra; l'Italia sta per decidere se prevederne uno. il Sarit, nel/'89, e nel frattempo compartecipa a/l'inglese Olympus. Anche il broadcaster nostrano prevede un suo satellite, via Telemontecarlo, e nel frattempo prende in locazione con altri un transponder su un satellite già operativo. Così vanno facendo anche le web e le majors americane; HBO già trasmette sull'Europa attraverso lo Sky Channel di Murdoch. Sky Channel è collegato alle reti cavo locali e ha già un pubblico potenziale di più di tre milioni di famiglie sparse in dieci Paesi d'Europa. La tremilionesima famiglia è stata quella dei signori Loretz. di Zurigo. La CNN (Cabie New::. Network) inizierà il J 4 settembre a trasmettere, via satellite, su~'Europa il suo programma di non-stop-news. Gli alberghi di Rimin, si stanno rifornendo di decodificatori satellitali per offrire questa estate i programmr delle reti tedesche ai loro clienti. mentre I grand-hotels di Venezia e Firenze si stanno attrezzando per ricevne i programmi Usa. Grazie alla densità, ed al reddito pro-capite. l'Europa è conside- ,rata un mercato redditizio. Con un satellite geostazionano si 'illuminano· 123 milioni di tetti· europei C(?ntrogli 80 milioni di tetti americani. È questo il Global Market, un mer..,catocioè che non prevede limiti nazionali. Per adesso Global Market è soprattutto l'Europa, ma il concetto travalica ogni area geografica. Il Global Market segue al «sistema mondiale unico;>e lo annulla. Lo smu prevedeva un accordo tra gli Staù, nasceva dall'esigenza degli Stati di influenzare in maniera «preponderante» gli Stati Uniti, e in maniera «signif'icativa» gli altri Stati, il sistema internazionale dei satelliti, dall'assegnazione delle frequenze al loro uso, alla cos1ituzione di un unico consorzio (Jntelsa1) che ne gestisce Laddove quella medesima stampa ben raramente si preoccupa di produrre dati utilizzabili per la sua propria critica. Per non parlare delle televisioni private. La Rai, si dirà, è un servizio pubblico, pagato anche da un canone riscosso dallo Stato, ed è perciò tenuta a fornire quelle informazioni. Osservazione pertinente. Ma con sottili e penetranti implicazioni. In primo luogo, essa deve partire dall'assunto - senz'altro cinico - che i media privati abbiano da guadagnare non offrendo al pubblico informazioni analitiche e sintetiche sulla propria offerta informativa. Non esistono solo i canoni e le tasse: esiste anche la liturgia, ovvero quell'insieme di opere di pubblica utilità che i privati pagano per conservare e migliorare la propria immagine. Il fatto che i media privati siano poco interessati a compiere una siffatta «liturgia» fa riflettere. L'estrema argomentazione, in proposito, è che al pubblico importa poco o nulla di conoscere meglio l'offerta di informazione. In secondo luogo, tornando per un attimo al nostro «mondo possibile», ci si può chiedere chi paghi, in definitiva, le scritte pubblicitarie grazie alle quali i cittadini use-·" rebbero gratuitamente le automobili. Si può anche pensare che gli l'utiliz:,;o ripartendo gli utili alle amministrazioni pubbliche nazionali. Gli Usa hanno adesso deciso, dopo una lunga sperimentazione in ambito nazionale, di liberalizzare il mercato dei satelliti lasciando che imprese private intervengano direttamente su tutto il settore. Per l'Europa è un'altra grossa preoccupazione. Il Global Market sancisce il superamento dell'influenza degli Stati nazionali sulla circolazione delle informazioni, e, in prospettiva, delle merci. Il termine è per adesso usato soprattutto in ambito pubblicitario e televisivo. Per questi settori Global Market significa poter raggiungere con un solo spot pubblicitario, emesso da un solo media (il satellite), l'audience di differenti Paesi. Per la maggior parte delle aziende si tratta più di una prospettiva che di una possibilità immediata, ma per alcune è già concreto operare. Coca Cola, Rank Xerox e altre aziende sono già inserzioniste di Sky Channel. Vendono un prodotto uguale in tutto il mondo, con lo stesso nome, lo stesso marchio e se il jingle che accompagna lo spot è in inglese va bene lo stesso. CNN quando .inizierà le trasmissioni diffonderà anche la sua pubblicità, e, in diretta dagli Usa, oltre alle news avremo anche gli spots. Dan Schiller «Comment perpetuer la domination sur les télécommunications?» in Le Monde Diplomatique febbraio 1985 «Onde atlantiche verso l'Europa dei satelliti» in Electronic Mass Media Age

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