Alfabeta - anno VII - n. 70 - marzo 1985

L'altra sc~vn,1; delparto Diotima: « ... di quelle cose che è prop;io dell'anima ·di concepire e partorire» Socrate: «Quali cose?» Diotima: «Il pensiero e ogni altra virtù» Platone, Il Simposio, 209 a Culture del parto Luoghi pratiche figure Convegno internazionale Milano 24-27 gennaio 1985 ç!uesto testo è stato letto dall'Autrice al convegno internazionale Culture del parto, che si è svolto dal 24 al 27 gennaio 1985 a Milano, su iniziativa dell'Assessorato ai Servizi Sociali e Culturali della Provincia di Milano, in collaborazione con il ,GRIFF; con il Dipartimento di Sociologia dell'Università di Milano e con il patrocinio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. S ull'ingresso della sala parto - di una delle maggiori maternità milanesi, la Mecedonio Melloni, era scritto (almeno sino a qualche anno fa), con quei grandi e rigidi caratteri romani tanto cari al fascismo: «Vieni, impara ad esser madre!». Mi sono sempre chiesta perché mai proprio lì, nel luogo della paura e del dolore, dovesse aver inizio un apprendimento così basilare. E chi e con quale diritto l'avrebbe impartito? Si dava per scontato, evidentemente, che la donna, della sua maternità, non ne sapesse nulla e che l'autorità del medico l'avrebbe opportunamente istruita - attraverso la punizione e la sofferenza - come si conviene ad ogni 'buona educazione'. Socialmente si assimilava il parto ad un rito di iniziazione in cui, attraverso la sopportazione del dolore, si otteneva il diritto di appartenere, a pieno titolo, al gruppo eletto delle madri. In questo modello socio-culturale, la maternità è posta al vertice della femminilità ed il ruolo materno, eroicizzato, viene equiparato a quello degli ex combattenti e reduci di una grande guerra patriottica. L'ideologia autoritaria ed i comportamenti sadici,.tante volte stigmatizzati nel . personale· ospedaliero, trovavano senso in quel processo di «disciplinamento del sesso» funzionale all'assetto borghese ~ nazionalista del capitalismo europeo} Come sempre, tra vittime e carnefici correva un sottile filo di complicità. Le donne si compiacevano della loro sofferenza e l'enfatizzavano come prova di 'spiritualità' mentre un parto efficiente era considerato sinonimo di 'animalità' e di incultura. In questo atteggiamento, apparentemente assurdo, trapela una consapevolezza: che la psiche, nel parto, si opponga al corpo, assuma una posizione antag<;misticaal suo agire. Poiché si presume che la donna 'non sappia' che cosa avviene in lei, non resta che attribuire all'inconscio l'ostacolo mentale che contrasta la generazione. Ci si stupisce, talora, di ragazze madri che tengono nascosta a tutti la loro gravidanza e che partoriscono da sole, in segreto. Sarebbe minore la nostra sorpresa se accettassimo per vero ciò che sostengono, che neppure loro ne sapevano niente. Vi è, in ogni gestazione, un nucleo di opacità che fa sintomo. Una delle maggiori rimozioni operate dalla nostra cultura mi appare quella che ci sottrae ogni rappresentazione interiore della gravidanza e del parto. Le immagini ci vengono tutte dal di fuori e si proiettano su di uno schermo oscurato, che non sa trascrivere le sensazioni endogene. La vicenda generativa di ogni donna tende pertanto a svolgersi in un'unica dimensione: quella della realtà. La maternità si presenta allora come un'esperienza della maturità, il coronamento di una serie di scambi affettivi e sociali codificati. Ma la gestazione non è solo un accadimento del corpo che inizia e si conclude all'interno del ciclo fisiologico di nove mesi. Ha una sua storia mentale del sogno che gonfia il ventre vuoto dell'isterica e che vuole nascere, come dimostrano le contrazioni descritte da Mesmer e dai clinici della Salpetrière, sotto la denominazione di «arco isterico». Gli psichiatri hanno voluto interpretare questi spasmi come mimesi dell'atto sessuale. In realtà, l'attacco isterico, analizzato nella sua gestualità, sembra riprodurre essenzialmente la scena del partQ. In questo caso, come confermano i sogni, il desiderio femminile investe un altro oggetto rispetto al partner sessuale, il figlio interiore.2 Si tratta di un fantasma corporeo che non trova, nella nostra cultura, forme di rappresentazione accettate e condividibili. La psicoanalisi ha ampliato la nostra possibilità di riconoscere il desiderio inconscio, di dire la sessualità, anche quella più perturbante, la e paradossale. La presenza di un sentimento di lutto ci rinvia sempre ad una perdita, che non può essere altro che quella bel bambino fantastico, del. figlio interiore che la bambina ha scoperto in sé sin dalla prima infanzia. Questa immagine corporea, che io chiamo «il bambino della notte»4 viene a collisione, al momento del parto, con il suo doppio, il bambino reale, il 'figlio vero'. Al cospetto della realtà, l'immagine evanescente si dissolve, come i sogni alla veglia, come il buio alla luce. Tutto l'investimento affettivo che· la rivestiva rimane senza referente e si trasforma in lutto. Solo lentamente, attraverso un processo di riconoscimento, di agnizione (come nella tragedia classica), il neonato reale· viene a coincidere con.il suo fantasma precursore e a convogliare su La gravidanza tende, nel sogno, ad essere prorogata oltre i limiti reali. Soprattutto nelle donne che hanno subito un parto cesareo rimane, vagante nel corpo, un compito espulsivo da eseguire che anima il fantasma di un parto interminabile. Mi rendo conto di aver trasmesso sinora delle asserzioni contraddittorie: ho detto che il «bambino della notte» è un'idea della mente ed un fantasma del corpo, che è bello e brutto, che vuole essere partorito e restare, al tempo stesso, soggetto ad una gravidanza senza fine, che è evanescente come un'ombra e persistente come un desiderio. La necessità di attivare coppie di opposti, la precarietà del suo statuto, la sua incollocabilità infine ci avvertono che siamo alla presenza di un contenuto dell'inconscio, di un oggetto che r,l:""'!i!ll""'il:ili""':!I:""':::!:""'::;;""::1""':1;:""j;:""'jr"":::""'::;;""'!!!,,.!!!li:"'"I::""~;"""ll"""i:-:::'.!j"""~""-'lj!::~-;""i;:ii"'l"'l"'!~"'!~j"'!!t,,..::"'.:"'"-•:i.,..•:,,c"'"-·';;_"'"->'.'.!:::,;'""";·'.::'.':;:::""'7,,....::;;""':;:i~ .;.:.i.". 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Ciascuna delle due dimensioni può, in ogni momento, perseguire la sua autonomia a dispetto dell'altra. La gravidanza isterica ci interessa particolarmente perché rivela un desiderio inconscio di maternità che si esprime fuori o contro le aspettative sociali. Vi è in gioco un fantasma infantile che stentiamo a riconoscere soppiantato com'è, normalmente, dall'immagine forte del bambino sociale, del figlio atteso nella realtà. Quello che nascerà sarà l'erede dell'uomo, porterà il suo nome ed abiterà la sua casa. Eppure vi è un bambino fantasmatico, un figlio Vera Cruz 180, 1973 sessualità infantile polimorfa e perversa, ma sempre assumendo un punto di vista maschile. Nel suo schema, lo sviluppo sessuale termina pertanto con il coito, ignorando la psicologia delle mestruazioni, della gravidanza, del parto, dell'allattamento, del puerperio e della menopausa. Se elementi di queste esperienze compaiono è per dar conto dei vissuti filiali, non di quelli materni. Persino nella disciplina che ha individuato l'«altra scena», che ci ha insegnato•a pensare che ogni contenuto manifesto rimanda ad uno latente, la maternità rimane un vissuto ad «una dimensione», un accadimento meramente fattuale. Ma molte osservazioni vi si oppongono. Innanzitutto, come ho · premesso, l'interferenza evidente dei processi emotivi della donna nei confronti del contenuto vitale del suo corpo, il nascituro. Come aveva già osservato Jones, nel suo saggio sulla Psicologia del parto,3 le idee inconsce della gestante disturbano il travaglio sia inibendo sia esagerando i movimenti espulsivi. Inoltre un altro fenomeno risulta indecifrabile per la medicina tradizionale, la depressione puerperale. Sappiamo che questa sindrome compare, in diversa misura, in ogni puerperio. Ora, se il parto rappresentasse il trionfo della maternità, il vissuto di lutto che provoca sarebbe incomprensibile di sé tutto l'amo.reun tempo riservato a quest'ultimo. Indagata da un punto di vista psicoanalitico, la maternità cessa così di essere quel processo lineare, garantito dalla natura e dall'istinto, per assumere la complessità e la conflittualità di ogni esperienza umana. È molto difficile, per le madri, ammette- .reche il figlio risulta, al primo momento, cn estraneo, che è sempre diverso dall'oggetto fantasticato, che uno scarto di alienazione deve· comunque essere superato. Eppure i gesti di ogni puerpera appaiono insicuri, maldestri e solo progressivamente si stabilisce tra madre e figlio quella reciproca complementarità che gli animali trovano di primo acchito. P aradossalmente non è la bellezza del neonato che lo fa riconoscere come parte di sé, come realizzazione dell'oggetto vagheggiato ed atteso, quanto la sua debolezza, gli eventuali difetti, carenze, disfunzioni. Il neonato brutto o sofferente è più amato nell'inconscio, più facilmente riconosciuto come figlio proprio. I sogni delle puerpere ci avvertono della difficoltà di stabilizzare il rapporto madre-figlio. Spesso sognano che il neonato è stato partorito dalla loro madre ed è quindi loro fratello, oppure che c'è stato un errore in reparto e che il loro bambino non è ancora nato. dell'inconscio, la presenza di un fantasma arcaico di bambino, ma lo misconosce nella pratica clinica. Nella preistoria dell'impresa freudiana, Breuer si imbatte, curan_doAnna:O., in una scena di parto isterico.5 Riconosce il messaggio ma non sa far fronte alla situazione e fugge. Freud dirà, più tardi, che Breuer non aveva voluto ammettere l'amore che la paziente provava nei suoi confronti. Ma c'è dell'altro. Come nota Fornari, nel suo libro Il codice vivente, 6 nell'inconscio femminile la maternità si oppone alla sessualità. Con il suo sintomo Anna sembra invitare il terapeuta ad integrare le interpretazioni erotiche con quelle materne. Ma non solo, esprime anche un messaggio più indiretto: il tentativo di far riconoscere la sua creatività nell'ambito della cura. Traducendo in parole i suoi fantasmi corporei, Anna sta infatti «partorendo una teoria», «generando un metodo». Ma la divisione dei compiti assegna a lei l'esperienza ed al medico il sapere. Il parto senza generazione di questa proto-isterica rappresenta un pensiero corporeo che non si conosce e non riconosce i suoi prodotti. Inevitabilmente Anna O. verrà espropriata dal suo inconsapevole sapere da Breuer prima, da Freud poi. A lei resterà la consueta soluzione proposta alle donne creative: l'assistenza all'infanzia abbandonata. Il suo tentativo di generare conoscenza viene così incanalato nelle forme della maternità sociale, restando agli uomini il concepire teoria. Anche Freud, a sua volta, benché dotato di strumenti interpretativi molto più raffinati, non comprende che il sogno della Madonna Sistina e i violenti dolori addominali provati dalla sua giovane paziente Dora1 non vogliono "° "'"i esprimere soltanto il desiderio ed ~ il timore di essere ingravidata dal- .s l'uomo che la corteggia (il signor ~ K.) ma anche la sua ansia di auto- ~ nomia intellettuale. Ciò che Dora ~ persegue disperatamente è la veri- o ~ ~ t: tà nella realtà, dove «verità» è rappresentata dal desiderio inconscio: nel suo caso quello di partori- ~ re verginalmente (come la Madonna), di concepire in solitudine, ~ senza essere 'invasa' dalle inter- ~ ~ pretazioni di Freud. Ancora una ~

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