N ouvelle Image, l'espressione è dubbia. Non è mia, né degli ingegneri, d'altronde. È una pura creazione dei media. In Italia si dice Immagine Elettronica. La designazione mi sembra altrettanto poco soddisfacente, si presta a troppa confusione. Significa nel contempo l'immagine televisiva (distinguendo la banda magnetica dalla pellicola televisiva), la qualità tecnologica della banda video (Bassa o Alta definizione), e il trattamento specifico dell'immagine attraverso i diversi procedimenti di produzione dell'immagine. Da parte mia, intendo il qualificativo Nuova come designazione delle immagini che si distinguono nettamente dalle immagini cinematografiche. Questo detto ha almeno il vantaggio di indicare ove porre l'attenzione. Con l'invenzione della fotografia e gli sforzi tecnici che ne sono. seguiti per produrre un'immagine che rappresentasse al meglio il reale, si è imposto il realismo (percepito, all'occorrenza, come immagine della realtà: le realtà dell'epoca, evidentemente) come valore fondamentale, ideale (immagine ideale della realtà) della produzione cinematografica. Anche nel caso di un cinema «d'invenzione» puro, a parte quell'intermezzo della storia del cinema che è l'Espressionismo, l'immagine «effetto del reale» non ha mai smesso d'operare. È a partire dai primi lavori su una nuova immagine - il Trattamento Analogico d'immagine - che sono stati attribuiti all'immagine altri criteri di qualità, perlomeno per quanto mi concerne. Da parte mia, quindi, considero che la Nouvelle Image si esprima più attraverso un'estetica vicina alla pittura che attraverso i criteri che fondano la fotografia. L'immagine normale risponde a delle norme fotografiche (nettezza dei tratti, precisione delle linee, buona resa delle prospettive, colori, 'detti' naturali), mentre la Nouvelle Image si riferisce molto più alla pittura: lavoro della materia, simbolizzazione dell'immagine, colori inventati, scelta degli spazi e delle consistenze, accentuazione o cancellazione dei tratti; da aggiungervi le produzioni specifiche dell'elettronica: immagini numeriche di sintesi, simulazione di imFrank Herbert Gli Eretici di Dune trad. di Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli Milano, Nord, 1984 pp. II-542, lire 12.000 N el quinto romanzo dell'epo- • pea di Dune accade esattamente quanto avevamo pre- 't visto nel nostro precedente artico- ·:lo (Alfabeta n. 67). La storia, az- ·zeratasi col quarto romanzo - ritorna il deserto - crea le premesse affinché Herbert possa riscrivere magini 3D, immagini di «fractals», per non citare che gli ultimi orientamenti della ricerca. Aggiungerò che l'immagine fotografica è sempre un'immagine ·uscita ·dall'obiettivo (da una cinepresa) mentre la Nouvelle Image è realizzata in post-produzione. Detto questo, mi permetterò, ora, di azzardare qualche breve . considerazione. 1. Realismo / realizzazione / simulazione dell'immagine Parlando delle tecniche numeriche di sintesi d'immagine, un ingegnere dell'INA (Ph. Queau) propone: «piuttosto che di 'realismo' dovremmo parlare di 'simulazione'». Aggiungerò che allora bisognerebbe distinguere due sensi della pa- • raia realismo: da una parte realismo in rapporto alla realtà (rappresentazione del reale), e dall'altra parte realismo che evoca la realizzazione (invenzione o modificazione) di una realtà. Ai ricercatori si offrono oggi tre tipi di procedimenti: 1. L'obiettivo, nella ripresa diretta, riproduce in una immagine fotografica ciò che inquadra. 2. Il TrattamentoAnalogico d'immagine trasforma profondamente un'immagine di base. ·3. La sintesi d'immagine simula una realtà attraverso un modello matematico. La sfortuna vuole che la ricerca, a livello tecnologico, si orienti verso la produzione di un 'immagine che assomigli il più possibile alla rappresentazione fotografica (ali' effetto del reale). Questa tendenza è derisoria, e alla lunga anche dannosa. Potremmo definire questa attitudine «effetto ideologico del realismo sulle scienze» (consacro la seconda parte di questo scritto a tale problema che avvelena oggi le ricerche sulla Nouvelle Image). Quello che per il momento mi sembra importante ricordare è che . simulare una realtà non può significare che inventare un tipo di realtà che non esiste, prodotta da una logica nuova, senza alcuna referenza ali' «effetto del reale». L'immagine, allora, non si riferisce più che a se stessa, ai criteri che solamente la sua esistenza ar- •tistica, la sua originalità, la sua specificità significante possono mettere in gioco, secondo un processo di produzione scelto. Essa rimanda a questa nozione sin qui abbastanza fluida di creatività che l'utilizzazione di nuove tecnologie permette di abbordare sotto un angolo nuovo. Per conseguenza il reale non va a rappresentare che quello che le doxa dell'epoca ne dicono, ovvero il cliché. Solo quello che si inventa farà immagine, e nel dirlo evidenzio che l'importanza si troverà nell'originalità dei procedimenti artistici che attraversano il campo culturale dell'epoca. A questo proposito ci sono due cose che vorrei precisare riguardo al cliché. Per una parte il cliché si presenta sempre come il tutto dell'immagine o, per formulare diversamente l'idea, tende a dare l'impressione che l'immagine formi un tutto; per un'altra parte esso si offre come pura immagine immediatamente leggibile. In realtà il cliché si identifica completamente con lo sguardo. Ma lo sguardo non ha in nessuna occasione la facoltà di vedere 'tutto' o di vedere 'puro'. Non è che attraverso le idee dell'epoca che lo sguardo costituisce la sua visione, arriverò addirittura ad avanzare che esso non vede che le idee dell'epoca. Queste idee cancellano tutto il resto, in primo luogo la sua stessa originalità di vedere. Diciamo che, per conseguenza, lo sguardo è ingombro. Da cui ne deriva che non c'è né immagine pura, né immagine tutta se non sotto la forma dell'immagine puritana (la pura immagine Ideale) o del1' immagine pornografica (quel derisorio 'tutto' al quale il voyeur attribuisce esistenza: vedi la distinzione che fa Brecht tra «l'osservatore» e «il voyeur»). Sfortunatamente per vedere l'immagine bisogna farla uscire dal cliché, e noi non abbiamo che le parole, e le parole hanno già una lunga storia iscritta su di loro e che ne rende vago il senso. Stessa cosa per l'immagine, è piena di quello che lo sguardo vi ci proietta ed è questa proiezione che lo sguardo dice, non l'immagine. Nell'Impossibile e tuttavia possiamo leggere: «Ogni impresa, anche la più audace, si scontra contro il tempo che la realizza, contro ciò che impedisce di far immagine, contro quel che fa cliché». Il cliché domanda: che età hai?, l'immagine: a che punto sei? 11 cliché rimanda «all'identità, nel senso poliziesco del termine. Fa verbale». La conclusione, più lontano, sarà: «È perché l'immagine preferirà sempre domandare: 'A che punto sei?' e l'immagine più avanzata: 'Dove vai?'». 2. Innovazione tecnologica e creatività artistica Mai nella storia innovazione tecnologica e creatività artistica sono state così legate. Potrebbe addirittura essere la specificità di un'arte originale concepita partendo dai mezzi elettronici. Quanto detto implica non pochi ribaltamenti o perlomeno un certo numero di problemi, in primo luogo la posizione degli ingegneri e di colui che viene chiamato l'artista (il «punto di vista dell'artistico»). Quel che è grave oggi è che dei ricercatori (ingegneri di 'alto livello') tendono ad integrare i problemi artistici alle loro preoccupazioni tecnologiche, tendono ad indurre dalle loro scoperte scientifiche degli effetti artistici che si affrettano a presentare agli occhi abbagliati del pubblico come espressioni artistiche. Se lo scienziato è totalmente competente nel quadro della sua scienza, si può rivelare invece temibile manipolatore da e nel momento in cui trasferisce tali e quali le sue idee nel campo artistico. Lo scienziato non può produrre che dei mezzi, dei mezzi molto sofisticati e nel caso di produzione di immagine a partire dall'elettronica dei mezzi che da soli producono degli effetti diciamo «spontaneamente originali», ma questo genere di produzione, qualsiasi esso sia, non saprà tradurre nient'altro che «il modernismo», mostrato come il segno dei tempi, i segni della modernità dell'epoca. Il modo di fare «artistico» usa, per esprimersi, tutt'altro registro; presuppone a priori che tutte le macchine, per quanto perfezionate esse siano, restino uno strumento. Anche se l'artista si serve di mezzi che <ifannoper lui, al posto suo», la mira artistica e le pratiche che ne conseguono restano al posto di comando. Certo vi è uno stretto rapporto fra gli strumenti e il modo di utilizzarli - lo sottolineo ancora: innovazione tecnologica e creatività artistica sono strettamente legate - ma quando degli GliEreticdi i Dune in modo completamente diverso il primo romanzo. Come in un videogame - dicevamo - dove il programma è stato completato. Si tratta sempre dello stesso gioco! Stavolta abbiamo però di fronte un altro programma, la generazione successiva. Complesso «intreccio elettronico» quello di Herbert che, tra l'altro, come si sa, adopera il word processor, utilizzando innumerevoli sintagmi appesi nello studio, catalogati da un indice colore per ogni situazione e personaggio, in modo da non intrecciarAntonio Fabozzi e Gianni Mammoliti .. li mai casualmente nei suoi megaromanzi. Lo scenario, il pianeta, prima distrutto e ora rigeneratosi 'elettronicamente', formula una nuova, avvincente, trama attraverso un raddoppiamento/duplicazione delle forze/personaggi in campo. Altro espediente è la diversificazione delle funzioni dei personaggi del primo romanzo che nuovamente compaiono - puntualmente all'inizio di un nuovo ciclo narrativo - sotto le vesti dei discendenti. Programmati alla non-dispersione del patrimonio genetico della tradizionale e lungimirante sagacia delle «streghe» Bene Gesserit. Già avevamo assistito all'uso di questa trovata nei precedenti capitoli della saga. Il ghola/simulacro biologico di Duncan Idaho e Alia del Coltello (l'Abominazione: sorella di Paul) erano testimonianza replicante dell'identità fra codice genetico e funzione narrativa. I ghola non ricordano però mai i propri pensieri immediatamente: nell'età adulta o alla nascita. Quindi non c'è mai alcun rimaningegnen s1 compiacciono a proposito, per esempio, delle tecniche di sintesi dell'immagine numerica, dei casi «in cui è impossibile distinguere delle immagini di sintesi da riprese dirette», non si accorgono che non stanno che reintroducendo dalla porta principale quel reale XIX, XX, in ogni caso non XXI secolo che i primi tecnici di produzione analogica di Nouvelle Image cominciano a rendere dubbioso. In questo modo il cliché della rappresentazione del reale è reinstallato sulla scena culturale attraverso dei mezzi tecnologicamente più moderni e, se degli effetti artistici ne sono prodotti, essi non esprimeranno sicuramente una forma d'arte. Oggi siamo ben coscienti che si debbano trasformare profondamente i metodi di lavoro artistico, rivedere la divisione dei compiti e delle responsabilità. L'ingegnere può e deve fare dell'arte, e !"artista', senza alcun dubbio può e deve fare della tecnica, ma alla sola condizione, da una parte, che l'ingegnere non confonda le performances tecniche con l'attività artistica e che l'artista non si accanisca a voler sottomettere le possibilità tecnologiche a un pensiero arcaico che consisterebbe, per esempio, nel misurare gli avanzamenti dell'arte al valore dell'artigianato. Concluderò dicendo che la Nouvelle Image non è la fotografia né il cinema, non più di quanto il cinema sia mai stato del teatro filmato, anche se, aggiungerò, il cinema non è mai stato così vicino alla sua specificità di quando «parla teatro» - di quando parla di teatro in linguaggio cinema, che non è la stessa cosa che teatro filmato. Allo stesso modo mi sembra che la Nouvelle Image oggi sia la portatrice della questione dell'arte, quando questa si esprime per immagini, nella misura stessa in cui si oppone alle immagini cinema o fotografia, immagini che non hanno mai smesso di definirsi come immagine ideale della rappresentazione della realtà. Il futuro della Nouvelle Image prende ora consistenza attraverso questo progetto: l'arte di uscirne (dall'ideale della rappresentazione della realtà, ben evidentemente). do, nel narrato, all'altra identità per eccellenza che costella ormai !"I ~ tutte le moderne opere di fantae::s scienza: l'identità fra codice gene- -5 tico e codice binario. Identità for- ~ se lasciata intuire, ma mai esibita ~ con spregiudicatezza. Non a caso. ~ I ghola infatti sono figli legittimi del cosmo herbertiano. Sono creature di un universo che ha paura dei calcolatori (ad essi ha sostitui- ~ to dopo il Jihad Butleriano, la guerra santa del futuro, i Mentat, i ~ computer-umani) e disprezza ogni l forma d'immagazzinamento dati, ~
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