ConversazioncoenBloom La prima parte di questa intervista a Harold Bloom registrataa Brunnenburg nel giugno 1983 è stata pubblicata in Alfabeta n. 64. Aldo Tagliaferri. In A map of misreading (1975) hai posto William Empson tra i critici contemporanei che contano. Non trovi che Empson sia stato • un autore più problematico di quanto generalmente si conceda? Harold Bloom. Sì, ma avevo in mente l'autore non tanto di Sette tipi di ambiguità quanto di Some Versions of Pastorals e di The Structure of Complex Words. E soprattutto pensavo al suo libro più stravagante, Milton's God, dove si trova una frase sublime che mi è sempre piaciuta: quando si viene al dunque, tutti i guai conseguono dal dio di Milton. D. D'altra parte a me pare che .. Empson, nonostante le sue vampa- • te di interesseper la psicanalisi, abbia sottovalutato e ridotto l'orizzonte critico aperto dal concetto freudiano di iperdeterminazione. Sei d'accordo su questo punto? Bloom. Sì, certo. Però non devi dimenticare che aveva cominciato come allievo di Richards, anche se poi procedette - e di molto - per una sua strada, e che non superò mai del tutto l'àmbito di quell'empirismo eccessivamente humiano e, a mio parere, sostanzialmente inconsistente. È la prospettiva della psicologia britannica, vicina a quella utilitarista, che considera la mente una specie di macchina. Ciò non ha nulla a che fare con Freud, ovviamente: poiché la mente e il corpo in Freud sono inestricabilmente interdipendenti, non è possibile accedere a Freud per questa via. D. Poi c'è un Empson diverso, il poeta. Quando Empson morì, lessi con disappunto, in un quotidiano milanese, un articolo nel quale un accademico italiano, dopo averfatto le riverenze d'occasione alla memoria del celebre critico, esprimeva un giudizio sommario e negativo sulle sue poesie, come se le poesie di Empson fossero quisquilie. A me pare che Empson, al contrario, sia stato un notevole poeta. Qual è il tuo parere? Bloom. Un poeta di primo rango, di primo rango. A mio giudizio è un poeta superiore a Auden, suo contemporaneo, benché Auden sia stato molto più celebrato. Non ho alcun dubbio - e questo sarà uno dei miei soliti giudizi impopolari - che un giorno Auden verrà giudicato un poeta del calibro di un John Betjeman, mentre a Empson verrà riconosciuta una statura superiore. Empson non ha scritto molto, e forse solo nove o dieci poesie raggiungono grandi esiti. E sono poesie molto spigolose, potenti e scherzose, che non assomigliano a nessuna poesia scritta da altri. D. Sono del tutto d'accordo. ~ Proprio per questo Empson mi ~ sorprese quando, parlando con lui -5 appunto della sua poesia, notai che ~ 1:::1.. lo faceva con un certo disagio. ~ °' ........ Bloom. Penso che provasse disagio. Anch'io ne parlai con lui la volta che lo incontrai. Si strinse nelle spalle e mi disse: «Sono così poche ... E poi le scrissi quasi tutte quando ero un ragazzo, e quelle che ho scritto più recentemente ~ non sono altrettanto buone». Sì, l gli dissi a mia volta, ma il gruppo ~ originario ha mantenuto intatti Intervist di Aldo Tagliaferri a Harold Bloom quello spirito straordinario e la vitalità e il dinamismo. «Può darsi - mi rispose - ma non hanno avuto un seguito.» D. Sono molte dense, certo. E difficili, non trovi? Bloom. È poesia molto difficile. Io ho sempre avuto una passione per la poesia difficile e sono sempre più convinto che nella nostra epoca «tardiva» la poesia o è difficile o non ha ragione d'essere. Auden anche nei suoi momenti migliori è un poeta semplicistico e riduttivo, mentre Empson nei suoi momenti migliori è straordinariamente buono. D. L'opinione corrente tra gli accademici italiani è diversa, temo. Bloom. Ma questo vale tanto per l'America quanto per l'Europa. Hanno dimenticato la poesia di Empson. Indubbiamente, come dicevo, è una poesia molto difficile, e ciò vale anche per le poesie relativamente più semplici. Per esempio, in Missing Dates, una delle sue poesie che più mi piacciono, quando si giunge al punto cruciale non è chiaro cosa venga detto. Che cosa significa Missing Dates? A che cosa si riferisce, già nel titolo, quel missing? Ai Dates oppure al lettore, cui si attribuisce di «mancare» qualcosa? Questa ambiguità, vero dono di Empson come critico e dono soverchiante di Empson come poeta, è un'ambiguità autentica. Empson ha quella forza che ebbe Tennyson, anche se in Tennyson essa era superiore. Nella mia terminologia, il demone di Tennyson è più forte di Tennyson come uomo. Empson solitamente non aveva la minima idea di quello che stava facendo. Non credo che Empson sapesse che cosa stava scrivendo: c'è in lui qualcosa di maligno e strano, qualcosa di demoniaco e represso che si impone. E si origina così qualcosa di straordinariamente complesso, di difficile, che tuttavia sollecita una reazione sul piano cognitivo e affettivo. D. Quando ho letto i pa~si in cui menzionavi Empson in A Map of misreading, ho pensato che ciò che ti avvicinava a lui fosse il comune Da «Harlem DÒcumeni», 1935 interesse per Mi/ton. Non definivi Empson «il miglior critico di Mi/- ton»? Bloom. Oh, sì. Torniamo al suo notevolissimo libro sul dio di Mii-· ton, dove ripercorre l'intero corso delle opere critiche dedicate a Miiton e tratta di un fatto fondamentale: il dio di Milton non è conciliabile né con quello del cristianesimo normativo, né con quello che Empson stesso poteva tollerare. A parte la considerazione che ho già citato a proposito di quel dio come origine di ogni guaio, il fatto sorprendente è che Empson paragona il Paradiso perduto a una scultura Benin. Tu, che ti interessi di arti africane, lo ricorderai certamente. Per quel tanto che ho visto, in quelle sculture colpisce il trattamento compiaciuto della crudeltà. Empson legge il Paradiso perduto in quella prospettiva selvaggia, e in questo senso Milton risulta un poeta sadico. D. Che cosa pensi della critica britannica dopo Empson? Bloom. Che non esiste. Semplicemente non esiste. Hanno un vero poeta come Geoffrey Hill, e pochissimi altri. Ma, dopo Empson e dopo Wilson Knight, la critica si è arroccata nel peggior genere di dilettantismo aristocratico, o nei tecnicismi graditi alla classe media. D. Sembra che ci occupiamo con entusiasmo di. poeti cosiddetti minori. Non è questo il caso anche di Beckett, del quale citi, nel/' Angoscia dell'influenza, la «manciata di belle poesie» scritte in inglese? Bloom. Beckett è, senza dubbio, un poeta molto migliore di ••••••··••••••••···•• -·::,:-:..-.-·•····· ~~:;.,. Auden, e migliore di tanti poeti contemporanei che scrivono in inglese. Ma scrive solo con la mano sinistra e solo saltuariamente. Due o tre poesie, scritte in inglese dopo Whoroscope, sono molto belle. In seguito abbandonò quel genere, suppongo perché non gli andava di scrivere in quel modo diretto e quasi autobiografico. D. Beckett rimane, comunque, soprattutto autore di scritti in prosa. Bloom. Certo, ma su questo Beckett il giudizio è universale, almeno tra i critici che appartengono al mondo occidentale, tanto più che non c'è abbondanza di grandi autori. Dopo la scomparsa di Montale mi pare che non esistano figure della statura, poniamo, di un Valéry, o di un George, o di un Wallace Stevens. Per esempio, Robert Penn Warren è forse il miglior poeta vivente negli Stati Uniti, ma non ha la statura di uno Yeats, uno Stevens o un T.S. Eliot. Borges è un avvincente scrittore parodistico ... Non esiste, per quanto ne so, un grande scrittore occidentale vivente. Anche Calvino, rispetto a Beckett, è una figura minore. Pynchon, mio contemporaneo, che conosco bene fin dai tempi in cui studiavamo insieme alla Cornell University, è molto dotato, ma è un autore deliberatamente autodistruttivo. D. Che cosa significa «autodistruttivo»? Bloom. È la maniera di S.J. Perelman, in effetti, o quella dei fratelli Marx, la maniera della farsa deliberata e portata a dimensioni apocalittiche. Mette nel sesso quello che Baudelaire avrebbe chiamato la dignità estetica. Pynchon ha rinunciato alla dignità estetica, mentre Beckett, che sembra aver rinunciato a tutto, a quella dignità non ha affatto rinunciato. In questo senso, nel senso più profondo, Beckett è uno scrittore tradizionale, sicuramente, almeno nei termini di quella che noi occidentali definiamo dignità estetica. Beckett non castiga se stesso. Pynchon è uno scrittore di grande talento, però cerca perpetuamente ostacoli insuperabili per la propria arte, e ciò infine lo conduce a una rinuncia che, a mio giudizio, quasi lo distrugge come scrittore. D. Beckett sa tuttavia padroneggiare anche latitudini di pensiero straordinariamente ampie. Non ti pare che nella sua opera convergano molte tradizioni? Bloom. Vero, ma si tratta dell'intera storia della tradizione metafisica occidentale. A differenza di quanto accade con la scuola parigina dei decostruzionisti, che pretendono di aver fatto esplodere il pensiero onto-teologico, Beckett lavora seguendo l'antica direzione del pensiero onto-teologico. Si potrebbe sostenere che nella sua opera agisce non una nuova forma di immaginazione, bensì quella che chiamiamo l'ortodossia della nostra immaginazione, che cerca di essere autentica in un'epoca tardiva. Egli torna su quella questione che una volta si chiamava del rapporto tra dio e uomo, e in questo senso è agostiniano ad oltranza. D. Alcuni critici (dell'area protestante di lingua inglese, soprattutto) hanno colto precisi riferimenti ad Agostino nell'opera di Beckett, ma con ogni probabilità la questione merita una elaborazione pi~ critica, che non si limiti alla solita catalogazione dei riferimenti alle cosiddette fonti. È questo che vuoi dire? Bloom. Basta pensare al suo saggio su Proust. E più facile leggerlo se lo si considera non un commento fondato, diciamo, su Ruskin o (più lontano, ma sulla stessa linea) su Wordsworth, bensì come testo che si rapporta a quanto Agostino, più che Proust, ha scritto sulla memoria. D. Agostino è uno dei punti di riferimento fondamentali. Ma ve ne sono altri. E, a proposito di «confessioni», che dire dei riferimenti alla vita stessa di Beckett, ai dettagli autobiografici, così difficili da decifrare?Al contrario di Joyce, chefa un frequente uso autocelebrativo di materiai.iautobiografici, i riferimenti in Beckett si fanno elusivi, problematici. Da dove proviene, secondo te, questa ambiguità? Bloom. Tratta se stesso come un proprio precursore, e in questo ritorno a sé si fraintende. È ancora Freud, dopo tutto.
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