Alfabeta - anno VII - n. 70 - marzo 1985

prendente di resistere alle sventure della loro precaria esistenza. Si legga il diario di Nijò, il Towazugatari, pubblicato dall'Editoriale Nuova in una traduzione dal giapponese di Lydia Origlia. Figlia del nobile Masatada, di illustre famiglia, famosa per bellezza fascino e spirito, concubina prediletta dell'imperatore Go Fukakusa, cacciata dalla corte per gli eccessi della sua vita amorosa e fattasi monaca come unica via d'uscita, Nijò vaga di santuario in santuario attraverso tutto il Giappone, passa fiumi e montagne nelle stagioni più avverse, tiene a bada briganti e mercanti di schiavi, sfugge a pericoli di ogni genere, sempre con l'aria di camminare in punta di piedi, sempre legando ai rami degli alberi o alle staccionate foglietti di carta su cui andava scrivendo poesie squisite che lasciava come traccia del suo passaggio, che intanto la rendevano famosa e quindi la proteggevano. I diari sono dunque il genere in cui la scrittura kana trova la sua applicazione più naturale. Il diario è una scrittura della memoria che registra la microstoria privata del suo autore nel passaggio irreversibile del tempo: si rivolge a un tu interiorizzato che può arrivare alla moralità ma non alla teorizzazione. In un saggio intitolato Dialogo con il terribile partner (in La coscienza delle parole) Elias Canetti a proposito dei diari scrive: «Un diario che non possegga questo carattere prettamente dialogico mi sembra privo di valore; non potrei tenere il mio diario se non nella forma di tale colloquio con me stesso». Ma quando viene a parlare dei diari femminili dell'epoca Heian, Elias Canetti li nomina appena. Eppure sono un bell'esempio di come si può presentare il problema dell'interlocutore. Nel Kagero Nikki, malinconica cronaca delle frustrazioni di una donna di cui non conosciamo neppure il nome, si dichiara esplicitamente che ci si rivolge a chi è stato ingannato dai romanzi affinché si renda conto di quale sia in realtà la vita di una donna di alto rango, quindi un intento demistificante. Sei Shonagon presenta un repertorio esemplare di situazioni e di relativi comportamenti, senza tentare una fondazione di valori, sempre brillante e spesso ironica, con l'evidente intenzione di non passare inosservata: a un certo punto osserva: «A me sembra che la gente a cui non piaccio sia soggetta a qualche strana forma di alienazione mentale». Izumi Shikibu chiosa le poesie-lettere scambiate col suo amante principe Atzumichi e resta nel cerchio della relazione a due. Ma con Murasaki Shikibu il problema dell'interlocutore è molto più articolato se non del tutto consapevole. Nel Genji Monogatari, il romanzo che la rese famosa, Murasaki sapeva di rivolgersi a una cerchia di lettori ristretta e precisamente identificata. Shiuchi Kato scrive nella sua A history of japanese literature: «The style of the Genji Monogatari succeeded only under the condition of an extremely small and closed society into which author, readers and the characters of the nove! alike were thoroughly integrate». È per questo che Murasaki può permettersi di essere difficile: lo è in un senso cifrato, comprensibile soltanto ai lettori che appartengono al suo stesso ambiente e possono integrare le volute omissioni. Tominaga Nakamoto, studioso delle civiltà asiatiche, nella prima metà del XVIII secolo, scrive che la caratteristica della cultura giapponese è il modo in cui le cose vengono nascoste. Ma è nel diario che Murasaki, rivolgendosi a se stessa, per lo meno nella prima parte, trova l'interlocutore essenziale e si può abbandonare alle proprie ossessioni, prima fra tutte il flusso senza ritorno del tempo in cui il «mondo fluttuante» si dissolve. L'impermanenza del reale è un tema ricorrente in tutta l'arte e la vita giapCanetti dice: «In ogni diario degno di questo nome ritornano più e più volte le stesse ossessioni, gli stessi tormenti, gli stessi problemi privati. Durano per una vita e creano la sua peculiarità». La cosa straordinaria è che nel caso di Murasaki fanno la peculiarità di una scrittura, la novità di Savoy Dancers, Harlem, ca. 1935 ponese, per elezione e per compiacimento, e il buddhismo lo ha approfondito e sistematizzato. L'intensità con cui Murasaki riesce a attirare il ricordo del passato e il presentimento del futuro nella .dissolvenza di un presente soggettivo la trascina verso un vero esercizio di analisi interiore. una scrittura, una qualità di scrittura che la fa emergere dal gruppo delle testimoni d'epoca. Del resto, Fedor Dostoevskij nel suo diario di viaggio Note invernali su impressioni estive scrive: «Con lo stile alto si potrebbe rendere volgare qualsiasi cosa»; ma qui comincia un altro discorso. Cfr. Wu Ch'eng-en Lo Scimmiotto Torino, Einaudi, 1984 pp. 404, lire 14.000 Giorgio Mantici La Cina e noi in Prometeo, giugno 1984 Murasaki Shikibu Diario e memorie poetiche Milano, Feltrinelli, 1984 pp. 217, lire 25.000 Yasumaro Ko-gi-ki Vecchie cose scritte Bari, Laterza, 1980 pp. 550, lire 16.000 Donald Keen Anthology of japanese literature Tokyo, Tuttle, 1982 Sei Shonagon Pillow Book New York, Penguin, 1971 Nijò Towazugatari Milano, Editoriale Nuova, 1984 pp. 283, lire 15.000 Diari di dame di corte nell'antico Giappone Torino, Einaudi, 1946 pp. XXI-213, lire 12.000 Shiuchi Kato A history of japanese literature London, Macmillan Press, 1979 Elias Canetti La coscienza delle parole Milano, Adelphi, 1984 pp. 403, lire 20.000 Fedor Dostoevskij Note invernali su impressioni estive Roma, Editori Riuniti, 1984 pp. 104, lire 8.000 INEDICOLADAL21FEBBRAIO

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