ALESSANDRO GALANTE GARRONE LanostraRepubblica piccolo manuale del cittadino Con i giovani (e i meno giovani) un aperto colloquio sulle nostre istituzioni: come dare più libertà e più giustizia agli Italiani. NICHOLAS KALDOR Il flagello del monetarismo Un attacco serrato contro le tesi monetariste, e le politiche ad esse ispirate (Thatcher, Reagan). GINO FAUSTINI L'obiettivo occupazione nell'esperienza italiana Perché il «lavoro per tutti» resta uno slogan, anziché farsi realtà? I fatti degli ultimi decenni, il senso dei problemi attuali. MICHAEL H. LESSNOFF La struttura della scienza sociale Una sintesi di filosofia della scienza sociale. Filo conduttore, il confronto col modello delle scienze fisiche. NORA FEDERICI Procreazione, famiglia, lavoro della donna L'evoluzione della famiglia e dei modelli procreativi, il nuovo status della donna, il prezzo dell'emancipazione. Un'indagine statistica. ALDO PREDETTI Introduzione alla statistica economica L'informazione statistica macroeconomica, e gli approcci a un suo uso finalizzato. Discussioni con Wilf red R. Bion Los Angeles I New York I Stio Paulo a cura di Francesca Bion In questi dialoghi a più voci, tutta l'originalità del pensiero di Bion, e anche il suo umorismo, il calore della sua presenza. Emst Robert Curtius Marcel Proust Il saggio che nel 1925 consacrò la «Recherche» tra i capolavori della letteratura mondiale: l'omaggio dell'amico all'amico scomparso, una grande lezione di intelligenza critica e di eleganza intellettuale Hans Blumenberg Naufragio con spettatore Paradigma di una metafora dell'esistenza Da Lucrezio a Nietzsche, le-metamorfosi di una metafora in cui si specchia il rapporto dell'uomo con il mondo, il suo dolce o disperato smarrirsi nel mare dell'essere Karl Bosl Il risveglio dell'Europa: l'Italia del Comuni Dal mondo vitale e turbolento delle città italiane un modello emblematico per la rinascita dell'Europa medievale Ettore Passerin d'Entrèves Guerra e riforme La Pruaala • Il problema nazionale tedesco prima del 1848 Patriottismo antifrancese e ideali di riforma nella società prussiana tra guerre napoleoniche e restaurazione il Mulino tatore non vede il personaggio come altro da sé, che a lui si rivolge, ma come ripetizione di sé; queste figure sono realmente, a loro volta, spettatrici di una invisibile e impredicata realtà; si crea così, nel rapporto, l'ambiguità di una situazione specchiante (anche lo specchio è un punto ambiguo di realtà, si pensi al Bar delle FoliesBergères; si pensi a Las meninas). G. Flaubert, ~Madame Bovaryi+ La finestra dall'interno «Emma stava affacciata alla finestra (vi si metteva spesso, poiché la finestra in provincia, tiene il posto delle passeggiate e dei teatri), e si divertiva a osservare il pigia pigia dei villani, quando scorse un signore, vestito d'una finanziera di velluto verde». «Tra le finestre del villaggio, una ve n'era ancor più spesso occupata; ogni domenica, dalla mattina fino a notte, e ogni pomeriggio, di tempo chiaro, si vedeva all'abbaino di un solaio il magro profilo del signor Binet curvo sul suo tornio il cui monotono ronzio s'udiva fin dal Leon d'oro». «Essa desiderava un figlio maschio; un bel bimbo forte e bruno; l'avrebbe chiamato Giorgio; e in questa idea d'avere un figlio maschio vagheggiava la rivincita di tutte le sue sconfitte passate. Un uomo, almeno, è libero; può conoscere le passioni e i paesi, attraversare gli ostacoli, mordere le felicità più lontane. Ma una donna è continuamente impedita. Inerte e flessibile al tempo stesso, ha contro di sé la mollezza della carne insieme con la soggezione alla legge. La sua volontà è come il velo del suo cappello, che palpita a tutti i venti ma è trattenuto da un nastro; c'è sempre qualche desiderio che vorrebbe portarla via, e qualche convenienza sociale che la trattiene». «Rodolfo, intanto... Prese tre sgabelli da attorno alla tavola ovale, sotto il busto del monarca e, postili vicino a una finestra, si sedette al fianco di Emma». «Ella fece fare una tavoletta contornata da una piccola balaustra e la collocò contro la sua finestra, per tenervi i vasetti. Il giovane ebbe anche lui il suo piccolo giardino pensile; e così si vedevano vicendevolmente alle loro finestre, mentre curavano i fiori». Jean Russet, in un suo saggio su Madame Bovary, ha dedicato un paragrafo ali' analisi delle finestre e della «veduta dall'alto» nel romanzo; ad essi è legato il ritmo di continua elevazione e caduta nella vita di Emma Bovary. Sia Auerbach sia Russet, poi, individuano in Flaubert una tecnica narrativa per cui l'autore perde il suo ruolo di testimone esterno e imparziale, assoluta guida e conoscitore dei suoi personaggi, e insistono sulla identificazione del punto di vista dell'autore e quello del suo personaggio, in questo caso Emma. Da questo «inabissarsi mistico» nelle cose deriva, per Auerbach, un diverso e nuovo tipo di realismo: imparziale e obiettivo, non c'è più distinzione tra alto e basso, bello e brutto, nobile e vile («... Era un cappello d'ordine composito ... una di quelle povere cose, insomma, che hanno, nella loro bruttezza, non so che profondità d'espressione, come il volto d'un imbecille». Il punto di realtà (prendiamo come termine di paragone lo sdoppiamento del punto di vista nella Gita al faro di V. Woolf) è qui posto dietro la finestra, dentro Emma, persa in una continua, esaltata reverie che la porterà al suicidio (i caratteri di dandysmo in Emma sono stati ben analizzati da Macchia). Ma essa appunto si suicida. E lei, l'unica, in tutto il romanzo, che, pur non avendo alcuna verità, «nulla di così proprio», ha tuttavia gettato sugli altri, sulla vita, su di sé il sospetto continuo di un'immensa «trufferia»; il dubbio che tutto, perfino i suoi sogni e le sue illusioni non siano che una menzogna («Generale sei negro, magistrato sei negro, io sono negro», A. Rimbaud). Pensiamo alle donne di Stendhal e poi a questa di Flaubert: il mito diventa una creatura umana dilaniata - vedere la «stregoneria dall'interno», essere dandy e scoprire che anche questa è povera cosa. Dove sono le ansie di successo di Julien Sorel? Carlo Bovary è un uomo noioso, ma, più grave, è privo di ambizioni: un 'uomo' mal riuscito, tanto che, dopo la sua morte egli si identificherà in lei, nelle cose che le piacevano, nel suo desiderio di lusso, nella sua trasandatezza. Un uomo a cui una donna basta per farne il centro della vita, mentre a quella donna un uomo non basta più. Le parti sono addirittura invertite («'Non vi serbo rancore'. Disse. Rodolfo era rimasto muto. E Carlo, con la testa tra le mani, riprese con voce spenta e con l'accento rassegnato dei dolori infiniti: 'No, non vi serbo più rancore!' E soggiunse anche una grande frase, l'unica di tutta la sua vita: 'La colpa è della fatalità!' Rodolfo, che aveva guidato quella fatalità, trovò che quell'uomo, in quella situazione, era un po' troppo buono, comico anzi, e un po' vile»). V. Woolf, «La gita al faro» La finestra sdoppiata «'Niente gita al faro, Giacomo', egli disse guardando fuori della finestra.» Preceduta da un breve prologo, si apre qui la «tragedia» che si svilupperà nel corso di due giornate separate, nel tempo del romanzo, da una cesura di dieci anni: durante la vita e dopo la morte di Mrs Ramsay (intendendo per tragedia una categoria letteraria). Il libro è diviso in tre parti: La finestra (prima parte); Passa il tempo (seconda parte); Il faro (terza parte). La parte centrale, più che da legamento, funziona da cesura mediana tra la prima e l'ultima parte che stanno contrapposte l'una di fronte all'altra. Questa è una tragedia, se per tragedia si intende la contrapposizione di due ragioni irriducibili. Passa il tempo è un titolo quasi esplicativo, divulgativo, un prologo all'atto secondo in un libro in cui la «dimensione della durata» è interna a tutta la struttura del romanzo (si veda l'analisi di Auerbach in Mimesis). L'andamento tragico diviene esplicito nella parte finale del libro, dove il racconto della vera e propria gita al faro, finalmente realizzatasi dieci anni dopo, è quasi un testo nel testo; i personaggi divengono emblemi tragici ed emblemi di ~e stessi (col continuo dubbio della sostenibilità di questa dimensione estrema: la vendetta, la fedeltà ai morti, il rimanere fedeli a se stessi («Erano dovuti andare, avevano dovuto seguirlo, carichi d'involti di carta scura. Ma, camminando, s'eran giurati in silenzio mutua solidarietà nell'adempimento di un patto solenne: quello di combattere la tirannide fino alla morte»), che in senso tragico, non psicologico, è assolutamente impropria in epoca borghese. Il padre è il tiranno, James l'uomo della legge (Antigone), Camelia la sorella pietosa di umana e non divina pietà (Ismene). I termini psicoanalitici, ben conosciuti da V. Woolf, sono qui completamente trasfigurati. I due antagonisti, le due «ragioni irriducibili, legatissimi e indispensabili l'uno all'altro come il recto e il verso di una stessa medaglia, sono Mrs Ramsay (prima parte) e Lily Briscoe (terza parte), rispettivamente il dentro e il fuori della finestra. Parte I La finestra della prima parte è anch'essa duplice, sdoppiata. Mrs Ramsay è all'interno della finestra; la casa è il suo dominio, la finestra il luogo da cui può controllare i movimenti del suo piccolo regno. In questo dentro c'è anche un'incommensurabile angoscia, una paura della morte o della vita come morte («Che le finestre dovessero stare aperte e gli usci chiusi era così semplice; eppure nessuno se ne rammentava»). Per gli altri, il marito soprattutto, questa finestra è la cornice di una bella immagine: la bellissima Mrs Ramsay, sua moglie, con in braccio l'ultimo nato James. Un quadro perfetto. (Nella prima parte del libro, sarà per Lily, l'amica pittrice di Mrs Ramsay, un problema continuo trovare il tono di colore e la forma appropriata per risolvere figurativamente la stessa immagine nella sua composizione.) Mrs Ramsay si è imposta una meta dall'equilibrio fragilissimo: trasporre il caduco, il mutevole, l'accidentale in una sfera d'armonia che dia almeno a certi momenti della vita un valore d'eternità; l'immortalità della sua opera, del suo capolavoro è affidata alla coscienza e alla memoria di chi, nel tempo, conserverà il ricordo del 'senso' di quei momenti. Ancora una volta sarà Lily Briscoe ad assorbire fino in fondo il significato della vita della sua amica-nemica. («Lily non riusciva a rammentare i discorsi fatti, ricordava solo che lei e Carlo, giocando a rimbalzello, s'erano affiatati all'improvviso, e che la signora Ramsay li guardava. Se ne ricordava benissimo. 'La signora Ramsay', pensò, ritraendosi di qualchè passo e strizzando gli occhi. (Il gruppo della signora e Giacomo, seduti sul gradino, aveva dovuto modificare assai la composizione; proiettare un'ombra in quel punto.) 'La signora Ramsay'. Rammentando se stessa e Carlo nell'atto di giocare a rimbalzello, e l'intera mattinata sulla spiaggia, Lily capì che il nucleo di quel ricordo era la signora Ramsay, seduta all'ombra dello scoglio, con un blocco _dicarta sulle ginocchia, intenta a scrivere lettere. 'Qual potere v'è nell'anima umana!' pensò Lily. Quella donna, sedendo a scrivere all'ombra di uno scoglio, a,veva potuto risolvere tutto in semplicità; far cadere come cenci i ~rucci, gli sdegni; metter d'accordo due, tre persone; e trarre così da meschine animosità, da scioccbi dispetti (certi bisticci tra lei e Carlo erano stati proprio sciocchi e meschini) qualcosa - quella scena sulla spiaggia, per esempio, quel momei::itodi simpatia e di cordialità - qualcosa che sopravviveva, dopo tanti anni, così integralmente da permettere a lei, Lily, d'immergervisi per rimodellarvi il suo ricordo di Tanseley; e che appariva nel ricordo quasi un'opera d'arte»). Salvo che gli altri sfuggono, e ognuno non è per l'altro che un'immagine e Mrs Ramsay raggiunge questa stabilità solo nella solitudine, anzi ha di questa assolutamente bisogno per mandare avanti la sua folle scommessa con la vita («Il suo nocciolo d'ombra poteva spingersi ovunque, perché invisibile, inavvertito. Nessuno poteva fermarlo, ella pensava esultando. Ritrarsi in quell'ombra valeva trovar pace, libertà e, cosa ancor più preziosa, il modo di raccogliersi e riposare su un piano stabile. Riposare non già come persona, ma, secondo la sua esperienza (e a questo punto la signora eseguì coi suoi ferri un difficile gruppo di maglie), come un cuneo d'ombra. Perdendo personalità, si perdono crucci, fretta, inquietudine; ed ella sentiva sempre salire alle labbra qualche esclamazione di trionfo sulla vita, allorché le accadeva di raccogliersi in quella pace, in quel riposo, in quella sensazione d'eternità. Interrompendo qui le sue riflessioni, la signora Ramsay guardò fuori per rivedere quel tale raggio del faro, il raggio lungo e fisso, l'ultimo dei tre, che era anche il suo raggio; poiché, guardando certe date cose in un particolare stato d'animo e sempre alla medesima ora è impossibile non finire per prediligerne una; e così quel lungo raggio fisso era divenuto il suo raggio. Ella stava spesso seduta a guardare col lavoro in mano e finiva per diventare la cosa contemplata: quel raggio, per esempio»). Parte III Lily Briscoe dipinge, rifiuta il ruolo tipicamente femminile della mediazione («Tale era infatti il sentimento da cui sembrava animata la signora Ramsay nel dire a Bankes che le lettere di lui erano nell'ingresso. 'Povero Bankes!' ella sembrava dire, come se la sua personale stanchezza fosse in parte malinconia per le altrui miserie e la compassione stessa avesse stimolato la sua vitalità, il suo propo- •sito di rivivere. E non era vero, pensava Lily, che Bankes fosse infelice: ecco un esempio di quegli errori di giudizio che sembravano istintivi nella signora Ramsay e che provenivano da un'intima insoddisfazione, piuttosto che dalle tristezze altrui. 'Bankes non è punto da compiangere', pensava Lily. 'Ha i suoi studi'. E a tale idea la ragazza si rammentò a un tratto - e le parve di scoprire un tesoro - che aveva da fare anche lei. Vide balenarsi dinanzi il suo quadro e rifletté: 'Già, sposterò quell'albero verso il centro e così ristabilirò l'equilibrio della composizione. Dovevo pensarci prima.' E, presa la saliera, la posò sopra un fiore della tovaglia damascata per rammentarsi di dover spostare un albero»). Dieci anni dopo la morte di Mrs Ramsay ella si ritrova sulla medesima spiaggia. In questa parte la finestra è vista dall'esterno. Ora la finestra è vuota; ma Lily dovrà ancora lottare con un mare di ricordi che la incatenano, di «soggettivo legame» alla figura di Mrs Ramsay («La disposizione irregolare dei barconi turbava una certa armonia nella mente di Lily. Ella cominciò a provare un oscuro sgomento, che poi sentì precisarsi nel posare lo sguardo sul .quadro. Aveva sprecato l'intera mattina. Per un motivo o per l'altro, non era riuscita a conseguire quell'equilibrio a fil di rasoio, che era richiesto da due forze opposte: la signora Ramsay e il quadro. Forse il disegno era difettoso? Forse la linea del muro doveva essere interrotta in qualche punto? O forse la massa degli alberi era troppo greve? Ponendosi queste domande Lily sorrise ironica; perché rammentava d'essersi accinta al lavoro nella certezza d'aver già risolto quei dubbi») fino alla fine, al compimento, dieci anni dopo, del quadro. Mrs Ramsay sopravvissuta solo nel ricordo di pochi e che, soprattutto, non è stata felice; Mr 'O Ramsay coi suoi libri non letti da ~ alcuno; Lily Briscoe col suo qua- .s dro che finirà in soffitta: il bino- ~ C), mio di fondo («La vita è fatta di ~ certe cose o di altre?») rimane ta- ~ le; una «tragedia moderna», epos o e psicologia, maschile e femmini- ~ le, pubblico e privato rimangono !:: senza mediazione se non nel ro- ~ manzo stesso. La vita, uscendo da ~ questa armonia, ha riproposto la ~ contraddizione, ha proposto al- ..C) ~ l'autrice addirittura il suicidio.
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