Alfabeta - anno VII - n. 69 - febbraio 1985

Quando ricordo questo consiglio, mi viene in mente l'immagine di un bambino di cinque anni, dallo sviluppo mentale ritardato, capace a malapena di parlare, che credette di assistere a un prodigio quando suo padre gli regalò una bussola tascabile. Sessantadue anni dopo, scrivendo la sua autobiografia, Albert Einstein racconta: «Quella esperienza fece su di me un'impressione profonda e duratura: qualcosa di profondamente nascosto deve trovarsi dietro ad ogni cosa». Quali sono, dunque, le mie origini? Il mio primo giorno nel teatro? Forse il giorno della separazione, quando persi la lingua materna stabilendomi come straniero in un paese che non era quello della mia nascita. Indubbiamente è il giorno in cui, senza esserne cosciente, divenni un' «isola galleggiante», un viaggiatore della velocità, cittadino di un solo paese, il mio corpo in vita. A casa, attraverso le diverse culture, eppure straniero. Desideroso di incontrare isole simili, altri arcipelaghi. Cominciò in quel giorno la mia ricerca: superare i limiti individuali, incontrare la realtà circostante, tentare di realizzare nuove condizioni di vita: un gruppo come una piccola isola che può distaccarsi dalla terraferma pur restando coltivabile, renderla forte facendo leva sulle sue debolezze; ritrovare attraverso la differenza con gli altri la propria identità, il proprio essere. Ma al di là delle isole galleggianti che cosa esiste? Che cosa o chi incontri? Cosa vedo al di là dei visi conosciuti? Per un attimo mi guardo indietro: «Che lunga preparazione!» Mi domando: «Per che cosa?». E mi rispondo con un detto beffardo: «Ci vogliono sessant'anni per fare un uomo, e quando è pronto è solo buono a morire». Davanti vedo il Grande Teatro, inutile e irragionevole. Wojtek Wojszczerowicz era vecchio, piccolo, non era mai stato bello. Ora il viso era devastato dalle rughe e la calvizie era avanzata. Era polacco ed attore. Dopo un infarto i medici gli avevano ordinato di non recitare più. Lui continuò. Venne un secondo infarto. I medici gli predissero la morte vicina, se fosse salito ancora in palcoscenico. Si ostinò: due volte alla settimana, coperto di una pesante armatura, il passo strascicato, come oppresso da un segreto ben nascosto, era Richard the Third. Cominciava a prepararsi due giorni prima, cibandosi solo di brodo e bevendo acqua. Andava e veniva su e giù per la sua stanza, senza fermarsi mai, come per rassicurare il suo corpo: «Ce la faremo!». Il giorno dello spettacolo digiunava come un religioso che si prepara alla cerimonia. Ma pensava soltanto ad alleggerirsi lo stomaco per la fatica dello spettacolo. Alle tre del pomeriggio usciva di casa e a piedi si avviava al teatro. Abitava in periferia: si dirigeva verso il centro con passo caparbio, mormorando le battute della sua parte. Alla gente che lo vedeva passare pareva un ubriaco, un demente. Poi si rivestiva della sua armatura. Venivano allora le ore in cui il suo sguardo vagava al di là dei compagni e degli spettatori, come per spiare la morte. «Capisci? Non recito per il pubblico. Ma per Dio.» A Varsavia, nella scuola di teatro che vide il mio primo giorno di apprendistato, pensavo che solo malati di cuore avrebbero dovuto essere attori. AlcuniesiiPi italiani «I grandi innovatori sono i veri classici e formano una serie quasi continua (. ..). Ma proprio perché la loro architettura è nuova, accade che gli altri restino a lungo senza discernerla. Tali classici non ancora riconosciuti e quelli antichi praticano a tal punto la stessa arte, che i primi sono ancora quelli che hanno fatto la miglior critica dei secondi». Marce! Proust L a crisi è fin troppo evidente, crea menzogne dall'aspetto di luoghi comuni. Si dice del pubblico teatrale in diminuzione che si stringerebbe attorno agli spettacoli di più facile consumo, ma non si notano le ondate di spettatori, perlopiù giovani, attirati da proposte spettacolari rigorose, forse non facili ma certo più vicine alla loro sensibilità. Si dice della crisi finanziaria del settore e si denuncia il progetto di legge Lagorio che, con il ricatto dell'urgenza, rischia di fissare criteri conservatori e una selezione al peggio; ma non si nota la qualità e la quantità di compagnie che nonostante tutto continuano a produrre con risultati spesso buoni e qualche volta altissimi. Si dice della mancanza di alternative concrete al teatro-della-regola, mancanza che sarebbe dimostrata da un generale ritorno al testo e all'attore; e non si vede che invece s'è venuto a creare una chiara e ineludibile differenza tra quel teatro e un altro, fatto con altri criteri, di ricerca appunto, diverso per tecniche se non per materiali. Il panorama del teatro di ricerca rischia dunque di rimanere invisibile proprio per le sue caratteristiche intrinseche, nuove e interessanti. Infatti esso non è più l'avanguardia, o l'anticamera, del Teatro, ma un altrove; non è nemmeno una tendenza riconoscibile per l'aggregazione in base a macrovalori che reclamerebbero un senso di novità assoluta e normativa; non ha infine luoghi in cui mostrarsi, perché le città e l'infrastruttura organizzativa del teatro non hanno ancora recepito la novità se non in rari casi. È quasi invisibile ma esiste, e la detèrminazione dei suoi creatori riuscirà prima o poi a ottenere sbocchi di circolazione e di mercato. Ma cos'è questo «teatro di ricerca», può chiedersi il non addetto ai lavori. Una definizione tecnica è facile, un altro luogo comune dice che esiste il teatro e basta, buono o cattivo. È più vero invece che è teatro tutto ciò che viene riconosciuto come tale e che nessuno può supporre di essere in possesso del prototipo su cui misurare gli altri; e teatro buono e cattivo ce n'è in qualsiasi genere, misurabile Artfoot 83, Peralta, Berkeley, California La Galleria dell'Occhio, Bowdoinham, Maine passione. Molto si è lavorato in questi anni recenti ma spesso in situazione di chiusura, a volte s'è dovuto porre l'accento sui processi e le intenzioni rispetto a spettacoli che poco mostravano. Tutto ciò è servito a una maturazione poetica e a una crescita professionale, ma ha comportato il restringimento di un'area la quale ora, forte di una generazione di spettacoli selezionati e validi, tende di nuovo a estendersi. Ricerca e passione dunque non sono solo riferite al lavoro creativo ma reclamano una nuova socialità, si cerca la relazione con nuovi spettatori. E per fortuna questi spettacoli, senza fare concessioni ai banali stereotipi pur sempre dominanti, sono sempre meno costretti da codici allusivi e citazioni snobistiche a uso dei propri intimi. A Milanopoesia come alla Biennale Teatro e alla rassegna romana curata in autunno. da Giuseppe Bartolucci, un pubblico attento e numeroso si è misurato, con curiosità tutt'altro che passiva, con autori e spettacoli senza rispettare le indicazioni dei grandi media, attestati invece sulla difesa d'ufficio della Regola. E oltre le rassegne e i festival, che sono pallidi rimedi a una mancata programmazione e valorizzazione della ricerca, alcune località cominciano a rispondere con proposte più sistematiche, badando di rivolgersi più a un territorio culturale che alla riserva della carta stampata. M entre personaggi come Memè Perlini (Picasso) o Giancarlo Nanni (Traviata) tentano di porre rimedio a una crisi d'ispirazione con dispiego di scenotecnica e una sorta di 'pittura' degli spettacoli, alcuni altri 'anziani' del teatro di ricerca sono giunti a momenti di resa quasi classica e universale. Gli ultimi lavori di Remondi e Caporossi (soprattutto Teatro) e il Dante. Studi e variazioni di Leo De Berardinis sono i vertici e nello stesso tempo trascendono i particolari stili da essi fondati; e mentre un pubblico sempre più numeroso si rivela interessato a incontrarli, capirli e seguirli nel loro cammino, c'è ancora chi li misura sul paragone con altri teatri che non li riguardano, 00 chi chiede il rientro della loro dif- .s ferenza o la censura della loro pro- ~ e:).. posta. D'altra parte lo stesso Paso- ~ lini, la cui idea teatrale assume °' ...... grande rilevanza se emancipata .S:1 dalle contingenze polemiche in cui li:! è nata, è recensito post mortem :2 con una sufficienza mal celata dal- ~ lo spazio accordato all'allestimen- °' '° .to celebrativo che ne fa un teatro ~ stabile. ~ ~ Certo, un teatro di ricerca è cri- ~ ticabile per definizione. Lo spetta- ~

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