Alfabeta - anno VII - n. 69 - febbraio 1985

raviglia e con gli altri pathe della filosofia greca? Heidegger stesso mette in relazione la sua trattazio-' ne della Stimmung con la teoria dei pathe nella Grecia classica, sottolineando come la prima trattazione sistematica delle emozioni non sia stata condotta nell'ambito della psicologia, ma nella retorica di Aristotele. Ora, nella retorica di Aristotele, la trattazione delle passioni è condotta naturalmente all'interno di una teoria del discorso convincente, e quindi in stretta relazione al linguaggio. Ma l'intuizione di questa prossimità fra passioni dell'anima e linguaggio, fra pathos e l6gos, caratterizza anche la più ampia riflessione che il pensiero greco postaristotelico ha dedicato al problema: quella degli stoici. Si deve a Crisippo la formulazione radicale, per noi a prima vista sconcertante, secondo cui le passioni, in quanto sono in relazione essenziale al l6gos, possono prodursi soltanto nell'uomo. L'uomo incorre nelle passioni, perché è un animale parlante; è un animale appassionato, perché è un animal rationale. Le passioni non sono infatti in alcun modo, secondo gli stoici, un fenomeno naturale, ma una forma di crisis, di giudizio, e, quindi, di discorso. Fatte queste premesse, esaminiamo ora la definizione che gli stoici danno della passione: essa è pleonazusa orme é ypertéinousa ta cata ton 16gonmétra. La traduzione corrente dà: impulso eccessivo, che trasgredisce la misura del linguaggio. Ormi viene da 6rnymi, che ha lo stesso etimo del latino orior e origo e significa: «scaturisco, nasco, origino». La definizione presenta quindi uno scaturire, una origine che sorpassa la misura del linguaggio. Altrove gli stoici dicono di questa ormi che essa è apeithls logo, «inconvincibile col linguaggio» e affermano che ogni pathos è biastic6n, violento. Ma che cosa è in questione in questo scaturire e in questa violenza? Se ricordiamo che, per gli stoici, il pathos non è un elemento naturale irrazionale ma è legato al l6gos, allora ciò che esercita violenza non può essere qui che il linguaggio stesso, l'origine eccessiva non può che essere quella del linguaggio stesso. Nei frammenti degli stoici che ci sono stati conservati, noi non troviamo in nessun luogo un'affermazione così esplicita, eppure essa è la sola che non contraddica le premesse della loro teoria delle passioni, dell' «animale razionale» come unico «animale appassionato». In ogni caso, come la Stimmung, nel momento stesso in cui conduce il Dasein nella sua apertura, gli rivela il suo essere spaesato in questa, così la teoria stoica delle passioni fa segno verso una sconnessione, un eccesso che si produce nel rapporto fra l'uomo e ciò che gli appartiene più in proprio: cioè il l6gos, il linguaggio. P ossiamo, a questo punto, formulare la seguente ipotesi: la teoria delle passioni, delle Stimmungen, è da sempre il luogo in cui l'uomo occidentale pensa il proprio rapporto fondamentale col linguaggio. Attraverso di essa, l'uomo occidentale - che definisce se stesso come ani- .,.., mal rationale, il vivente che ha il c:s .s linguaggio - cerca di cogliere l'ar- ~ thros, l'articolazione stessa fra vi- ~ ~ vente e linguaggio, fra z6on e 16- °' gos, fra natura e cultura. Ma que- ....,. _9 sta connessione è, nello stesso ~ tempo, una sconnessione, questa :g articolazione è, nella stessa misu- ~ ra, una disarticolazione: e le pas- °' 'O sioni, le Stimmungen, sono ciò che i.: si produce in questa sconnessione, ~ ciò che rivela questo scarto. l E se la voce è- secondo un'anti- ~ ca tradizione che definisce il !inguaggio umano come f oné énarthros, voce articolata - il luogo in cui avviene questa articolazione fra vivente e linguaggio, allora ciò che è m questione nella Stimmung, ciò che s'inscena nelle passioni, è, potremmo dire, !'in-vocazione del linguaggio, nel duplice senso di situazione in una voce e di richiamo, di vocazione storica che il linguaggio rivolge all'uomo. L'uomo ha Stimmung, è appassionato e angosciato, perché si tiene, senza avere una voce, nel luogo del linguaggio. Egli sta nell'apertura dell'essere e del linguaggio senza alcuna voce, senza alcuna natura: egli è gettato e abbandonato in questa apertura e di questo abbandono deve fare il suo mondo, del linguaggio la propria voce. Se torniamo, a questo punto, al testo di Heidegger da cui siamo partiti, allora tanto il tema della Stimmung che il comparire, nei paragrafi successivi di Sein und Zeit, di una Voce della coscienza, si illuminano in modo nuovo. La connessione etimologica fra Stimmung e Stimme, vocazione e voce, acquista qui il suo senso proprio. Nella stessa apertura originaria del Dasein compare ora il richiamo silenzioso di una Voce della coscienza, che impone una comprensione più originaria di questa stessa apertura qual era stata determinata attraverso l'analisi della Stimmung. Più tardi, in Was ist Metaphysik e, soprattutto, nel Nach-wort aggiunto alla quarta edizione della conferenza, il recupero del tema della voce è ormai completo. La Stimmung dell'angoscia appare qui comprensibile solo in riferimento a una lautlose Stimme, a una voce senza suono, che «ci accorda - Stimmt - nel terrore del- !' abisso». L'angoscia non è, anzi, altro che die von jene Stimme gestimmt Stimmung, la «vocazione accordata da quella voce». E la voce senza suono è la voce dell'essere, che chiama l'uomo all'esperienza «della meraviglia delle meraviglie: che l'essente è». P assiamo ora al secondo testo sulla Stimmung che ci eravamo proposti di interrogare. Si tratta di uno scritto in prosa di Holderlin che porta il titolo Uber die Verfahrungsweise des poetischen Geistes, che possiamo tradurre: «Sul procedimento dello Spirito poetico»; più precisamente, di una breve appendice a questo testo, che porta essa stessa l'indicazione: Wink fur die Darstellung und Sprache, cenno per l'esposizione ed il linguaggio. Come il titolo suggerisce, Holderlin riflette in questo testo sulla poetica stessa, e ci presenta, per così dire, una fenomenologia dello spirito poetante. Ciò non ha nulla a che fare, però, con quanto tradizionalmente si intende come poetica di un autore. Nell'arte poetica, il poeta pi;ende la sua poesia come tema e ne determina la forma e i contenuti. La poetica si situa nella dimensione di un programma e presuppone, perciò, come già aperto quel luogo del poema e già costituito quell'io poetante a partire dai quali soltanto qualcosa come un programma o un'intenzione possono nascere. La dimensione in cui questo testo ci conduce è più originaria di quella di una poetica, perché ciò che in essa è in questione è l'avvento st'esso della parola poetica, il suo aver-luogo. Ed è in questa dimensione, che non è semplicemente una dimensione di linguaggio, che incontriamo nuovamente, in funzione decisiva, il concetto di Stimmung. Holderlin distingue qui dalla materia e dalla forma dell'opera una dimensione che egli definisce «formalmateriale» o «spiritualsensibile» e che chiama Grund des Gedichts, ragione o fondo della poesia- razo de trobar, potremmo tradurre, riprendendo l'antico vocabolario poetico provenzale (ricordiamo che la lingua tedesca è quella che più fedelmente ha conservato il vocabolario poetico medievale nei termini stessi con cui designa l'attività poetica: dichten e Gedicht derivano dal latino medievale dictare, dictamen, che indicano il centro stesso della composizione poetica). Di questa dimensione, Holderlin dice che essa deve costituire il passaggio ( Ubergang) fra la materia sensibile, ciò che viene espresso e rappresentato e lo spirito (Geist) e l'elaborazione ideale. È solo questo elemento intermedio che, scrive Holderlin, «dà al componimento poetico il suo rigore, la sua saldezza e la sua verità, e lo preserva dal pericolo che la libera elaborazione ideale divenga vuota maniera e l'esposizione espressiva semplice vanità». È per definire questa dimensione che non appartiene propriamente al vissuto né è semplicemente linguaggio, ma costituisce il centro a partire .dal quale soltanto potrà prodursi l'opera poetica, che Holderlin fa intervenire il concetto di Stimmung. L'uomo - egli dice - deve uscire dalla semplice vita, dall'«infanzia originaria», ursprungliche Kindheit e sollevarsi alla pura eco (reine Widerklang) di questa vita e di questa infanzia, che egli definisce appunto come una Stimmung pura e senza materia, stoffl.osereine Stimmung, o anche come un sentimento trascendentale (transzendental Empfindu,:zg). U. Raponi, Segnale, Perugia È in questo momento centrale che si apre lo spazio in cui si situa l'avvento proprio della parola poetica. «Proprio in questo istante - scrive Holderlin - in cui il sentimento vivente originario, purificato fino a diventare pura Stimmung aperta a un infinito, si trova come infinito nell'infinito, come un tutto spirituale in un tutto vitale, è in questo istante che si può dire che viene presentito il linguaggio». E come la vita si era spiritualizzata in pura Stimmung e in puro sentimento, così ora la Stimmung si fa parola viva e reale «dove - scrive Holderlin - spirito e vita sono uguali dai due lati» e, come «opera riuscita e creazione», essa «trova la vita originaria nella forma più alta e conosce ciò che ha trovato». Quanto la determinazione di questa dimensione, in cui soltanto può avvenire la pura parola poetica, sia essenziale per Holderlin, è provato dal fatto che egli, per definirla, sente il bisogno di opporj_a alle categorie proprie del pensiero dei suoi due amici di Tiibingen: Hegel e Schelling. Egli scrive infatti che e_ssa,come non può essere mera tensione vitale, non può nemmeno essere coscienza e riflessione (perché così andrebbe persa la vita - e qui Holderlin ha di mira Hegel), né una «intuizione intellettuale col suo mitico, plastico soggetto-oggetto» (perché andrebbe allora perduta la coscienza - e qui egli ha di mira Schelling), ma una pura Stimmung, un puro sentimento trascendentale. Per questo è importante che questa Stimmung sia mantenuta pura da ogni intrusione estranea, che, come scrive Holderlin, il poeta «in questo momento non prenda niente come dato, non parta da nulla di positivo, che la natura e l'arte( ... ) non parlino prima che per lui vi sia un linguaggio, vale a dire prima che ciò che ora nel suo mondo è ignoto e senza nome divenga noto e assuma per lui un nome, proprio perché è stato confrontato e riconosciuto concordante (ubereinstimmend) con la sua Stimmung. Se, infatti, prima (... ) vi fosse già in una forma determinata un qualche linguaggio della natura e dell'arte, proprio per questo egli non si troverebbe nella sua sfera d'azione, uscirebbe dalla sua creazione e il linguaggio della natura e dell'arte (... ) verrebbe prima, in quanto non è il suo linguaggio». A nche in questo eccezionale documento della tradizione poetica occidentale, come nel testo di Heidegger che abbiamo appena esaminato, la Stimmung è la condizione perché l'uomo possa, senza essere già sempre anticipato da un linguaggio estraneo, proferire una propria voce, trovare la propria parola. Già all'inizio della tradizione della lirica moderna - nella poesia provenzale, stilnovista e in quella dei Minnesanger - questa condizione era situata in una Stimmung. Che questa si chiamasse Amor, amore, o .Minne, in ogni caso essa designava resperienza della dimora nel principio della parola, la situazione del 16gos in arché. Ciò che nella Stimmung è in questione, è la possibilità, per l'uomo parlante, di fare esperienza del nascere stesso della parola, di cogliere, cioè, lo stesso averluogo di quel linguaggio che, costantemente anticipandolo, getta e destiµa l'uomo fuori di sé in una storia e in una tradizione. Poiché solo se l'uomo potesse cogliere l'origine stessa della funzione significante che sempre lo anticipa, si aprirebbe per lui la possibilità di una parola libera, di un linguaggio che fosse veramente e integralmente il suo linguaggio. Solo in ·una tale parola, il progetto filosofico di un pensiero senza presupposti e quello poetico di una parola assolutamente propria potrebbero trovare senso e realtà. Libertà può infatti significare soltanto libertà dalla natura e dal linguaggio. Se il linguaggio ci liberasse dalla natura solo per gettarci in un destino storico in cui il destinante incessantemente ci anticipa e sfugge, non ci sarebbe libertà possibile per l'uomo. Libertà è possibile per l'uomo parlante solo se egli potesse venire in chiaro del linguaggio e, afferrandone l'origine, trovare una parola che fosse veramente e interamente sua, cioè ymana. Una pa,;ola, cioè, che fosse la sua voce, così come il canto è la voce degli .uccelli, il frinito è la voce del grillo e il raglio è la voce dell'asino. Ma può la Stimmung, diventando Stimme, dare al linguaggio un luogo e, in tal modo, appropriarlo all'uomo, all'animale senza voce? Può l'appassionata vocazione storica che l'uomo riceve dal linguaggio trasformarsi in voce? Può la storia diventare natura dell'uomo? O non si limita essa piuttosto a portare l'uomo di fronte alla sua assenza di voce, alla sua afonia, mettendolo, con ciò, puramente e immediatamente di fronte al linguaggio? Unaprima versione di questo scritto è stata letta al Collegio Ghisleri di Pavia il 27 aprile 1983. 6 bertanieditore Via S. Salvatore Corte Regia, 4 37121 • Verona - Italia -Tel. 045/32686 MARIO GAUIGNA CONOSCENZA E DOMINIO Le scienze della vita tra filosofia e storia post-fazione di Jacques RORer DINO COFRANCESCO DESTRAESINISTRA Per un uso critico di due termlni-c:hlave Destra e Sinistra />,r .,,. w.,o ffltko " - wr,nlttl•clt1'1• ·- ...... WANDA TOMMASI MAURICE BLANCHOT: LA PAROLA ERRANTE Con un saggio Introduttivo di Giorgio Fnncl, DISTRIBUZIONE: RETI REGIONALI 6 bertanieditore MirkoD. Grmek Le malattie all'alba della clvlltà occidentale Ricercheaulla realtà patologicanel mondo greco prelatorlco, arcaicoe claaalco Dai miti di Omero alla scienza ippocratica, l'archeologia di un mondo segnato dalle malattie: l'antichità degli eroi sconvolta da morbi crudeli, dai grandi assassini di cui la storia non parla HansKelsen L'amor platonico Eros omosessuale e volontà di potenza alle radici dell'utopia platonica: una sorprendente incursione di Hans Kelsen nei territori della psicoanalisi MartinJ. 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