Alfabeta - anno VII - n. 68 - gennaio 1985

Leonora Carrington Il cornetto acustico Milano, Adelphi, 1984 pp. 182, lire 16.000 << Questo l'ho scritto tanti anni fa, quando ancora credevo che l'umanità si sarebbe salvata», diceva Leonora Carrington l'anno scorso nella sua casa di New York, davanti al televisore spento sul programma «The Day After». L'umanità che si sarebbe salvata nel suo romanzo, The Ear Trumpet, è composta di gatti, lupi mannari, api e capre. A consentirne la sopravvivenza è «un esercito composto di api, lòpi, sei vecchie, un postino, un cinese, un'arca a propulsione atomica e una lupa mannara». Questa fisionomia del futuro - annunciata dal romanzo - lo restituisce alla fiaba e al mito, al racconto e al silenzio. «Dopo la mia morte - dice la vecchissima eroina del romanzo - i cuccioli mannari continueranno il diario sulle tre tavolette di ceri!.» Ma, affinché l'umanità possa tornare a questo mondo iniziale, o finale, a questa 'fine della storia' che scrive il proprio diario, l'esercito sopradescritto ha dovuto riconquistare le due matrici del racconto: il dominio della. Dea e la sacra coppa del Graal. È una conclusione che piacerebbe a un altro narratore inglese in volontario esilio: Robert Graves (come lui, Leonora Carrington è inglese, ma vive fuori del suo paese: Francia, Spagna, poi Messico e ora New York). Anche Graves ha la stessa profonda, beffarda fede nei poteri redentori della Dea (divinità matriarcale, origine e ispirazione della poesia), tradita dagli uomini che si sono affidati a un dio maschio. In un mondo che si rigenera sotto il segno femminile, è più difficile spiegare l'alleanza fra la Dea e il Graal. Il Graal, il calice in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue di Cristo, e col quale fuggì sulle coste gallesi - meta e ambizione di tutti gli eroi che sedettero alla tavola di Artù - appartiene al ciclo di leggende bretoni, ciclo di avventure maschili, dove la donna è soltanto supplica, premio o tentazione. La sua forma però (una coppa piena di sangue), che nella leggenda si accompagna alla lancia e a due candelabri, ne fa un emblema femminile (Leonora Carrington è lettrice di Marie Louise von Franz). Consegnato alla Dea, il calice viene sottratto al suo contesto maschile di mistero e di avventura. E tuttavia, emigrando dal dominio maschile a quello femminile, il calice porta con sé il talento divino di suscitare avventure e il loro racconto. Il Graal è l'oggetto mediatore che trasforma la poesia (ispirata dalla Dea) in narrazione (ispirata dall'eroe). Diversamente dalfa Dea, che come tutte le divinità antiche era scomparsa nell'oblio, il Graal non è mai semplicemente dimenticato, ma è nascosto in un luogo dove la curiosità e la castità (virtù femminili di cui gli eroi delle leggende sono infatti privi) potranno scoprirlo - e, nel Cornetto acustico, curiosità e castità sono le virtù inevitabili della tarda età delle eroine. A questi due archetipi narrativi se ne aggiunge un terzo: Taliesin (il postino), il bardo celta, il cantastorie. Ed è così che una storia che comincia con la sordità e il reg;ilo di un cornetto acustico (chi è sordo non può ascoltare storie) si compie con la riconquista delle tre componenti narrative: la Musa, il narratore, l'oggetto perduto. E produce, come ogni storia, la sospensione della sentenza di morte, - in questo caso, la fine del mondo umano. Che oggi Leonora Carrington non creda più che l'umanità si possa salvare è forse segno di una perduta fede nel narrare? Credo piuttosto che sia oggi in cerca, ancora una volta, del proprio narrare come ogni grande narratore, così come, grande pittrice è oggi di nuovo in cerca della propria pittura. Perché, com'è già chiaro, Leonora Carrington appartiene alla razza dei narratori, e non a quella dei letterati. È una pura narratrice, come Taliesin, una messaggera di storie, una narratrice antica, fedele più all'oralità che alla scrittura. La stesura dei suoi racconti e romanzi ha la stessa irresolutezza delle trascrizioni apocrife dei poemi antichi trasmessi di bocca in bocca prima che qualcuno li raccolga. Di nessun racconto o romanzo di Leonora Carrington sembra esistere l'originale, o la versione definitiva. Lei stessa non ricorda, spesso, come il racconto si adagiò sulla pagina. Sempre avventurosa è perciò la storia delle sue pubblicazioni. Down Below ( Giù in fondo, Milano, Adelphi, 1979) uscì per la prima volta in inglese nel febbraio del 1944, ma tradotto dal francese (En bas) lingua originale del racconto che Leonora Carrington non conosce quasi. L'opera di depositario delle storie di Leonora Carrington la svolse per moltissimi anni (e fino alla sua morte), con amore, devozione e umorismo, Henri Parisot, curatore e traduttore in lingua francese di quasi tutta la sua opera; grazie a lui la patria letteraria di Leonora Carrington è la Francia, dove la maggior parte dei ,suoi scritti fu pubblicata per la prima volta. È il caso del Cornetto acustico, scritto intorno al 1952, quando Leonora aveva 35 anni, perduto poi per dieci anni, finché non se ne trovò un'altra copia, pubblicato in Francia nel 1974 e in Inghilterra nel 1977. La traduzione è stata però condotta su un dattiloscritto che differisce in diversi punti sia dal1' edizione inglese che da quella francese: queste differenze fra i tre testi non consentono di stabilire fra loro l'originale, ma sembrano tutte rimandare a un testo precedente, perduto o nascosto come il Graal, di cui tutti e tre avessero diversa memoria. 11 fascino del racconto non smentisce la sua origine misteriosa, nel suo andamento insieme fiabesco e comico, dove dietro la fiaba si riconosce sempre la vita reale, e dietro la vita reale, la fiaba. Un esempio di questo appare proprio all'inizio, dove Marion Leatherby si descrive come una donna vecchissima che vive nel retrocortile della casa del Bisnipote. Nelle Radici storiche dei racconti di Fate, Propp spiega come la maga delle fiabe sia spesso chiamata semplicemente la vecchietta del retrocortile. È così quietamente annunciato il destino fiabesco e magico di Marion; della quale esiste, in un accogliente inferno, un doppio-maga che comparirà alla fine della storia. Altrettanto ironico è probabilmente il nome Carmella dell'amica centenaria di Marion (che esita nel dattiloscritto fra Carmela e Carmilla), e il riferimento alla vampiressa di Sheridan Le Fanu. Ma nel romanzo s'intrecciano anche altri fili, che ritroviamo nella tessitura dei racconti di Leonora Carrington, e che rimandano, attraverso di essi, alla tradizione fiabesca: la cucina e il gelo. Che la cucina nei racconti e romanzi di Leonora Carrington provenga dalla fiaba lo rivelano due suoi aspetti ricorrenti: l'antropofagia e gli aromi. Come la matrigna della fiaba di Grimm, Il Ginepro, cucinava il figliastro con sale, aceto ed erbette, così anche Marion affronta la morte e resurrezione cuocendo in un calderone insieme a una carota e due cipolle. Jacqueline Chénieux (che ha raccolto in Francia l'eredità di Parisot nella cura degli scritti della Carrington) fa osservare come spesso nelle sue storie «il crudo sia oggetto di orrore», mentre il cotto debba essere piuttosto bollito che arrosto; e cita a questo proposito Le Triangle culinaire di Lévi-Strauss: «Il bollito offre un metodo di conservazione integrale della carne e dei suoi succhi, mentre l'arrosto si accompagna a distruzione e a perdita». È nel calderone che la vecchiaia di Marion si fissa in una perpetua leggerezza. Il gelo compare spesso in quei racconti i cui protagonisti sono cavalli, e annuncia che qualcosa di sfrenato, festa o assassinio, sta per accadere; il mondo, nel gelo, esce dai gangheri; come appunto fa nel Cornetto acustico. Del gelo, Leonora Carrington fornisce la chiave fiabesca: La regina delle nevi·, di Hans Christian Andersen. O meglio, l'illustrazione della fiaba, perché la memoria e l'origine dei racconti di Leonora sembra piuttosto raccolta in immagini che in parole («Il libro. Ora lo vedo, Le Fiabe di Hans Christian Andersen, La reginadelle nevi»). Si veda il racconto The Sisters, nato dal quadro di Max Ernst (di cui Leonora Carrington fu la compagna) La Toilette de la Mariée. Il caldo, invece, ha più a che fare con la morte, come appare in un racconto dove un fruttivendolo veglia da anni piangendo il corpo della moglie, e medita di coltivare al suo calore dei pomodori. La regina delle nevi non richiama solo il gelo, ma altri elementi del romanzo, apparentemente eterogenei, come lo sciame di api (nella fiaba, la Regina delle nevi è una sorta di Ape regina al centro del suo sciame bianco); il calderone; la Lapponia. Ma fiabe, miti, magia forniscono puri ingredienti; il romanzo ne rovescia, mescola, beffeggia ì1 significato; così l'inferno diventa il luogo della rigenerazione e sopravvivenza; i lupi mannari, timidi e raffinati propagatori della specie o0 umana; e la vecchiaia, il volto della nuova specie. In questo mondo capovolto vi è una figura che emerge, come se per la prima volta i suoi tratti venissero raddrizzati: la donna. Poiché è la donna che, nella pazzia o nella vecchiaia, nella sfrenatezza o nella dipendenza, Leonora Carrington vuole descrivere. La donna, questa antica figura della nar- ~ ~ ~ ~

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