E, stata definita la più grande catastrofe industriale di tutti i tempi. La tabella dei più gravi incidenti industriali del passato - che riprendiamo dal Financial Times - lascia pochi dubbi su questo primato poco invidiabile. Mentre terminiamo questa nota (14 dicembre) nessuno sembra in grado di indicare il numero delle vittime di Bhopal, neppure in modo approssimato. Le fonti ufficiali indiane ammettono ora che i morti sono più di 2.000; ma alcuni organi di stampa indiani (cfr. La Repubblica, 13 dicembre 1984) parlano di una cifra almeno doppia. Del resto, il numero delle vittime non è il solo aspetto della vicenda su cui le informazioni sono scarse o vaghe. La Union Carbide, il gruppo chimico americano cui appartiene la fabbrica di Bhopal, ha dichiarato di non essere in grado di fornire una chiara spiegazione delle cause della fuga del micidiale gas che ha provocato la strage, l'isocianato di metile, su cui l'impianto lavorava per produrre un potente pesticida (cfr. Financial Times, 10 dicembre 1984). Anzi, la Union Carbide ha fatto sapere di non possedere neppure i disegni dettagliati dell'impianto, nell'evidente sforzo di addossare ogni responsabilità alla sua filiale indiana (Financial Times, 12 dicembre 1984). In un simile contesto, l'analisi delle informazioni disponibili risulterebbe oltremodo aggrovigliaL e botteghe di ferramenta espongono enormi lucchetti, gigantesche serrature, mastodontiche porte blindate; ma, se per qualunque merce esposta voi chiedete: «è sicura?», la risposta è standard: «Il ladro, se vuole, entra dappertutto». Risposta che indica la direzione verso cui è andato e va lo sviluppo tecnologico; esso offre sempre più possibilità al ladro di entrare nelle abitazioni altrui che agli abitanti di impedirglielo. I ladri in casa danno fastidio anche se non arrecano danno, è il loro stesso passaggio, la loro presenza in assenza che lascia interdetti e offre un senso di frustrazione in più. La violazione dello spazio personale, ripetibile in qualunque momento, toglie sicurezza e, se ripetuta, la voglia di vivere nell'abitazione liberamente visitata. Il ladro entra nel 'luogo-casa', ma interviene nello 'spazio-mente'. In una società che propone i valori 'casa', 'denaro', 'io da solo o con i miei', l'evento ladro in casa è considerato grave, eppure, in una città in vendita come Milano ad esempio, è 'normale'. È normale che accadano cose gravi. Togliendo 'valore' alle merci, entrare e uscire tutti dalle abitazioni di chiunque, non appena questi si assentino, può essere solo un gioco? Potrebbe essere considerata una curiosità, un desiderio di conoscenza dell'uno per l'altro. Non dà forse piacere sbirciare tra le carGiornale dei Giornali Bhopal Index - Archivio Critico dell'Informazione ta, incerta e traballante. Inoltre, la situazione è tuttora in evoluzione; è imminente il tentativo di riavviare l'impianto per smaltire l'ingente quantitativo di isocianato rimasto al suo interno; l'annuncio sta provocando un esodo in massa della popolazione di Bhopal, una città che sfiora il milione di abitanti. Perciò orienteremo l'analisi, più che sul contenuto delle notizie, sulle modalità con cui la stampa le ha trattate e trasmesse, utilizzando un campione di sei quotidiani italiani (cinque 'indipendenti' e uno di partito, ['Unità) e tre stranieri (il francese Le Monde, !'inglese Financial Times e l'americano Wall Street Journal), nel periodo dal 4 al 13 dicembre. Dal punto di vista della rilevanza assegnata alle notizie e ai comIndice della comunicazione menti sui fatti di Bhopal, troviamo ai livelli massimi il Financial Times, ai minimi il Corriere della Sera, La Repubblica e Il Giorno. Infatti, il quotidiano londinese non solo mantiene costantemente l'argomento in prima pagina, ma addirittura nei titoli di testa. Per contro, nei tre giornali italiani menzionati il tema ricorre in prima pagina solo due volte (con l'avverMezzie opinioni Index - Archivio Critico dell'Informazione te 'segrete' dei conoscenti? Resterebbe la violaziohe dello spazio-mente, ma in un contesto completamente diverso. Lo sviluppo tecnologico offre, in ogni settore, potenzialità per incrementare la conoscenza di tutti; ma, nell'attuale sistema, esse vengono regolarmente trasformate in potenzialità di arricchimento di pochi e di potere dei già più forti. Il mercato è il 'luogo' che garantisce il perpetuarsi del meccanismo. Se poi il mercato è 'libero' la garanzia è totale. Il più forte viene infatti liberato dal peso delle legft(_e può liberamente imporre a tutti le sue condizioni. Pierre Mauroy ha ricordato al convegno di Bologna su «Stampa e opinione pubblica» (29 novembre/2 dicembre) la risposta di Voltaire a chi gli chiedeva quale differenza vi fosse tra libertà d'opinione e libertà di stampa. Quello stesso giorno Alberto Cava/lari scriveva su Repubblica la risposta di Voltaire (Libertà di stampa, 2 dicembre 1984, p. 6) a proposito delle possibili decisioni che Usa e Inghilterra possono prendere a danno del/' Unesco. È un segno che l'ovvio, la banale verità, riescono ancora a trovare spazio, non vengono del tutto taciuti. È così adesso palese che la libertà di stampa esiste solo per chi può pagarla, e costa cara. In Italia, dove non è vietata, esistono un'ottantina di giornali quotidiani e ancora meno sono le imprese che li producono. Delle televisioni non parliamo neppure, afflitti come siamo da un duopolio che ci schiaccia versopolitiche sudamericane ed economie da sottosviluppo (cfr. Alfabeta, n. 64). Per avere libertà di stampa e, più in generale, di comunicazione, occorre allora rendere la stampa indipendente dal denaro. Questa è la tesi sostenuta a Bologna da Mauroy. Ecco l'eliminazione della finzione 'libero mercato' e laproposizione d'eguaglianza tra libertà di stampa e d'opinione; liberate dalla necessità del denaro. « La necessità è un male ma non v'è alcuna necessità di vivere nella necessità», suggerisce Epicuro. Tuttavia gli ascoltatori delle radio private francesi sono scesi in piazza per protestare contro la chiusura di cinque emittenti che violavano la legge trasmettendo con una potenza d'uscita superiore ai prescritti 500 Watt. Maggiore potenza vuol dire possibilità di essere ascoltati lontano dalla propria sede, una maggiore copertura, che vuol dire una maggiore audience, che vuol dire più pubblico da vendere, che vuol dire più pubblicità, che vuol dire più soldi. Fortunatamente il lettore italiano è stato subito informato della protesta, ma, non essendo mai stato informato sul modello che il Governo francese persegue nel sistema dell'informazione, ha subìto i resoconti senza avere la possibilità di comprendere la portata della protesta. Se poi osserviamo uno dei servizi più lunghi dedicati ali'evento (V. Zucconi, Parigi vuole il suo Berlusconi, La Repubblica, 14 dicembre 1984, p. 1) troviamo tanta superficialepresunzione, ed anche vistosi errori («ci siamo impegnati a un progetto 'cavo', legato alla diffusione anche dei 'teletext', più avanzato della tv via onde hertziane» - il teletext è un sistema di trasmissione via «onde hertziane»), e una pertinace volontà nel far passare per arcaica la politica del Governo di sinistra, impegnato in una 'battaglia di retroguardia' contro la 'regina del pop-rock-break', da far crollare a zero la speranza del lettore di conoscere i fatti e il loro perché. Sull'evento riteniamo che siano proprio gli ascoltatori ad essere conservatori, chiedendo un sistema già usato e sperimentato in tutto il mondo, e a condurre 'una battaglia di retroguardia' per impedire sviluppi più nuovi del mezzo radio. Basta con i vecchi errori, facciamone di nuovi. Ma è solo un'opinione. Vi sono giornalisti e uomini politici che spesso del tutto casualmente ruotano attorno al sistema dell'informazione, ne parlano, ne scrivono, random, ne adottano la terminologia, random, credono sempre nelle stesse favole. Ancora nel 1984 si legge che «Strano: in tempi non sospetti, l'attacco al monopolio statale è stato portato protenza che La Repubblica non è uscita per uno sciopero il giorno 4, all'indomani dell'incidente, e presenta quindi un ritardo rispetto agli altri quotidiani). Nel Corriere della Sera e nella Repubblica, in sostanza, troviamo in prima pagina la notizia dell'incidente e - in seguito- un articolo di commento; poi le notizie da Bhopal passano nelle pagine interne. Il Giorno è lento di riflessi: il 4 dicembre porta la notizia dell'incidente in quinta pagina; il tema compare in prima pagina solo il 5. Poi vi ritorna il 6 con una 'finestra'; il 7 passa in settima pagina, infine scompare completamente fino al 13 (articolo in quinta pagina). Si distaccano dal comportamento degli altri giornali italiani in esame La Stampa ( che porta 6 volte l'argomento in prima pagina) e Il Giornale (4 volte). Anche l'Unità colloca Bhopal in prima 4 volte, ma occorre aggiungere che a partire dall'll dicembre l'argomento scompare anche dalle pagine interne. Il lettore che abbia avuto la pazienza di seguire questi dati potrà constatare come, nel complesso, i maggiori quotidiani italiani abbiano assunto sui fatti di Bhopal un atteggiamento di basso profilo, poco consono alla «più grave catastrofe industriale di tutti i tempi». Prima di saltare alle conclusioni, però, è opportuno operare altri confronti e approfondire qualche aspetto illuminante. prio dalle opposizioni di sinistra» (G. Zincone, Un po' di noia un po' di luna park, Corriere della Sera, 30 novembre 1984, p. 1). Ma quando mai? E poi i tempi, e non solo quelli, erano proprio sospetti. I mezzi di comunicazione di massa sono così impegnati a far credere vero quello che scrivono che lo credono vero loro stessi. I fatti e la storia non li riguardano, sperano che per semplice effetto di ridondanza ciò che scrivono diventi vero per davvero. Intendeva questo l'ex direttore del Grande Quotidiano quando ha affermato «la Storia la fanno gli storici»? E i popoli, e le genti? Al convegno di Bologna la comunità scientifica era d'accordo su questo e i momenti migliori sono stati rappresentati dall'incomunicabilità che percorreva i discorsi di studiosi e di giornalisti. Quando poi l'ex direttore ha detto che il Watergate è stato un esempio lampante di libertà di stampa, un professore dell'università di Stoccolma ha avuto un sobbalzo e, in spagnolo, ha detto sgomento: «Ma esto non intiende nada de nada!» È possibile che da Caos nasca l'universo della comunicazione. Ma può la volgare tracotanza di un mercante dalle lunghe dita ordire la distruzione di Gioventù bruciata a suo esclusivo fine di lucro?
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