Ladecisionme edica L a medicina clinica è così fatta: che ad ogni momento della sua pratica esige siano prese delle ,decisioni o, per dirla con gli autori di un recente volume sull'argomento 1 , il medico, curando i pazienti, deve continuamente decidere intorno a punti alternativi. Una questione complicata Secondo il più classico degli approcci, rinviante all'etimo latino della parola, decidere vuol dire tagliare, troncare, e precisamente troncare la fase della deliberazione, cioè della scelta di una delle diverse possibilità considerate, per passare alla fase esecutiva. Senza il momento della decisione le deliberazioni più ardite restano un semplice discorso o un progetto «sulla carta», fluttuante riel limbo delle possibilità non realizzate. Punto di uno svolgimento ordinato nel tempo, intermedia tra il dire e il fare, la categoria della decisione segna anche la differenza tra un'attività consapevolmente diretta a ottenere certi risultati e la prassi cieca, inconsapevole, o comunque frutto di tendenze non stabilite attraverso un momento deliberativo. Tutte cose che il vecchio Aristotele sapeva benissimo: l'espressione «compiere un'azione», notava, presume un soggetto che la compia, un agente, e se è usata in modo corretto non può includere il caso di chi non sa quel che fa, né quello di chi è costretto a fare o non fare qualcosa; si tratta infatti di situazioni nelle quali manca l'elemento fondamentale della prohairesis ossia della risoluzione o decisione. Questo tipo di approccio, piaccia o meno, continua ad essere un punto di riferimento delle indagini attuali sul tema; la decisione è la premessa necessaria di ogni azione propriamente detta - dunque non del generico evento, del factum o del casus -, e la S!lastruttura normativa è definita da due caratteristiche generali: la volontarietà e l'intenzionalità. L'una si ha quando l'agente sceglie liberamente cosa e come fare conoscendo le circostanze prossime e rilevanti della sua azione; l'altra quando l'agire è in vista di qualche fine stabilito. Precisazioni che, pur accennate già nell'Etica Nicomachea, ritroviamo in qualunque testo contemporaneo si occupi di questo genere di problemi e che già di per sé sono in grado di suggerire l'ampiezza e la complessità del tem'a, la fitta rete di connessioni con altri aspetti della riflessione contemporanea e perciò il suo coinvolgimento diretto o indiretto nei dibatti attualmente in corso. In primo luogo attraverso la questione squisitamente filosofica del soggetto: senza di questo, singolo o collettivo che sia, non si può parlare né di decisione né di azione; tutto viene assegnato al fluire degli accadimenti, allo spazio della fatalità, in un Weltbild al cui fondo è la considerazione dell'uomo come elemento passivo dell'universo agito da forze indominabili: la lingua, le «ferree leggi dell'economia», il «gene egoista» o l'essere reale oggettivo della metafisica classica. In tal caso parlare di decisione non ha alcun senso; la decisione, un po' come l'impegno, si prende in prima persona, talvolta insieme ad·altri, non sempre in circostanze desiderate - il ricordo corre alla celebre affermazione marxiana che gli uomini fanno bensì la storia, ma non nelle circostanze da loro scelte - e ciò rimanda a una filosofia, per così dire, della presenza, «al di qua» del soggetto; il che non vuol dire pensarlo all'interno di vecchi schemi filosofici come elemento trasparente di una pacifica coppia soggetto:oggetto, ma segnare la differenza tra l'accadere e l'agire che, quanto meno da una certa prospettiva, possono essere messi tra loro in un rapporto simile a quello del genere con la specie. Si dice: è successo qualcosa, e si specifica poi se è opera di un agente che ha deciso in tal senso o che non era intenzionato a compierla, oppure se è il risultato di concomitanze varie senza un soggetto. Si arriva così al secondo punto che riguarda specificamente la complicata sfera morale: l'imputabilità per o la responsabilità di un'azione sono da sempre un modo di procedere ineludibile nel molteplice movimento delle relazioni umane o, detto in altri termini•, le azioni e le decisioni che le hanno avviate giacciono sotto il sengo della possibilità di essere diverse e quindi valutabili in senso positivo o negativo, esposte al plauso o alla condanna. Su questa possibilità di decidere e di agire diversamente da come si è fatto, cioè sull'esistenza di alternative, si fondano le condizioni stesse per i giudizi di scacco o di successo sulle decisioni e sulle azioni irrilevanti dal punto di vista morale, e per quelli di bene o male, giusto o ingiusto sulle decisioni e sulle azioni moralmente rilevanti. Ernesto Mascitelli È appena il .caso di ricordare che i principi del diritto trovano qui la loro fondazione, ma è forse opportuno tener presente che il declino dell'idea di soggetto e con esso dei suoi attributi essenziali, compresi quelli connessi con la possibilità di prendere l'una o l'altra decisione, comporta al limite il dissolvimento di ogni responsabilità e l'arbitrio totale del più forte. Saper decidere Il terzo punto da considerare riguarda l'aspetto per così dire conoscitivo della decisione, il suo rapporto col sapere, ovvero il fatto che chi decide deve farlo in rapporto alle informazioni e alle cognizioni di cui è in possesso, incluse quelle relative alla previsione sull'esito dell'azione che si accinge a intraprendere. Si entra per questa via obbligata nella sfera dominata dalla probabilità, argomento tanto controverso quanto ineludibile ogni volta sia necessario gettare uno sguardo sul futuro. Ci si trova infatti subito di fronte a grosse difficoltà: innanzitutto a quella di dare una soddisfacente definizione di probabilità «oggettiva»; De Finetti, per citare solo uno dei massimi studiosi del problema, ha indicato tra le idee confuse e spesso contraddittorie che gravano su questo settore del sapere, oltreché la nozione stessa di probabilità oggettiva, prima la presunzione di far valere calcoli e misure idonei per un evento in senso stretto, inteso cioè come caso unico perfettamente specificato in precedenza, anche per combinazioni di eventi o per altri tuWaltro che definiti in anticipo; patia noncuranza del fatto che i dati manipolati non sono provvisti di alcun senso assoluto ma sempre relativo allo stato delle nostre conoscenze sul casd; infine la moltiplicazione di termini e di espressioni che, dietro il lessico matematico, risultano vaghi quando non privi di significato o fuorvianti. In breve, non appena si esce da un campo di fenomeni per il quale si può assumere irhe tutti i fattori in gioco sono noti, si urta contro nuovi ostacoli; si passa, dalle probabilità oggettive, misurabili sulla base delle frequenze osservate, alle probabilità «soggettive» che misurano, se il termine non è troppo pretenzioso, la forza di convinzione di un soggetto sul futuro accadere di un determinato evento. Nel primo caso si parla di decisioni in condi- •zioni di rischio, nel secondo, il più diffuso in concreto, di decisioni in condizioni di incertezza. Nel dare queste sommarie notizie, il cui scopo è solo quello di fornire un'immagine della complessità del tema, si sono già toccati diversi luoghi del sapere: dalla filosofia del soggetto all'espistemologia, dall'etica alla logica. Molti altri non sono stati nemmeno sfiorati: il cosiddetto decisionismo, per esempio, la teoria dell'azione, gli sviluppi del concetto heideggeriano di Entschlossenheit, il ruolo delle nozioni di rischio e di programma nella sociologia di Luhman, ecc., in cui variamente il peso della categoria «drammatica» di decisione ha una sua funzione specifica. Ma è forse nel campo delle discipline economiche che si è cercato con maggiore insistenza di comprendere come è fatta e dev'essere presa una decisione razionale; qui una vastissima letteratura, inclusa un'intera collana di testi specializs zati, ha presentato.calcoli ed assio-. mi, formalizzazioni e .analisi del: l'intera questione; studiosi come Marshak e Harshanyi, Am;iw e Morgenstern, vi hanno dedicato studi lunghi e complessi; il teorema di Bayes (1763), bestia nera di molti astratti calcolatori di improbabili probabilità, è stato ripreso e ridiscusso; i limiti etici di vario genere, senza i quali le azioni più utili in campo economico sono palesemente la rapina e la pratica della schiavitù, sono stati introdotti come fattori definenti gli estremi di una gamma di possibili attività. Naturalmente i risultati incontrovertibili sono pochi e forse consistono principalmente nell'aver tracciato un quadro delle difficoltà teoriche e pratiche insite nel problema. Comunque sia le questioni essenziali del nesso tra sapere evolere, degli effetti collaterali e differiti nel tempo di un «progetto», della responsaiblità dell'agente, delle probabilità in condizioni di incertezza, ed altri ancora sono stati almeno toccati. Decisioni incerte Ma perché questo scritto si apre con un'affermazione intorno alla medicina clinica e procede poi in direzioni diverse, apparentemente lontane? Perché è dall'insieme di considerazioni e ricerche svolte prevalentemente nel campo dell'economia, a contatto con altre scienze, che si è sviluppato l'apparato concettuale necessario per l'analisi della decisione. Si tratta infatti di studi cresciuti al di fuori della sfera clinica dove, più che altro, si è fatto uso di nozioni e procedure probabilistiche che costituiscono solo una parte dell'atto decisionale; poco rispetto all'ampiezza del problema e alla quotidiana necessità di prendere decisioni cliniche; d'altra parte il dominio di una certa immagine del sapere, scientifico e non, ha evitato a lungo di sostare intorno alle zone d'ombra, ai margini incerti in cui l'ordine razionale stabilito deve misurarsi con elementi indecifrabili nei suoi codici. L'uso di nozioni come «utilità attesa» o «preferenza», mutate appunto dagli studi economici, porta a interrogarsi su questioni di drammatica consistenza come quelle sulla qualità della vita - i vecchi clinici la proponevano nella forma del dilemma: più anni alla vita o più vita agli anni - o quelle riassunte dalla domanda centrale: le preferenze di chi devono costituire la base delle decisioni cliniche, quelle del medico (valutazione dell'esperto guidata dalla probabilità) o quelle del paziente (rifiuto di certe condizioni d'infermità)? Si ritorna in tal modo e dall'interno di una trattazione tecnica a tutta una serie di problemi e di temi di carattere ~ ... generale affioranti dalla pratica cli- .s .:::\d: nica, a dimostrazione che i dub~i, ~ ,.,.,_,.,.,.,,.., 1 b 1 . . t d. . d. t ~ ;JifM: e om r~, e m~me ~ 101 1un s1:-: ''\ ,j?f tore ~~s1poco f1losof~c?come quel- ~ è,: .. •• lo chmco hanno rad1c1profonde e -. ,9 conseguenze lontane. c::s .::: .::: ~ b-0 ~ Nota (1) Cfr. M.C. Weinstein-H.V. Fine- c::s berg, L'analisi della decisione in medi- ] cina clinica, Milano, Franco Angeli, ~ 1~4,w.~s. ~
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==