t--.. ~ <::3 .s ~ c::i.. ~ O\ ....... .si <::3 s: ~ i:)() ~ ~ ~ Murray Bookchin Ecologia della libertà trad. di A. Bertolo e R. Di Leo Milano, Antistato, 1984 pp. 548, lire 20.000 L'anarchismo nell'età dell'abbondanza trad. di M. Buzzi Milano, La Salamandra, 1980 pp. 196, lire 6.500 «Finché non diventeremo ciò che dovremmo essere, faremo bene a vivere con il timore di ciò che possiamo essere.» Murray Bookchin U na delle voci più ascoltate della controcultura americana degli anni Sessanta, Murray Bookchin è oggi un ispiratore dei movimenti ecologici del continente nordamericano, in accordo a una tradizione federalista, libertaria, utopica tipica del pensiero radical. L'impianto concettuale di Bookchin, e il suo dipanarsi strategico., è caratterizzato da una critica radicale della civiltà occidentale; il pensiero e la cultura borghese, al suo sorgere nel XVI secolo e alla sua affermazione illuministica, sono il centro focale dei suoi strali. La chiave di volta che fornisce il senso e il verso della civiltà occidentale, è il dominio dell'uomo sull'uomo e dell'uomo (della scienza e della ratio) sulla natura. Sulla scia dei lavori di Clastres, anche Bookchin si interroga sulla cesura che separa e differenzia nettamente le società senza stato e le società di stato, le società organiche e le società storiche. Ma tale cesura non è unica nella storia, potendosene identificare diverse sia nelle società «pre-letterate» (imperi e comunità indiane), sia nella società medievale (per esempio chiesa ed eresie), sia nelle società moderne (differenziazione sociale e nascita dello stato). L'ecologisaociale Accanto ai processi di sfruttamento, si vanno parallelamente sviluppando processi di dominio politico che si innervano fin dentro le società libere, giacché «la violazione della società organica è latente» in questa stessa. Bookchin in altri termini vede con precisione una «graduale politicizzazione», ed istituzionalizzazione, aggiungerei io, «di importanti funzioni sociali», prima auto-affidate al corpo sociale secondo dinamiche cooperative, di scambi egualitari, di deleghe temporanee e revocabili, di rigide competenze temporalmente delimitate, di rotazione degli incarichi rilevanti. L'irruzione del principio gerarchico ha determinato la politicizzazione, e quindi la frattura tra società civile e società politica, e poi la statalizzazione della società. Disciplinamento, regolamentazione, coniugazione di istruzione e controllo sociale, sono resi possibili dal programma scientifico dell'uomo sulla natura. È in questo preciso momento che Bookchin monta la sua critica ecologica, preoccupandosi di smantellare il mito perverso della natura come «area edificabile» che ne ha distorto l'immagine, costruendone artificialmente un'altra dominata dalla scarsità. Lo s-fondamento di tale mito è operazione necessaria in vista del recupero, o meglio della ricostituzione, del continuum tra «prima natura» e «seconda natura», dissolvendo una volta per tutte !'«incantesimo» che soggioga gli uomini e la natura. Bookchin smonta la tradizionale immagine della natura «avara e scarsa», a fronte di bisogni naturalmente crescenti, quasi-esponenziali, dimostrandone l'infondatezza storica, e analizzando la morfogenesi della costruzione simbolica produttiva di reale, che Bookchin data nell'economia politica vittoriana, e alla quale nemmeno Marx sfugge, ipotecando così, alla radice, la sua stessa critica dell'economia politica, speculare a quella classica sul versante del rapporto Salvo Vaccaro umanità-natura. La trappola vittoriana infatti irretisce e cattura Marx proprio nell'identificazione del lavoro come cerniera, come «ricambio organico» tra uomo e natura. Bookchin critica con toni accesi e appassionati insieme la matrice manipolatoria del lavoro verso la natura, la sopravvalutazione delle tecniche del lavoro, di cui Marx, nel registrare fedelmente le connessioni con l'economia politica, è incapace di coglì'ere nel contempo la matrice sociale impregnata di gerarchia nei rapporti umani e di violenza nei rapporti con la natura. Nel lavoro come «ricambio organico» vive tutto un mondo vittoriano di sfruttamento intensivo, il mondo etico del capitalismo nascente, ritratto di una natura «avara» e di bisogni «naturali» cui occorre far fronte con il «duro» lavoro. È così trascurato l'insegnamento di alcune società pre-letterate, e di spazi sociali rappresentati in utopie medievali (Paese della Cuccagna, l'abbazia di Thélème) e poi romantiche (su tutte il Falansterio di Fourier), dove il lavoro, nel senso di intervento compensativo di uno scambio ineguale uomo-natura che si ritorce in ultima analisi e contro l'uomo e la sua libertà, e contro la natura stessa stuprata, viene abolito e sostituito con forme «ludiche» di relazione uomo-natura piene di sensibilità ecologica, di «realizzazione» che è insieme «rivelazione» ed «espressione» della natura generosa. 11riferimento a Fourier (ma anche a de Sade) non è casuale, in quanto Bookchin radicalizza la differenza felicità/piacere, sottolineando come in esse viva una tensione di vita capace di scardinare la disciplina e la regolamentazione tipiche del dominio, senza che si pervenga ad un dissolvimento di ogni tessuto di cooperazione interumana. Anzi, è proprio nel piacere che Bookchin ripone le risorse energetiche necessarie per imprimere un movimento di rottura e di decollo dalle condizioni attuali d'esistenza. Del resto, non bisogna dimenticare quanto la felicità sia stata l'oggetto precipuo dei primi teorici «organici» dello stato borghese nascente nel XVIII secolo, in tutta la trattazione costituzionale-amministrativa dei primi scienziati della Polizia (De la Mare, von Justi, Godwin, per citarne alcuni). Nella sua critica, Bookchin non si rifà esclusivamente alle società organiche pre-letterate (verso le quali in ogni caso non cede a vane tentazioni nostalgiche del «lost heaven»), ma ripesca una parolachiave di Aristotele; quel concetto «decisivo» di nÉQa5 che consente l'ecologia della società a misura d'uomo. Lo scatenamento del progresso (sia sul versante della produzione, delle forze e delle tecniche, sia sul versante della circolazione, con la crescita istruita illimitata dei bisogni) «libera» l'irrazionalità dalla «saggezza» e dalla «prudenza» della ratio greca; la critica adorniana serve a Bookchin per ristabilire la legittimità del néga5 come frontiera ecologica tra uomo e natura, ridando senso e contenuto a quel rispetto e a quella sensibilità che la civiltà occidentale calpesta inesorabilmente. L'affrancamento di Bookchin dal contro-mito delle società organiche diventa evidente proprio nel confronto con il pensiero di Aristotele: criticando la «statualità» della pòlis, Bookchin nel contempo ne mette in luce la stretta connessione ancora esistente tra natura e 'tÉXVlJs,ottolineando le condizioni materiali della 1:éxvri,dell'artigiano, l'immaginario della natura che questi «mima» in un mondo in cui «risorsa» è un termine sconosciuto, e n€gas è lo spartiacque preciso e puntuale del «ricambio organico» uomo-natura. La tecnologia greca ha un legame forte con la società (legame che nel mondo moderno si occulta abilmente sino a rendere vaga l'identificazione della matrice sociale della tecnica). L'uso è strettamente subordinato alla razionalità accumulata che ne presiede la morfogenesi: ecco perché la discriminante tra tecnologia avanzata repressiva e quella liberatoria non consiste per Bookchin tanto, o solo, nella dimensione (small is beautiful) che ne uniforma gli usi possibili, quanto piuttosto nel ribaltamento della logica che funziona da matrice produttiva sia della tecnologia e dei suoi sviluppi nell'ambito delle società contemporanee, sia degli usi ortodossi e alternativi. La critica radicale dell'ecologia deve in ultima analisi riscoprire la matrice sociale della néga5, ancorando saldamente scienza e natura. Bookchin, pur senza citarlo, fa suoi i timori espressi da Enzensberger nel suo Per una critica dell'ecologia politica, operando una netta distinzione tra ecologia sociale e ambientalismo (environmentalism), quest'ultimo nel senso riduttivo, e perciò sminuito, svalorizzato, _didifesa dell'ambiente all'interno dello status quo economico, politico, sociale. L'ecologia sociale, ovvero l'ecologia della libertà, non . è solo «verde», ma ha l'ambizione di rappresentare una svolta radicale, un taglio netto con la razionalità vigente, responsabile degli angosciosi olocausti passati e futuri, tentando di instaurare un diverso stile. È innanzitutto il tentativo di ripristinare l'«unità della natura» infranta in tutte le molteplici relazioni in una «totalità ecologica», «riconciliandola» con se stessa e con la cultura. ~ -O ~ ======,illll,:;:l= --"'""'"""'~ .. ::1~r;it~ftr,211 ===~,====, .. ,,,,,,_·J_{L::::f~iw
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