Alfabeta - anno VII - n. 68 - gennaio 1985

Mµ Black Modelli archetipi metafore Parma, Pratiche Editrice, 1983 pp. 146, lire 10.500 Mary B. Hess_e Modelli e analogie nella scienza Milano, Feltrinelli, 1980 pp. 212, lire 10.000 René Thom «De quoi faut-il s'étonner» in R. Thom, C. Lejeune e J.P. :puport Morphogenèse et imaginaire in Circé. Cahiers de Recherche sur Pimaginaire, n.8-9, pp. 7-90 Suzanne Bachelard «Quelques aspects historiques des notions de modèle et de justification des modèles» in P. Delattre e M. Thellier Actes du Colloque «Elaboration et justification des modèles~ Paris, Maloine, 1979 pp. 3-19 Jeanne Favret-Saada Les mots, la mort, les sorts. La sorcellerie dans le Bocage Paris, Gallimard, 1977 L a storia dei modelli è una storia vecchia, se consideriamo che risale almeno all'idea del Bene in Platone. Ma in effetti la filiazione dell'idea contemporanea di modello è più kantiana che platonica. L'interesse per i modelli si è trasferito dalla filosofia all'epistemologia, e oggi la questione dei modelli non è posta platonicamente come problema dei principi di deduzione della realtà e della verità (o archetipi), ma è posta piuttosto come problema espistemologico della formazione delle oggettività scientifiche. In altre parole, la funzione dei modelli è vista nella costruzione di regioni di oggettività. Si riconosce che il loro compito non è di semplice illustrazione, ma è una vera e propria funzione di portata ontologica. La nozione kantiana di schematismo si riferiva analogamente non a figurazioni fisiche di concetti, ma a regole sintetiche di costruzione (matematica) degli oggetti. La portata ontologica dei modelli si esplica anche come virtù euristica, nel reperimento di nuovi oggetti. Secondo il classico rendiconto di Black, che riprende il tema wittgensteiniano del «vedere come», la virtù cognitiva ed euristica dei modelli è descrivibile come capacità di ridescrizione del mondo. L'efficacia del modello consiste nel mettere due domini separati in relazione cognitiva, in modo che il linguaggio familiare del modello costituisca una lente per riconoscere le proprietà della situazione problematica in questione. È secondo questa dialettica di familiarità/ estraneità che, in un esempio citato da Black, Maxwell «fa vedere» il campo elettrico nei termini delle proprietà di un fluido immaginario incomprimibile. È ovvio osservare che le virtù euristiche e costruttive (trovare oggetti e offrirli al sapere nella forma di costrutti simbolici) non sono proprietà generiche dei modelli, ma sono funzioni che dipendono dai campi locali di applicazione; e che il funzionamento dei modelli La virtù t~eim lii va analizzato in relazione al tipo di discorsività scientifica in cui funzionano. Si osserva però anche che le ricostruziopi dei modelli locali finiscono sempre.per «territorializzare» i modelli in due famiglie di applicazione: modelli predittivi, e modelli ermeneutici. Può essere allora interessante guardare agli orizzonti predittivo ed ermeneutico come a situazioni-limite, e chiedersi a che condizione nei due ambiti siano assegnate ai modelli funzioni costruttive. Si può notare subito che, nelle descrizioni del funzionamento dei modelli predittivi, al modello non sono assegnate funzioni autonome. Il modello non fa che mediare le operazioni della teoria: ha, in altre parole, il compito di aiutare la teoria ad accordarsi col mondo. Mary Hesse dice che un modello (ad esempio, nella teoria cinetica dei gas, le molecole viste come minuscole sfere elastiche, sulla base dell'analogia con un insieme di palSilvana Borutti rienza. Ciò dipende evidentemente dal campo di applicazione. Il compito del modello è guidato dall'esigenza,della mediazione tra teorico e osservativo, perché siamo in UQ contesto in cui il reale tende a essere prodotto nella forma dell'osservabile, e in cui la verità tende a ·essere pensata, almeno a livello di_idea regolativa, come proprietà del mondo, anziché come <:;ostruzionesimbolica. D ove domina lll'predizione, il vero è nell'orizzonte dell'azi9ne che porta sul mondo, o dell'efficacia. In questo senso Thom rileva che c'è analogia tra modello predittivo e magia: in entrambi i casi si agisce in modo analogico sul modello al fine di agire sulla situazione problematica. Si può azzardare una prosecuzione dell'analogia, dicendo che il modello in ambito ermeneutico è piuttosto simile al mito. Penso naturalmente alla rappresentazione mitica come principio d'ordine e costruzione interpretativa intervie- . che ci invita a occuparci dei modelli ne a tirar fuori oggetti dall'impen- . interpretativi, anziché di oggetti sato;.o anche che l'effetto costrutti- dati con proprietà. vo radicale del modello supplisce al fatto che in molti momenti o in molti campi del sapere non è possibile procedere come se si disponesse di oggetti dati con proprietà. In questo senso, la forma ermeneutica del modellizzare ci permette di ripensare l'opposizione classica tra scienze naturali della descrizione, e scienze umane e sociali della comprensione, che abbiamo trovato riprodotta nell'opposizione tra modelli predittivi ed ermeneutici. La forma ermeneutica del modellizzare attraversa tutte le forme del sapere, là dove i dati e gli osservabili cessano di essere pensati come costituenti del reale, e là dove il problema dei dati e degli osservabili comincia a porsi come problema delle procedure simboliche_,retoriche, idealizzanti della loro costruzione. In questa prospettiva, i modelli N ella situazione interpretativa non abbiamo a disposizione- linguaggi strumentali emetalinguaggi come metodologie integrali e autonome, date prima e separatamente, ma semmai sono disponibili quegli stessi linguaggi che ci hanno costruito e ci costruiscono nel nostro sapere e nella nostra identità. Ciò significa che l'interpretazione lega di. un legame circolare,· di precomprensione, soggetto e oggetto. C'è una complicità ontologica tra soggetto e oggetto, complicità che Kant ascriveva alle strutture a priori della soggettività, e che oggi tendiamo piuttosto a collocare nel linguaggio e nei modelli. Psicoanalisi e antropologia appaiono in questo senso discipline esemplarmente ermeneutiche. Pensiamo a come viene trasformata la sile da biliardo in movimento) non è ,,.,.,.,.;,,.,..,,===========================""" tuazione di osservazione in questi saperi. un semplice strumento da confinare nell'evento della scoperta, ma· collocato nel cuore della struttura logica della teoria, in quanto la interpreta (la connette cioè ai"dati sperimentali), e in quanto la estende a nuovi osservabili. na 11 .:~~~!~.d~n?~:e::.r;::c~~: lii m~lò permette di passare da somiglianze i(_\{_:\Jit\\\[}} presupposte (analogia positiva), ad assunzioni su somiglianze tra altre proprietà dei due analoghi (analogia neutra, di cui non si sa f :~~:: ~:1~~;;~:z~o::), 0 ; i:~:~: ,: 1 1:!!!!!llllllllllll 1 !111111 1 1: : :1:11~11~111:1:11it,,~;~!i:=:: predizioni dal modello alla teoria. . È dunque dall'interazione tra modello e teoria che risulta la predizione, o estensione, della teoria a nuove relazioni tra osservabili. Il modello offre la capacità di simbolizzazione e il grado di astrazione necessari a dire qualcosa della cattura dell'oggetto: a rendere cioè colmabile la distanza tra teorico e osservativo, che la nozione classica di teoria come calcolo più interpretazione non riesce a trattare. I n contesto predittivo, è lo statuto relazionale del modello che viene in primo piano. È la teoria che seleziona quello che il modello può dare a vedere (cfr. S. Bachelard, 1979). È la teoria che cancella come analogia negativa le proprietà non rilevanti del modello, e conserva l'analogia tra proprietà che possono portare a predizioni e controlli empirici. Il modello alla fine è tradotto nella teoria. Tra modello e teoria non si ha allora interanimazione (secondo l'espressione di Richards), tensione a doppio senso; non si ha quell'interazione dinamica che vorrebbe Black quando sostiene che il funzionamento del modello nei linguaggi scientifici è assimilabile a quello della metafora. Con molta imprecisione, direi che il modello non offre alla teoria qualcosa di indicibile, o di impensato, qualcosa cioè che non sia traducibile ad altro livello - come forse avviene nella produzione metafora di senso. Lo spazio del modello predittivo è circoscritto nel compito di offrire alla teoria i luoghi possibili di raccordo con l'especome sistema di categorizzazione del mondo. Ma penso soprattutto all'autonomia della simbolizzazione mitica; al logos del mito come assoluto simbolico, come macchina insostituibile di costruzione del mondo. L'analogia è ovviamente molto circoscritta: mi serve soltanto per • dire che dove domina il regime della comprensione e dell'interpretazione, le funzioni modellizzanti si autonomizzano. Il modello in questo ambito è un assoluto: non è in altre parole finalizzato alle operazioni della teoria. Anzi, viene a cadere la distinzione tra modeli'o e teoria. Per designare il lavoro di astrazione e di teorizzazione in ambito interpretativo, si parla indifferentemente di 'teoria' e di 'modello', con uni certa preferenza per il meno codificato 'modello'. Un modello ermeneutico; nella misura in cui interpreta, cioè costruisce il proprio oggetto, non è convalidato se non dalla coerenza della sua costruzione. La prova del modello è la visibilità, o la pensabilità dell'oggetto. È, fra le altre cose, l'elemento 'assolutamente' costruttivo del modello ermeneutico che è detto da Lévi-Strauss quando, nell'Introduzione all'opera di Mauss, egli parla del pensiero simbolico come un evento-avvento: «Il linguaggio - egli dice - è nato necessariamente tutto d'un tratto. È impossibile che le cose abbiano cominciato a significare progressi- •vamente». C'è un momento «in cui l'Universo intero, di colpo, è diventato significativo». Questo può essere letto come un modo per dire che il modello nella ermeneutici non sono da considerare come una varietà dei modelli in generale, ma vengono semmai a coincidere con la funzione di teorizzazione, pensata dal punto di vista della sua portata costruttiva e ontologica. L a qualità tipica del modellizzare interpretativo viene di solito detta tecnicamente col tema della circolarità della comprensione ermeneutica, o del legame di coappartenenza entro cui l'interprete è mediato col proprio oggetto. Ciò significa in primo luogo un legame circolare tra modello e organizzazione del referente. Pensiamo ad esempio all'incommensurabilità dei dati e degli oggetti economici trovati da una parte in un modello formalista neoclassico (sulla base cioè di una logica dell'azione e dei comportamenti di decisione); e dall'altra in un modello marxista (sulla base di un'analisi dei rapporti di produzione e delle conflittualità sociali). Diremmo che in questi casi osservazione e spiegazione non sono scindibili: diremmo in altre parole che le ipotesi esterne che ci conducono a trovare il fatto, l'osservabile, costituiscono la teoria stessa con cui si spiega il fatto. Dunque Fosservazione, anziché funzionare nella validazione del modello, è essa stessa resa possibile dal modello. Così Wittgenstein all'inizio del Blue Book dice che anziché chiedersi che cosa sia quella misteriosa entità che è il significato di una parola, è meglio chiedersi che cosa sia una spiegazione del significato di una parola. Col L'osservazione perde quei caratteri di situazione idealizzata e ripetibile che ha nell'esperimento, e viene trasformata secondo modelli di interazione dialogica. Così il modello del transfert in psicoanalisi ci mostra una situazione di osservazione che è una relazione conflittuale: sono le enunciazioni mediate dalla parola dell'altro a costituire l'interpretazione come evento dialogico. Analogamente, in antropologia l'interpretazione passa attraverso l'interazione tra l'antropologo e un altro soggetto: l'informatore indigeno che aiuta l'antropologo nella raccolta di informazioni e osservazioni sul campo. Ai tempi di Morgan e di Frazer la raccolta delle informazioni era mediata da questionari; Malinowski parlava di osservazione partecipante, da trascrivere però in carte mentali, schemi, tavole sinottiche: in ogni caso, erano sempre apparati scritturali e grafici che predeterminavano e controllavano l'ordine delle sequenze informative tra antropologo e informatore. Oggi l'antropologia si pone il problema di costruire modelli interpretativi che portino alla luce le strategie dell'interazione comunicativa tra antropologo e informatore, dalle dissimulazioni, ai silenzi, alle metacomunicazioni: cioè al contorno comunicativo, o discorso sulla relazione. Si passa così dai modelli del controllo rigido della situazione di osservazione, costruita come se fosse un esperimento, ai modelli in cui la situazione interpretativa viene costruita come un processo di parola: il campo come «seduta di enunciazione» (cfr. Favret-Saada, 1977). Parlare di modellizzazione er- ~ meneutica significa dunque porre .s la questione degli oggetti e della ~ verità come problema di costruzio- ~ ne simbolica. I modelli ci aiutano a ~ non rimanere senza ontologie: una storia vecchia, che risale almeno al tempo in cui Platone costruiva nell'idea del Bene un modello a partire dal quale descrivere (o prescrivere?) la realtà. ....... .si c::s s:: 5 O() OQ 'O

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