Alfabeta - anno VI - n. 66 - novembre 1984

Cesare Segre Teatro e romanzo Torino, Einaudi, 1984 (coli. «Paperbacks») pp. 181, lire 16.000 e ome ogni titolo, questo Teatro e romanzo immediatamente denotativo la dice lunga sulla natura del libro; che si propone' compiti difficili con una chiarezza e una decisione inusuali nella proliferante bibliografia semiotica sui vari generi letterarL Segre adotta modelli essenziali per distinguere la comunicazione teatrale da quella del romanzo. Nella prima, mancando la diegesi evidentemente in favore di una resa mimetica dell'azione, c'è un rapporto di base 10-ru (personaggi, enunciatori e ricettori di discorsi), un occultamento dell'autore e una subordinazione del diegetico all'interno del mimetico; inoltre una dominanza dell'enunciazione, ossia di quella «successione assoluta di 'presenti'» sottolineata come specifico teatrale da Szondi e ancor prima da Lukacs. Per questo lo spettatore deve collaborare attivamente, inferire motivazioni e integrare il passato, solo alluso nel presente dell'azione drammatica, mentre la comunicazione tra l'autore e il fruitore attraversa verticalmente il circuito comunicativo, orizzontale, tra i vari personaggi. Gli a parte teatrali - «fuga di notizie» in cui un personaggio anticipa allo spettatore informazioni essenziali - sono per l'appunto un compenso all'assenza istituzionale di rapporto diretto autore-spettatore. È al livello dell'intreccio che la teatralità agisce con suoi condizionamenti e caratteristiche specifici, legati innanzi tutto allo spazio scenico, reale e simbolico -alcontempo; l'azione, il gesto, la parola sono dotati di una tensione pragmatica più alta che nella narrativa; poiché il tempo degli eventi rappresentati in scena coincide con quello della rappresentazione, ne conseguono l'opportunità di schierare intrecci minori paralleli a quello primario e una generalè concentrazione topo-cronologica. Nel romanzo, invece, la presenza di un narratore comporta un prevalere di diegesi, quindi un EGLI sovraordinato ai tratti mimetici (dialoghi IO-Tu tra i personaggi), la dominanza dei tempi storici, una serie di mediazioni orizzontali tra autore e lettore, attraverso cui passa il fatto comunicativo, per modo che motivazioni e esposizione di antefatti vengono elaborate esplicitamente dal narratore. Naturalmente la pratica applicativa è condotta a aggiungere complicazioni necessarie al modello di base. Come esempio può valere il teatro nel teatro di Shakespeare, che accentua la finzione del genere mediante l'incassamento, o c::s «mise en abime», di una scena2 .s ~ dentro la rappresentazione princi- ~ pale (scena1). Il rapporto della ~ scena2 con la scena1 attiva la fun- ,.,. zione pragmatica della scena ins ~ cassata (si pensi a Hamlet), mentre altre caratteristiche di tale scena2 (incompletezza, rapporto intermittente e esplicitato tra attore e personaggio, temporalità desultoria) e poi i giochi di rimbalzo tra le due scene con i vari indici meta- ;g_ comunicativi mettono le due azio- ~ ni teatrali in un rapporto speculare complesso. Con parole di Segre: «Abbiamo due specchi di fronte, e le immagini rimbalzano dall'uno all'altro, all'infinito, così da sovrapporre fantasmagoricamente realtà e finzione». Si apre così una finestra sul teatro moderno, che enfatizza le condizioni di artificio dello spatio teatrale in quanto mondo possibile e sfrutta quindi la fenomenologia della scena en abfme liberandola, per così dire, dall'incastonatura. 11 primo capitolo dedicato al solo romanzo stuzzica le nostre attese, promettendo (e mantenendo) spiegazioni su «Quello che Bachtin non ha detto» intorno alle origini medioevali del romanzo. Il grande teorico della pluridiscorsività sociale rappresentata nel romanzo, in effetti, ha trascu-, rato alquanto la narrativa medioe- • vale d'invenzione, oppure - quando l'ha presa in considerazione - ha piegato la storia alle proprie esigenze teoriche, puntando sui testi parodistici o «carnevalizzati»; Segre, invece, si sofferma proprio sulle origini medioevali per estrarre dal corpus storico, fondatore della parola roman e del genere, un'altra linea che si prolunga fino a oggi ed è ricca di spunti in sede teorica e di metodo. demetaforizzare il più possibile il ·concetto di punto di vista, che nel cinema è misurabile almeno dai movimenti dell'occhio meccanico, ma nella narrativa rischia di diventare troppo vasto e fluttuante essendo spesso privo di marche grammaticali. Un riferimento costante al taglio bachtiniano, cioè alla polifonica orchestrazione linguistica - i cui elementi sono già marcati ideologicamente e perciò sono depositari di quelle opinioni sul mondo che regolano la dialettica . autore-personaggio e autore-lettore -, consente a Segre di formulare con ragionevole ottimismo l'obiettivo di un'analisi narratologica che integri le due prospettive tenute in parallelo nella carrellata bibliografica, prestando attenzione ai meccanismi di produzione Il romanzo cortese, con Auerbach «autorappresentazione della cavalleria feudale nelle sue forme di'vita e nei suoi ideali», per sua natura non può interessarsi al sociale variegato o conflittuale per ' proporne la trasposizione polifonica cara a Bachtin; in compenso è già smaliziato quanto alla prospettiva della visione: il rapporto autore-personaggi, autore-lettore, e persino quello più sottile, e apparentemente tutto· moderno, che svela il carattere fittizio di ogni narrazione mediante riflessioni dell'autore sul suo procedimento testuale, sono ampiamente testimoniati nel romanzo medioevale. una catabasi verso i processi sottesi al carattere bifronte, linguisticosemiotico, dell'opera narrativa. Nella proposta di Segre è chiaro il programma di raccordare finalmente rigore di analisi formale a sondaggi verso il sociale e l'antropologico. Che questo sforzo di sintesi sia tutt'altro che eclettico lo prova la scrematura energica compiuta sul concetto di intertestualità, ultimamente dilatato fino a diventare inservibile. Nella sfera letteraria esso viene ricondotto entro i confini di ciò che è dimostrabile ed è così illuminata la fenomenologia della fonte, segmento comune a due testi diversi caratterizzato da coincidenze tematiche e formali, mentre per i «rapporti che ogni testo, orale o scritto, intrattiene con tutti gli Per questa via Segre compie un duplice riscatto. Da una parte, riaggancia gli anelli di una catena ininterrotta che dai secoli XII e XIII trasmette alla nostra contemporaneità caratteristiche fondatrici del romanzo, per esempio la quete che definisce il Bildungsroman, da intendersi come ricerca dell'eroe ma anche dell'autore, entrambi in rapporto dinamico col mondo, l'uno nell'azione, l'altro mediante la presa di coscienza della scrittura; dall'altra, sutura il pensiero bachtiniano (orientato verso i registri stilistici, i dialetti sociali e insomma la parola come ideologema) con attrezzature ermeneutiche in dotazione al mondo occidentale, francese e anglosassone, attento piuttosto ai rapporti prospettici che regolano la messa a fuoco della narrazione, alle mediazioni di cui si arricchisce la comunicazione letteraria (punto di vista, distanza, i vari tipi di narratore, le varie figure di autore, ecc.)".· Bruno D'Alfonso A ll'insegna di questo intento di classificare e fare ordine nelle teoriche sulla narrativa, ma anche all'insegna di una forte progettualità, è organizzato il capitolo Punto di vista e polifonia nell'analisi narratologica. La panoramica mette in contatto Henry James, Lubbock, Stanze!, Friedman, Booth con Bachtin, e poi con Genette e Uspenskij per del testo e, più in particolare, al momento in cui l'intreccio si trasforma in discorso narrativo: «Realizzando l'intreccio in discorso, vanno prima sistemati i canali attraverso i quali si vuole che la storia venga comunicata al lettore (voci); poi, in un più minuzioso censimento dei contenuti narrativi, viene scelto, punto per punto (e più o meno nettamente), l'orizzonte percettivo entro il quale saranno situati (modi); è infine consustanziale all'elaborazione linguistica la varietà di posizioni ideologiche assunte dallo scrittore. (... ) le posizioni ideologiche, che hanno un modo dichiarato di ufficializzarsi tramite le voci (si pensi alla stilizzazione e alla parodia segnalate da Bachtin), si rivelano però in ogni parte del testo, attraverso le sfasature anche minime tra la posizione dell'io e quella degli al-· tri cui l'io ha dato vita; sfasature linguistiche che non traspaiono soltanto nei discorsi riferiti, ma anche nel modo stesso di rappresentare narrativamente gli orizzonti percettivi dei personaggi». Da questo modello o successione ideale di momenti nella produzione testuale trarrà profitto l'analisi critica, che necessariamente parte dalla superficie linguistica (il discorso), ma da qui è indotta a enunciati (o discorsi) registrati nella corrispondente cultura e ordinati ideologicamente» Segre propone il termine di interdiscorsività, coniato sulla scia della terminologia di Bachtin, onde circoscrivere una componente essenziale del dialogismo connaturato al testo letterario, che entra in accezioni e proporzioni diverse nel romanzo e in poesia. S i direbbe che non sia facile divertirsi alle prese con nozioni teoriche da storicizzare, arginare, precisare, integrare. In- . vece, quando il bisturi affonda nel corpo ammaliatore di un testo di sicuro valore artistico, l'esercizio della razionalità coopta un sottile godimento dell'intelligenza, la sagacia classificatrice si riversa euforicamente sul gusto della lettura . Mi limito a un paio di esempi, il primo dal teatro rinascimentale, il secondo dalla narrativa contemporanea, avvertendo che in entrambi i casi la complessità dell'oggetto è un bel banco di prova per il modello interpretativo. Nel Maistre Pathelin il diabolico beffatore eponimo manipola i terni di discorso, cioè i topici, e induce una vera tragedia epistemica (inversione vero/falso) nel mercante di tessuti da cui ha avuto una quantità di drappo che non intende pagare-. A lui più che lo scopo importano i mezzi della beffa, l'autoapoteosi di demiurgo di un mondo alternativo in cui celebrare il trionfo della propria intelligenza. La segmentazione e l'analisi di Segre, appellandosi anche alla pragmatica del discorso, mostrano l'impeccabile concatenazione della strategia di straniamento e snidano le parti metateatrali, forse le più sbalorditive per un lettore moderno, per il gioco di convertibilità. tra reale e illusorio che il teatro, quando è grande, sa intrecciare nel suo caleidoscopio: «Mostrare entro una pièce teatrale a che grado di 'teatralità' si possa giungere nella vita è stata la geniale trovata dell'anonimo autore». È vero, alla fine l'ingannatore resta ingannato da uno stratagemma di sua propria invenzione (il guardiano di pecore non gli pagherà l'onorario sfruttando quanto ha appreso dal maestro: l'irridente «bee» che oppone a ogni richiesta lo sottrae letteralmente al discorso!); ma il primato dell'intelligenza - postilla Segre - è assicurato comunque, a specchio di un rivolgimento ideologico enorme: la sostituzione rinascimentale della prospettiva teocentrica con quella antropocentrica, ove dominio intellettuale e crisi del vecchio potere vanno di pari passo. Il romanzo di Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore, sveglia una sorta di emulazione nel critico. Una scaltra tecnica combinatoria e borgesiane scorn- • posizioni o moltiplicazioni di specchi aiutano Calvino, notoriamente ferrato nella narratologia, a manomettere i tradizionali ruoli romanzeschi: il tu del lettore è convocato entro il testo come protagonista, il romanzo ingloba dieci romanzi e quindi altrettanti narratori, l'atto narrativo è continuamente glossato, la macchina romanzesca messa a nudo. Ebbene, una competitiva scaltrezza ermeneutica assiste Segre nel portare in superficie il ventaglio di tecniche esperite e soprattutto ciò che apparentemente si nega: la funzione demiurgica dell'autore - sicché quello che pare un romanzo del Lettore è veramente il romanzo dello Scrittore, che gioiosamente scombina e ricombina i pezzi della scacchiera. Il ludus al fondo è poi serio, se questo «romanzo della teoria del romanzo» è una metafora continuata della letteratura, vero aleph in cui molteplicità e unità non si contraddicono, ma co,nvivononel susseguirsi degli io, costruttori di storie al contempo diverse e riconducibili all'uno . Al momento di concludere,\ il critico - di solito poco propenso alle irruzioni di tipo soggettivistico - si concede finalmente uno spazio: «In questo modo immagino che si sia divertito Calvino componendo questo libro. Che i lettori (reali) si siano divertiti, lo dice senza bisogno di dimostrazioni il suo successo. I lettori di questo capitolo infine avvertiranno facilmente quanto si sia divertito chi l'ha scritto». La sintonia tra Segre e i suoi oggetti di studio alona di auspici favorevoli la comunicazione tra il critico e il suo lettore, un poco timoroso sulla soglia di un libro impegnativo.

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