Alfabeta - anno VI - n. 66 - novembre 1984

S ernbra che Pasolini sia un duro critico del Sessantotto ... Polemizza subito con le nuove assemblee di studenti, che raccolgono le idee di Berkeley e delle prime coniuni e dello studio degli operaisti lungo gli anni sessanta ... Egli connette tutto ciò, in una sua interpretazione che si deve dire immotivata, con le nuove correnti artistiche e letterarie che da vari anni si ripresentavano come «avanguardie»: delle quali è stato critico nettissimo, con un suo gusto longhiano. In tensione polerni- ,ca anche con me, amico e interlocutore, che allora condividevo le scelte del movimento artistico di Milano e quelle di Vittorini, e tendevo a dirmi espressionistico'. Ma non c'è dubbio che Pasolini è un protagonista della grande •tensione del Sessantotto, con modi suoi. Ciascuno di noi intellettuali che ha preso parte in quel moto, e prendendo parte ha frequentato altri strati sociali, sia del proletariato di fabbrica che di quello marginale e disgregato, ha portato in sé ragioni abbastanza articolate, discutibili, complesse, in parte contraddittorie fra loro. Così Pasolini mentre manteneva un'adesione forte al Pci. Che è stato quasi subitò ostile, come è noto, con un intervento di Amendola che parlava di «fascismo rosso», mentre il partito in tutto il periodo .ha svolto la linea di «compromesso storico» con la Democrazia cristiana2 • È complicata e difficile la posizione di Pasolini saggista dell'ultimo periodo. Ma rileggendolo in questi mesi mi pare che dentro la sua tensione egli si muova come un anticipatore strano e straordinario di ciò che viene poi, di ciò che viene ora ... Dico che si legge in lui un terzomondismo, per definirlo in breve, che è ecologista e complessivamente storico-ambientale, invecè che formulato in· senso teorico stretto. (Come sono stati quello maoista, e cubano, e non allineato, al quale ultimo Pa- ..s.o.linèi in parte più vicino). E questo il suo campo semantico ulteriore di poeta, e il punto più maturo della sua scelta di intellettuale comunista, talora oscillante verso un polo difensivo e conservatore di origine «rustica». 1. Le lucciole A partire ora dal famoso articolo sulla scomparsa delle lucciole, va ricordato anzitutto che ha la data del 1° febbraio 1975, quando c'era molta tensione di base sindacale e di lotta operaia: l'inverno del '75! nel centro di Milano io ricordo cortei che non si volevano disperdere! Né certo ancora avevano prevalso, sul movimento autentico di base, gli atti assurdi dei militaristi ... Pasolini scriveva den- •tro questo ambiente. "'l L'articolo è fra gli Scritti corsari !::, usciti già nel '75, mentre apparve -5 col titolo «Il vuoto del potere in ~ c:i., Italia» sullo straordinario Corriere ~ della sera di quegli anni. E Pasoli- ~ ni appunto col suo prestigio, e con ~ una certa volontà di rischio, svol- .,C) E geva dunque su un grande gioma- ~ - •le borghese lettissirno un'operae i:: zione di agitatore: propria della ~ nuova sinistra. C'è pure un riferis:: mento iniziale esplicito, per quan- ~ to in disaccordo, a un teorico della .,C) nu9va sinistra che è qw Franco ~ Fortini. linie lasinistra - oggi L'articolo contiene una formidabile idea, come è noto. Ma non ne sono state tratte a mio parere le conseguenze. Non si è valutato fino in fondo che peso di novità quell'articolo presenta nel nostro dibattito continuo della sinistra. E forse Pier Paolo sbaglia a ritenere che la scomparsa delle lucciole provenga in senso stretto dall'inquinamento. Le lucciole sono collegate a un certo humus, dove sussiste in campagna il letame, e dunque sono parte di quel paesaggio rurale in via di sparizione, che negli anni scorsi è stato argomento di studio dei nuovi geografi particolarmente francesi,. George, Isnard e altri. Inoltre io lascio qui cadere la parte che (in contrasto anche col partito) è diretta polemica politica di Pasolini verso la Democrazia cristiana al governo in Italia. Ciò non per evitare la tematica politica; sarebbe strano da parte mia. Ma preciso che la polemica politica e talora quella teorica di Pasolini a mio parere hanno un movimento di superficie e anche uno sviluppo argomentativo che è assai discutibile. In effetti qui mancano i fattori di analisi del potere, del ciclo capitalistico, e del sociale, che sono presenti con maggiore o minore precisione nelle riviste militanti del 60 e del 70. Qui si parla dei «valori» e del «conformismo di Francesco Leonetti Stato» e del «potere dei consumi», per esempio, che sono nozioni più del discorso intellettuale. Ma c'è una individuazfone acuta e fondamentale, di cui l'articolo è portatore. Viene data subito, e la ricordiamo: «Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono c9minciaLiberatore te a scomparire le lucciole». Com' è straordinario oggi, soprattutto, quell'inquinamento dell'aria! oggi se ne discute con tante tesi per disorientare l'opinione crescente che si tratta di un disastro ecologico e che risale alla gestione capitalistica. Il terna corre in tutto lo scritto, pullulante, legato aggressivamente alla denuncia politicista. Si tratta di un articolo da tanti celebrato, per l'immagine delle lucciole, che è certo un luogo di grande scrittore. Ma le lucciole stanno per il tutto; e non solo col folgorante valore metonimico; presentano il grande tema dell'inquinamento. Sul quale oggi leggiamo Isnard I)ei suoi studi dei pieni anni settanta intorno allo «spazio geografico». 2. Il palazzo La stessa probleµiatica pasoliniana relativa al Centro o al Palazzo del potere può venire bene intesa, e magari svolta oggi, se viene scorporata dai motivi immediati e apparentemente più' incisivi del1' avversione alle forme di potere occulto e clientelare. Certo abbia- . mo condiviso tutti questa avversione che è ancora attuale (i responsabili delle stragi in Italia non sono stati identificati ancora). E certo il Palazzo secondo Pasolini è il potere economico-politico della destra e della conservazione, anche con una eccezionale sua punta ben nota di tipo antivaticanesco. Ma a non fermarsi qui, si può fare un salto di senso. Leggo dunque, fra i tanti possibili, lo scritto «Limitatezza della storia e immensità del mondo contadino» (8 luglio 1974, in Paese sera) e lascio cadere anche qui l'occasione, che è una polemica con Calvino, e i modi giornalistici inevitabili. Ma cito alcuni nuclei: «il cosiddetto Sviluppo» (con maiuscola ironica), «l'acculturazione del Centro consumistico ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo»; e «parlo di omologazione di tutti i giovani»... Emergono così frasi di enorme passionalità critica. Che certo sono risposte all'«universo orrendo» secondo Pasolini, come è definito da Gian Carlo Ferretti già nell'aprile del '76. E rispondono alla perdita di quella «epica contadina, istintivamente cristiana, e. creaturalità naturale, con elogio della solidarietà comunitaria» che nel · racconto di Enzo Siciliano è propria del ventenne Pasolini.nei primi anni quaranta. Pasolini non solo pone la questione contadina e del Terzo mondo; ma l'assume nei suoi scritti e nella pratica dei suoi viaggi africani in un suo modo successivo di regressione assoluta. Oggi accade di fare alcuni rilievi forse nuovi. Questa passione preindustriale è intempestiva e semincornprensibile quando viene posta da lui, in pieno movimento moderno e du-. rante una lotta terzomondista mondiale e condivisa dai giovani. Nella fase di oggi è attuale. Pasolini, che non attacca il movimento moderno, salvo in alcune forme, e conosce via via in Africa e altrove i teorici e gli intellettuali terzomondisti (che hanno formazione anzitutto sartriana e poi ·antimperialista), presenta piuttosto una lacerazione con se stesso e vive il Terzo mondo come matrice incorrotta, materna, in quanto connette ancora la sua passione terzomondista, originariamente etica e rurale, alla sua profondità e alla sua diversità. Scatena così più forte e fatale un ciclo di tensione che era riuscito a comporre dopo la prima gioventù. Le stesse crescite dell'antichistica e dell'antropologia, che oggi hanno piena evidenza, sono posteriori a tutto ciò. E Pasolini non poteva fame uso colto per argomentare la sua grande mossa contraddittoria e autocontraddittoria nell'odio dello Sviluppo. A completare la nozione di Palazzo, si può dire ora che in Pasolini esso è l'insieme della centralità mondiale, contro la periferia e la base; è ciò che ha costituito il dominio: è la nuova forma di produzione dopo il Medioevo, è l'accelerazione del tempo di lavoro, è la scomposizione dei ruoli, è la perdita di dimensione dei soggetti. Non vi è però la semplificazione teoricistica di Marcuse. Ciò che Pasolini scopre e dichiara come «livellamento» e anche come «omologazione» è un pro- . cesso più profondo e articolato nell'ambiente e nei comportamenti. Oggi per esempio mi riporta al maestro francese della paleobotanica, Barrau, che illustra quante varietà di diversi frutti sono state perdute, da quelle descritte nel Settecento ... Le scoperte di Pasolini hanno un simile senso acuto dell'insieme e dell'antica dignità. Certo si rimane perplessi quando Pasolini parla di «omologazione di tutti i giovani»... Chi di noi ha frequentato, invece che le borgate romane e i conoscitori del1'ambiente come i Citti, la zona operaia intorno a Mirafiori nel '70, sa che ci sono modificazioni ovunque di certi caratteri di massa, che sono date da molti motivi, teorie, mode, scelte... Ma certo Pasolini ha sue fobie, come per, esempio il Sessantotto le ha avute (e anch'io) diversamente contro l'automobile ... Tutt'insierne, quando Pasolini scrive «coi miei sensi ho visto» dichiara un'attenzione importantissima ai movimenti di massa, ai fenomeni anche sottili di modificazione nel quotidiano. A me pare che si tratti dell'attenzione su quella che Deieuze chiama «linea.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==