: I •..-1 Con "il CATALOGO" puoi saperedi JaroslavSeifert (PremioNobel) e a.verele traduzioni italianedi suoi testi. E conosceree leggere ' molti altri autori prima.che riceva.no il PremioNobel. Richiedi senza.impegno una.copia.·saggiode ''il CATALOGO'' scrivendoo telefonandoa: / elitropia Casella Postale 421 42100 Reggio Emilia Tel. 0522 20282 lungare a ritroso sino alla sillaba iniziale; all'allitterazione, comandata dalla maiuscola, vera chiave di lettura del verso; al ritmo, che disfa le singole unità di significato per costituirne altre, medite e inaudite. È chiaro che, in questi casi, i confini sonori che definisco-. no le parole si infrangono, e con esse i significati: il senso dilaga. Oppure pensi alla metafora: all'emersione di un terzo oggetto di senso in quanto prodotto dei due oggetti posti in relazione di identità. Diciamo allora, se vuole, che,. per quel che mi riguarda, vi è stata estensione radicale e totalizzante di questi procedimenti: sino a farne il criterio stesso della composizione. L'interrogazione posta al linguaggio, al di sotto delle sue falde discorsive, si può in definitiva ridurre a una riflessione sugli istituti della poesia: a una riflessione esclusiva di tutto. • A. È chiarissimo. Però, ora mi si affaccia una seconda perplessità. Che tutto questo sia prerogativa solo della poesia - o di quella prosa ad alta tensione formale, da lei poco fa assimilata al verso-, mi sembra non ci siano dubbi per lei. Ma allora, come facciamo col romanzo, con la storia (compresa quella con la maiuscola), in una parola, con tutta quell'altra letteratura che, bene o male, riflette, per così dire, il nostro mondo? M. In effetti, non ci sono dubbi. La prerogativa del senso del mondo è devoluta unicamente alla poesia, al Libro, espansione totale della lettera, ecc., con tutto il seguito del nostro discorso. La storia (compresa quella con la maiuscola), il racconto, e quanto afferisce al genere, riposano sulla pia illusione del fatto, o sulla nozione di oggetto, la quale in pratica sfugge né è dato possedere. Evitare il racconto, la storia: ques.tione di moralità. La pantera nera e l'orso bianco non convergono forse nell'elefante, che partecipa di entrambi? A. Oh Maestro! Adesso tutto è chiaro davvero come la luce del sole! Mi sembra di ascoltare LéviStrauss: la sua idea dei termini «dédoublés» presenti nelle articolazioni del mito ... Le strutture versus la storia ... O le recenti teorie del pensiero simmetrico ... M. Ora sono io che non capisco, e che trovo oscuro quello che lei dice. Ad ogni modo, tenga presente che il grande costruttore di storie non crede nei fatti, né nei personaggi, ma nelle strutture e nelle relazioni, che include, latenti, all'interno del racconto, in base a calcoli potenti e minuziosi, ma invisibili: segreto anche lì. Del resto, per quanto riguarda il racconto e la sua finalità di rappresentazione del mondo, può sempre consultare utilmente l'opera di George Cox sulla mitologia, da me tradotta e riadattata per le scuole, ove le storie riferibili ai vari miti ed eroi favolosi dell'antichità si riducono a esprimere sempre e soltanto la grande Tragedia della Natura, quale si manifesta nella lotta quotidiana della tenebra e della luce. Ancora, insomma, struttura e trasposizione, come nella poesia, unica origine, sola sorgente ... A . ... ragnatela di rapporti, che fissa fili da punti lontanissimi, in uno scintillìo soggiacente e tuttavia inseparabile dalla superficie concessa alla rétina ... M. ... profondità e superficie, il caso (il caos) e il numero stellare, l'uno e l'altro alfabeto ... (Ormai è sera inoltrata. Alla finestra del piccolo salotto della rue de Rome, come entro il perimetro di un tempio tracciato dagli àuguri, appare la luna. Il Maestro, gli occhi velati, solleva la testa e si porta le due mani alla gola. Il giornalista si alza e si allontana in silenzio). Il dibattito sul «senso della letteratura», cominciato su Alfabeta -n. 57, ha accolto finora interventi di F. Leonetti e Antonio Porta (n. 57), G. Raboni (n. 58), G. Gramigna (n. 59), R. Luperini e R. Cari/i (n. 60), M. Forti (n. 61), A. Prete e N. Tedesco (n. 62163), G. Finzi e F. Muzzioli (n. 64), A. Boatto (n. 65), e, nella serie «Riferimenti», contributi di G. C. Ferretti, F. Muzzioli, A. Guglie/mi, G. Patrizi, F. Masini, A. Gargani, M. Ferraris. Con l'intervento di F. Menna (n. 62/63), il dibattito si è esteso anche epiù direttamentealla ricerca artistica. lnterrohu•/lllrsi Giuseppe Pontiggia g sazione di allarmante disagio che si capisce come sia più agevole fuggire che restare. Eppure, se la letteratura ha un senso, lo ha solo se si confronta con le cose essenziali che ci riguardano. Tutto il resto è letteratura. Nella sua accezione debole, il senso della letteratura è modesto. Si può non disprezzare l'Arcadia e riconoscere la sua funzione, anche civile e morale, nella società del Seicento: ma far parte di un gregge di pastori non merita probabilmente tutte le energie e le pene che la letteratura esige. Questi imbarazzanti rituali si ripetono anche oggi in forme diverse e giustificano sia le adesioni sia le assenze. Nella sua accezione forte, il senso della letteratura si articola in una duplice direzione, individuale e collettiva. Nella vita di un uomo può essere degna di polarizzare una ricerca: interrogazione sull'esistere, viaggio dentro la verità e le falsificazioni del linguaggio, scoperta, accompagnata da intensificazione vitale, di quello che non sapevamo di sapere. La frase che in letteratura tutto è già stato detto implica nella sua falsità - così rassicurante, così deludente - anche una verità: che la letteratura è sempre una sorpresa-conferma. Non ricalca il noto (altrimenti non avremmo la sorpresa), ma al tempo stesso svela che l'ignoto non ci è estraneo. Perché la verità è anzitutto una distanza giusta: tra l'autore e quello che dice, tra lo scrittore e il linguaggio. Ed è improbabile che tale rapporto si ripresenti una seconda volta in modi uguali: quando ciò avviene in apparenza è perché nella sostanza non avviene più. Il senso collettivo della letteratura presuppone questo senso individuale e passa attraverso di esso: purché si eviti il formulario tetro sÙllafedeltà dello scrittore a se stesso, sulla autenticità, sulla coerenza. Certo il percorso di uno scrittore non può eludere questi punti, ma l'essenziale· non è che riguardino lui, ma che riguardino Ho pensato per anni che dire noi. Altrimenti si indulge a quel due volte la stessa verità fosse già moralismo edificante che, per didire il falso, ma non capivo per- fendere un significato essenziale, I nterrogarsi sul senso di quello che si sta facendo è una operazione da evitare con cura. Pedagoghi e moralisti naturalmente lo consigliano, ma, quanto a loro, se ne guardano bene: almeno a giudicare dalle conseguenze. I letterati, se interrogati sul senso di quello che fanno, cioè sulla letteratura, offrono di solito spiegazioni tra l'inesplicabile e l'altruistico: o parlano di una vocazione oscura quanto irresistibile, di una necessità fatale che li costringe a scrivere e che spesso appare tale anche al lettore; oppure parlano di una risposta ai bisogni della società, di un appello cui riesce difficile negarsi. Finiscono per assomigliare a quel santo descritto da Dosto- • evskij che, quanto più ama gli uomini, tanto meno è disposto a condividere con loro lo spazio della sua camera. Il sogno di simili letterati è una Turris con visite guidate a orari fissi e una apparizione fugace del castellano dietro le tende, come faceva D'Annunzio con i visitatori del Vittoriale: solo che qui la divisa sarebbe un'altra. ché. Ora forse mi è più chiaro. quello della eticità dell'arte, lo r:·=· --=·=- =· ·==========================r====,1 svuota al tempo stesso di significaLa prova più scoraggiante di chi insegna non è di fare capire i sensi della letteratura - ne conosciamo qualche decina - ma di fare capire che la letteratura abbia un senso. Disgraziatamente (o fortunatamente, secondo i casi) gli insegnanti non se lo pongono come fine e gli studenti permangono nella loro quieta convinzione che la letteratura sia insensata. Chi invece tenta di spiegarlo constata con smarrimento di non riuscirci e questo per almeno una buona ragione: che non lo sa. Lo sguardo, tra stupito e sgomento, del suo interlocutore sarà la spia silenziosa del suo fallimento. Scoprire, infatti, e comunicare il senso della letteratura comporta ogni volta una operazione cui comprensibilmente riluttiamo: cioè interrogare il senso della nostra vita, che generalmente ne ha poco, e di quella degli altri, che di solito non ne ha di più; e poi il senso della vita di quanti ci hanno preceduto, cioè di quella storia che mol- 1 ti si illudono di conoscere, e di quanti ci seguiranno, cui i letterati idealmente si rivolgono, nel silenzio della loro camera. Tutto questo si accompagna a una tale sen- Cecilia Capuana to. La trasparenza con se stesso implica necessariamente una coscienza critica, una consapevolezza storica, una gerarchia di valori. Un narratore che si avventura in un racconto non tende tanto a portare alla luce se stesso (attività che risulta stranamente gratificante per troppe persone), ma cerca in una terra incognita il punto di incontro con se stesso e con gli altri. Questo viaggio comporta la traversata del mare del linguaggio, il ritrovamento della sua potenza originaria, della forza «immaginale» della parola. La malattia del linguaggio, giusto presupposto della sua negazione ad opera delle avanguardie, lo è anche della sua riscoperta. E la malattia dei linguaggi verbali, provocata dagli abusi e dalle distorsioni della comunicazione, rafforza contemporaneamente la funzione del linguaggio letterario: l'unico che "'tconservi alle parole la loro priÌnor- ~ .s diale e inesauribile energia. ~ La legge di Gresham ci dice che ~ la moneta cattiva scaccia la buona: ~ ma insieme, paradossalmente, la "4 rivaluta. L'inflazione fa sparire le l monete d'oro, ma il loro valore si ~ centuplica. E anche se al momen- 6 to il piombo sembra prevalere, il i:: . futuro si fonderà sulle riserve :g invisibili.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==