Alfabeta - anno VI - n. 66 - novembre 1984

alla penetrazione di eritità aliene, i padroni siamo noi e tu sei fra noi a nostro arbitrio'. Dopo lunga frequentazione subentra la fiducia e la prova di amicizia, nella specie della concessione più spinta e a un tempo più esclusiva: 'Uomo venuto da lontano, abbiamo a lungo insistito perché te ne tornassi alla patria e non volessi rimanere infelice fra noi; anche abbiamo desiderato che tu fossi uno di noi, senza sosta indirizzandoti messaggi affinché penetrassi nel nostro universo mentale. Hai scelto di restare: entra ora nella nostra gerarchia, assumi fra noi il ruolo dello straniero amico'. Matteo Ricci sta al gioco. Già dai primi anni ha abbandonato l'abito religioso (che era poi quello di rango inferiore dei monaci buddhisti) e si è fatto «letterato europeo». Non solo, ma «in quel memoriale si chiedeva che non fossero forzati uomini forestieri e letterati a pagare quel peso che pagava il volgo. Furono esauditi in maniera che, non solamente non si pagò del passato, ma per privilegio particolare in perpetuo furono fatti esenti d'ogni simile gabella» (p. 496; si trattava di un'imposta sull'affitto della casa). Solo in apparenza le ristrettezze economiche spingono a passi simili: è ribaltata una linea di condotta iniziale -pagarsi tutto da sé, e cioè con mezzi provenienti dal mondo esterno cristiano. Gli amici su cui contare sono ora da quest'altra parte del confine. Quando al P. Cattani e ad altri con lui viene dato il permesso di entrare in Cina, «tanto grande fu il consenso degl'amici, che anco si ordinò, che per tutto, dove passassero, fossero spesati del pubblico e che, volendo navigare per il fiume, commandarono che se li desse un naviglio, e per terra trè cavalli e sei portaton». Ospiti onorati e utili, portatori di conoscenze. Oppure intrusi da rigettare oltre frontiera, nel mondo al quale non si riconosce esistenza - se non come luogo di oscura minaccia, base possibile di aggressione, e turbamento dell'immensa struttura armonica. «Questo delitto di scrivere fuori del Regno, lo tengono non meno che di ribellione» (p. 569). Chi è dentro la Cina, ci resti, o vada a casa per non più tornare. Con molte cautele e in condizione di semiprigionieri sono ammessi gli ambasciatori dei paesi tributari e i mercanti pure in veste di tributari (p. 584). Un libero andare e venire sarebbe pericoloso, e così la corrispondenza fra l'interno e l'esterno. Tutti i viaggiatori sono oggetto di questa condotta. Ma nei tempi più recenti è frequente l'inganno e l'autoinganno: i rapporti internazionali «moderni» hanno imposto di sostituire la chiusura esplicita ' con l'abito formale dell'ospitalità e dell'amicizia generiche. In nome dell'ospitalità e dell'amicizia trovarsi in tot!ile balia di altri, che la frivola curiosità per l'esotico e la scontata pretesa di superiorità hanno già esclusi dal rapporto, può tradursi per il breve periodo nel rilassamento vuoto della vacanza, assenza di emozioni vere e piacere di questo. A tanto si è predisposti dai modi e dagli automatismi abituali nel sistema di viaggi e vacanze organizzati. Non si chiede altro - se non la cecità degli occhi vanamente aperti. Non è così dei messaggeri, coinvolti nelle mozioni contraddittorie che animano l'espansione europea nel mondo, a partire dal Rinascimento: nozione del relativo e volontà di conoscenza; assimilazione. e colonizzazione. Nonostante buona volontà e buona fede, i missionari cristiani sono un elemento della colonizzazione - e il più insidioso. Fra il Cinque e il Seicento l'alleanza fra portoghesi (Stato e mercanti) e gesuiti è così stretta da rasentare l'ovvietà; lo stesso sarà fra l'Otto e il Novecento fra franun popolo civile e impoverito, l'orgoglio e il pudore di celare agli estranei la propria miseria materiale; sempre, il proposito di occultare le strutture del potere e i conflitti interni - il ventre molle. I gesuiti indossano da principio l'abito dei monaci buddhisti e accettano di abitare in locali già destinati a monasteri. «In breve, siam fatti cini ut Christo lucrifaciamus»: così scriveva il P. Ruggeri al P. Acquaviva, generale della Compagnia, sottoponendogli la questione dell'abito (pp. 11-12). Abito falso, falsi cinesi, a maggior gloria di Dio. Quella dell'analogia-concorrenza col buddhismo - l'altra religione straniera da lungo tempo diffusa in Cina - è uno dei modi per rendersi accetti alle autorità o quanto meno tollerati. La via più semplice per entrare a far parte della struttura del paese, incarnando il ruolo assegnato ai religiosi. Anche quando si sarà imposta la scelta diversa di Matteo Ricci, più d'uno continuerà a percorrerla, in un'opera di evangelizzazione fra gli strati bassi popolar MO!OfPIÙbl'ff§ff@1,[Yì!/j)A MEPIACE~/ì , -~--· ··- ('"\ ('i • >, ,-., • \:'• <~)-1$)/ __ ,, ,,,,,.~,...- ... • .. ,, ( •<~ e,., l .. ~ -~ t; . 4.,,T :.-' \;-• ~, ~ r \. <' l 1 __ ..._ .. . • l') a .., e 'k.~.,· ' • '.: ~;~ ·~·~, ..- ' ,. (: , -, ,(0) \' . . ·, Jacovitti cesi e gesuiti, inglesi e missionari protestanti, e fra questi e gli americani negli anni venti-trenta. È insensato parlare di appoggio puramente materiale. Perfino quando battezzano, i cristiani danno ai neofiti nomi europei: l'uso dura tuttora. Non meno degli europei, i cinesi considerano il proprio paese il centro del mondo. Ma, a differenza degli europei, non sono mai andati alla conquista del mondo esterno a una sfera d'influenza definita da secoli, né hanno preteso di imporre ad altri il proprio pensiero e le proprie credenze. L'insidia più profonda degli europei sta nel presentarsi con mozioni universalistiche e internazionalistiche, da quella cristiana a quella comunista. Neppure quest'ultima i cinesi hanno potuto accogliere nella versione proposta dall'Occidente, senza rischiare ancora una volta la colonizzazione. L'attitudine cinese è difensiva. Nei tempi recenti è spesso pure, in ri, in contesa perpetua coi buddhisti, francamente meschina dalle due parti - direi miserabile. La maschera del «farsi cini» pare un machiavellismo di terz'ordine e le due religioni si riducono a mediocre superstizione, dove sono in gara le immagini della mitologia buddhista e di quella cattolica, e negli pseudomiracoli a uso popolare i religiosi delle due parti appaiono poco più che ciarlatani. Il · ruolo appunto che loro attribuisce in Cina l'ordine dei letterati. Del buddhismo i missionari capiscono e fingono di capire ben poco: lo assimilano all'idolatria, riconoscono in esso il nemico spregevole, la falsità diabolica. La religione buddhista non ha tratto reale vantaggio dai periodi di potere politico ed economico, in Cina, né danno da quelli più durevoli di emarginazione: è intrinsecamente indifferente alle vicende mondane, polarmente alternativa alla morale terrestre dei letterati confuciani, non è toccata dalla miseria del «mondo della polvere». Per comprenderlo, i missionari dovrebbero riconoscerne la grandezza. Ma non tutti arrivano a capire che il ruolo inferiore attribuito alle religioni nelle istituzioni cinesi umilia invece senza rimedio i cattolici - per non parlare dei gesuiti. «Religione di presenza nella vita, non di rinuncia al mondo, il Cristianesimo confuso così con il buddismo veniva a perdere le sue caratteristiche di totale novità», scrive Laurenti (p. 22); e la sua feconda ambiguità, aggiungerei, di mistica d'origine asiatica cresciuta nella concreta razionalità latina. La via dell'evangelizzazione popolare in concorrenza coi buddhisti apparirà a Matteo Ricci nella sua inconsistenza. (Per tutto il libro Trigault ne riporta gli effimeri risultati: cento, duecento conversioni qua e là nel corso di dieci e vent'anni, nel grande mare della popolazione cinese... Non sai se illudendosi del successo o per giustificare la lunga presenza dei Padri davanti ai superiori e ai nemici della Compagnia). Non abbandona, fino all'ultimo, il piano origi- •nario dei gesuiti, coerente con la politica di conquista delle classi dirigenti: arrivare all'imperatore. E tuttavia anche questo scopo si perde, nel corso degli anni e della sua graduale affermazione nel mondo cinese. L'imperatore si allontana via via che Matteo gli si avvicina - incarnazione irraggiungibile di un potere assoluto e simbolico. Il rapporto sempre più intenso si stabilisce coi letterati che sono la classe dirigente (anche quando altri gruppi ne indeboliscono le posizioni). Matteo Ricci è uno straniero amico; in vesti di letterato e con nome cinese, scrive in cinese classico. Traduce il Manuale di Epitteto, i Principi di Euclide, compone un trattato sull'amicizia, insegna la matematica e l'astronomia, introduce orologi e carte geografiche. Comunica ai letterati un sapere degno di considerazione, cosi che gli europei non siano più assimilabili ai barbari del mondo oltre i confini del Paese di Mezzo. Ma egli era venuto in Cina per introdurvi il cristianesimo; pure in lingua classica aveva scritto il catechismo Sulla reale esistenza d.i Dio. Se guardiamo a questo, il suo cammino è come una spirale che ritorna su ·se stessa, senza fine e senza frutto. Come in una partita· di weiqi, le posizioninon so~o mai acquisite, si avanza senza mai vincere, finché si capisce che il fine non è la conquista del terreno, e in· un certo senso neppufe la vittoria. Sospinto da un luogo all'altro, scacciato da Nanchinp dove tutto sembrava favorire la sua dimora nella città, si mette ip viaggio per Nanchang. «Fece il Padre questo viaggio di mala voglia, ruminando tante fatiche fatte, e tanti pericoli passati, e senza alcun frutto, poiché tutto gli era venuto al rovescio di quello che •pensa~a. Poco. era lontano dalla città di 1chiansi, che consumò tutto il giorno pensoso a quello che doveva fare, per la qualcosa già stanco di pensare addormentossi. Dormendo, li parve di veder una persona da lui non •conosciuta, dalla quale parvele udire queste parole:· 'Tu dunque vai vagando per questo Regno con animo di tor via l'antica Religione, ed introdurne una nJova?' Il Padre Matteo, che da principio voleva occultar l'animo suo, rispose: 'O tu sei il Demonio, o lddio, perché tu sai quello che a tutti tacqui'». M atteo prosegue nella sua missione, ma negli ultimi anni, a Pechino, si dedicherà a approfondire i rapporti coi letterati, lasciando ad altri la cura dell'evangelizzazione. Paradossalmente convinto, alla fine, della impossibilità e non necessità di introdurre in quel «Regno» una «nuova Religione». «Letterato d'Europa» fra i letterati, adotta forme e modi cinesi, fa il possibile per inserirsi organicamente nella società. Scopre una convergenza fra gesuiti e confuciani, nel culto della morale naturale e delle conoscenze razionali (che anticipa la confluenza di gesuiti-confuciani-illuministi); e interessi comuni, contro i buddhisti, -perla sottomissione del popolo superstizioso e xenofobo; per la preminenza dei chierici e dei confuciani (in concorrenza coi politici laici in Europa, con gli eunuchi di palazzo in Cina). La classe dirigente cinese ha avuto la meglio, ha finito per cooptare il missionario: il cristianesimo, fatto uguale a cultura europea, si è trasformato in elemento di pensiero dotto nel sincretismo confuciano. Eppure Ricci ha compiuto un'opera formidabile, da pochi eguagliata fino ai nostri giorni: ha fatto conoscere la Cina agli europei, in termini approfonditi e non mitologici; ha introdotto la cultura europea come elemento di conoscenza in un contesto fino allora chiuso all'Europa; e con essa, per la prima volta, la nozione della relatività delle culture. Ha potuto farlo perché a sua volta, attraverso le lunghe, ripetute traversie per cui alternativamente è stato accol- - to e respinto, ha conquistato il senso della relatività del proprio mondo. La sua strada è quella che ogni messaggero ha dovuto ripercorrere, nel corso di tre secoli. Per questo, come dice Laurenti, «considerare i (... ) destini [di uomini tali] può servirci a ripensare le nostre difficoltà; abbiamo in controluce i problemi che sono ancora i nostri». L'incertea sullamorte Christopher Pallis ABC of Brain Steam Death ~ in British Medicai Journal .$ vol. 285 (II), 1982. g:>pp. 1409, 1487, 1558, 1641, 1720 ~ vol. 286 (1), 1983 i pp. 39,123,209,284 ..... ~ Brain death: interrelated ,l:) ~ o s:: ~ medicai and social issues a cura di Julius Korein in Annals of New York Academy of Science n. 315, 1978 ~ La Morte oggi ~ Convegno internazionale ~ • (Milano, 24-26maggio 1984) E, opinione diffusa che il timore di scambiare la vita per la morte sia stato fin dall'antichità una preoccupazione costante dell'uomo, per il timore di seppellire esseri viventi anziché cadaveri',·e che tale preoccupazione abbia rappresentato uno dei motivi fondanti delle religioni dei morti, dei riti della sepoltura e, successivamente, anche delle deposizioni testamentarie. Ma forse - su questo ci soffermeremo più avanti - è più giusto dire che è problema antico la paura di scambiare la morte per la vita, mentre è problema affatto attuale Gabriella Giurati e moderno l'esatto contrario, e cioè lo scambiare la vita per la morte. In altre parole, anticamente, nella impossibilità di stabilire con esattezza il momento di passaggio dalla vita alla morte, la cui certezza • era rappresentata solo dall'intervento dei fenomeni putrefattivi, il problema era scambiare quei casi che successivamente verranno definiti di morte apparente (o, secondo alcuni, più precisamente di «apparenza di morte») con la morte reale. Di qui i dubbi, le incertezze, le precauzioni che vedremo. Oggi, invece, l'avvento delle moderne tecniche di rianimazione ha permesso il verificarsi di situazioni affatto particolari e diverse in cui; pur essendo venuta meno ogni attività cerebrale e l'attività respiratoria autonoma dell'individuo, sostituita dall'uso del respiratore, persiste un'attività cardiaca spontanea: sono i casi ormai identificati e definiti come «morte cerebrale» (brain death). La morte in sepolcro I dubbi e le incertezze riguardo al momento della morte, come abbiamo detto, risalgono all'antichità. Così gli antichi Greci avevano addirittura un'espressione (-6otE eov n:òtµOL)che stava a indicare il ritorno in vita di coloro che erano stati creduti morti, e usavano lasciar trascorrere un lungo periodo di tempo tra ilmomento del trapasso e la sepoltura. Pare inoltre che gliEgizi inumassero i loro defunti tra il quarto e il quattordicesimo giorno dopo la presunta morte; i Traci, gliAteniesi e gli Ebrei non prima del terzo giorno, i Romani non prima di una settimana e dopo aver amputato un dito del cadavere. Gli abitanti delle coste inglesi, svedesi e norvegesi pare abbandonassero il corpo del defunto su un'imbarcazione non

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