Alfabeta - anno VI - n. 66 - novembre 1984

Losguarflo@o,o dell'arte Ernst H. Gombrich Aby Warburg. Una biografia intellettuale trad. di Pier Aldo Rovatti e Alessandro Dal Lago Milano, Feltrinelli, 1983 pp. 322, ill., lire 43.000 Aby Warburg La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura raccolti da Geltrud Bing Firenze, La Nuova Italia, 1980 (rist. anastatica) pp. 438, ili., lire 15.000 «Storie di fantasmi per adulti. Il pathos delle immagini nelle ricerche di Aby Warburg sulla rinascita del paganesimo antico» in aut-aut n. 199-200 gennaio-aprile 1984 Firenze, La Nuova Italia pp. 172, ili., lire 8.000 I I Q_uestov_iaggio nelle regio- '' m semzsotterranee rappresentate dalle opere in cui si intendono i valori espressivi dell'animo umano potrà aiutarci a superare il metodo meramente formalistico in esteticae a preparare il terreno per una teoria della dinamica dell'espressione umana?... La volontà di svelare il senso delle immagini ancora ignote è l'atto primitivo e fondamentale della conoscenza. Per i greci idein, 'vedere', significava'sapere', eidenai. Ma sono tante le storie di mitologia in cui lo sventurato che osa esercitare questa mirabile facoltà, per tale sua intraprendenza, è chiamato a scontare la colpa e condividere la sorte di Prometeo. Lo sguardo che agisce, scoprendo o interpretando, scatena la maledizione divina. Pur conoscendo per sofferta esperienza la demoniaca potenza delle immagini, Warburg si lasciava ugualmente irretire nell'ingrato destino minacciato dal mito, trovando il modo per interrogare e ricevere risposta dalle figure che, silenziose, abitano le opere d'arte. E le sue singolari ispezioni, animate dall'indole curiosa dell'osservatore, restituivano alla luce particolari nascosti, vicende sconosciute legate alle concrete occasioni che avevano realmentè fatto vivere gli oggetti dei suoi studi. Persino i segreti turbamenti dell'artista emergevano dai tratti trascurati di un panneggio, dal movimento dei corpi immortalati o dal «colore silenzioso»delle ombre che, talvolta, come nel caso dell'impenetrabile Leonardo, rivelava le disarmonie di una inquietissima vita interiore. P erché ciò avvenga dovremo affidarci alle indagini storiche e filologiche dei nessi tra la creazione delle immagini artistiche e la dinamica della vita così come effettivamente è vissuta o messa in scena... Nel 1900 Warburg indicava in una lettera al fratello il senso tutto particolare dei suoi interessi e gli insoliti itinerari della ricerca: «questo tempo l'ho dedicato ad identificare personaggi in un affresco del Ghirlandaio studiando monete, alberi genealogici, antiche cronache e libri delle imposte. Sembra un'occupazione arida, ma diventa incredibilmente interessante quando permette di far rivivere delle opere d'arte; gli sbiaditi fantasmi raffigurati possono ricominciare a vivere». Ma già in una pagina di appunti del 1889, mentre preparava la ben nota dissertazione su Botticelli, il giovane Warburg mostrava di pretendere dai suoi studi difficili risposte: «qual è il rapporto tra la vita di un periodo e il modo in cui l'uomo è rappresentato nell'arte di quel periodo, e come si connette • tutto ciò con la concezione della vita dell'individuo?» L'analisi meticolosa, la severa disciplina filologica con cui faceva faticosamente procedere le proprie indagini saranno sempre accompagnate da queste domande tutt'altro che ingenue in cui agisce una risoluta istanza storiografica: ne, il passaggio dal Medioevo al Rinascimento dovrebbe segnare la decisiva emancipazione dai demoni dell'irrazionale, l'ingresso vittorioso della scienza nello spazio finalmente liberato dalle torbide pratiche divinatorie, il consapevole possesso di una serena autonomia intellettuale. Lo sguardo interrogativo di Warburg indugiava piuttosto tra i sotterranei luoghi di una realtà spirituale tutt'altro che conciliata, agitata dalla compresenza di elementi concorrenti, comportamenti ambigui, opposte verità: nelle sue ricostruzioni i nuovi motivi del moderno individualismo convivevano, e talvolta con drammatico stridore, insieme ai caratteri espressivi di remoti fantasmi improvvisamente rianimati. MonicaMeyer la ricerca deve dar vita alle testimonianze ormai pietrificate dal tempo, cerca.ododi restituire i fatti al 'mondo' che li ha partoriti, ricostruendo il nesso intricato che fa di un'opera il segno tangibile, seppur parziale e minuscolo, di una situazione veramente vissuta. La 'biografia intellettuale'· di Gombrich (che già da parecchi anni rappresenta un punto di riferimento indispensabile agli studiosi per la ricchezza delle testimonianze riportate e l'intelligente sistemazione di un cospicuo apparato di testi tuttora inediti) permette di seguire l'intero sviluppo di questa impostazione che sovverte, insieme a qualche duro pregiudizio, numerosi criteri interpretativi troppo facilmente acquisiti e divenuti luoghi comuni non più verificati. Proprio l'appassionata premura per la «vita cosl come effettivamente è vissuta o messa in scena» complicherà l'imperturbata immagine del Rinascimento di motivi oscuri e immediatamente indecifrabili, difformità, anomalie che insinuano numerose incertezze nel quadro ben composto della storia degli stili. Secondo la consuetudiEnigmatiche ragioni avevano fatto confondere a Lutero la propria data di nascita, caduta in un giorno 'maledetto' dalla cosmologia pagana e associato a una spaventosa profezia astrologica; lungo i percorsi su cui gli arazzi «all'antica» erano giunti nelle ville medicee fiorentine dalla lontana Borgogna, tra le trame del nesso che intriga gli affreschi di Palazzo Schifanoja ai segreti codici dell'astrologo islamico Abu Ma'Sar, si addensavano, da sempre insoluti, inquietanti punti di domanda. LI ascesa con Elio verso il sole e la discesa di Proserpina agli inferi simboleggiano due fasi che appartengono inseparabilmente al ciclo della vita, proprio come l'alternarsi del respiro... Concludendo il frammento della conferenza su Divinazione antica pagana in testi e immagini del- !' età di Lutero (1918-1920) Warburg forniva, in estrema sintesi, una chiave preziosa per comprendere l'obiettivo dominante delle sue singolari ricerche: «i testi e le immagini qui esaminati (... ) sono da considerarsi all'incirca come documenti finora mai letti della tragica storia della libertà di pensiero dell'uomo europeo moderno». Questo motivo (la ~<tragtcastoria») sarà ovunque cercato e, nell'universo affrancato in apparenza dall'influssodei demoni antichi, assumerà forme che rinviano comunque alle pieghe sofferenti dei visi e dei corpi, alla superlativa esuberanza dei gesti con cui si esprimeva nell'antichità la dionisiaca frenesia pagana. Proprio come Heine aveva immaginato, la corte di dèi, demoni e mostri, seppur in esilio, costretta a vita notturna e clandestina, non si rassegna: continua a lusingare, a molestare lo sprovveduto uomo moderno ancora vulnerabile ai suoi pericolosi richiami. Dinanzi a quelle «formule espressive del pathos» (Pathosformeln) in cui l'occhio scaltrito può ancora intravedere la pulsazione di possenti emozioni esistenziali, «l'immagin~zione storica» di Warburg si scontrava - come direbbe Fritz Saxl - «con un ardente desiderio di semplificazione filosofica». La prepotente apparizione delle ninfe che, imprevedibili, attraversano con stupenda leggerezza lo spazio inciso sul dipinto del Ghirlandaio o di Botticelli, l'«eccitazione appassionata» di alcune figure scolpite nella pietra del Theseion o di qualche antico sarcofago romano, rappresentano agli occhi di Warburg, insieme a altre mille testimonianze disseminate tra gli archivi o nei musei, la dinamica infaticabile della vita. Così l'idein si fa eidenai: dinanzi allo sguardo che penetra l'immagine compare un'intera Weltanschauung, si dispiega la «visione» tragica di un mondo dominato da irriducibili polarità: la cieca passione agisce nella ragione allo stesso modo in cui la credenza magico-astrologica si agita nel cuore della scienza. La presenza fascinosa del simbolo e del mito non si dissolve ·di fronte all'incedere maestoso della tecnica: sopravvive ugualmente negli infiniti riti della quotidianità. Proprio per analizzare direttamente l'intricata mescolanza tra «logica civile»e «causalità magicoimmaginativa» Warburg si era recato tra gli indiani Pueblo d'America. Questa sua istruttiva esperienza antropologica gli confermava la convinzione, del resto già maturata attraverso gli studi iconologici, che la «cosiddetta superstizione procede di pari passo con l'attività vitale», così che quel «parallelismo di magia fantastica» e «sobrio agire rivolto allo scopo» si manifesta come «l'esperienza vissuta liberatoria di una illimitata possibilità di relazioni tra uomo e ambiente». ' utto ciò su cui possiamo contare in questo viaggio è l'intervallo sempre fuggevole tra l'impulso e l'azione: sta solo a noi decidere, con l'aiuto di Mnemosyne, fin dove debba estendersi questo intervallo nel respiro». L'immagine trasmette, più di qualsiasi altro strumento comunicativo, l'impressione delle «polarità» che affaticano il «ciclo della vita». Se la parola è dominata dalla logica argomentativa, l'immagine segue un percorso associativo che ben si accorda ai movimenti imprevedibili del desiderio, alle tortuosità della memoria; ospita il simbolo l'immagine, e più intimamente si mescola alle fantasie, alle mitologie, alla spontaneità delle .nostre più profonde emozioni. Nello sconfinato repertorio di simboli e figure ravvivati dalle indagini di Warburg si annidano pericoli e minacce. L'arte comunica immagini interiori, e l'influsso di quei segni capaci di commuovere la fantasia e scatenare le più riposte emozioni non è affatto innocuo. Warburg temeva davvero la potenza delle immagini perché aveva penosamente sperimentato il loro effetto. Eppure non si sottrae al rischio. Nella sua ostinata coerenza ben si esprime l'imperativo etico del Goethe: «Sehen ge- •boren, zum Shauen bestelt» (Son nato a vedere, guardare è il mio compito). Per difendere quel «diritto allo sguardo» che aveva rivendicato a Manet, Warburg patisce un doloroso sacrificio: la follia. Gombrich ne parla con delicatissima discrezione: «I due interessi dominanti della sua attività di studioso, l'espressione delle passioni e la reazione alla paura, lo ossessionavano nella forma di terribili malumori, fobie, depressioni e manie che ne fecero un pericolo per sé stesso e per chi gli stava vicino, fino a quando fu condotto in manicomio». È già evidente come il disturbo psichico di Warburg oltrepassi il fatto semplicemente biografico. In questo caso il dramma personale è il sintomo di un radicato malessere, l'espressione di un'eccezionale esperienza di interiorizzazione: Warburg rivive in prima persona e fino all'estremo limite le insanabili schizofrenie di una intera cultura. Nel 1927, ormai rasserenato, Warburg dedica alcune pagine del suo taccuino a Burchkardt e a Nietzsche: «Noi dobbiamo tentare di far sì che essi si illuminino reciprocamente e questa meditazione ci deve aiutare a capire Burchkardt come uomo che patisce del proprio mestiere». Ritorna il motivo etico del «guardare». Burchkardt e Nietzsche sono «sismografi sensibilissimi»che tremanò al più impercettibile movimento. Sono capaci di uno sguardo acutissimoche penetra e svela: entrambi «veggenti». Nietzsche non sopravvive alle insopportabili visioni che aveva scatenato: Dioniso è destinato a essere crocifisso. Ugualmente Burchkardt avverte il soffio del «demone della distruzione» eppure gli resiste, innalza una distanza, una «torre»; e si difende cercando la «misura», descrivendo un «limite»: una «forma che fosse insieme vita e dominio della vita». Warburg sceglie questa via: non rinuncia al «diritto» e al «compito» di guardare ma non si azzarda a smarrire l'equilibrio, a scavalcare il limite della sua missione. Si rivolge a Mnemosyne adesso, alla ~ dea del ricordo, che non promette .s impossibili conciliazioni ma con- ~ sente almeno quell'«intervallo», Cl.. quel necessario distacco (Denk- ~ raum) che spiana un luogo sicuro S! per la riflessione e il _ragionamen-1 ~- ~ «Der liebe Gott steckt im De- - tail»: il dettaglio, lo spazio circo- i scritto in cui lo sguardo infine si ~ concentra, non è terra di demoni &: mostruosi che comandano impulsi ,I e passioni: anche «il buon dio abi- ;! ta nei particolari». 11

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==