L o spettacolo del mondo dello spettacolo in crisi, questo il deprimente inizio di stagione '84-85. Tutti i settori confermano, nei dati riassuntivi della stagione scorsa, ,la tendenza al decremento degli spettatori. Naturalmente si parla dello spettacolo a sbigliettamento e non della televisione, che da molti è considerata la causaprincipale del fenomeno. La televisione, e i grandi canali privati in primo luogo, propongono uno spettacolo in apparenza gratuito (in realtàsi paga nei prezzi dei prodotti che pubblicizzano), indubbiamente comodo (pigiama e poltrona personale), di libera fruizione (col telecomando ogni utente tesse quotidianamente il proprio arazzo di visioni), ad alta concentrazione di scrittura (la sintassi videotronica è flessibile e ricca di livelli visionari) e infine con un'esclusiva concentrazione di noti protagonisti. Se giocata in termini di sfida, la differenza tra generi spettacolari autorizza a ipotizzare un futuro luminoso per la sola tv e la riduzione di teatro, concertistica, cinema, ecc. a rituale occasione di riconoscimento per «pochi felici». Gli addetti ai vari settori, tuttavia, non sembrano accettarequesta contrapposizione, anzi molte recenti prese di posizione nemmeno accostano il successo della televisione alla crisi degli altri generi, e la mossa ha un sapore di rimozione sul quale bisognerebbe puntare dei sospetti. Ma tant'è. La crisi, prendiamo quella del teatro, ha curiosi effetti. Da una parte, vediamo studiosi di estetica che scendono a far di conto e a interloquire il mondo politico per il nuovo assetto legislativo;da~'altra, dei managers sollevare interrogativi di merito sul senso delle arti «obsolescenti» del nuovo panorama. Personalmente, provo imbarazzo e soddisfazione assieme. Imbarazzo perché la situazione non consente una discussione pacata, anzi favorisce gli isterismi corporativi e perviene spesso a una difesa insostenibile dei generi in crisi, con accenti di rimpianto per aspetti veramente e definitivamente obsoleti (per il teatro: tornare a esserepochi come negli anni cinquanta, e buoni degustatori di spettacoli costruiti con gli ingredienti di allora); e imbarazzo per avere fatto parte di I I Affari che vi riguardano», '' «comunicazioni giudiziarie», «affari di giustizia»: queste sono le formule di solito usate dalla polizia per convocare presso i propri uffici, per i motivi più vari, cittadini dai quali raccogliere informazioni o, semplicemente, da tenere o far sentire sotto controllo. Queste convocazioni, che sono già un piccolo capolavoro di ambiguità quando l'invito è a presentarsi presso uffici di polizia, diventano qualcosa di realmente misterioso quando l'indicazione è di comparire innanzi a un magistrato. Di recente, per iniziativa di qualche sostituto procuratore della Repubblica, sono state infatti inviate «citazioni» a comparire «per affari di giustizia» a persone ritenute in qualche modo in contatto con detenuti per motivi politici. Bollettino Siae quello sparuto gruppo di teatro/agi che sempre volevano considerare le possibilità estetiche e culturali del teatro come permeabili ali'economia e allapolitica, e aver subìto per questo, fino a un passato recente, dure rampogne. Ma anche soddisfazione, perché soltanto da questo rimescolamento di carte ci si può aspettare una progettualità per lo spettacolo dei prossimi anni. Il bollettino della Siae dedicato al consuntivo I983 si apre con un editoriale del presidente Luigi Conte. Ad apertura di un fascicolo che presenta il bilancio di circa500 miliardi della Società - la quale, ricordiamo, registra tutti gli incassi dello spettacolo in Italia, trattenendo e distribuendo le quote di competenza agli aventi diritto -, questo editoriale è particolarmente significativo di quanto si diceva e merita un'estesa menzione. Scrive Conte: «crediamo sia giunto il momento di azioni più incisive e di iniziative più efficaci. Non vorremmo che tutti rimanessero incastrati nella trappola che ci siamo tesi, vuoi per incoscienza Il lettore che non sia, né per professione né «per avventura», esperto in «affari di giustizia» probabilmente troverà tutto ciò normale o, almeno, consono al clima attuale in fatto di libertà, e non coglierà immediatamente tutta l'importanza della questione. Pure il problema c'è ed è rilevante, come brevemente illustrerò. lf usanza ~el~apo_li~iadi con~ vacare 1 c1ttad1mpresso 1 suoi uffici è antica e consolidata. Inviti del genere creano, e hanno sempre creato, disorientamento e timore in chiunque, «galantuomo» o «malfattore», ne abbia ricevuto uno. Ciò sia per il fatto di provenire da un apparato coeréitivo di Stato sia per il tono di solito.sibillino del testo, che allude a «comunicazioni», senza che sia chiaro chi dà e chi riceve quale tipo di informazione, oppure ad Antonio Attisani vuoi per fatalismo. Ed è la trappola del considerare tutto sotto il profilo della resa economica, lafilosofia degli incassi e lagraduatoria del botteghino. È la stanza nuziale dove Marx si coniuga con Rockefeller, un'aberrazione. «Ormai non si legge o si ascolta che di quadri misurati ad ampiezza e superficie, anziché giudicati per colore e forma; di commedie che toccano la tot media anziché la coscienza degli spettatori; di concerti che richiamano folle di indemoniati anziché volgere le menti ad alte Gianni Pezzani, l'uomo con tre gambe idealità. Dov'è finita l'arte? L'artigianato, il nobile artigianato del prodotto spettacolare schiacciato sotto il torchio di una imprecisata professionalità? Che è necessaria a un medico ma non determinante per un autore. Dove la casualità, la follia, la fantasia, l'utopia che sole generano quei capolavori destinati a sfidare il ritmo dei tempi e le onde dei secoli?» Dopo avere sentito laparola business pronunciata con tutti gli accenti d'Italia, spesso da ex esponenti di una sinistra pura e dura, «affari».. senza che sia specificato quali, tra i tanti affari che trovano posto nella vita di una persona, abbia in quel momento carpito l'interesse di un funzionario di polizia. Questo disorientamento del comune destinatario trova per altro conferma nelle difficoltà che giudici e giuristi hanno incontrato nel collocare questi inviti all'interno del processo penale e delle stesse funzioni di polizia. Intanto va detto che sono inviti che possono avere le finalità più varie: dalla produzione di una patente di guida della quale si è stati trovati sforniti, alla richiesta di informazioni su una denuncia presentata, all'essere ascoltati come testimoni o anche, e qui cominciano i problemi, come indiziati di reato. Di qui, da questa varietà di situazioni possibili (con conseguennon ho difficoltà a immaginare i sogghigni degli stessi ad affermazioni del genere. Chepossono essere prese in vari modi: si può contestarne la lettera (chi è stato capace di accoppiare Rockefeller e Marx, anche in Scala? c'è chi ha «rockfelleggiato», rubacchiando al più a Freud o a Castaneda, e chi ha «marxeggiato» facendosi finanziare in perdita); si può non essere d'accordo sulla sottovalutazione della professionalità, sulla creazione di capolavori come obiettivo, e, soprattutto, sulla conclusione che .sembra chiedere rimedi solo per il «patrimonio» culturale e non per la produzione del nuovo. Insomma, Non è più tempo di indugi - questo il titolo de~'editoriale - è carico di un idealismo di marca lontana e che si sarebbe voluto tuttavia vedere prima, ma resta il segno di una preoccupazione che onora chi la esprime, anche per il suo essere controcorrente. Infatti, il progetto di legge Lagorio sul teatro - che è uno dei principali atti concreti invocati - sembra piuttosto ispirato a garantire una • 1a te diversa incidenza di diritti e doveri dell'interessato) discende l'obbligo, affermato dai giudici ma quasi sempre eluso dalla polizia, di motivare i famosi inviti «perché il cittadino deve essere messo in gra- .·~do di rendersi conto della lègitti- • mità dell'ordine e del suo valore ... » (così la Cassazione). La situazione è tutt'altro che chiara comunque, specie per gli inviti diretti a indiziati di reato. In questi casi, infatti, stante il diritto dell'indiziato di non rendere l'interrogatorio, molti giudici (ma non la Cassazione) hanno ritenuto che fosse pienamente legittimo il non presentarsi affatto presso gli uffici di polizia. L'unico punto fermo rintracciabile in tale intricata materia, che si colloca nella zona grigia dei poteri, legali ma non troppo, di polizia, è stato posto dalla Corte costituzionale (sentenza n. 13/72), quanconservazione de~'esistente, con privilegi lottizzati, ed è comunque assai chiuso nei confronti del nuovo. A questo punto non so se questa nuova legge sia una risposta soddisfacente per ilpresidente della Siae, spero di no. Se l'economicismo è una delle cause della crisi dello spettacolo, il . rimedio non può essere costituito dal pensionamento degli eroi nazionali e dal numero chiuso. Né possiamo pretendere ora di garantire alle arti dello spettacolo una quota di mercato che devono invece trovare in un confronto più vasto. Si devono risolvere i problemi di conservazione ma si deve incentivare la produzione del nuovo, e ora sappiamo, finalmente, che è questione anche politica. Perciò una legge non può nascondersi dietro il dito di dispositivi tecnici costruiti a misura del già esistente, istituzionalizzando in questo modo l'arbitrio; ma - non potendo definire apriori le caratteristichedel nuovo e tanto meno il valore intrinseco del lavoro teatrale - dovrebbe costituire un organismo che si assuma esplicitamente una responsabilità culturale, che da~'arbitrio segreto si sposti alla scelta con criteri resi pubblici, criticabili, modificabili. Può darsi che anche questo sia idealismo sprecato. Però è un tentativo di risposta concreta aproblemi concreti, e abbiamo visto che la «prospettiva. economica» non garantisce risultati migliori. L'inter- · vento pubblico non può eliminare né essere esente dalla componente di rischio e di verifica che è intrinseca nella produzione culturale, specie in una fase di trasformazione. Infine: la televisione è certo il nuovo protagonista del panorama mediologico, comunque una presenza che obbliga a ridefinirlo tutto quanto, dal livello delle interazioni linguistiche fino alle quote di consumo. Come ogni novità «forte» essa galvanizza i suoi protagonisti e mette in stato d'angoscia gli addetti di altri settori. Ma la vera «diminuzione» del teatro o di qualsiasi altro mezzo viene solo dal suo viversi in concorrenza, quindi perdente, con la tv. Il consuntivo del 1983 Bollettino della Siae anno 56, n. 3 maggio-giugno 1984 do ha affermato che la possibilità di invitare (e, in caso di rifiuto, di accompagnare coattivamente) si fonda sul generale potere dell'autorità di polizia (di sicurezza) di acquisire informazioni e notizie al fine della prevenzione e repressione dei reati e sul corrispondente dovere del cittadino di collaborare con essa. Questa rassicurazione costituzionale, discutibile per più di un ~ verso, ha una sua ragione storica <::S costituita dal fatto che l'informa- .s ~ zione è sempre stata la base della ~ funzione di polizia, dapprima - in ~ senso generale e di «governo» - ....., come conoscenza delle risorse e ~ -e dello stato della popolazione e del g territorio, e poi -: nel senso con- e temporaneo - come conoscenza e ~ controllo delle «classi pericolose», i:: per la cosiddetta prevenzione dei t! re~. -e ~ Ma per i giudici questo ordine di ~
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