Alfabeta - anno VI - n. 65 - ottobre 1984

ou l'Éloge du Secret») che la trasparenza e l'opacità sono gli effetti di senso di un medesimo sistema, morale, intersoggettivo, politico e informatico, il cui scopo principale è il controllo e l'articolazione del sapere altrui. I n che modo, dunque, la manipolazione diventa potere e fonte di controllo privato o pubblico? Mare Le Bot («Le vide des mots») sostiene che il segreto, preso in sé come parola, è un esemplare caso di indicibile; è una parola che maschera il vuoto dato dall'assenza di una esperienza ef-: . fettiva. Ciò che si chiama segreto non ha referente. Tuttavia·, ci sembra che pensando da metafisici si dimentica spesso che il segreto è tale per qualcuno, presuppone un contratto tra chi sa e chi viene a sapere. Ci sono dei segreti professionali e altri segreti, dei quali si era occupato Georg Simmel («La société secrète», in Nouvelle Revue de Psychanalyse n. 14, 1976), che legittimano l'appartenenza a una setta. Quando Roland Barthes ha voluto esprimere in una formula la sua idea di occultamento, scrivendo che «il faut que cacher se voie», ha lasciato intendere che ogni atto di differimento contiene una implicita teoria del desiderio. A cosa serve un segreto del quale nessuno conosce l'esistenza? Il dispositivo del segreto, perché sia perfetto, deve incitare alla ricerca, deve stimolare il desiderio del suo svelamento. È questo un desiderio che Jean-François Lyotard ritrova nei rebus dipinti di Baruchello (La pit-· tura del segreto ne~'epoca postmoderna. Baruchello, Milano, Feltrinelli, 1981): «chi non sa celare non sa amare». Sul versante della narratività, Louis Marin ritiene che il segreto sia l'effetto di superficie di un dispositivo profondo («Logiques du secret»). Il riconoscimento di una struttura di relazioni narrative stabili, soggiacenti al segreto, permette di descrivere le regole di un gioco a tre attori, dei quali uno è incluso nel racconto, ma è nello stesso tempo escluso da alcune informazioni indispensabili. Il principio è formalizzabile in uno schema ternario: A sa qualche cosa di B che egli ignora. In seguito A trasmette queste informazioni a C. Nel momento in cui A divide con C quello che B dovrebbe necessariamente sapere, comincia nel racconto l'effetto del segreto. La sua logica si trova in questa semplice storia. In breve, ogni struttura narrativa che riguarda il segreto riposerebbe, secondo Marin, sul racconto di Edipo, il quale risulta in definitiva il modello originario della classe di tutti i possibili racconti con segreto. Lo schema può essere rivestito con nomi pr~pri: A sono gli dei detentori del sapere; C è Tiresia, il depositario delle informazioni; B è Edipo. Gli dei sanno che Edipo, figlio di pastori, è in realtà figlio del re... L'uomo che egli ha ucciso non era uno straniero, ma suo padre ... La regina vedova, che ha sposato come compenso per un servizio prestato alla sua città, è in realtà sua madre ... S e ciò che è reso segreto è dissimulato da un ostacolo che maschera una identità, l'interprete non è di fronte a una banale interdizione. L'ostacolo devia. Una rappresentazione costruita rimanda a delle altre rappresentazioni istituendo delle trappole . referenziali. Alla relazione tra l'interprete e il significato si interpone una convenzione, manifestata dal prefisso de: decostruire, definire, decrittare. Per quanto riguarda i sistemi crittografici Paolo Fabbri e Pierre Rosenstiehl si sono proposti, in un saggio scritto a quattro mani («Révélations»), di chiarire il funzionamento delle ricerche matematiche sui codici segreti e di esporre le vicende della loro divulgazione in riviste scientifiche specializzate. Nel 1976 a Stanford, in California, alcuni scienziati hanno iniziato a produrre una serie di tecniche che parevano assicurare, per la prima volta nella storia della crittografia, il segreto assoluto nello scambio di informazioni. L'utilizzo degli ordinatori artificiali, e della matematica avanzata, ha dato luogo all'invenzione di un sistema crittografico a chiavi rivelate, etichettato con la sigla SYCLEREV (Public Key Cryptosystems), il quale permette di definire una segnatura informatica, cioè l'autentificazione dell'emittente e del destinatario di un messaggio, basata su dei complessi criteri di trasformazione matematica dei codici. Il destinatario che riceve un messaggio confidenziale, cifrato con il sistema SYCLEREV, deve trasformarlo in chiaro, comprendere che viene da un emittente identificabile, essere sicuro che non è stato falsificato da un'altra persona, e infine convincere una terza persona, per esempio un banchiere o un incaricato per il controllo della sicurezza militare, che non ha confezionato egli stesso il messaggio in questione. L'aspetto più seducente del sistema è che il segreto viene determinato da un processo di temporalizzazione: c'è un tempo del calcolo. Nel codice a chiave rivelata si afferma la misura del tempo di un calcolo esponenziale, intrattabile da un ipotetico cacciatore di messaggi segreti. Nel loro saggio Fabbri e Rosenstiehl esplicitano che esiste una guerra, per il monopolio del segreto, combattuta a colpi di teoremi e di algoritmi. Fin dal Cinquecento, dal De furtivis litterarum notis di G .B. Della Porta, poi dalla «camera nera» di Luigi XIV - nella quale Rossigno!, il primo decrittatore di Stato, interpretava i messaggi diplomatici in codice-, la crittologia non è una scienza banale. Pochi sanno che nel 1980 l'American Council of Education ha costituito un comitato, il Public Cryptography Group, comprendente anche dei membri del dipartimento della Difesa e della Nsa, e che inoltre esiste una Musicaelettronica19 A noi cinquanta invasi di rock e brillantina, profumi e tecniche d'oltreoceano, suoni luccicanti per orecchie da imbonire. Nascevano i prototipi del mito contemporaneo, Elvis-Presley divorava anni-luce rispetto ai rassicuranti Platters. Ma, come sappiamo da tempo, là dove sorge il mito la storia trova le proprie giustificazioni, con essa la politica (nel senso meno deteriorato del termine) e, perciò, anche l'organizzazione dei suoni. Perché stupirsi allora se questi anni di estroversione segnano un momento fondamentale nella storia (ormai è storia) della sperimentazione musicale? Le odierne veteronovità del 'parvenue' Philip Glass avrebbero fatto sorridere' quegli uomini (piccoli e grandi) che offrivano le proprie notti sugli altari delle consolles di mixaggio, le forbici in mano, sorta di Nettuno del nastro magnetico. Certo, oggi possiamo sorridere del nastro, di questa piccola, sottile striscia ormai relegata nell'archeologia industriale dalla tecnica digitale e dai microprocessori. Eppure ci rimane un certo gusto per l'immediato passato, il piacere di riconoscere i giusti ruoli a quei saggi pionieri, tanto più rari per la loro collocazione italiana, per il loro operare in terra di colonia, con una libertà di spirito che li rendeva mosche bianche in un universo di grigi imitatori. S iamo a Milano nel 1954. Corso Sempione ci attende fra palazzi e antenne, il cubo della Rai è lì, attanagliato fra altri edifici, eppure per alcuni anni libero nel pensiero di Luciano Berio e Bruno .Maderna, nel loro lavoro quotidiano che riempie poche stanze al quinto piano, nella vertiginosa circolazione di idee (e di suoni) che attraversa quelle sale ingombre di macchinari. Si entra in silenzio, con la circospezione dovuta ai luoghi di fatica, e le immagini che colpiscono i nostri occhi sono fuori dell'ordinario tecnologico. Quegli ambienti, dove normalmente comuni attori vengono a recitare le commedie radiofoniche, sono ora occupati da nuovi arredamenti: un appareccltio per le onde Martenot (per la manipolazione -degli ornamenti Ca lo Boschi melodici), generatori di suoni sinusoidali (per correggere il suono prima della trasposizione su nastro), generatori di rumori (dal «suono bianco», contenente tutte le vibrazioni udibili, ai «suoni colorati», con scelte specifiche di timbri e frequenze), filtri a banda variabile (per la selezione degli armonici), magnetofoni a velocità regolabile; tutti strumenti vicini al futuro e confrontabili solo con alIl vedovo tri simili attivati a Parigi e a Colonia. In queste stanze milanesi il tempo viene scandito dagli impulsi sonori, il giorno e la notte hanno perso ogni senso di alternanza, e il lavoro scorre ininterrotto, lontano dal mondo, eppure così vicino alla vita quotidiana. Siamo nel Centro di Fonologia della Rai, operante già da qualche anno e creato inizialmente per la nv1sta scientifica specializzata, Cryptologia. Non è privo di interesse constatare che uno sguardo più attento su questo numero di Traverses permetterebbe di circoscrivere delle tipologie di segreti. In margine, come corollario, ne citiamo due molto generali. Nella prima tipologia il segreto è l'effetto di un .dispositivo; nella seconda trascende i vari luoghi di manifestazione. In altri termini, il costruito si contrappone all'irriducibile: il costruito pertiene ai principi semioti- .ci della c.omunicazione, l'irriducibile designa una verità che può spiegare la ragione dell'essere. Si tratta della contraddizione che separa la semiotica dall'ermeneutica. Per l'ermeneuta il segreto è collocato in un ordine di conoscenza opposto alle cose sensibili: costituisce negli esseri ciò che sono nella loro intrinseca natura, in opposizione all'apparenza. Il principio che risiede nella latenza può indicare sia una potenza generatrice sia anche un luogo di illusione. Questi sono i due modi in cui viene concepito il nascosto. Cosa si trova dietro l'apparenza? Una forza immensa? o una mistificazione? Un beneficio? o l'irridente inganno della simulazione? In conclusione, c'è un dato comunque costante: coloro che producono e cercano segreti dubitano della corrispondenza tra l'efficacia delle parole e la loro innocenza. Chi dice e racconta sa, e chi sa non è mai innocente, anche quando dice. realizzazione degli effetti speciali richiesti nelle trasmissioni di prosa, sportive, ecc. E, chissà, forse tutto sarebbe rimasto a livello rumoristico se non fosse intervenuto Luciano Berio. «Il mio primo contatto con le possibilità dei nuovi mezzi [elettronici. ndr] avvenne ... nel 1952, al Museum of Modem Art di New York, durante un concerto dedicato in massima parte a Varèse e diretto da Leopold Stokowsky... In quel concerto di New York fu presentato per la prima volta un pezzo di tape music ... Si intitolava Sonic contours e gli autori- erano Luening e Ussachewsky»1 • Proprio questa suggestione americana, insieme alla totalità delle esperienze che si andavano compiendo anche in Europa in quegli anni, doveva indurre Berio e Maderna a utilizzare in Italia quei mezzi elettronici che all'estero già iniziavano a produrre nuove e allettanti prospettive per il mondo musicale. La disponibilità della Rai di Milano fu pressoché totale, grazie soprattutto a Alfredo Lietti che per anni guidò, sul piano tecnico, tutti i compositori che passarono negli studi di corso Sempione2 • Certo Milano non fu la prima in Europa, visto che Parigi e Colonia lavoravano già da qualche tempo alla ricerca elettronica, sebbene secondo ottiche di ricerca abba- ~ stanza rigide: il Gruppo di Ricerca ~ di Parigi si occupava esclusiva- -~ mente di musica «concreta» (cioè e::,.. utilizzava materiale sonoro preco- ~ stituito, fatto di suoni e rumori ...._. reali preregistrati su nastro), men- ] tre lo Studio per la Musica Elettro- g nica di Colonia usava il suono elet- 0 tronico solo all'interno della logica ~ seriale di ascendenza viennese. s:: Il Centro di Fonologia di Mila- ~ no, invece, rimase libero da ogni l vincolo precostituito e l'attività di ~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==