Alfabeta - anno VI - n. 65 - ottobre 1984

Hans Georg Gadamer La ragione nell'età della scienza trad. di A. Fabris introduzione di G. Vattimo Genova, Il Melangolo, 1982 pp. 116, lire 9500 Lob der Theorie. Reden und Aufsatze Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1983 pp. 176, dm 16,80 D i recente la discussione sul1' ermeneutica si è venuta arricchendo di alcuni interessanti contributi che ci aiutano a ripensarne più a fondo lo statuto filosofico e a ridefinirne il campo di applicazione tematica. Per quanto riguarda l'Italia, in particolare, tra i fattori che hanno contribuito a riaprire il dibattito su questi temi vanno segnalati alcuni avvenimenti editoriali, in primo luogo la ristampa della traduzione italiana dell' 'opus maius' di Hans Georg Gadamer, Verità e metodo (Milano, Bompiani, 1983). Accanto a questo libro, che rimane il testo classico dell'ermeneutica contemporanea, compaiono ora due agili volumetti di scritti brevi, prevalentemente di carattere «essoterico» e risalenti per lo più agli anni settanta (il primo è già tradotto col titolo La ragione nel/'età della scienza, mentre il secondo uscirà quanto prima presso l'editore Bibliopolis di Napoli). La comparsa di questi libri ha poi coinciso con un lungo giro di conferenze che l'ottantaquattrenne professore dell'Università di ,Heidelberg ha tenuto nella prima-· vera 1984 nelle principali città italiane, e che hanno-registrato uno straordinario successo non solo tra gli abituali frequentatori delle aule universitarie, ma anche tra il pubblico non specialistico e tra i giovani, a testimonianza della «universalità» che il filosofare ermeneutico può assumere anche concreta~ mente nel costante esercizio dell'ascolto e del dialogo. Il contatto diretto con il maestro dell'ermeneutica contemporanea ha permesso di verificare lo stato attuale del dibattito, ma soprattutto di constatare che lo sviluppo del pensiero ermeneutico nel corso degli anni settanta ha imboccato direzioni per certi aspetti nuove, allontanandosi in parte dalle originarie posizioni di partenza. Oggi, infatti, il dibattito sull'ermeneutica in Europa e in America non sembra coinvolgere tanto il retroterra culturale delle scienze storiche e sociali o il vasto campo di dominio della teologia, ma si 'applica' in modo sempre più fecondo all'immenso territorio occupato tradizionalmente dalla critica letteraria, collegandosi con la teoria della letteratura, con l'analisi testuale, con la teoria dell'argomentazione e con la retorica. Questo dato è emerso non solo dalla conferenza In cammino verso la scrittura (Unterwegs zur Schrift), tenuta a Genova e Torino, ma soprattutto dai lavori del seminario su Ermeneutica e semiotica, tenuto presso il Dams di Bologna. Tuttavia in quest'occasione Gadamer, pur mostrando di avere in parte recepito le sollecitazioni provenienti dal dibattito americano (da parte di autori come E.D. Hirsch, W.V. Spanos e altri), ha ripetutamente sottolineato che l'ermeneutica non può essere confusa con una teoria della critica letteraria, né può essere identificata con la semiotica. Questa si presenta come una logica perfetta, una «metodologia» dell'approccio testuale rigoroso, e si ricollega quindi al filone delle scienze nate all'inizio dell'età moderna all'insegna del primato del «metodo». L' «ermeneutica», invece, non è una metodologia generale delle scienze dell'interpretazione, ma è filosofia, evento linguistico-dialogico basato sull'atto esistentivo del comprendere, inteso principalmente come comprender-si. P roprio questa specificità autoriflessiva del momento ermeneutico viene appassionatamente rivendicata nei saggi raccolti in La ragione nell'età della scienza. Qui, in un linguaggio facilmente accessibile e con una formulazione efficace e convincente, Gadamer critica tùtti quei tentativi che «nell'età della scienza e della tecnica» sforzo di ripensare alcuni concetti chiave del pensiero occidentale, come ad esempio theoria, praxis, logos, episteme, e di riportarli alla loro· originaria valenza greca. Il tentativo di ripercorrere la storia della filosofia seguendo il filo rosso della «storia dei concetti» non nasce da una mera curiosità erudita ma si inserisce in un progetto teoretico più ampio, che va oltre il punto d'approdo di Verità e metodo e cerca di ripensare l'ermeneutica come filosofia pratica. Questa ipotesi, sostenuta in un saggio del 1972 (ora compreso in La ragione, pp. 69-90), cerca di avvicinare l'ermeneutica a tematiche di tipo etico-politico, riproponendo in un contesto filosofico un plesso di interrogativi che riguardano il senso ultimo dell'esistere individuale e collettivo in relazione allo sviluppo della odierna società tecnologica. La «trasformazione» dell'ermeneutica in filosofia pratica può es- (La ragione, pp. 87 sg.). Da questo punto di vista, la comprensione' è «qualcosa di più che un'abile applicazione di certe capacità acquisite. Essa implica anche il raggiungimento di una comprensione di sé più vasta e profonda. Ma questo vuol dire che l'ermeneutica è filosofia e, in quanto filosofia, è filosofia pratica» (ivi, p. 88). Così «la grande tradizione della filosofia pratica rivive in un'ermeneutica che diviene consapevole delle proprie implicazioni filosofiche» (ivi, p. 89), in quanto in essa è presente la medesima implicazione reciproca tra interesse teoretico e agire pratico propria della «filosofia pratica». 11 senso di queste argomentazioni è quello di ridefinire lo statuto dell'ermeneutica riportandola al di là della tradizionale scissione teoria-prassi che secondo Gadamer risulta dominante finché si rimane all'interno di una conce-' «... Un soir, J'ai assis La Beauté sur mes genoux. Et je l'ai trouvée amère». riducono la filosofia a epistemologia o a metodologia delle singole scienze. La difesa della specificità e dell'autonomia del filosofare si fonda sul recupero dell'idea di «ragione»· intesa come logos, come linguaggio, come elemento originario comune all'insieme dei parlanti, e che come tale ha il potere di «accomunare» e di «unire» la pluralità dei soggetti linguistici. L'insistenza sul momento dialogico-comunicativo mette in evidenza l'importanza che negli ultimi scritti di Gadamer assume la comunità linguistica dei parlanti: il comprendere che accade nel linguaggio è sempre un dialogo che coinvolge immediatamente l'io e il tu, ma che soprattutto chiama in causa l'altro, la totalità della tradizione. In questo senso la filosofia ermeneutica mette in luce il momento comunicativo e intersoggettivo dell'autentico pensiero: filosofia non è «soltanto il colloquio che ognuno, pensando, conduce con se stesso, ma soprattutto quel colloquio in cui tutti insieme siamo coinvolti e che non cessa mai di coinvolgerci, anche se si proclama morta la filosofia» (La ragione, p. 35). Accanto a questa difesa della specificità del filosofare come evento dialogico (i cui punti principali sono stati ripresi in una brillante· conferenza tenuta agli studenti di un liceo napoletano), nei saggi di La ragione troviamo lo sere considerata come una diretta conseguenza della discussione so- • stenuta sul finire degli anni sessanta con J. Habermas, nella quale il rapporto teoria-prassi ha occupato un posto di primo piano, fino a mettere in discussione la stessa nozione gadameriana di «linguaggio», considerata troppo ideale e astratta. A queste critiche Gadamer sembra rispondere rivedendo in parte le sue posizioni e spostando la sua attenzione da una definizione 'ontologica' del linguaggio verso una concezione più sfumata che considera il linguaggio come l'orizzonte pratico della comunicazione intersoggettiva. Non a caso i saggi di La ragione, anziché sviluppare il rapporto linguaggio-essere, insistono sul concetto di «linguaggio comune» (logos koinòs) e prendono in considerazione tutta una serie di problemi che nascono nella interazione e nella comunicazione tra i diversi soggetti linguistici e che inglobano la sfera dei comportamenti pratici, delle decisioni, dell'agire individuale e sociale. Il rapporto che lega l'ermeneutica alla filosofia pratica viene ricercato analizzando l'essenza stessa del processo effettivo di comprensione. Si tratta, scrive Gadamer, di «un processo di comunicazione, un processo in cui si acquista una progressiva familiarità tra un'esperienza determinata, nella fattispecie il 'testo', e noi stessi» zione «strumentale» del pensiero. «Ermeneutica» è per Gadamer una theoria che accade come praxis, è «un atteggiamento che si rivolge bensì all'interpretazione dei testi, ma anche a quelle esperienze che vengono interpretate nei testi stessi e in quell'orientamento del mondo che si dispiega in modo comunicativo» (ivi, p. 89). L'esito 'pratico' sta nell'attivare nel momento di ascolto dell' 'altro' una «comprensione di sé», nel mettere in luce l'elemento accomunante, nel tenere unita l'esperienza della comprensione degli altri con l'autocomprensione. Ma un altro risvolto 'pratico' non meno importante - e per il quale, secondo Gadamer, l'ermeneutica supera in criticità la stessa «critica dell'ideologia» di derivazione francofortese - è la messa allo scoperto dei «pregiudizi» presenti in ogni comprensione. Infatti, nel colloquio ermeneutico la ricerca dell'intesa presuppone che i concetti usati dai partners non siano già astrattamente definiti, ma vengano di volta in volta chiariti a partire dalla precomprensione che essi hanno e dall'orizzonte storico in cui si trovano situati. Proprio questa capacità «critica» esercita una funzione «emancipatoria» e «liberatoria», non tanto perché permette un'intesa oggettiva e neutrale secondo il modello delle 'scienze esatte', quanto perché rende i partners del dialogo più consapevoli delle 'regole' che guidano l'esperienza umana del mondo. E questo acquisto di maggior consapevolezza esplicita la valenza etica inclusa in ogni atto ermeneutico: «ogni volta che ci apriamo alla comprensione dell'altro, noi mettiamo in gioco noi stessi, ci critichiamo. Questo è il principio di una civiltà libera dal fanatismo e dalla violenza» - una civiltà che l'ermeneutica come «filosofia del dialogo sociale» tende a realizzare come compito etico (cfr. l'intervista rilasciata a La Stampa, 27 marzo 1984). N aturalmente, come si può vedere anche scorrendo i saggi compresi in Lob der Theorie, questa identificazione di ermeneutica e filosofia pratica pone non pochi interrogativi e suscita anche qualche perplessità. Per spiegare a fondo le motivazioni di questa identificazione occorrerebbe analizzare il variegato panorama della filosofia tedesca contemporanea, in cui è vivamente sentita l'esigenza di una «riabilitazione della filosofia pratica» nella direzione di una filosofia dell'azione o dell'agire comunicativo che privilegia le categorie di linguaggio e di ragione. Ma ciò che caratterizza il tentativo gadameriano di inserire l'ermeneutica nel solco della antica tradizione della «philosophia practica sive politica» è il costante riferimento al pensiero di Platone e di Aristotele. In verità, trattandosi di «filosofia pratica», il riferimento ali' Etica Nicomachea sembra d'obbligo; meno chiaro è invece il richiamo a Platone che, secondo una certa tradizione abbastanza consolidata, poco ha a che vedere con la dimensione della praxis. Ribaltando questi 'pregiudizi' interpretativi, nei due densi volumi di Studi Platonici (trad. a cura di G. Moretto, Casale M., Marietti, 1983e 1984presso lo stesso·editore è in preparazione la traduzione di tutti e quattro i volumi delle Kleine Schriften) Gadamer cerca di dimostrare come l'eredità platonico-aristotelica possa costituire -una valida indicazione nella definizione dell'ermeneutica come filosofia pratica e servire da modello per chiunque, nella situazione odierna, si incammini sulla via del pensiero. Ciò che maggiormente colpisce il lettore di questi Studi Platonici è lo sforzo di distaccarsi dalla lettura heideggeriana del pensiero greco. Questo dato - confermato anche nel corso del seminario su Heidegger e i Greci, tenuto presso l'Istituto Italiano per gli Studi filosofici in Napoli - è tanto più evidente se si considera che Gadamer tende a sottolineare la valenza «metafisica» e «speculativa» del pensiero greco e a privilegiare più che i pensatori presocratici i testi 'classici' di Platone e di Aristotele. I testi di questi autori vengono ~ 'interpretati' in quanto sintetizza- ~ no il patrimonio culturale del lin- ·~ guaggio filosofico occidentale di c:i.. cui il pensiero odierno deve «riap- ~ propriarsi», rispettandone però l' -. 'alterità' che rende possibile il dia- _t logo. L'orizzonte ermeneutico fa g dialogare entrambi i filosofi, in- e nanzi tutto ciascuno con se stesso, ~ poi tra loro, sullo sfondo degli i::: odierni interrogativi che agitano il ~ . -o pensiero contemporaneo. ~ ...... ~

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