Scommessi 2 d libertà Michel Foucault Histoire de la sexualité II. L'usage des plaisirs Paris, Gallimard, 1984 pp. 280 trad. it. L'uso dei piaceri Milano, Feltrinelli, 1984 pp. 264, lire 18.500 Histoire de la sexualité III. Le souci de soi Paris, Gallimard, 1984 pp. 286 P er alcùni di noi è stato davvero difficile parlare di Michel Foucault dopo la sua morte. Non sempre l'angoscia della perdita riesce a coesistere con le forme consuete del necrologio e con i rituali codificati della commemorazione. La scomparsa di un maestro e di un amico - che è stato ed è tuttora un punto di riferimento fondamentale per la riflessione storico-filosofica - rende più acuta la solitudine del nostro lavoro, ma rafforzà, al tempo stesso, la volontà di portarlo avanti, sotto il segno di una continuità mobile e tenace. La ricerca di un'affinità tra le sue ricerche e le nostre non sarà mai scandita - lo abbiamo sempre ripetuto, in tutti questi anni - da una preoccupazione scolastica, da un bisogno rassicurante e paralizzante di ortodossia. Uno stile austero Michel Foucault ha sempre e consapevolmente ostacolato, con il suo stile di lavoro e con le sue opere, la formazione di una scuola. Nei lavori collettivi ~a lui promossi (penso a Moi, Pierre Rivière, del 1973, o a L'impossible prison, del 1980), così come in quelli a cui ha accettato di collaborare (penso ai due fascicoli speciali di aut aut: «Potere e Sapere», del 1978, e «Il governo di sé e degli altri», del 1983), l'omogeneità delle problematiche non ha rriai soffocato la pluralità dei temi, dei punti di vista, dei métodi e dei risultati. Quando, nella primavera 1977, gli chiesi - con non poca ingenuità - di aderire a un numero speciale di aut aut dedicato ai suoi libri e al suo pensiero, oppose un rifiuto molto deciso. Per coinvolgerlo nell'iniziativa fu per noi necessario ripensarla e riformularla, in termini completamente nuovi: diventò un fascicolo che raccoglieva ricerche concrete, condotte con stili e metodi differenti, ma vicine alle sue problematiche fondamentali. Il numero speciale della rivista L'Arc («La crise dans la tete», n. 70, 1977) conobbe una storia assolutamente analoga. Vogliamo ribadire, oggi, la nostra fedeltà a questo stile austero, che non accetta di soggiacere agli imperativi del marketing culturale e che rifiuta le seduzioni di ogni retorica celebrativa: uno stile di lavoro che è anche uno stile di vita; ~ una deontologia che si' configura, -S irl ultima analisi, come scelta etica. g,o ~ ~ ..... ~ ..C) g ~ Un esercizio ftlosofico Ed è proprio all'etica - all'etica del IV secolo a.e. e a quella dei primi due secoli della nostra era - che Foucault dedica i suoi due ulti- ~ mi libri, pubblicati di recente da ti Gallimard: L'usage des plaisirs e ~ Le souci de soi (il primo già tradot- ..c to presso l'ed. Feltrinelli, il secon- ~ ~ do di prossima pubblicazione presso il medesimo editore). Durante otto anni di lavoro e di silenzio, l'attenzione si è dunque spostata sull'etica antica: un luogo della cultura occidentale dove, secondo Foucault, la morale funziona come strategia di libertà e come estetica dell'esistenza, a differenza del cristianesimo, che propone l'etica come obbedienza a un codice e come assoggettamento a un sistema generale di regole. Foucault stesso, in un'intervista concessa ad Alessandro Fontana, che precede di poco il 25 giugno - data della sua morte - cerca di chiarire il significato e la posta in gioco delle sue ricerche. «Se mi sono interessato ali'Antichità - egli afferma - è perché, per tutta una serie di ragioni, l'idea di una morale come obbedienza a un codice di regole sta ora scomparendo, è già scomparsa. E a questa assenza di morale risponde, deve rispondere, una ricerca che è quella di un'estetica dell'esistenza». Poco dopo, in polemica con la concezione, cara alla fenomenologia, di un soggetto sovrano e fondatore, aggiunge: «Sono molto scettico e molto ostile nei confronti di questa concezione del soggetto. Penso al contrario che il soggetto si costituisca attraverso pratiche di assoggettamento, o, in maniera più autonoma, attraverso pratichè di liberazione, di libertà, come nell'Antichità, a partire, ben inteso, da un certo numero di regole, di stili, di convenzioni che si ritrovano nell'ambiente culturale» (Le Monde, 15/16 luglio 1984). Smentendo tutti colori che lo accusavano - spesso in maniera un po' maldestra - di aver costr,µito una sorta di ontologia del potere, dove i soggetti vengono prodotti e costituiti dalle tecniche e dai dispositivi della dominazione, FouMario Galzigna cault opera, ancora una volta, uno di quegli spostamenti epistemologici radicali, che modificano l'orientamento e l'asse strategico della sua ricerca: nel tentativo di «separarsi da se stesso» e di «pensare altrimenti», egli studia il mondo antico nella prospettiva di una genealogia delle pratiche di sé e dell'uomo di desiderio. In questo mondo scopre un nuovo campo di storicità: l'etica come libero dispiegarsi di un'arte dell'esistenza, dove l'individuo è chiamato a riconoscersi come soggetto morale della condotta sessuale. Questi studi di storia, non assimilabili ai tradizionali 'travaux Lezione di analisi logica d'historien', vengono presentati come il protocollo di un esercizio lungo, incerto e faticoso: un 'esercizio filosofico', la cui posta in gioco è di «sapere in che misura il lavoro di pensare la propria storia può liberare il pensiero da ciò che pensa-silenziosamente, permettendogli di pensare altrimenti». Lasciando agli specialisti il compito di discutere, in relazione al mondo antico, la specificità e la complessità del rapporto tra sistemi normativi ed estetica dell'esistenza - •tra cogenza della regola sociale e libertà della «soggettivazione morale» - ci sembra comunque molto importante cogliere la nuova curvatura teorica di questi ultimi lavori di Foucault. Serenità del positivo Poco più di vent'anni or sono, in «Préface à la transgression» (in Critique, 1963), Foucault aveva cercato di «liberare la trasgressione da ciò che· è lo scandaloso o il sovversivo, vale a dire da ciò che è animato dalla potenza del negativo». Commentando l'opera di Georges Bataille, poteva dire che «niente le è più estraneo che la figura del demoniaco che appunto 'nega tutto'. La trasgressione si apre su un mondo scintillante e sempre affermato, un mondo senza ombre, senza crepuscolo». La trasgressione, questo «inverno solare del diniego satanico», questa interrogazione radicale «sull'essere del limite», è «uno degli infiniti segni che il nostro cammino è una via di ritorno e che noi stiamo diventando sempre più greci». Solo un anno dopo («La folie, l'absence d'oeuvre», in La Table ronde, 1964), ribadiva, sotto la forma di un auspicio e di una profezia, questa formidabile apertura teorica, secondo cui «tutto ciò che noi oggi proviamo nella dimensione del limite, o dell'estraneità, o dell'insopportabile, avrà raggiunto la serenità del positivo». Le pratiche di liberazione, che nell'esperienza contemporanea pagano lo scotto di una ineludibile disgregazione del soggetto, alludono all'orizzonte possibile di una positività felice, dove l'impatto del gesto sovvertitore parla il linguaggio del limite e dell'impossibile, ma al tempo stesso fonda, attraverso l'adozione di un sistema di regole, la speranza di un nuovo «gioco dell'essere», di un nuovo accesso alla verità, sopra le ceneri del «soggetto sovrano» pensato dalla dialettica. Foucault è morto troppo presto per dirci quanto di questa speranza, quanto di questa positività felice, è possibile ritrovare nell'uomo greco e, più in generale, nell'esperienza culturale che precede l'avvento del cristianesimo. Una cosa è certa: il soggetto antico è studiato e rappresentato fuori dal giogo dei dispositivi; la sua capacità di autodeterminazione etica non è una variabile dipendente delle tecniche di sorveglianza e dei meccanismi di coercizione: non è, in definitiva, l'articolazione passiva di un ingranaggio sociale, di una macchina capace di trasformare gli individui - quelli che il pensiero moderno concepirà come popolazione - in oggetti, inerti o partecipi, delle arti di governo. Il soggetto antico, al contrario - quello che gode dello statuto di maschio, di adulto e di uomo libero - costruisce la padronanza su di sé per poterla esercitare sugli altri, al livello della famiglia e della vita pubblica. L'esercizio della temperanza, in assenza di un codice che la definisca e la renda obbligatoria, diventa, soprattutto per gli autori del IV secolo a. C., la palestra del cittadino: il luogo di formazione di chi non sarà mai, come ha mostrato Paul Veyne, «l'oggetto del governo. ma un suo strumento». Il cittadino - il maschio che non lavora e che al tempo stesso è adulto e libero - «non lo si governa, ma ci si serve di lui per governare. Questo Stato è una strana nave senza passeggeri: oltre al ca.. pitano (o piuttosto, come si diceva, il pilota), non imbarca che l'equipaggio». La polis greca «è una nave i cui passeggeri sono l'equipaggio» (P. Veyne, « Critica di una sistemazione: le 'leggi' di Platone e la realtà», in aut aut n. 195196, 1983). Soggetto di libertà Dopo aver espulso dall'orizzonte della credibilità filosofica il soggetto sovrano e fondatore caro alla fenomenologia, Foucault, attraverso una svolta decisiva e imprevedibile del suo pensiero, lo ritrova, mediante la ricerca storica, nella cultura greco-romana: lo ritrova come soggetto padrone di sé e del mondo che lo circonda, come soggetto che accede alla verità in armonia con questa sua duplice e maestosa signoria. La libertà greca, terreno di coltura di questa stessa signoria, abita il perimetro angusto del privilegio; è dunque funzione di una violenza originaria spesso taciuta, molte volte candidamente ammessa e presentata come a priori ineliminabile: violenza sulla donna, violenza su chi non è libero, su chi non è cittadino, violenza su chi lavora. Ancora una volta, libertà, verità e violenza si stringono in un unico cerchio infernale, che la storia e l'immaginario dell'Occidente non hanno saputo spezzare. Quando Foucault ha rappresentato, in libri e in interventi che ormai fanno parte di noi stessi, la scena moderna di questa concatenazione, lo ha fatto con il supporto essenziale di uno stile teso e drammatico: uno stile che conosce il furore cieco della battaglia, il bagliore accecante della lacerazione consumata e irreversibile. L'usage des plaisirs e Le souci de soi non cot1tengono tali vertigini: il periodare lento, il linguaggio pacato e sereno, sembrano mimare, in uno strano gioco di specchi, la positività tranquilla e austera del maschio greco, libero e sovrano. Il nesso tra libertà e violenza, pur essendo a più riprese detto, ri.: cordato ed esplicitato, sembra godere qui della stessa subalternità che caratterizza una frase secondaria o sottintesa: non è comunque in grado di alterare l'ordito e la
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