Alfabeta - anno VI - n. 65 - ottobre 1984

Leintenzionidi Searle John R. Searle Speech Acts. An &say in the Philosophy of Language Cambridge U.P., 1969 Atti linguistici trad. di Giorgio R. Cardona Torino, Boringhieri, 1976 pp. 264, lire 27.000 Expression and Meaning. Studies in the Theory of Speech Acts Cambridge U.P., 1979 Intentionality. An Essay in the Philosophy of Mind Cambridge U.P., 1983 11 significato linguistico è per Searle una forma derivata dell'intenzionalità, cioè dell'orientamento rivolto a qualche cosa, come un desiderio, una credenza, ecc. L'intenzionalità - çiò che è un aspetto fondamentale dell'analisi condotta da Searle - è considerata secondo un approccio nettamente naturalistico: un approccio, cioè, che consideri stati, processi e avvenimenti che associamo al linguaggio come parte della nostra storia biologica. In tal modo, viene sottolineato il carattere biologico dei «fenomeni mentali». Come qualsiasi altro processo biologico - per esempio il metabolismo, la crescita, la produzione di bile -, anche i fenomeni intenzionali evolvono nel tempo; e, come quelli si sviluppano secondo una scala di priorità, così anche il processo evolutivo dell'intenzionalità rivela una scala di priorità. Ma, in questo caso, si tratta di priorità di ordine logico, in cui il significato e il linguaggio si collocano in una fase piuttosto avanzata. Perciò il significato linguistico come forma derivata dell'intenzionalità rappresenta, sulla scala evolutiva, una sua espressione relativamente sviluppata; il che induce Searle a voler tentare una definizione del fatto linguistico - in particolare, il significato dell'enunciato linguistico profferito intenzionalmente dal parlante nell'interazione comunicativa, e quindi con la precisa volontà di dire qualche cosa di specifico - in termini di fatto non-linguistico. Dunque, la nozione linguistica, il significato, viene definita nei termini della nozione non-linguistica e relativamente primitiva dell'intenzionalità. Secondo Searle, la fi-• losofia del linguaggio è una branca della filosofia della mente, e anche questo presupposto fondamentale induce a una descrizione del significato e degli atti linguistici che consideri tali nozioni in una più generale teoria delle azioni e degli stati intenzionali. R espingendo quelle teorie che riconducono la specificità del significato all'intenzione del parlante di produrre un determinato effetto sull'ascoltatore - qui il riferimento specifico è a Grice -, Searle dichiara che per un'analisi adeguata del significato bisogna interrogarsi su quelle qualità delle intenzioni che permettono il conferimento di un preciso senso linguistico all'enunciato. Si tratta di quelle qualità che investono l'evento fisico (l'emissione dei suoni) di un valore semantico. Bisogna chiedersi qual è il meccanismo che permette di emettere una catena di suoni, l'enunciazione, con la quale il parlante intende dire e dice «felicemente» qualcosa. La questione della intenzionalità interessa a Searle nella misura in cui si pone quale punto di partenza .nell'analisi del significato linguistico come esteriorizzazione della coscienza, della consapevolezza, della volontà di compiere un determinato atto linguistico. Ciò è vero, seppure a ritroso, in quanto il suo Intentionality (1983) è il terzo di una serie di studi sulla mente e sul linguaggio, di cui Speech Acts (1969) è il primo, seguito da Expression and Meaning (1979), per cui ciò che appare, da un punto di vista cronologico, come il punto d'arrivo di una ricerca incentrata sulla analisi filosoficolinguistica delle nozioni di azione e di significato, e che sbocca appunto in una teoria dell'intenzionalità sottostante alle realizzazioni linguistiche, diventa in realtà la base teorica fondamentale da cui partire per arrivare a una più piena comprensione delle concezioni di significato e di atto linguistico. Che cosa conferisce significato all'azione verbale e non verbale? Che cosa conferisce l'intenzione di significare all'emissione dei suoni nel compimento dell'atto linguistico o - per utilizzare un esempio di azione semplice - all'alzarsi del braccio nel compimento di un atto Susan Petrilli non-linguistico? Che cosa rende l'intenzione un'intenzione di significare, a tal punto che la stessa azione - verbale o non - in un dato contesto si fa portatrice di una determinata intenzione di significare, che in un contesto diverso viene invece a cadere? Per rispondere a quesiti di questo tipo, Searle fa uso di categorie come la distinzione fra l'intenzione che precede l'azione e l'intenzionein-azione, la causalità, l'auto-referenzialità, e condizioni di soddisfaIl mangiafuoco zionè. Tali categorie gli permetteranno di elaborare una risposta alla questione fondamentale del rapporto che intercorre fra l'intenzionalità della mente e l'intenzionalità linguistica, e quindi del modo in cui sia possibile al parlante imporre uno stato intenzionale a un'entità che non è intrinsecamente intenzionale - e cioè all'oggetto sintattico. Considerare l'espressione linguistica come una struttura derivata dello stato mentale è un luogo comune del pensiero filosofico. Il problema sorge, dice Searle, quando si tratta di stabilire come meglio analizzare le nozioni semantiche. Esse vengono da lui descritte appunto in termini di stato mentale primitivo e antecedente alla formulazione linguistica. La questione del significato e dell'intenzionalità interessa ai fini di spiegare che cosa permette la realizzazione linguistica dell'intenzione di significare. Si prescinde perciò da quelle analisi (tipiche delle teorie chomskiane) che vogliono rendere conto della capacità del parlante di produrre un numero infinito di frasi, o della specificità delle conoscenze per cui si possa dire del parlante che conosce una lingua e non un'altra. Ma, dal punto di vista di Searle, non interessano neppure quelle analisi che non trascurano la cosiddetta funzione fàtica, oppure - potremmo anche dire - di contatto, o funzione presentativa del linguaggio. Piuttosto, Searle si sofferma volutamente sulla funzione rappresentativa del linguaggio, realizzata - secondo la sua descrizione - mediante il trasferimento dell'intenzionalità ali' oggetto sintattico, oggetto nel senso che l'enunciazione linguistica è un oggetto come qualsiasi altro del sociale. Egli stabilisce una dicotomia tra mente o stato mentale, da una parte, e l'oggetto sintattico o l'atto linguistico, dall'altra: l'intenzionalità del linguaggio e, quindi, la sua capacità rappresentativa non sono proprietà intrinseche all'oggetto, ma piuttosto gli vengono conferite per un atto di volontà con cui si realizza il passaggio dell'intenzionalità dallo stato intenzionale intrinseco della mente all'intenzionalità conferita e quindi acquisita dall'oggetto, dall'atto linguistico. Si tratta di un procedimento mediante il quale l'intenzione dello stato mentale diventa l'intenzionein-azione dell'enunciato, che in questo modo acquista proprietà rappresentative che altrimenti non avrebbe. Abbiamo allora, da una parte, stati psicologi quali, ad esempio, il desiderio o la credenza, che sono intrinsecamente intenzionali; dall'altra, abbiamo la catena parlata, l'enunciato, l'atto linguistico, di cui il parlante si serve, per fare una domanda, per dare un ordine, per fare una affermazione, un'esortazione, e per esprimere un desiderio, e a cui vengono imposte dal parlante l'intenzfonalità, la coscienza, la volontà di ... , la capacità di rappresentazione. Il passaggio dell'intenzionalità dallo stato mentale alla sua estensione linguistica è reso possibile da quattro condizioni di soddisfazione. Queste sono comuni sia allo stato mentale che all'enunciato; e dunque, secondo Searle, se la mente impone intenzionalità sull'oggetto verbale, lo fa mediante l'imposizione delle stesse condizioni di soddisfazione dello stato mentale sulla produzione del fenomeno fisico. Per una adeguata descrizione dell'intenzione di significare bisogna 1. spiegare il doppio livello di intenzionalità nell'esecuzione dell'atto linguistico: quello dello stato psicologico = condizione di sincerità; e quello dell'intenzione di eseguire quel determinato atto linguistico = intenzione di significare; 2. render conto del fatto che seppure le condizioni di soddisfazione dell'intenzione di significare non sono necessariamente uguali a quelle dello stato psicologico espresso o dell'atto linguistico, il contenuto dell'intenzione di significare fa sì che le condizioni di soddisfazione tanto dell'atto linguistico quanto della condizione di sincerità siano identiche; 3. distinguere tra l'intenzione di rappresentazione e l'intenzione di comunicazione mentre, dice Searle, finora si è ritenuto sufficiente descrivere il significato linguistico unicamente in termini di intenzioni comunicative; 4. dimostrare - se è vero che il linguaggio rappresenta il mondo come estensione della rappresentazione del mondo da parte della mente - che le cinque categorie di atti linguistici (assertivi, direttivi, commissivi, espressivi e dichiarativi) derivano i loro aspetti fondamentali dalle caratteristiche costitutive della mente. N egli. studi precedenti a Intentiona_lity, per affrontare la questione del significato Searle si soffermava sul concetto di «uso» linguistico, ribadendo la necessità di rapportare tale con- ~ cetto a una teoria generale del si- <::s ~ gnificato o della sintassi o degli atti -~ linguistici. c:i.. Laddove il secondo Wittgen- ~ stein (Ricerche filosofiche) identi-. ~ ficava il significato coll'uso della Js parola nei vari giochi linguistici, g allontanandosi in questo modo da 0 quelle teorie che associano il signi- ~ ficato linguistico a una entità men- ~ tale, Searle da parte sua sviluppa il ~ concetto di uso linguistico in rap- l porto alla teoria di Austin (How to ~

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