pitalistico e possono delineare parziali alternative alla gestione attuale dello sviluppo tecnologico. R iprendendo il discorso iniziale, nell'aspetto inerente alla progettualità, vorrei far riferimento anche a una attività specifica, alla quale partecipo, per trame alcune considerazioni. Si tratta della costruzione del nuovo nucleo abitativo dell'isola Felipe Pena, nel lago del Nicaragua, sede della Comunità cosiddetta di Solentiname: la Comunità, fondata L uciano Nanni, a una serie di incontri da lui recentemente organizzati all'interno del suo corso di Estetica, all'Università di Bologna, incontri incentrati sui problemi del rapporto fra arte e critica - hanno partecipato A. Porta, C. Viviani, G. Scalise e M. Cucchi-, ha affermato che «la verità del testo è data dalla classe aperta delle interpretazioni che si correggono vicendevolmente». Mi trovo pienamente d'accordo su questo in quanto oggi la letteratura (l'arte in generale) si trova a vivere in uno spazio collettivo che ne legittima la frantumazione in molteplici sensi, anche contraddittori. La letteratura, nonostante consista in un lavoro linguistico di per sé già significativo, appare (viene vissuta) come un luogo vuoto da riempire. Allora la domanda fondamentale non è più 'qual è il senso della letteratura?', bensì 'com' è' questo senso: come funziona, in che modo si struttura, attraverso quali griglie di sapere si muove. Negli incontri organizzati da Nanni gli ospiti, stimolati in sede estetologica da Nanni stesso a dire la loro sul rapporto fra critica e poesia, hanno dibattuto con gli studenti su innumerevoli aspetti del problema: i modi della critica, il rapporto fra lettura e scrittura, il problema interpretativo, le poetiche personali e il senso del loro lavoro, ecc. Fra questi, quello che m'interessa ora prendere in considerazione è l'attribuzione di senso data al lavoro letterario-poetico. Antonio Porta ha ripreso con grande fervore la questione del sentimento, di cui già aveva parlato su queste pagine in apertura della discussione (Alfabeta n. 57). Il suo interesse al «sentimento» gli viene, precisa Porta, «più dall'esperienza della vita che dalle letture fatte o dalla critica», proprio perché si accorge, a un certo punto, che «questa specie di uragano, di tempesta, che ci attraversa e di cui non sappiamo quasi nulla ( ... ) non è assolutamente metaforico, ma è semplicemente Vita». All'inizio, dunque, non c'è più il linguaggio ma questa turbolenza interiore «che sentiamo esistere prima della parola» e che la scrittura cerca in qualche modo di comunicare, dandole una forma. Il concetto unificante di questo lavoro t:; sta nel «dare forma al sentimen- ~ to», in quanto per Porta è questo .s gf> oggi il senso della letteratura. ~ Cesare Viviani insiste invece ~ sulla «totale irriducibilità della -. poesia a un significato definito». ] La critica che crede di scoprire il g senso ultimo di un'opera è una cric tica «di potere» che, più che essere ~ interessata al testo, è interessata a i:! confermare la propria prospettiva ~ ideologica. La poesia invece, pro- l prio per questa sua irriducibilità, ~ «ha molto a che fare con la vita, nel 1965 da Ernesto Cardenal, è stata distrutta nel 1977 dalla guardia somozista ed ora sta per essere ricostruita e ampliata a cura della Asociacion para el desarrollo de Solentiname, sulla base di un progetto al quale collaboro unitamente ad architetti e tecnici italiani. L'alveo politico dell'iniziativa è la cooperazione ·internazionale con i «popoli in lotta per l'autodeterminazione», elemento nuovo nella strategia del movimento pacifista. La preparazione dell'iniziativa si è svolta attraverso un pluriennale lavoro di analisi delle culture costruttive, dell'ecosistema locale e delle potenzialità economico-produttive specifiche della Comunità, ma soprattutto attraverso l'individuazione di una logica costruttiva congruente al progetto di vita della Comunità stessa. La creazione degli elementi figurativi, per la quale dovrei fungere da animatore, dovrebbe intrecciare esigenze di rappresentazione, funzioni pratiche e possibilità di autoproduzione; essa pertanto si svolgerà negli ateliers comunita11senso della letteratura / Interventi ri e nelle singole abitazioni, utilizzando il legno, il bambù e la ceramica. Il «filo della rappresentazione», individuale o collettiva, dovrebbe dipanarsi attraverso fabulazioni, narrazioni e simboli propri della cultura nicaraguense e dei suoi attuali «dilemmi» (da loro intesi come «scelte aperte»). Lavorando al progetto ho percepito, non senza apprensione, che dal laboratorio di Solentiname potrebbe scaturire un lessico figurativo organizzato da una logica strutturata e unitaUnseminario anch'essa irriducibile a pensiero e a linguaggio». La stessa materialità del testo è in rapporto con l'irriducibile, e ciò, precisa Viviani, senza che l'irriducibilità si ponga «come una sorta di metafisica o di indefinibile aldilà»: l'irriducibile è qui, nel «non linguistico» del testo. In definitiva, per Viviani, il discorso della poesia verte «sul concreto indefinibile dell'esperienza individuale». Maurizio Cucchi, dal canto suo, si preoccupa della critica che scambia l'io poetico con la biografia dell'autore, «togliendo in questo modo al testo il suo valore di testimonianza emotiva». Ed è questa tensione emotiva, pulsionale, a permeare e a dover essere mantenuta sia nell'atto dello scrivere che nelle pratiche di lettura critica. «Ammira e capirai dopo», afferma Cucchi citando Bachelard, poiché a suo parere il critico tenta di capire il testo (spesso in malo modo) quasi sempre senza ammirarlo, ovvero senza coglierne le potenzialità emotive che lo informano. Ciò ancora una volta in forza del rapporto strettissimo esistenfe tra poesia e vita, esplicitamente espresso con queste parole: «Credo che non esista nessun tipo Giorgio Bonacini di poesia, che sia autenticamente tale, che possa prescindere dal legame profondo con l'esperienza». Per quanto riguarda Gregorio Scalise, il suo discorso sembra apparentemente discostarsi da quelli sopra esposti, in quanto egli pare prediligere il versante cognitivo: «Poesia significa vedere le cose filtrandole attraverso il pensiero», in base a una qualità non impressionistica dello scrivere ma riflessiva. Nello stesso tempo, però, emergono anche quegli aspetti che fanno sì che «si sia parlati più dalla scrittura che non dal linguaggio»; proprio perché è la scrittura che parla, Indiano che ascolta le rotaie «che anticipa, che dà segni ininterpretabili». Questo comportamento «oscillatorio» fra «luce e ombra» alla fine tende a stabilizzarsi, a ricevere un senso e a dichiararlo il fine della poesia: «cercare in un luogo della solitudine un luogo di comunicazione». Ed anche qui siamo chiaramente al rapporto con la vita, con il silenzio interiore a cui si cerca di dar forma. D a quanto ho succintamente esposto, pare evidente una convergenza di intenzioni poetiche, la cui attribuzione di senso si può così riassumere: il senso della letteratura oggi e un tentativo (difficile, precario) di indagare, con gli strumenti linguistici a disposizione, il mistero della vita nell'interiorità concreta individuale: il silenzio irriducibile del- /' esperienza esistenziale. La scrittura che mette in opera • questo senso, assume caratteristiche di trasparenza e, per così dire, di leggerezza. Un libro come Invasioni di Porta è un esempio abbastanza evidente del percorso in levare del suo pensiero poetico, giunto a maturazione e precisato in una scrittura chiara. Anche Viviani, con le dovute distinzioni, ha operato in tal senso. Fra Piumana e L'amore delle parti il salto è indiscutibile per ciò che riguarda la leggibilità; un percorso mantenuto in «leggerezza», che non veniva nascosta nemmeno dalle deformazioni sintattiche e semantiche dei suoi primi libri. Anche la critica sembra protender.e da questa parte. Basteranno alcuni esempi. Roberto Carifi, riprendendo la dicotomia debole/ forte, circoscrive una serie di esperienze poetiche dal lato della debolezza, ossia dalla parte di «un io ( ... ) che si lascia attraversare e modificare dai molteplici aspetti ria, forse analogo all'esito delle ricerche «costruttive» auspicate da Menna. Le condizioni nelle quali si svilupperà questa esperienza possono apparire paradigmatiche, ma vorrei sottolineare che l'elemento concettuale sul quale si fonda la sinergia progettuale tra i membri della Comunità e il mio gruppo è quell'intreccio fattuale e critico di arte e vita che ho cercato in precedenza di delineare come problema di fondo. del reale» (Alfabeta n. 60), immergendosi senza opporsi «nell'abbandono» e nella «nudità» del mondo. Un'interpretazione più compiutamente espressa ne Il gesto di Callicle in cui, a suo dire, la nuova poesia italiana (o per lo meno una parte di essa) inscrive il suo senso all'interno del desiderio desiderante di Callicle in opposizione al destderio raziocinante di Socrate. Giuliano Gramigna, invece, attraverso l'idea di «sentimento» proposta da Porta, si chiede se quel «sentimento» non si debba leggere nel rapporto fra heimlich e unheimlich, ossia «familiare» e «perturbante». Ciò mi riporta a Viviani che, nel suo intervento al corso di Estetica di Nanni, ha in- .terpretato la sua poesia proprio attraverso questo rapporto di «coinvolgente familiarità» e congiuntamente di «estraneità turbativa» - partendo, nella sua analisi, proprio da una recensione a Piumana di Gramigna. Ebbene, questo moto «oscillatorio» è proprio del senso attribuito al lavoro letterario: praticare una scrittura (familiare) tesa a indagare l'indefinibile (perturbante): Che cosa significa attribuire oggi alla letteratura (alla sua pratica) questo tipo di senso? Se proviamo a paragonare il lavoro letterario degli anni sessanta con quello di oggi, scopriamo una cosa interessante. Venti anni fa l'attenzione era prevalentemente rivolta al progetto, alla rifondazione di un linguaggio in quanto oggetto specifico con cui la letteratura intratteneva rapporti funzionali più che comunicativi. L'esperienza su cui si indagava era quella linguistica, significante. Oggi, invece, il problema principale sembra non essere più il linguaggio, bensì lo scavo che il linguaggio opera, attraverso la letteratura, nel mondo, nella sua turbolenza. Ciò che è interessante è il paradosso che ne deriva. Nelle intenzioni di chi operava negli anni sessanta (teorie e pratiche), l'opera era da considerarsi aperta, senza determinazioni univoche. Di fatto, però, si è venuta instaurando una linea semantica assoluta: i/ senso è il linguaggio. Tutti i significati possibili ritornavano a quel centro. L'apertura era un puro concetto di teoria retorica, importante per ciò che ha prodotto ma contraddittorio. Oggi al contrario, sempre nelle intenzioni degli operatori, si tratta di circoscrivere un senso preciso (pur nella sua vastità) attribuito in partenza: il sentimento, l'irriducibile, ecc. Questa chiusura, però, provoca una grande apertura proprio per lo stretto rapporto che si dà, al lavoro letterario, con la vita in tutte le sue forme d'esperienza irriducibili al linguaggio.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==