Testardamente appesa al mio nome e all'indirizzo. Hanno spazzato via i miei legami. Piena di paura e nuda sulla plastica verde di una barella Guardavo la mia teiera, gli armadi, i miei libri • affondare E sparire e l'acqua si è chiusa sul mio capo. Ora sono una monaca, non sono mai stata così pura. Sylvia Che terribile inverno quel primo inverno lontano da casa! L'Oceano mi sembrava così lontano, irraggiungibile, l'America un mondo perduto per sempre. Per consolarmi scrivevo lettere piene di faville, di dorati sprazzi estivi. Solo così riuscivo a sopportare il clima piovoso, i geloni, la sinusite che non mi lasciava respirare. Il futuro era una melagrana colma di succosi spicchi. Bastava saper aspettare. Infine sarebbe arrivato anche laggiù il sole dell'estate, il sole che libera la figlia dell'apicultore dalla campana di vetro ... Aurelia La campana di vetro ... Sylvia (avvicinandosi ai tulipani e accarezzandone le corolle) Carissima mamma sto per parlarti di un fatto miracoloso, terribile, altisonante. È quest'uomo, questo poeta, questo Ted Hughes. Non ho mai conosciuto niente di simile. Per la prima volta in vita mia posso fare uso di tutta la conoscenza e la capacità di ridere e la forza che ho dentro di me e posso scrivere di tutto, fino in fondo. E poi dovresti vederlo, dovresti sentirlo! Aurelia Dentro il dente di lupo la montagna ricoperta di erica. Dentro la montagna di erica la pelliccia del lupo. Dentro la pelliccia del lupo la foresta selvaggia. Nella foresta selvaggia la zampa del lupo. Dentro la zampa del lupo l'orizzonte di pietra. Nell'orizzonte di pietra la lingua del lupo. Sulla lingua del lupo le lacrime della cerbiatta, Nelle lacrime della cerbiatta la palude gelata. Nella palude gelata il sangue del lupo. Dentro il sangue del lupo il vento di neve. Dentro il vento di neve l'occhio del lupo. Dentro l'occhio del lupo la stella del Nord. Nella stella del Nord il dente di lupo. Sylvia Non più il brusio delle api, ma questo Colosso incomprensibile, fecondo, minaccioso. Aurelia Questo Colosso incomprensibile, fecondo, minaccioso. Non più il brusio delle api. Sylvia Davanti a me tutto brillò come una pagina bianca. Ted portava un maglione consumato, sempre lo stesso e dalle tasche uscivano poesie, ami, oroscopi ... e io mi sentivo piena, piena come un uovo. Scrivevo in còntinuazione ora, e di pubblicare non me ne importava più niente. Ted dice che non bisogna leggere molti libri. Queste cose bisogna lasciarle agli altri, ai professori, a quelli che vivono sulla nostra pelle come parassiti. Ted mi ha insegnato a leggere in un libro che io non conoscevo. Camminavamo insieme per miglia e miglia fra i boschi, i campi, gli acquitrini; ascoltavamo il canto del gufo al chiaro di luna e tornavamo a casa attraversando campi di mandrie addormentate. Io cucinavo bistecche e trote sul mio fornellino; un goccio di sherry in giardino e poi poesie, tante poesie ... scorrazzavamo tra le parole... le parole erano il nostro guscio, il nostro guanciale, il nostro lenzuolo. Finalmente potevo liberarmi di quell'orrida ventosa che mi smunge e mi rende pallida e magra come un arabesco di morte. Ormai lo squillante sole arancione brillava sopra di me cruda carota astrale... Aurelia Cruda carota astrale. Sylvia (funerea) Cara mamma non potrei desiderare nient'altro dalla vita. Ted dice che la mia immaginazione è incredibilmente fertile. Devo soltanto imparare a parlare chiaro e tondo. Allora sì che i nostri bambini avranno di che divertirsi. Non devo aver paura della felicità. Aurelia Per dirsi felice un uomo deve essere caduto molto in basso. Sylvia Io sono perfettamente felice. Sono una donna felice, una moglie felice, una poetessa felice, una figlia felice, una mamma felice. Sono felice, felice da morire ... Aurelia Felice da morire. Sylvia La morte che mi inseguiva, quell'agile, scintillante pantera altera ora mi ha abbandonato per sempre. La mia sedia non è più un geroglifico... il mio scrittoio un rebus ... e le rime vampiri, le metafore fantasmi. Ora ho imparato a parlare chiaro e tondo. Aurelia Le pareti anche loro sembrano calde. I tulipani starebbero meglio dietro le sb.arre come animali feroci e si spalancano come la bocca di un gattone Africano e io bado al mio cuore: apre e chiude la sua coppa di rossi fiori che sbocciano solo per me. L'acqua che assaggio è calda e salata come il mare e viene da un paese lontano come la salute. Sylvia (ascolta con grande tensione i versi recitati da Aurelia, si avventa contro il vaso di tulipani e li getta a terra. Poi fissa con disperazione Aurelia) È stata colpa mia Aureiia? Buio in sala. Terza scena La scena è completamente vuota in segno di lutto. Pallida luce lunare. Nella penombra si ode la voce registrata di Sylvia Plath che recita Three Women. La voce viene lentamente coperta da un sibilo che prima è debole e poi diventa sempre più forte fino a coprire la voce. Il sibilo tace di colpo e entra l'Autrice che davanti a un leggio dopo essersi più volte schiarita la voce legge L'esorcismo al chiaro di luce Ci si riesce quando si impara a dirlo chiaro e tondo come un no. Allora si fa benissimo senza spargimento di sangue dopo aver imbucato l'ultima lettera dell'alfabeto in un cubetto di ghiaccio ma senza aspettare poi che si sciolga. La perfezione è terribile e sterile come l'uovo dell'imperterrita luna le gelide notti in cui figlia la volpe rossa del deserto maritale. Allora pioverà col sole ancora acceso sull'orlo del forno Sylvia cocciuta figlia di Aurelia Aurelia cocciuta figlia di Aurelia la decrepita Europa vi ha teso un brutto tranello. Amava ami gufi e il granchio ballerino l'uomo lupo che cancella la luna. Buon segno per te che temi la luna cleptomane. Ma piove anche senza sole Sylvia. Non vedi che io sono normale? Che non mi offro a nessuno come vittima sacrificale? Che non ci sarà una facile assoluzione? La luna non rinuncia al suo baldacchino d'argento se in cambio non ha l'oro rosso della carota astrale. Ho sgusciato fagioli, ho contato piselli ho nettato il carciofo delle sue dure foglie e messo in serbo i gambi per una più lunga cottura. Sylvia ti prometto non torneranno i tempi dei Rosenberg il gambero velenoso dell' Amazon il tiro al piccione con la coda mozzata perché più facile sia il bersaglio e rasoterra il suo volo. Non tornerà a suonare la campana di vetro. Accadrà in un baleno e una volta sola e non una volta ogni dieci il rito mastro della decimazione nove vite per salvarne una e duemila anni di storia per quelle mani, quei piedi, quella testa a chi ti contesta: lo devi meritare! rispondi: dove volete arrivare? Volete forse farmi morire bruciata? Se fosse stato a QlOdonostro sarebbe stato in un baleno scrivere e dire: ecco ho imparato a morire! Anch'io posso raccontare la storia della conchiglia con dentro la sua perla. Un chiodo non usato si copre di ruggine ma a batterlo troppo non serve neppure al muro che l'accoglie e allora chi vorrà più provarci se provarci vuol dire riuscirci chiaro e tondo e tutto d'un fiato? Ma un esorcismo al chiaro di luna non è una palinodia né un'analogia. Se la trappola scatta non ci sarà più rispondenza fra i sensi ormai liberi di slegare ogni filo e dopo che il destino si è compiuto nemmeno una parola da aggiungere al già detto nemmeno una variante al copione già scritto. Sylvia hai capito. Io sono normale. Al gran finale io ci arriverò guarita. Buio in sala. Su una parete viene proiettata l'ultima diapositiva che rappresenta Sylvia Plath con i figli e la madre nel Devon nel luglio del 1962. Voce fuori campo Aurelia Schober lasciò il Devon per far ritorno in America il 4 agosto 1962. Più tardi nelle sue memorie scriverà: Quando partii vennero tutti e quattro assieme a aspettare che il treno uscisse dalla stazione, Ted, Sylvia, Frieda e Nick. Nick, il bimbo era l'unico a sorridere. Fu l'ultima volta che vidi Sylvia. (maggio 1984) Testo tratto dal convegno-spettacolo Silhouette. L'altra poesia (Genova, 23-26 maggio 1984), patrocinato dal Comune e dalla Provincia. Vi hanno preso parte, con loro testi originali, Amelia Rosselli (su Ingeborg Bachmann), Edith Bruck (su Nelly Sachs), Giulia Niccolai (su Gertrude Stein), Dacia Maraini (su Veronica Franco), Biancamaria Frabotta (su Sylvia Plath), Anna Oberto (su Adèle Hugo); sono inoltre intervenute Marisa Bulgheroni, Nadia Fusini, Laura Lepetit. La circumnavigazione e l'approdo nel corps lesbien della poesia ha fatto risonare più voci differenti, in luoghi anomali della città, scelti per vie d'ironie metaforiche, come il mercato orientale (o della donna/poesia = merce) o l'ospedale psichiatrico. Le sei operatrici di poesia si sono confrontate con i testi di altrettante scrittrici, accolte ormai tra i «classici»,per eff~ttuare uno scambio, un ribaltamento, o suggerire un accoppiamento amoroso che non escludeva un deliberato o inconsapevole tradimento. (Alessandra Cenni) '
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==