Alfabeta - anno VI - n. 65 - ottobre 1984

Mensile di informazione culturale Ottobre 1984 Numero 65 I Anno 6 Lire 4.000 .,. Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 • 20137Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo IIIn0 • Printed in ltaly SuFoucau(ltGalzigna, Vegefli,·Pe111iola) Ilsensodella I ra . ~ Fenaris) Senes: «Che cos'è lareligione» .,_. I forte (Franck) • Ilgiornoprima (Dòiìcì). BarillPi,armiggiani, i FraLollaR~iolla, Maut.,òn, Camera, Santosuosse ·· Agenzie per la comunicazione pubblicitaria in Milano e Modena M. Galzigna: Se•-••-• Hltertà * M. Vt:,eHi: La virtù. antica • M. Pemiola: Erose tir.a * R. Barilli: Due tipi di l'OIIIClnzo A. Cogolo: V-Hlal: parodia del serial * B. Moffara Garavelli: Lo scapigliato Falclella Pr_9_vde'artista: Claudio Panniggiani / B. Frabotta: Esorèismo al chiaro cli luna _ , Da Parhll • G. Riotta: Da New York: il Presidente e l'uomo * A. Boallù; Unguag!fio e ascolto • . ' M. Fermris: Alcu- citadOnl * P. Gilanli: Il filo della raPP.resentcaione * G. ~nacini: Un seminano* G_.Ficara: Cesare Cantù Testo: M. Senesi Che cos'è la religione (a cura• G. Polini) * M. Donà: Altitare la contesa * Cfr. analitico: Il gionao prima G. Franck: L'altro ..-ot1•ano * C. Maubon: Dlarf • guerra cli Sartre * S. Petrilli: Le intenzioni• Searle * R. Giacomell: Scuole~ Hngulstlca G. Berruto: Al llando * F. Camera: Ermeneutica e filosofia pratica * Cfr. * R. BenaHI: «Travenes» * M. Nlola: Il silenzio, l~reto C. ■-chi: Musica elettronica 1954 * J .• J. Leltel: Uno spettacolo a Gibelllna * A. Santosuosso: Affari cligiustbia ;.t ,: A. Attlsanl: Bollettlno Siae * Centro• docume11fadone sulla legislazione d'emergenza (8) • . ._ Gio11N1ledei Gio11N1liL: 'altra faccia del clolaro ,. •••• dela eo111unlcazione: ltalian Televlslon Network * lwginl: Nei luoghi della fotografia

e ca o e ~ edizionciosta & nolan ca I • ~ (.) Testi della cultura italiana collanadirettada EdoardoSanguineti Leon Battista Alberti Apologhi ed elogi a cura di Rosario Contarino presentazionedi Luigi Malerba Apdoghi ed elogi TestidellaQJ/turaitaliana Leon Battista Alberti Presentazi:Jndei luigiMalerba costa pubblicati nella stessacollana Torquato Accetto Della dissimulazione onesta a curadi SalvatoreS. Nigro presentaziondei GiorgioManganelli Giovanni Faldella A Vienna a curadi Matilde Dillon Wanke presentazionedi Enrico Filippini Giovanni Faldella A Parigi a cura di Luigi Surdich presentaziondei SebastianoVassalli Carlo Gozzi Il ragionamento ingenuo a cura di Alberto Beniscelli presentazionedi Elio Pagliarani Le proprietà degli animali Bestiario moralizzato di Gubbio Libellus de natura animalium a cura di Annamaria Carrega e PaolaNavone presentazionedi GiorgioCelti Giammaria Ortes Calcolo sopra la verità dell'istoria e altri scritti a cura di BartoloAnglani presentazionidi Italo Calvino e GiampaoloDossena Edizioni Costa & Nolan Genova Via Peschiera 21 Te!. 010/873888/9 Distribuzione in libreria Messaggerie Libri le immagindiiquestonumero Le immagini di questo numero sono fotografie. Il che non costituisce novità per Alfabeta. Ma si tratta, come si potrà notare, di fotografie un po' particolari, nella tradizione della nostra rivista, cheprivilegia momenti di sperimentazione o di ricerca estetica senza indulgere, se non rarissimamente, nel contenutismo delle immagini o in una 'poetica' della fotografia di stampo figurativo e neo-pittorico. L'autore è uno studio, lo Studio Italiano/Officina Fotografia di Parma, composto da varie sezioni specializzate in diversi campi della professione: ricerca, studio vero e proprio, architettura, arti applicate, spettacolo. Gli autori in carne e ossa sono poi Fausto Barbarini e Giovanni Antonio Brunello, che appunto fanno capo allo Studio Italiano. Il lavoro completo comprende ben cento immagini, di cui questa è una selezione, ed è stato svolto nei mesi di novembre e dicembre 1983 a Parma. È importante citare l'unità di luogo e di tempo del!'operazione, perché la raccolta non è casuale, ma perfettamente progettata come «un viaggio nei luoghi della fotografia». Fotografare, come è a tutti evidente, non è un'operazione naturale. Al contrario, a dispetto del- !'effetto di aderenza alla realtà con cui tutti siamo abituati a pensarla, la fotografia è invece il regno del- !'artificio. Diremo di più: quanto maggiore è l'effetto di naturalezza, tanto maggiore forse è la necessità di artificio sottostante. Sommario Mario Galzigna Scommessa di libertà (L'usage des plaisirs - Le souci de soi, di M. Foucault) pagina 3 Mario Vegetti La virtù antica (L'usage des plaisirs - Le souci de soi, di M. Foucault) pagina 4 Mario Perniola Eros e filìa (L'usage des plaisirs - Le souci de soi, di M. Foucault; L'élégie érotique romaine, di P. Veyne) pagina 5 Renato Barilli Due tipi di romanzo (La vita, istruzioni per l'uso, di G. Perec; Il palio delle contrade morte, di Fruttero & Lucentini) pagina 6 Alessandro Cogolo Vidal: parodia del serial (Duluth, di G. Vidal) pagina 7 Bice Mortara Garavelli Lo scapigliato Faldella (A Vienna - A Parigi - Le «Figurine», di G. Falde/la; Tra storia e ironia, di G. Zaccaria) pagina 8 Nei luoghi della fotografia Ritratto di ignoto Tutto ciò significa che, se lafotografia è artificio, la sua progettazione, realizzazione, produzione è un fenomeno di cultura regolato, come un qualsiasi altro fenomeno di cultura, da specifiche leggi di costituzione del testo-immagine. Tanto a livello di regole tecniche, quanto a livello di immagini prodotte il fotografare è dunque il risultato di precise operazioni teoriche. E ciò è quanto i nostri autori hanno cercato di mettere in evidenza, individuando, invece che l'intero articolarsi di una teoria, alcuni dei suoi Biancamaria Frabotta Esorcismo al chiaro di luna pagina 10 'luoghi' principali, in una lista per ora disordinata e non sistematica, ma tuttavia utile alt'evidenza del fatto. C'è teoria fin dalla prima operazione, squisitamente tecnica. Tutte lefoto sono realizzate con polaroid 230, pellicola 665, ma recuperando il negativo e ristampandolo in bianco e nero. Il cheproduce una particolare grana dell'immagine, che fornisce un primo 'stile' di fondo omogeneo, e che dunque è ilprimo 'luogo' del viaggio nella teoria. Il secondo elemento è il movimento. Catherine Maubon Diari di guerra di Sartre (Les carnets de la drole de guerre - Lettres au Castor et à quelques autres, di Da Parigi J.-P. Sartre; Politique de la prose, di a cura di Nanni Balestrini D. Hollier; Le journal intime, texte e di Maurizio Ferraris sans destinataire?, di J. Rousset) pagina 12 pagina 27 Gianni Riotta Susan Petrilli Da New York: Le intenzioni di Searle il Presidente e l'uomo (Speech Acts - Atti linguistici - Exprespagina 13 sion and Meanìng - lntentionality, di J.R. Searle) Alberto Boatto pagina 28 Linguaggio e ascolto («Il senso della letteratura» 13) Roberto Giacomelli pagina 15 Scuole di linguistica (La neolinguistica e la scuola italiana di Maurizio Ferraris linguistica storica, di A. Ancillotti) Alcune citazioni pagina 29 («Il senso della letteratura I Riferimen- • ti») Cfr. pagina 15 pagina 30 Piero Gilardi Gaetano Berruto Il filo della rappresentazione Al bando («Il senso della letteratura I Interventi») (Supplementi nn. IOe 11 alla «Gazzetta pagina 16 Ufficiale», 1984) pagina 31 Le foto si dichiarano in sequenza, come ottenute mediante il semplice fatto che qualcuno è andato in giro a cercaredelle situazioni fotografabili. Il nomadismo del fotografo e la selezione della realtà sono dunque il secondo 'luogo'. Terza caratteristica: viene sempre messo in scena un medesimo personaggio, _travestito. Dunque, se qualcuno viene messo in scena, allora di lui si racconta. Il racconto del fotografo è un terzo 'luogo'. Naturalmente, durante il viaggio si incontrano oggetti diversi, a diverse distanze, e il fuoco ,della macchina ne risente, producendo (congiunto con lo sviluppo e la stampa) una grana dellafotografia. Il materiale significante è dunque un quarto 'luogo'. Ogni foto, una volta prodotta, e poiché racconta qualcosa, di solito viene intitoJata, producendo magari o effetti di verosimiglianza nel lettore o, al contrario, effetti di spaesamento. Il titolo è un quinto 'luogo'. L'attore nel nostro caso, ma forse chiunque in qùalunque caso, è sì in una situazione narrativa, ma anche in una situazione narrativa già narrata altrove, nel campo dello spettacolo, del teatro, della letteratura o della stessa realtà. Il presentarsi stesso di un attore è dunque un sesto 'luogo'. Ma se un attore si presenta, ha un rapporto non solo con la macchina da presa, ma anche col pubblico che vedrà lafoto. Il mostrarsi è un settimo luogo... Ma, se... Omar Calabrese Amedeo Santosuosso Affari di giustizia pagina 36 Centro di documentazione sulla legislazione d'emergenza (8) pagina 37 Giornale dei Giornali L'altra faccia del dollaro pagina 38 Indice della comunicazione ltalian Television Network pagina 38 Le immagini Studio Italiano a cura di Omar Calabrese alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeta Giorgio Bonacini Franco Camera Comitato di direzione: Un seminario («Il senso della letteratura I Interventi») Ermeneutica e filosofia pratica Nanni Balestrini, Omar Calabrese, pagina 17 (La ragione nell'età della scienza - Lob Maria Corti, Gino Di Maggio, der Theorie, di H. G. Gadamer) Umberto Eco, Francesco Leonetti, Giorgio Ficara pagina 32 Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Cesare Cantù Roberto Benatti Gianni Sassi, Mario Spinella, (Portafoglio d'un operaio, di C. Cantù) «Traverses» Paolo Volponi pagina 18 Redazione: («Traverses» n. 3 0-3 J) Carlo Formenti, Maurizio Ferraris, Testo: pagina 33 Marco Leva, Bruno Trombetti Michel Serres Marino Niola Art director Gianni Sassi Che cos'è la religione Il silenzio, il segreto Edizioni Intrapresa a cura di Gaspare Palizzi (Il silenzio, il segreto - Padova, 24-26 Cooperativa di promozione culturale pagine 19-.? 2 maggio 1984) Redazione e amministrazione: Massimo Donà pagina 33 •via Caposile 2, 20137 Milano Abitare la contesa C Telefono (02) 592684 arlo Boschi Coordinatore tecnico:. («Il giorno prima» 7) Musica elettronica 1954 pagina 23 • 34 Giuseppe Terrone pagma Coordinamento marketing: Cfr. J.-J. Lebel Sergio Albergoni Bibliografia analitica Uno spettacolo a Gibellina Pubbliche relazioni: Il giorno prima. Materiali (L'Orestea dj,,6ibellina, di E. Jsgrò) Monica Palla a cura di Filippo Ghiacci pagina 35 Composizione: pagine 24-25 Antonio Attisani GDB fotocomposizione, Giorgio Franck Bollettino Siae via Tagliamento 4, 20139 Milano Prove d'artista: L'altro quotidiano (Il consuntivo del 1983. Bollettino Siae Telefono (0 2 ) 5392546 Stampa: Rotografica Claudio Parmiggiani («Debole I forte» 7) - maggio-giugno 1984) viale Monte Grappa 2, Milano ._P_a_g_in_a_9 _ _ ________ _.__p_a_g2_6_in__a________ __.__P_a_gi_· n a3_6 __________ """' Distribuzione: Messaggerie Periodici Comunicazione ai collaboratori di ~Alfabeta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; b) tutti gli articoli devono essere corredati da precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: autore, titolo, editore (con città e data), numero di pagine e prezzo; c) gli articoli devono essere inviati in triplice copia; il domicilio e il codice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari. La maggiore ampiezza degli articoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla direzione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma larivista si compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. Occorre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intellettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti - e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri - in termini utili e evidenti per il lettore giovane o di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Il Comitato direttivo Abbonamento annuo Lire 40.000 estero Lire 55.000 (posta ordinaria) Lire 70.000 (posta aerea) Numeri arretrati Lire 6.000 Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Conto Corrente Postale 15431208 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile Leo Paolazzi Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati

Scommessi 2 d libertà Michel Foucault Histoire de la sexualité II. L'usage des plaisirs Paris, Gallimard, 1984 pp. 280 trad. it. L'uso dei piaceri Milano, Feltrinelli, 1984 pp. 264, lire 18.500 Histoire de la sexualité III. Le souci de soi Paris, Gallimard, 1984 pp. 286 P er alcùni di noi è stato davvero difficile parlare di Michel Foucault dopo la sua morte. Non sempre l'angoscia della perdita riesce a coesistere con le forme consuete del necrologio e con i rituali codificati della commemorazione. La scomparsa di un maestro e di un amico - che è stato ed è tuttora un punto di riferimento fondamentale per la riflessione storico-filosofica - rende più acuta la solitudine del nostro lavoro, ma rafforzà, al tempo stesso, la volontà di portarlo avanti, sotto il segno di una continuità mobile e tenace. La ricerca di un'affinità tra le sue ricerche e le nostre non sarà mai scandita - lo abbiamo sempre ripetuto, in tutti questi anni - da una preoccupazione scolastica, da un bisogno rassicurante e paralizzante di ortodossia. Uno stile austero Michel Foucault ha sempre e consapevolmente ostacolato, con il suo stile di lavoro e con le sue opere, la formazione di una scuola. Nei lavori collettivi ~a lui promossi (penso a Moi, Pierre Rivière, del 1973, o a L'impossible prison, del 1980), così come in quelli a cui ha accettato di collaborare (penso ai due fascicoli speciali di aut aut: «Potere e Sapere», del 1978, e «Il governo di sé e degli altri», del 1983), l'omogeneità delle problematiche non ha rriai soffocato la pluralità dei temi, dei punti di vista, dei métodi e dei risultati. Quando, nella primavera 1977, gli chiesi - con non poca ingenuità - di aderire a un numero speciale di aut aut dedicato ai suoi libri e al suo pensiero, oppose un rifiuto molto deciso. Per coinvolgerlo nell'iniziativa fu per noi necessario ripensarla e riformularla, in termini completamente nuovi: diventò un fascicolo che raccoglieva ricerche concrete, condotte con stili e metodi differenti, ma vicine alle sue problematiche fondamentali. Il numero speciale della rivista L'Arc («La crise dans la tete», n. 70, 1977) conobbe una storia assolutamente analoga. Vogliamo ribadire, oggi, la nostra fedeltà a questo stile austero, che non accetta di soggiacere agli imperativi del marketing culturale e che rifiuta le seduzioni di ogni retorica celebrativa: uno stile di lavoro che è anche uno stile di vita; ~ una deontologia che si' configura, -S irl ultima analisi, come scelta etica. g,o ~ ~ ..... ~ ..C) g ~ Un esercizio ftlosofico Ed è proprio all'etica - all'etica del IV secolo a.e. e a quella dei primi due secoli della nostra era - che Foucault dedica i suoi due ulti- ~ mi libri, pubblicati di recente da ti Gallimard: L'usage des plaisirs e ~ Le souci de soi (il primo già tradot- ..c to presso l'ed. Feltrinelli, il secon- ~ ~ do di prossima pubblicazione presso il medesimo editore). Durante otto anni di lavoro e di silenzio, l'attenzione si è dunque spostata sull'etica antica: un luogo della cultura occidentale dove, secondo Foucault, la morale funziona come strategia di libertà e come estetica dell'esistenza, a differenza del cristianesimo, che propone l'etica come obbedienza a un codice e come assoggettamento a un sistema generale di regole. Foucault stesso, in un'intervista concessa ad Alessandro Fontana, che precede di poco il 25 giugno - data della sua morte - cerca di chiarire il significato e la posta in gioco delle sue ricerche. «Se mi sono interessato ali'Antichità - egli afferma - è perché, per tutta una serie di ragioni, l'idea di una morale come obbedienza a un codice di regole sta ora scomparendo, è già scomparsa. E a questa assenza di morale risponde, deve rispondere, una ricerca che è quella di un'estetica dell'esistenza». Poco dopo, in polemica con la concezione, cara alla fenomenologia, di un soggetto sovrano e fondatore, aggiunge: «Sono molto scettico e molto ostile nei confronti di questa concezione del soggetto. Penso al contrario che il soggetto si costituisca attraverso pratiche di assoggettamento, o, in maniera più autonoma, attraverso pratichè di liberazione, di libertà, come nell'Antichità, a partire, ben inteso, da un certo numero di regole, di stili, di convenzioni che si ritrovano nell'ambiente culturale» (Le Monde, 15/16 luglio 1984). Smentendo tutti colori che lo accusavano - spesso in maniera un po' maldestra - di aver costr,µito una sorta di ontologia del potere, dove i soggetti vengono prodotti e costituiti dalle tecniche e dai dispositivi della dominazione, FouMario Galzigna cault opera, ancora una volta, uno di quegli spostamenti epistemologici radicali, che modificano l'orientamento e l'asse strategico della sua ricerca: nel tentativo di «separarsi da se stesso» e di «pensare altrimenti», egli studia il mondo antico nella prospettiva di una genealogia delle pratiche di sé e dell'uomo di desiderio. In questo mondo scopre un nuovo campo di storicità: l'etica come libero dispiegarsi di un'arte dell'esistenza, dove l'individuo è chiamato a riconoscersi come soggetto morale della condotta sessuale. Questi studi di storia, non assimilabili ai tradizionali 'travaux Lezione di analisi logica d'historien', vengono presentati come il protocollo di un esercizio lungo, incerto e faticoso: un 'esercizio filosofico', la cui posta in gioco è di «sapere in che misura il lavoro di pensare la propria storia può liberare il pensiero da ciò che pensa-silenziosamente, permettendogli di pensare altrimenti». Lasciando agli specialisti il compito di discutere, in relazione al mondo antico, la specificità e la complessità del rapporto tra sistemi normativi ed estetica dell'esistenza - •tra cogenza della regola sociale e libertà della «soggettivazione morale» - ci sembra comunque molto importante cogliere la nuova curvatura teorica di questi ultimi lavori di Foucault. Serenità del positivo Poco più di vent'anni or sono, in «Préface à la transgression» (in Critique, 1963), Foucault aveva cercato di «liberare la trasgressione da ciò che· è lo scandaloso o il sovversivo, vale a dire da ciò che è animato dalla potenza del negativo». Commentando l'opera di Georges Bataille, poteva dire che «niente le è più estraneo che la figura del demoniaco che appunto 'nega tutto'. La trasgressione si apre su un mondo scintillante e sempre affermato, un mondo senza ombre, senza crepuscolo». La trasgressione, questo «inverno solare del diniego satanico», questa interrogazione radicale «sull'essere del limite», è «uno degli infiniti segni che il nostro cammino è una via di ritorno e che noi stiamo diventando sempre più greci». Solo un anno dopo («La folie, l'absence d'oeuvre», in La Table ronde, 1964), ribadiva, sotto la forma di un auspicio e di una profezia, questa formidabile apertura teorica, secondo cui «tutto ciò che noi oggi proviamo nella dimensione del limite, o dell'estraneità, o dell'insopportabile, avrà raggiunto la serenità del positivo». Le pratiche di liberazione, che nell'esperienza contemporanea pagano lo scotto di una ineludibile disgregazione del soggetto, alludono all'orizzonte possibile di una positività felice, dove l'impatto del gesto sovvertitore parla il linguaggio del limite e dell'impossibile, ma al tempo stesso fonda, attraverso l'adozione di un sistema di regole, la speranza di un nuovo «gioco dell'essere», di un nuovo accesso alla verità, sopra le ceneri del «soggetto sovrano» pensato dalla dialettica. Foucault è morto troppo presto per dirci quanto di questa speranza, quanto di questa positività felice, è possibile ritrovare nell'uomo greco e, più in generale, nell'esperienza culturale che precede l'avvento del cristianesimo. Una cosa è certa: il soggetto antico è studiato e rappresentato fuori dal giogo dei dispositivi; la sua capacità di autodeterminazione etica non è una variabile dipendente delle tecniche di sorveglianza e dei meccanismi di coercizione: non è, in definitiva, l'articolazione passiva di un ingranaggio sociale, di una macchina capace di trasformare gli individui - quelli che il pensiero moderno concepirà come popolazione - in oggetti, inerti o partecipi, delle arti di governo. Il soggetto antico, al contrario - quello che gode dello statuto di maschio, di adulto e di uomo libero - costruisce la padronanza su di sé per poterla esercitare sugli altri, al livello della famiglia e della vita pubblica. L'esercizio della temperanza, in assenza di un codice che la definisca e la renda obbligatoria, diventa, soprattutto per gli autori del IV secolo a. C., la palestra del cittadino: il luogo di formazione di chi non sarà mai, come ha mostrato Paul Veyne, «l'oggetto del governo. ma un suo strumento». Il cittadino - il maschio che non lavora e che al tempo stesso è adulto e libero - «non lo si governa, ma ci si serve di lui per governare. Questo Stato è una strana nave senza passeggeri: oltre al ca.. pitano (o piuttosto, come si diceva, il pilota), non imbarca che l'equipaggio». La polis greca «è una nave i cui passeggeri sono l'equipaggio» (P. Veyne, « Critica di una sistemazione: le 'leggi' di Platone e la realtà», in aut aut n. 195196, 1983). Soggetto di libertà Dopo aver espulso dall'orizzonte della credibilità filosofica il soggetto sovrano e fondatore caro alla fenomenologia, Foucault, attraverso una svolta decisiva e imprevedibile del suo pensiero, lo ritrova, mediante la ricerca storica, nella cultura greco-romana: lo ritrova come soggetto padrone di sé e del mondo che lo circonda, come soggetto che accede alla verità in armonia con questa sua duplice e maestosa signoria. La libertà greca, terreno di coltura di questa stessa signoria, abita il perimetro angusto del privilegio; è dunque funzione di una violenza originaria spesso taciuta, molte volte candidamente ammessa e presentata come a priori ineliminabile: violenza sulla donna, violenza su chi non è libero, su chi non è cittadino, violenza su chi lavora. Ancora una volta, libertà, verità e violenza si stringono in un unico cerchio infernale, che la storia e l'immaginario dell'Occidente non hanno saputo spezzare. Quando Foucault ha rappresentato, in libri e in interventi che ormai fanno parte di noi stessi, la scena moderna di questa concatenazione, lo ha fatto con il supporto essenziale di uno stile teso e drammatico: uno stile che conosce il furore cieco della battaglia, il bagliore accecante della lacerazione consumata e irreversibile. L'usage des plaisirs e Le souci de soi non cot1tengono tali vertigini: il periodare lento, il linguaggio pacato e sereno, sembrano mimare, in uno strano gioco di specchi, la positività tranquilla e austera del maschio greco, libero e sovrano. Il nesso tra libertà e violenza, pur essendo a più riprese detto, ri.: cordato ed esplicitato, sembra godere qui della stessa subalternità che caratterizza una frase secondaria o sottintesa: non è comunque in grado di alterare l'ordito e la

tessitura del racconto. Forse perché il discorso, pur possedendo tutti i crismi dell'indagine rigorosa, è al tempo stesso una esplorazione mitica; è il vagheggiamento mitico di una libertà perduta, che ha pensato e programmato se stessa, che è riuscita, quasi sempre, a farci dimenticare la sua duplicità costitutiva: testa di Medusa, insieme bella e spaventosa, capace di Miche! Foucault Histoire de la sexualité II. L'usage des plaisirs Paris, Gallimard, 1984 pp. 280 trad. it. L'uso dei piaceri Milano, Feltrinelli, 1984 pp. 264, lire 18.500 Histoire de la sexualité III. Le souci de soi . Paris, Gallimard, 1984 pp. 286 D avvero un gran dono, quello che Miche! Foucault ha lasciato a noi antichisti con questi suoi due volumi, che un fato cui è difficile rassegnarsi ha voluto fossero gli ultimi. Un dono di sapere, e, prima ancora, una lezione di etica della ricerca. Nel processo di formazione del moderno, Foucault aveva scoperto, e descritto, molte «nascite» - a buon diritto, senza dubbio. Ma egli certamente sapeva che dove c'è nascita c'è anche genealogia, che la novità accade come flessione del continuum della tradizione. Ed è allora alla scoperta dei modi originari di questa tradizione, delle matrici di questa genealogia, che Foucault si è mosso in un'esplorazione di molti anni e di duro lavoro, attraversando i testi di Platone, di Aristotele, di Senofonte, di Ippocrate, di Isocrate (per L'usage des plaisirs), e ancora quelli di Artemidoro, Galeno, Seneca, Plutarco, Epitteto, Sorano e molti altri (per Le souci de soi). Un'esplorazione non priva di rischi intellettuali, un investimento coraggioso di un periodo della vita. Ma, scrive Foucault - e qui è la lezione di cui dicevo: «Quant à ceux pour qui se donner du mal, commencer et recommencer, essayer, se tromper, tout reprendre de fond en comble, et trouver encore le moyen d'hésiter de pas en pas, quant à ceux pour qui, en somme, travailler en se tenant dans la réserve et l'inquiétude vaut démission, eh bien nous ne sommes pas, c'est manifeste, de la meme planète» (Usage, p. 13). Quanto al sapere, il primo compito dell'antichista è quello di riassumere gli esiti di questa esplorazione: perché essi non mancheranno di lasciare una traccia precisa anche nel campo degli studi specialistici, sia che si tratti di vere e proprie scoperte o invece di ridefinizioni precise e illuminanti di quel che in modi diversi, filosoficamente meno rigorosi, era già noto. Foucault muove da una consta- , tazione, e da un problema. La prima: è falso che l'austerità sessuale, la censura dei desideri e dei piaceri, siano una novità del cristianesimo medioevale, rispetto a una mitica antichità cui ogni libertà sarebbe stata concessa. Il secondo: perché, in assenza di qualsiasi codice censorio di origine divina o istituzionale, di qualsiasi apparato trasformare in pietra chi osa profanare, con il solo sguardo, il suo terribile segreto. Il segreto di questa libertà - la sua violenza trascurata, nascosta o dimenticata - sembra meno interessante della sua epifania positiva. Si può forse dire che Foucault vuole prenderla alla lettera, mimando, con il gioco di una lingua sobria e pacificata, i silenzi e gli inganni che la rendono possibile. La ricerca erudita, l'esercizio filosofico e la finzione, mediata dallo stile della narrazione - attraverso questi tre strumenti, fusi con meravigliosa coerenza, Foucault vuole probabilmente chiedere, a se stesso e a noi che lo leggiamo: è possibile, oggi, pensare e progettare una libertà priva del suo segreto costitutivo, priva della vioSu Foucault / 3 lenza originaria che l'ha resa operante? E ancora: è possibile, oggi, ripensare e riformulare l'autonomia di un soggetto di libertà, fuori dalla catena delle costrizioni politiche, fuori dal vincolo di rapporti di forza storicamente determinati? Ci piace pensare che l'ultimo e rischioso viaggio di Miche! Foucault, alla ricerca di un nuovo modo di pensare e di vivere, sia stato Lavirtùantica di controllo e di repressione dei costumi, l'antico si è dato un pensiero e una pratica dell'austerità, e più ancora della soggettivazione morale contro il desiderio e il piacere? E ancora: quali le differenze che tuttavia persistono tra i due atteggiamenti? P artiamo da quest'ultimo interrogativo. Il cristianesimo produce una morale universale, fondata su una legge che promana dalla volontà divina e viene imposta da un'autorità istituzionale. Questa legge, che vale naturalmente erga omnes e mira all'annullamento del piacere, si articola in una codificazione casuistica delle condotte individuali, proibisce o limita o consente singoli atti, costruisce infine il soggetto morale nella forma di un as/soggettamento indiscriminato a se stessa. Nell'antico, la formazione della soggettività morale è descritta da Foucault in termini di opposizione polare· rispetto a questo paradigma. La virtù antica, in primo luogo, è sempre per pochi, letteralmente un lusso: riservato intanto a chi può essere per status il soggetto dell'eticità, e cioè il libero, maschio, adulto e ozioso- e tra questi a chi vuole legittimare lo status in una scelta di vita che lo renda coerente e trasparente. Foucault nota assai bene che neppure in epoca imperiale romana, quando la spinta all'austerità si fa più severa, nessun moralista invoca mai l'intervento pubblico, legislativo, a garanzia della morale: che resta sempre, e deve restare, una decisione individuale, un bios la cui scelta designa l'eccellenza del soggetto che l'ha compiuta, e non è in alcun modo universalizzabile nella impersonalità della legge. In secondo luogo, l'austerità sessuale non è mai codificabile come un sistema di interdetti a carico di singole condotte, di desideri o piaceri - siano essi adulterini, omosessuali o variamente pensabili come innaturali. Quello che si tratta di controllare e limitare è la tendenza quantitativa alla illimitatezza propria dei desideri e dei piaceri - alla quale va imposta una regola, cioè un'arte o savoir faire del piacere che consenta al soggetto etico non di annullarne il desiderio ma di assumerne la signoria. E proprio qui sta la chiave della risposta al problema di cui si è detto. È esattamente nello spazio della libertà - cioè dell'assenza di apparati repressivi di potere e di istituzioni rigide delle gerarchie sociali - che si pone l'esigenza di un autocontrollo, di un dominio di sé (delle proprie passioni) che è a un tempo il segno della propria libertà e della propria signoria, anche su altri. L'austerità sessuale, scrive Foucault, è la «stilizzazione di un'attività nell'esercizio del proprio potere e nella pratica della propria libertà» (Usage, p. 30). Mario Vegetti La temperanza, dunque, come arte del vivere, come estetica dell'esistenza che si delinea sullo sfondo di un eccesso di libertà determinato dall'assenza della Legge, di un'assolutezza della padronanza che va però trasformata in signoria. L'isomorfismo di rapporto sociale e relazione sessuale - dove dominio vale penetrazione - fa sì che la temperanza significhi immediatamente legittimazione del potere, perché dà prova della capacità di dominare innanzi tutto se stessi. Con due importanti corollari: che la temperanza è virtù soltanto maschile, spettando alla posizione femminile la sottomissione alla penetrazione e al comando altrui, quindi anche un'incapacità di autocontrollo, una indefinita disponibilità che va regolata dalle figure austere del padre e del marito. E che l'omosessualità, sulla quale non pesa alcun interdetto, rischia tuttavia di esporre il futuro maschio adulto alla soggezione sessuale, dunque all'esclusione dal potere: un rischio che va governato dalla cautela della sublimazione, dallo spostamento verso il rapporto di philìa, dal passaggio dunque dal corpo verso l'anima e la verità. Lf epoca imperiale romana segna, secondo Foucault, una svolta verso una maggior attenzione a sé come soggetto morale (la «conversione a sé» di cui parla Epitteto), sia nella forma di uno sdoppiamento del soggetto in cui una parte è controllore e giudice dell'altra, sia anche nella preoccupazione medica verso lo spreco sessuale, e il controllo necessario dei mali posti al confine dell'anima e del corpo: preoccupazione che dà ai testi di Galeno e di Sorano un tono più austero rispetto a quella forma di arte del vivere espressa dalla dietetica di Ippocrate e Diocle. Si tratta di una svolta che non va direttamente imputata al presunto 'individua}ismo' succeduto alla crisi della polis e alla formazione degli imperi - perché, osserva giustamente Foucault, la vita continua a esser 'pubblica' - ma che non è tuttavia senza rapporto con le nuove forme del poteré. Rispetto a esse una più severa stilistica del- !'esistenza si costituisce non già come ideologia ma come una risposta possibile (sono importanti in questo senso le pp. 105-6 di Souci). Si è sciolto il nesso immediato, tipico dell'età classica, fra potere su sé e potere sugli altri: ognuno si trova dislocato lungo la catena gerarchica del comando, è al tempo stesso signore e suddito (ad eccezione naturalmente del principe, che può tuttavia pensarsi come servitore del senato, del popolo o del fato, e d'altra parte di chi non partecipa alla distribuzione del potere, e non costituisce dunque neppure potenzialmente un soggetto morale). In questa situazione ambigua di signoria e sudditanza, sono possibili due risposte, non necessariamente alternative: la prima consiste nella «messa in scena accurata e ostentata» dello status, quindi della responsabilità di comando; la seconda sta appunto nella ricerca - che sembra spezzare la sudditanza alla catena del comando - di un rapporto adeguato con sé, di una piena sovranità su se stessi. Due modi di stilizzare l'esistenza, il secondo dei quali irrigidisce i vincoli dell'austerità sessuale (anche dal punto di vista delle relazioni matrimoniali e omosessuali) in una direzione che prelude alla moralità cristiana, senza per altro mai attenuare le differenze fondamentali di cui si diceva all'inizio. Cf è qualcosa in questi libri . che colpisce il lettore di Foucault anche al di là delle tesi fin qui sommariamente riassunte. L'esploratore dell'antico ha subìto il fascino del classico. Lo si vede prima di tutto nella scrittura inconsueta: di misura larga e piana, limpida e ben architettata, mai concitata e allusiva; lo si vede nel calmo piacere con cui Foucault racconta per esteso i testi che è venuto leggendo. Ma la seduzione accaduta è altrettanto chiara al livello del maggiore nesso storico-filosofico che governa i due volumi. Il grande analista dei poteri di interdetto e di repressione ha incontrato la «libertà dei greci» - e l'ha probabilmente sopravvalutata, perché una società priva di codici e delle relative istituzioni elude i suoi consueti strumenti d'indagine, nasconde loro il proprio sistema di poteri o lo esibisce talmente (nella drastica selezione dei possibili soggetti etici, nel dominio dell'ideologia, nei dislivelli di status) da renderlo invisibile anche per questa via. Una morale non repressiva non può allora che tradursi - ed è questa la seconda fascinazione - in un'estetica, in una stilizzazione della vita, in un'arte dell'esistere. La bella libertà, dunque: dove Foucault legge l'affascinante paradosso per il quale la coppia repressione/desiderio non corrisponde a quella esterno/interno, potere/libertà - al contrario, la censura, nella forma dell'autocontrollo temperante e virtuoso, è l'esercizio stesso della libertà, la matrice della formazione di una soggettività che raggiunge la morale attraverso il canone estetico del limite. Più che di verificare qui quanto tutto ciò sia attendibile, sembra piuttosto il caso di segnalarne la novità rispetto alle usuali prospettive foucaultiane. Una novità che si riflette anche nei modi di lettura: assai più che altrove, qui Foucault pare rispettoso dell'unità dei testi, della funzione d'autore, dell'ordine dei significati quali vengocompiuto anche per poter rispondere a queste domande. In ogni caso, forse mai uno sguardo sul passato è stato così carico di speranza, così profondamente rivolto al pensiero del nostro avvenire. In Alfabeta n. 64 è già apparso un articolo di P.A. Rovatti, «Foucault in Italia»; sono attesi altri articoli già convenuti con la direzione. no proposti e intenzionati in modo esplicito; e pare sensibile al primato della parola filosofica 'alta', anche se le vengono talvolta affiancati testi di altra pertinenza disciplinare, medica in primo luogo (ma, come lo stesso Foucault osserva giustamente, filosofia e medicina intrattengono nell'antico un rapporto assai stretto di oggetti e di linguaggi). Questa relativa unidimensionalità si spiega certo con il carattere fortemente unilaterale della tradizione antica che ci è pervenuta, tutta o quasi 'alta' e culturale: disponiamo in misura scarsissima (a differenza già dal Medioevo) di testi in qualche modo 'istituzionali', di saperi diffusi, di testimonianze delle pratiche sociali che non siano già filtrate o interpretate. Siamo per contro largamente informati sui segmenti della episteme antropologica, psicologica, biologica, zoologica, cosmologica: e non si può non pensare con dolore all'impossibilità, ormai, di invitare Foucault ad aiutarci con la sua indagine anche su questi terreni. A partire da questi libri, molti campi di esplorazione vengono aperti, molti compiti che non potranno venire elusi ci sono proposti. Per esempio, il ruolo giocato dalla grande discussione ellenistico-romana sul f~to nella definizione della soggettività attraverso la responsabilità morale. Oppure, le vie alternative che cinici e stoici indicano rispetto a un'etica risolta in stilizzazione della vita, che può anche apparire tanto socialmente integrata da risultare rassegnata e rinunciataria rispetto a un qualunque piano di valori. I cinici, proprio con il rifiuto della misura e del limite, con il progetto di liberare l'esistenza sfigurandola attraverso il gesto provocatorio e scomposto; gli stoici, con lo sdoppiamento del soggetto in attore e personaggio, contemporaneamente dentro e fuori rispet~o alla rappresentazione sociale delle passioni (i modi di stilizzazione della vita riguardano qui soltanto il personaggio e non vincolano la totale libertà del saggio-attore: ma penso naturalmente allo stoicismo greco, non a quello romano su cui è invece centrata l'analisi di Foucault). Infine, per tornare alla questione delle origini: alle spalle dei grandi moralisti del IV secolo, alle spalle degli stessi Pitagorici, sta certamente un'esperienza costitu- "<:ttiva della soggettività, quella ome- ~ i::: rica. Dimenticare Omero sembra -~ aver costituito per secoli il pro- t:l.. gramma centrale della riflessione ~ morale greca; per misurarne lo -. sforzo e il senso, noi dobbiamo ri- ~ -e:. cominciare a capirlo, a leggere la g traccia profonda e probabilmente 0 incancellabile che quella esperien- ~ za ha segnato nell'uomo antico. Su ~ questi cammini, siamo oggi più so- ~ li; ma anche più ricchi, grazie al ;g_ dono che Foucault ci ha lasciato. ~

Miche! Foucault Histoire de la sexualité II. L'usage des plaisirs Paris, Gallimard, 1984 pp. 280 trad. it. L'uso dei piaceri Milano, Feltrinelli, 1984 pp. 264, lire Uì.500 Histoire de la sexualité III. Le souci de soi Paris, Gallimard, 1984 pp. 286 Paul Veyne L'élégie érotique romaine. L'amour, la poésie et l'occident Paris, Ed. du Seui!, 1983 pp. 248 A prima vista, il secondo e il terzo tomo della Storia della sessualità di Foucault s'inscrivono in quella rivalutazione delle categorie tradizionali della sessualità che si manifesta da qualche tempo nel pensiero francese, di cui.le manifestazioni più significative sono stati i Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes (trad. it. Torino, Einaudi, 1979) e il libro Della seduzione di Jean Baudrillard (trad. it. Bologna, Cappelli, 1980). Anzi essi sembrano radicalizzare tale tendenza conducendo a una implicita considerazione positiva, se non apologetica, della temperanza sessuale, della fedeltà coniugale, dell'astensione dai piaceri omosessuali, nel quadro di una generale riconsiderazione dell'autocontrollo, del contenimento delle passioni, dell'elaborazione di uno stile di vita casto e austero. Tuttavia, chi volesse davvero considerarli come espressione di una prospettiva di resta!Jrazione della morale sessuale tradizionale sbaglierebbe non meno di chi li considerasse opere di erudizione sui costumi sessuali dell'antichità, privi di interesse attuale. In realtà, essi sono irriducibili a considerazioni ideologiche e conducono un discorso sulla mentalità e sulla problematica sessuale - rispettivamente· del IV secolo a.C. e del I secolo d.C. - acuto, ricco di finezze e aperto a importanti sviluppi, anche se susèettibile di critiche e riserve. Secondo Foucault, già nella Grecia classica è possibile individuare una pratica orientata verso la padronanza di sé, che si esprime nell'elaborazione di una serie di prescrizioni dietetiche relative alla disciplina degli atti sessuali, di consigli che riguardano l'economia della famiglia e della vita matrimoniale, infine di valutazioni sull'opportunità di limitare, se non escludere, l'aspetto fisico del rapporto pederastico. Tale parenetica, che mira complessivamente alla rarefazione del comportamento sessuale, sembra ispirata non tanto da un modello di vita etico in senso stretto quanto da un'esigenza lr) estetica sentita - è vero - da poc::s chissimi uomini, ma proprio per- .5 ciò tanto più significativa in una ~ ~ situazione sociale caratterizzata da ~ una diffusa promiscuità sessuale. ...... Successivamente, nel corso del ~ I secolo d.C., questo orientamen- -o g to si precisa e si rafforza, nel quao dro dell'influenza esercitata dalle ~ filosofie ellenistiche, lo stoicismo e i.:: l'epicureismo, le quali conferisco- ~ no un'importanza fondamentale l alla padronanza di sé e al dominio ~ delle passioni, e dalla riflessione Su Foucault / 4 Erose fila medica, la quale sollecita una maggiore vigilanza nei confronti dei pericoli derivanti dall'attività sessuale. L'aspetto più interessante di questa fase è il passaggio dalla problematica erotica classica, dominata dal rapporto pederastico, a una problematica erotica in cui la riflessione sul rapporto eterosessuale acquista una pari se non maggiore importanza, al punto che il primo viene a modellarsi sul secondo. Il dominio virile sui desideri si trasforma a poco a poco nel modello della purezza verginale, il cui coronamento è rappresentato dal matrimonio spirituale, dall'unione delle anime. Ef innegabile che l'oggetto dello studio di Foucault sta agli antipodi di quanto da vent'anni a questa parte è andato sotto il nome di rivoluzione, di liberazione, di emancipazione sessuale. Ma questo non basta per rifiutare in blocco l'opera di FouMario Pernio/a sposta esplicita e convincente alla prima domanda, che mi sembra più importante ed essenziale. Da un lato, Foucault sottolinea giustamente che questa morale dell'austerità è un saper fare, è una pratica di moderazione, è un comportamento che implica un continuo adeguamento alle circostanze, all'occasione, alla situazione concreta, un bilanciamento del più e del meno, una discriminazione sempre vigile e attenta, un uso sapien- •te di sé, del piacere, delle cose - tutte caratteristiche, queste, che stanno al polo opposto della morale metafisica, la quale si costituisce sulla netta separazione tra bene e male, tra sensibile e intelligibile, ed è animata da una tendenza al superamento, all'oltrepassamento, al trascendimento delle situazioni concrete. Dall'altro lato, tuttavia, Foucault mostra di considerare Platone non solo come un aspetto del movimento verso l'austerità, ma addirittura come il luogo in cui tutZingaro cault. È necessario semmai porle una duplice domanda: in primo luogo, che rapporto esiste tra il movimento verso l'austerità del IV secolo e la morale metafisica di Platone? In secondo luogo, che rapporto esiste tra le tendenze apparse nei primi secoli dopo Cristo e la morale cristiana? Alla seconda domanda Foucault risponde in modo esplicito e convincente. A suo avviso, per quanto sia evidente l'influsso esercitato sul cristianesimo da quèsta morale dell'autocontrollo e dell'austerità, che è nata e si è sviluppata completamente in ambiente pagano, tuttavia ad essa è estranea l'identificazione tout court tra la «carne» e il male operata dal cristianesimo. Foucault distingue nettamente l'etica dell'austerità dalla morale del codice: nella prima, l'accento è posto sul rapporto che ognuno ha con se stesso, sulla necessità di mantenersi in uno stato di serenità, sull'aspirazione a mantenersi liberi dalla schiavitù delle passioni; nella seconda, invece, l'accento è posto sulla codificazione del comportamento, sulle istanze di autorità che la fanno vigere, sull'esistenza di una legge e di un castigo. Per quanto sia impossibile ridurre la morale cristiana a una morale del codice, tuttavia è chiaro che essa ha introdotto una dimensione legalistica estranea all'antichità pagana. Molto più difficile è invece trovare nell'opera di Foucault unariti i problemi dell'eros pederastico trovano una soluzione nel «vero amore» del maestro e della saggezza. Ora, questa conclusione, che si basa sul passo del Simposio platonico in cui Diotima descrive l'ascesa dall'amore dei corpi all'amore del bello in sé, sta proprio all'opposto di un'erotica dell'uso e del discernimento, la quale è fondamentalmente antiplatonica e antimetafisica. Questa indebita assimilazione di Platone è del resto causa di non poche confusioni. S u di una questione particolar~ vale la pena di soffermarsi perché costituisce il punto più delicato, importante e profondo dei due volumi di Foucault: la distinzione tra il rapporto pederastico onesto e quello disonesto. Foucault mette giustamente in evidenza il carattere problematico, insieme amichevole e conflittuale, che s'instaura tra l'erasto, l'amante, e l'eromeno, l'amato. C'è innanzi tutto la differenza di età, perché l'amante appartiene a una generazione diversa da quella dell'amato, che è appena entrato nell'adolescenza. C'è il paradosso che colui che è destinato a svolgere un ruolo maschile e sessualmente attivo da grande, sia introdotto alla sessualità come oggetto di piacere passivo, al quale è perfino dubbio che partecipi o che possa partecipare. C'è infine la dimensione pedagogica, l'iniziazione alla vita adulta, la paideia, che pone l'amante in una situazione analoga al padre, al maestro, all'insegnante. Tutti questi elementi fondano una ·situazione erotica nel senso più profondo della parola: aprono cioè una relazione che sta a metà tra l'amicizia e l'inimicizia, tra l'accordo e il disaccordo, tra l'unione e la violenza. Anzi, il rapporto pederastico è l'unico tipo di relazione sessuale che abbia acquistato nella Grecia antica questa densità erotica. A Foucault non sfugge la complessità di tale rapporto, a cui dedica le pagine più belle della sua opera: «Non bisognava - scrive - che il ragazzo si comportasse 'passivamente', che si lasciasse fare e dominare, che divenisse il partner compiacente delle voluttà dell'altro, che soddisfacesse i suoi capricci e che offrisse il suo corpo a chi voleva e come voleva per mollezza, gusto della voluttà o interesse» (I, p. 233). Pur essendo chiaro che non si dovesse rifiutare completamente, tuttavia egli non doveva accettare tutto. Nel compiacere al primo venuto, senza vagliare la sua virtù, senza mantenere attenzione e vigilanza, senza rifiutarsi nel momento stesso in cui ci si dà, consiste il «disonore» del ragazzo. Su questo punto, dunque, Foucault si rivela molto più penetrante delle tesi generalmente sostenute su questo argomento, per esempio dal Meier (Storia dell'amore greco, Leipzig 1837), secondo cui la linea di discriminazione tra l'eromeno onesto e il pascon infame si riduce al fatto che quest'ultimo si faceva pagare. Tuttavia, non è sull'aspetto erotico e perciò essenzialmente ambiguo del rapporto che Foucault pone l'accento, bensì sulla necessità che nel ragazzo nasca e si sviluppi l'autocontrollo, sul fatto che egli diventando padrone di se stesso nel rapporto con l'erasto possa da grande diventare padrone degli altri nella vita pubblica, nella politica della città. Si spiega così che la dimensione erotica sia considerata da lui come uno squilibrio che deve essere superato nel «vero amore» platonico, oppure in un rapporto paritetico, modellato sul matrimonio, come avviene in età ellenistica. Va perduto così l'erotismo nella sua essenzialità: un rapporto che sta in mezzo, che non è né amore, conciliazione, unità, né violenza, lotta, dissidio. Al dilemma erotico dell' eromeno ( «violentato prova odio, consenziente suscita disprezzo»), succede la «comunità virtuosa» omosessuale oppure la «reciprocità graziosa» eterosessuale di Plutarco. L'esito è dunque neoplatonico: l'uso delle cose e il discernimento sono abbandonati a favore della «crasi», dell'unità degli sposi, a favore di «un'estetica dei piaceri condivisi». S i deve dunque concludere che nell'antichità dell'Occidente l'arte erotica è una pianta subito avvizzita, un fiore reciso da Platone e dal neoplatonismo? Il bellissimo libro di Paul Veyne sull'elegia erotica romana mostra il contrario. In un ambito geografico e culturale profondamente diverso dall'Atene del IV secolo a.C., nella Roma della seconda metà del I secolo a.e. nasce una rete sociale formata da cavalieri privi di ambizioni politiche e da affrancate di liberi costumi, all'interno della quale si annodano una serie di relazioni altrettanto complesse e ambigue quanto quelle pederastiche della Grecia antica. Qui il paradosso è un altro: non è di carattere erotico-politico, ma di carattere erotico-letterario. Queste donne, le Cinzie, le Corinne, le Delie, pur non essendo delle prostitute, si danno con grande facilità a una pluralità di amanti: perché dunque cantarle? perché farne l'oggetto di interi libri di poesie più o meno strazianti? e soprattutto perché paragonarle alle grandi dee della mitologia greca? La risposta più ovvia che lo spirito della modernità dà a tali domande è questa: perché le si ama. Veyne mostra invece che Properzio, Tibullo e Catullo avevano nei loro confronti un atteggiamento che non si può affatto definire come amore, e mette in evidenza la stranezza di un mondo (anzi, di un demi-monde) di cui fanno parte donne interessate al denaro e al potere, ma non insensibili allo charme del carmen, e uomini che si dicono loro schiavi, ma che si preoccupano soprattutto di assumere e di mantenere il ruolo pubblico di poeta; nonché la stranezza socio-psicologica di una mitologia in cui nessuno crede, ma che ciò nonostante costituisce l'oggetto di un sapere sublime universalmente rispettato. Tra questo mondo e questo cielo la poesia erotica romana funge da intermediaria, ma nello stesso tempo mantiene le distanze. Essa occupa la linea mediana, lo spazio intermedio, lo Zwischen tra gli uomini e gli dei, di cui parla Heidegger nel suo commento a Holderlin. Osserva Veyne che l'elegia erotica romana delude il gusto moderno per la sua mancanza di intensità, di passione, di amore, per l'abbondanza delle sue digressioni mitologiche, ma piace al gusto postmoderno, perché cool, fredda, perché «finzione umoristica», «paradosso divertente». Il contributo più importante del libro di Veyne all'elaborazione della nozione di erotismo come intermediario consiste nel mostrare che l'eros non è indipendente e separato dal linguaggio erotico - non è un'esperienza dell'anima, un sentimento, un desiderio, un'aspirazione o una facoltà che esiste prima del linguaggio. La sua intermedietà non consiste nel collegare l'esperienza soggettiva con la parola, nel dar corpo linguistico a un'anima appassionata, ma nel mettere in relazione termini che sono già dati,· presenti, effettivi. Perciò l'erotismo è fondamentalmente differente sia dall'amore sia dalla violenza. L'erotismo presuppone partners sessuali che, in qualche modo sia pure segreto e implicito, si danno e in qualche modo, sia pure segreto e implicito, si negano. Presuppone inoltre l'esistenza di un universo linguistico ampio e articolato che copre sia pure potenzialmente tutti i principali tòpoi erotici. Esiste un punto di confluenza tra l'erotica dell'uso e del discernimento, abbozzata da Foucault, e l'erotica linguistico-mitologica di Veyne? Questo punto è Ovidio, che tanto Foucault quanto Veyne escludono dalla loro indagine. L'autore dell'Ars amatoria attende ancora il suo filosofo.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==