Alfabeta - anno VI - n. 64 - settembre 1984

ravigliato: «Perché non dovrei conoscerti, Mary?» ,Gli atteggiamenti di·.unavit~.intern si riflettono a volte·nella spon- . ;taneità che la chiude: fa infaticabile Lady Mary Wortley Montagu, sempre curiosa davanti allo spettacolo del mondo, osserva in extremis: «È stato .tutto molto, molto interessante» - in contrasto con lo storico John Jortin che accomuna il cibo offertogli con tutta l'esperienza vissuta, rifiutando reciso: «No grazie, ne ho avuto abbastanza, di tutto». Se una delle mete più alte, della vita filosofica è la conoscenza di se stessi, l'umiltà di Hannah Chickering può considerarsi sublime: «Dite soltanto che ero in pace. Più di così, se riferito, potrebbe far credere a una esperienza spirituale più profonda -di quella che ho conosciuta io». . C' è chi fino all'ultimo pensa agli altri. Con tatto squisito il -diplomatico britanni- .co Horace Mano si rivolge alla moglie: «Cantami qualcosa, se ti regge il cuore». Istruttivo, al· proposito,· il contrasto .del presumibil.~· autoco'm- . piacimento· del ~-eològo. Henry Timrod (o 'si tratta di' agiografia?)' che, non potendo più inghiottire, si consolava: «Non importa. Tra non molto berrò dal fiume della Vita Eterna»; e l'altruismo in situazione analoga dello zoologo Georges Cuvier: vide la figlia che si beveva la bibita a lui destinata, approvò: «Mi fa molto piacere vedere che quelli che amo possono tuttora inghiottire». Dopo una vita molto movimentata, piena di feste· brillanti, Lady Emerald Cunard rifiutò una cucchiaiata di champagne offertale dalla cameriera: «Stappa piuttosto qualche bottiglia per te e per l'infermiera». Henrietta Campan trat- 'iJ ta male,J'inserviente, poi, intudetta, si ferma: «Quanto si diventa esigenti quando manca il tempo per i convenevoli!» E a chi pensava George Fordyce, a se stesso o alla figlia che gli stava leggendo ad alta voce, quando intervenne brusco: «Smettila. Fuori dalla stanza. Sto per morire»? La premurosa assistenza, se ben organizzata, circonda il moribondo di conforti ritualizzati: le parole da dire sono idealmente predeterminate in modo da trascendere l'individuo che dovrebbero riguar- • dare. Può capitare, però, che proprio lui, il protagonista (verosimilmente perché disorientato), non reciti a dovere, o sembri non saper recitare, la sua parte. Nel caso di Henry Thoreau si tratta forse di ironia? La sua pace con Dio, gli chiedono, è stata fatta? Con grande candore risponde: «Non abbiamo mai litigato!» Non del tutto compos mentis sembra quel re di Prussia che nel modo più letterale possibile interpretava Giobbe 1, 21; la voce del' prete di turno intona: «Nudo usci'i dal ventre di mia madre, e nudo vi ritornerò!» «Ma no!» risponde il monarca, «mi metteranno la divisa!» «Ora e nell'ora della nostra morte ... » Georges Cadoudal, che sta per essere giustiziato, dovreb- -he Tipetere.la frase; chiede invece , ·chiarimenti: «Perché, non sarebbe questa l'ora della mia morte?» Le ultime parole dal patibolo sono previste come facenti parte di uno spettacolo pubblico, il cui principale attore può a volte rive- !arsi renitente, o scontroso, come il fuorileg·geCherokee Bill, che da dire non aveva proprio niente («Sono venuto per morire. Non per far discorsi»). Non di rado le frasi nascono ex tempore davanti alla manifesta incompetenza del boia: come nel ca- •so del Conte Pestel - «Stupido paese dove non son capaci neppure di impiccare la gente!» (si era spezzata la fune) - o del martire .protestante Nicholas Ridley - «Fate che il fuoco mi arrivi addosso! Non riesco a prendere fuoco! Dio abbia pietà di me» (le fascine erano bagnate). Mare, Chevalier de tenda ad ossigeno borbottando: «Una maledetta montatura!» : ' ~ "'; ... ,'M.: ·;,~~s~epenti?a, tàbt9•re~e~-·: , ; ,boa a ·volt~ che puo letteralmente toglierti le paro- · le di bocca. Leon Toral, l'assassino del presidente Obregon del Messico, è stato investito dalle pallottole a metà frase: «Evviv... !» Durante la Guerra civile america- •na, il generale Sedgewic.k, che si era affacc~atoai parapetto, a chi lo ' - ~ ~\, . .,,,:· ,·,.. .. , . ,_., 'r·'/ ';<~-,·.'• -,~A •. '(:ù•:;~,. '<:-1!-·.\\ .... ,. Galantine di pol/Ò a/l'inglese . . . avvertiva del pericolo, ·ha fatto in tempo a rispondere io·modo sprezzante: «Non potrebbero colpire un elefante a questa dist ... >> Un momento si sta bene, e il momento dopb ci si trova inopinatamente fulminati: il disorientamento è totale. Stone Johnson, calciatore americano, ferito durante una partita, chiede: «O Dio mio, Dio mio! Dov'è la mia testa? Dov'è la mia testa?», e Louis Barthou, ministro degli Esteri francese (assassinato a fianco del re di Jugoslavia), cerca di contrastare la dissoluzione fisiologica con mezzi .Montreal, con l'ascia 1 / , già sul collo, la spost_a 1 , X 'y/·/ correttivi quasi casalinghi: «Ora non vedo più che leggermente: «Non e • • ''. ~ I . ,- nel posto giusto!» ) ;:~jf, } ~}._ •• '· , Forse più premuro-. . •• ~,·1°,Jl~'ij,~ / ,· / so il medico, ma \t. ~- -f;,.\. 91r_.,~ - -- .. <.·---- • c'è analoga pre- ~ _->:\?,', .~- venzione: Oliver __'}_y • r:-.. ::~:;:;~l ::~~ - ~{¾ ~ •' ~,,, vamente entro la .......... c:::t·~: ,..-. ~·•·. ~ :.~Y• L succede. I miei occhiali, dove sono i miei occhiali?» Ma anche chi muore ~radatamente nella sicurezza del proprio letto cerca di trattenere il,mondo che sembra allontanarsi. «Pregate più forte! Non vi sento!» comanda la regina Carolina, moglie di Giorgio II. «Più luce!» grida il mistico Laurence Oliphant - ma veniva rapito nel Regno dei Cieli o voleva candele? Il poeta Tennyson morendo ha lanciato un ultimo enig- ·matico messaggio: «L'ho aperto!» [ I have opened it.1 Si tratta, è chiaro, di esperienze non comunicabili nell'immediato e c'è chi riesce a dirlo. Enrico, Principe di Galles, figlio di Giacomo I: «C'è qualcosa che voglio dire, ma non riesco ad articolarlo» - ma an-. che·qui la comunicazione avrebbe •potuto essere delle più banali. Qualche Lazzaro, si sa, già addentratosi nel tunnel alla Hieronymus Bosch, si è trovato risucchiato e in grado di renderne ragione: «Lam Lazarus, come from the dead, / Come back to teli you ali»: un tale revenant, poi, non è per niente pallida ombra, assetata di sangue. Intanto, Christian Jacob Kraus avverte che, nel suo caso almeno, era tutt'altro che scontato quello. che stava subendo: «Morire non è come me l'ero immaginato». Ogni morente, difatti, parte per. forza dai parametri di questo moo-· do: la non voluta inesorabilità totalmente innovatrice si cerca disperati di farla quadrare Grande alzata a ripiani con tauromachia con il mondo di prima. Inani, gli spiriti tornano a frequentare i luoghi del non compiuto, all'insaputa di chi, -ancora in vita, quotidianamente e proditòriamente lascia incompiute le cose, e parte poi protestando: «Non posso morire. Non ho finito il mio lavoro». , La morte è sgarbata, maleduca- . ta; non devi sollecitarla, basta andare avanti a svolgere.le solite monotone funzioni di sempre (ma ·che non sono «di sempret>): pulisci una pistola, affili un coltello, cammini per strada, e ti piomba addosso. Facciamo nostre le parole di Marshall Field II: «Non riesco a capire come·mai sia successa una cosa del genere! Non so .spiegarmelo! È stato uno sbaglio! Dottore, potrò sopravvivere?» Anche sul patibolo tale meraviglia può permanere; la morte, anche se giuridicamente avallata, si presenta a chi la subisce come il culmine dell'.ingiustizia. Il libertino.Chevalier de la Barre, sul punto di esse.re decapitato per aver mutilato un crocifisso, non sa ancora raccapezzarsi: «E chi avrebbe mai immaginato che un giovine signore potesse essere messo a mor- . te per· una cosa-così sciocca!» Chiude citando un esempio • (può sembrare gustoso) che si trova annotato tra le piccole cose di ogni giorno da Pierrè de l'Estoile, borghese parigino. Nel suo Journal, sotto l'agosto dell'anno 1604, troviamo •questo: «Sabato 28 fu impiccato a Parigi, davanti alla casa del Chevalier du Guet, un ragazzino di appena diciassette anni, che aveva scassinato due scrigni pieni zeppi di anelli. Questo povero ragazzo mentre lo conducevano per impiccarlo piangeva amaramente, e diceva che era la prima volta che questo gli fosse capitato». Altre epoche si sentono in dovere di riscrivere persino le fiabe per far sì c9e i q1gazzi non sospettino , neppure che ci sia al mondo la sopraffazione, la violenza, la brutalità fine a se stessa (ma gli stessi ragazzi muoiono nei campi di concentramento e sui campi di battaglia anche nel XX secolo!). Diversamente robusto forse, certamente non meno ipocrita per altri versi, il secolo di Enrico IV - ma l'adulto di allora che irride l'adolescente sprovveduto sa anche commuoversi davanti a lui. «Ce pauvre garçonnet», ahimè, ci rassomiglia anche troppo; ma noi, ovviamente, siamo molto più furbi di lui nel maneggiare le parole (e fors'anche il grimaldello); destreggiandoci arriveremo fino alla fine: raggiunti, però, e irretiti, sapremo forse essere brillanti, non per questo sapremo districarci meglio di lui.

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