' ,• . L a facoltà di Scienze politiche . dell'Università statale di Milanoha superatoper'4-3la facoltà· di Economia e ·commercio della Università Bocconi nella finale del campionato di calcio inter-universitario. Per decretare i vincitori sono stati necessari i tempi supplementari, quelli regolamentari - si è giocato sul limite di 30' per due tempi - eran terminati sul 2 pari. La finale di questo campionato segnala di fatto la chiusura dell'anno accademico e, soprattutto, l'avvento dell'estate. Il susseguirsi delle stagioni è tema cui la stampa italiana presta particolare attenzione. Le più note definizioni di «notizia», basate sulla eccezionalità dell'evento, crollano di fronte al passare delle stagioni. Il gatto che mangia il toGiornale dei Giornali Giorncl·l·idiqualità Index-Archivio Critico dell'Informazione . po non è una «notizia», fa notizia invece un topo che :si mangia un gatto. È questo uno dei·caposaldi del giornalismo anglosassone. Nel 1976 invitammo gli scienziati della comunicazione a meditare sul ribaltamento del paradigmà, per· scoprire che, per il topo, le-abitu-· dini alimentari dei gatti sono certamente «notizie» molto ·interessanti; sulle quali, -eventualmente, realizzare anche dei giornali specializzati. Sono 1 gatti che preferiscono non si sappia in giro cosa fanno, sì da non allarmare i topi e poter continuare a mangiarseli. In altre parole, sono i potenti che preferiscono non si conoscano gli eventi «quotidiani» e li si consideri «normali», che preferiscono non si sappia in giro quanti uomini muoiono di cancro, ogni giorno, in ogni città, per non allarmare gli uomini e continuare a sfruttarli, blandendoli. Ma Primavera~-Estate, Autunno, Invemo,·pur scontate nel loro susseguirsi,- pur essendo ampiamente prevedibili;· pur ripetendosi monotonamente, fanno notizia. I/Estate è con più· clamore delle altre stagioni ·annunciata dalla nostra stampa. Un titolo è classico: «Esplode l'estate». Un giomale·su tutti è ricordato per la sua lunga affezione all'esplosione dell'estate: Il Giorno. Il quotidiano voluto da Enrico Mattei per difendere le sorti e le iniziative dell'Eni, quando c1 si batteva contro le Sette Sorelle, dominatrici del mercato petrolifero mondiale, si è trasformato lentaIndice della comunicazione mente in un quotidiano popolare. • È stato sotto la direzione di Guglielmo Zucconi che Il Giorno è• diventato il primo quotidiano popolare italiano. Il precedente tentativo di realizzare nel nostro paese un quotidiano popolare, L'Occhio, non fa testo: in quella occasione, infatti, lo staff e i consulenti • della Rizzoli realizzarono un quotidiano popolare anglo-tedesco, più che italiano, e il giornale fu chiuso dopo poco tempo e alte perdite. Abbiamo cercato i titoli sull'estate di quest'anno tra il 10 giugno e il 20 luglio, e abbiamo trovato vistose connessioni tra l' animus di testata e la formula scelta per l'annuncio. La Stampa, il giornale della industria di automobili che chiude in agosto, il giornale del Piemonte, dichiara esattamente al 21 giugno, nell'occhiello· dell'articolo di .fondo: Torna il calvario dell'estate. • •Affermazione che tradisce la sofferep.za dell'uomo calvinista .costretto a affrontare tale evento. Da un punto di vista diffusionale, invece, la formula adottata, dalla Stampa• per la presentazione dell'estate le toglie la caratteristiça di «quotidiano nazionaie». Al di sotto del Po è difficile trovare lettori disposti a considerare l'estate un «calvario». Il Giornale aspetta sino al 9 luglio, per poi dichiarare con titolo di testa: «Esplode~ l'estate dell'esodo pendolare. L'esplosione è qui virgolettata ma ben piazzata nella pagina. La foto che l'accompagna· mostra una via di Roma completa- -Chemene f,!!iri!eu~~ computer? ·· 1 l boom dell'home computer se- . gna il passo, ·anzi: nella terra di • elezione, gli Stati uniti, si sta sgonfiando, informa l'autorevole Financial Times. Nonostante la forte ripresa de~'economia e dei consumi, nei primi tre mesi di quest'anno le vendite Usa sono scese del 35 per cento rispetto allo stesso periodo del 1983. La InfoCorp., apprezzata società di marketing del settore, ha dovuto abbassare la sua stima delle vendite 1984 da 4,6 milioni di macchine a 2,3 milioni. Le cose vanno un po' meglio in Europa, dove il mercato è quasi vergine, ma lo scenario è tutt'altro che brillante. «I produttori di home' computers americani, eur.opei e giapponesi - scrive il Financial Times - sono ossessionati da una sola domanda che, come il fantasma di Banquo, sta rovinando loro il godimento della festa . informatica: 'Che cosa posso fare con un home ' computer?'» Nel 1983, preventivamente proclamato da Time come l'anno del computer, era facile nascondere questa terribile domanda sotto il tappeto, spiega il quotidiano della City: «Guardate - vi diceva il venditore - ci sono tutti questi meravigliosi giochi, potete gestire i vostri conti e usarloper aiutare l'istruzione dei vostri figli, e vostra moglie può mettere in memoria le sue ricette... » Ora tutti concordano che i giochi elettronici possono tenere desta l'attenzione degli utenti solo per un periodo di tempo limitato. E lo stesso presidente della Appie dice che «è ridicolo suggerire l'uso di un computer per amministrare il libretto degli assegni». Il direttore della Acorn, la società inglese produttrice di un piccolo computer di successo, il Bbc, si dichiara preoccupato che gli «home computers si facciano la reputazione di essere inutili». Nell'industria circola ormai una certa inquietudine. Se per qualcuno come la Commodore (che detiene circa il 70 per cento del mercato Usa dei computers a più basso costo) gli affari continuano a gonfie vele, altri nomi di primo piano, come Atari e Texas Instruments, hanno dovuto ritirarsi dalla bagarre degli home computers dopo pesanti perdite. Persino l'onnipotente lbm sta incontrando impreviste difficoltà nel vendere il PCjr., versione «casalinga» del suo Persona! Computer, best-seller fra i microcomputers professionali (il PCjr. si colloca in una fasàa superiore a quella degli home computers propriamente detti, ma tracciare una netta linea di demarcazione fra i vari settori non è facile). È sempre più evidente il contrasto fra il mercato business, dove il boom informatico non conosce soste, e il mercato domestico. La prospettiva di una rapida «informatizzazione» di ampi strati delle case americane ed europe~, data per certafino a pochi mesi fa, è ora rimessa in discussione. Gli esperti si affannano per trovare spiegazioni e per individuare gli errori compiuti dalle industrie. Analizzando i dati, si scopre - scrive il Financial Times - che i mercati si modellano insospettatamente su alcuni specifici caratteri nazionali. I consumatori americani, che dispongono di un reddito maggiore, vogliono per le proprie case macchine con prestazioni elevate e una massa di programmi pronti, decretando l'insuccesso del computer giocattolo. Per contro, gli inglesi presentano un diffuso atteggiamento «hobbistico», amano giocare con i computer e scrivere programmi in proprio; perciò hanno decretato il successo di macchinette rudimentali (come l'autoctono Sinclair ZX81) apprezzate non solo per il bassissimo costo, ma proprio per le sfide operative che propongono e che le rendono impopolari oltreoceano. In Francia - aggiunge il quotidiano - il decollo dell'home computer è rallentato da prezzi elevati, rarità dei punti di vendita e mancanza di software scritto in francese. Anche in Germania gli adulti sembrano poco interessati al computer casalingo: non amano giocare con la programmazione, né sono inclini a portarsi a casa il lavoro. L'Italia è distanziata dai paesi più settentrionali - secondo il Finantial Times - per ragioni essenzialmente politiche: il governo italiano non ha assunto nessuna iniziativa consistente per promuovere la «piccola informatica», né sul piano economico· né sul piano dell'istruzione pubblica. Al di là delle motivazioni nazionali, la diagnosi del Financial Times è che i produttori, o/ire a suggerire utilizzi stravaganti, abbiano commesso l'errore di far scimmiottare agli home computers la multifunzionalità tipica dei grandi elaboratori. Nella maggior parte dei computers a basso prezzo, la effettiva praticabilità di alcune importanti funzioni (word processing, archiviazione di dati, consultazione di testi su supporto elettronico, ecc.) ne risulta molto sacrificata. «Il problema - scrive il giornale - non è che lo home computer sia troppo limitato per aver successo, ma che è troppo versatile per una famiglia media». La soluzione starebbe perciò nello specializzare gli home computers secondo funzioni ben definite, rispondenti a specifiche esigenze dell'utenza domestica. La diagnosi del Financial Times contiene alcune verità e può darsi che la ricetta della «specializzazione» dia qualche risultato in termini di marketing. Tuttavia, la diagnosi ci sembra un po' debole perché non tiene conto di alcuni fenomeni di carattere generale. In primo luogo, l'industria, nel· tentativo di favorire la rapida creazione di un «ambiente» adatto alle nuove tecnologie, ha assecondato il fiorire di una retoricamiracolistica che ha spesso generato aspettative assurde presso il largo pubblico, con il risultato che molti utenti domestici si sono sentiti presi in giro quando, accendendo il proprio computer, hanno scoperto che «non succedeva niente». Questo tipo di frustrazione, per altro, è comune anche a livelli professionali. In secondo luogo, soprattutto, da oltre dieci anni si coltivano attese iperboliche sul rapido successo delle tecnologie legate all'informazione e alla comunicazione in genere, non soltanto all'informatica in senso stretto. Ad esempio, la trasmissione via satellite direttamente ali'antenna televisiva del condominio viene data di imminente espansione da lustri. Recentemen(e, mo/- te società televisive, in diversi paesi, hanno scoperto che i canali via satellite rischiano «bagni»finanziari di proporzioni gigantesche. In giugno, il settimanale americano Electronic Media sintetizzava in questi termini ciò che accade nella terra promessa di una delle «nuove» tecnologie più attempate, .la tv via cavo: «Più di trent'anni dopo l'inizio della tecnologia del cavo e dodici anni dopo l'introduzione della moderna tv via cavo 'pagante' (premium pay), la maggior parte delle imprese di questo settore continua a operare in passivo». Gli esempi potrebbero continuare. Basti pensare all'incapacità del videotex, finora, di conquistarsi un minimo di utenza nei paesi dove si è tentato di farlo uscire dalla fase sp,erimentale. Perché tante disillusioni? Senza dubbio le crisi economiche hanno rallentato l'espansione del reddito e dei consumi. Ma, probabilmente, esperti (e inesperti) non hanno sovrastimato solo il reddito disponibile presso le famiglie per consumi «informativi», hanno sovrastimato anche (e soprattutto) la quantità di tempo, di bisogni, di attenzione e di abilità specifiche di cui i consumatori dispongono. Il tempo libero, si dice, aumenta. Ma aumenta a passo di lumaca, se lo si confronta alla esplosione di beni e servizi informativi: è facile saturare le ore non-lavorative con tv via etere, tv via cavo, videoregistratori, hi-fi, home computers, ecc. In realtà, il consumatore si trova di fronte alla scelta fra l'acquisto di una massa di gadgets sottoutilizzati e la trasformazione del proprio «tempo libero» in qualcosa che rende il lavoro, al confronto, un riposante divertimento. In terzo luogo, infine, le tecnologie informatiche e comunicative si trasformano in «risparmiatori di tempo» solo se sono interconnesse in un sistema operativo che consenta di sostituire precedenti attività. Il «tele-lavoro» è ancora una lontana prospettiva, ma anche il pagamento di conti o il disbrigo di transazioni attraverso un terminale domestico restano limitati a alcune sperimentazioni, anche se si continuano a ruminare mirabolanti scenari. Molto influisce la virtuale impossibilità di connettere il proprio computer domestico a reti di comunicazione che diano un accessofacile e poco costoso a una gamma di servizi - ciò richiede, tra l'altro, l'adozione di standard operativi che rendano compatibili macchine e programmi (oggi la compatibilità non è garantita neppure per sistemi del medesimo produttore). Business Week citava, qualche mese fa, una ricerca della Reymer & Gersin in cui si giungeva alla conclusione che metà degli americani intendeva acquistare un computer: «ma quando chiedete loro che cosa ne faranno, trovate un sacco di confusione». Di qui laprevisione che «chiunque venderà per primo servizi di comunicazione per home computer rivoluzionerà il mercato dei computers domestici. Questo è ciò che occorre per avere computers nel 60 o nel 70per cento delle famiglie. L 'lbm ha compreso quel che occorre per vendere computers». Il riferimento è all'accordo concluso in febbraio tra lbm, la catena di distribuzione Sears e la Cbs per la realizzazione di una rete videotex destinata soprattutto ai computers domestici. Ma le tre società hanno precisato che occorreranno «parecchi anni» per sviluppare il software e i sistemi, prima che si possa offrire il servizio su scala nazionale. Certo, le cose procedono, ma seguendo strade e tempi ben diversi da quelli clamorosamente propagandati. L'industria, per prima, si rende ormai conto che ocèorre un ambiente più sobrio. E informato meglio. Why the jitters set in... in Financial Times 30 giugno 1984, p. 17 Cable still searching for its pot of gold in Electronic Media 28 giugno 1984, p. 22 Three big backers give videotex a shot at success in Business Week 27 febbraio 1984, p. 28
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