Il nichilismQrizil'1persona Sergio Givone Dostoevskij e la filosofia Roma-Bari, Laterza, 1983 pp. 170, lire 19.000 H eidegger raccomandava di leggere lo Zarathustra di Nietzsche con lo stesso rigore analitico, e con la medesima considerazione filosofica, che si riserva alla Metafisica di Aristotele; ma non risulta che abbia dato consigli simili per I Demoni o per I Fratelli Karamazov di Dostoevskij, di cui pure fu lettore, come molti in Germania ai suoi tempi. Un fatto piuttosto sorprendente, se si considera che Nietzsche e Dostoevskij sono accomunati, più che dai modi letterari adottati sporadicamente dal primo, e sistematicamente dal secondo, dal tema filosofico del nichilismo, cioè da . quel fenomeno per cui (scrive Heidegger in La sentenza di Nietzsche «Dio è morto») «al posto dell'autorità di Dio dileguata e deil'ammaestramento della Chiesa subentra l'autorità della coscienza, si impone l'autorità della ragione. Contro di questa si leva l'istinto sociale. L'evasione nel mondo sovrasensibile è surrogata dal processo storico. Il fine ultraterreno della beatitudine eterna si trasforma nella felicità terrena universale. Le cure del culto religioso sono sostituite dall'entusiasmo per le creazioni culturali e per la diffusione della civiltà. La creatività, riservata un tempo al Dio biblico, caratterizza ora l'agire umano. Il suo fare finisce per risolversi nel1'affare». • Ora, si è soliti ritenere che il nichilismo di Dostoevskij sia una •manifestazione piuttosto nai've e primitiva (Raskol'nikov che uccide l'inutile vecchia usuraia così come i decabristi progettano attentati allo Zar), rispetto al quale sembra molto più accettabile e avanzato il nichilismo di Zarathustra. Nietzsche, in definitiva, non vedel platonismo», come venir meno· di un modello onto-teologico del mondo, di cui la fede in Dio era l'immagine più evidente. Però, scrive ancora Heidegger commentando la sentenza di Nietzsche, «Nietzsche assume questo rovesciamento come un capovolgimento della metafisica. Ma in realtà ogni rovesciamento di questo genere si risolve in un inconsapevole irretimento nella medesima cosa, divenuta irriconoscibile». Dostoevskij è viceversa pienamente consapevole di questo irretimento, e non tenta alcuna maschera. Il nocciolo della interpretazione filosofica di Dostoevskij proposta da Sergio Givone consiste proprio in questo: nella prospettiva dostoevskijana, il nichilismo non è il «rovesciamento del platonismo», il «mezzogiorno degli spiriti liberi» che hanno volto le spalle alle superstizioni del passato, bensì è caratterizzato, e intimamente animato, da una vocazione costitutivamente tragica e religiosa; il nichilismo allora vale davvero solo per un credente. O ggi il nichilismo si presenta come una dottrina pacificata: venuta meno ogni fondazione e giustificazione metafisica del mondo, si tratta di accettare senza enfasi questa condizione nuova, e caratteristica dello spirito europeo moderno. Ma il nichilismo presupposto da una società post~industriale ha origini tragi-. che, una genesi traumatica - la morte di Dio tematizzata da Nietzsche, cioè gli chocs inferti a un ordinamento tradizional-feudale del mondo da eventi come la Rivoluzione francese e la Rivoluzione industriale. Il nichilismo contemporaneo ha sicuramente un tono 'apollineo', ha cioè rimosso - per usare una • espressione di Derrida - un certo «tono apocalittico adottato di recente in filosofia». Ma si tratta di de il nichilismo come morte di una rimozione non pienamente Dio, bensì come «capovolgimento riuscita, e in ciò risiede il suo interesse. («La rimozione fallita - scrive Freud - sarà per noi più interessante di quella che consegue qualche successo e che di solito si sottrae a~lanostra analisi»). Se si pensa alla storia del nichilismo europeo così come la traccia Heidegger, ci si accorge che il superamento di una visione teologica del mondo avviene comunque nell'orizzonte di una Weltanschauung teologica: i nichilisti ottocenteschi si sentono nuovi rispetto ai deisti del Settecento perché sono riusciti a cancellare il divino dalla loro visione del mondo; ma a chi può fare impressione una novità di questo genere, se non precisamente a chi credeva in Dio, e ha smesso di credere? Il nichilismo, sostiene Givone commentando Dostoevskij, si lascia pensare solo nella prospettiva della fede. E tutta la concezione heideggeriana dell'onto-teologia riposa sul presupposto secondo cui l'oltrepassamento della metafisica si può condurre solo sulla base opaca della metafisica stessa, dei suoi problemi e della mentalità che essa richiede. Infatti, la questione della Verwindung della metafisica, così come la propone oggi un filosofo 'continentale' quale Jacques Derrida, risulta semplicemente insensata agli occhi di John Searle, un analista del linguaggio - cioè davvero un 'laico' - che non si è mai posto il problema del linguaggio come veicolo di una tradizione, e per il quale dunque l'idea di una Tradizione Metafisica che agirebbe ancora nel no~tro pensiero appare eccentrica e incredibile. Ora, Dostoevskij espone proprio il paradosso di un nichilismo che è tale solo in forza di ciò da cui prende congedo: «L'opera di Dostoevskij - scrive Givone - è una macchina che risucchia dentro quel cristianesimo tragicamente apocalittico che lungo l'asse del nichilismo può apparire superato, ma che è il nichilismo in definitiva a riportare in primo piano» (p. 159). Spiedini misti, caldi e freddi L a tragicità del cristianesimo di Dostoevskij gli consente di pensare sino in fonclo il nichilismo. Un cristianesimo senza pathos non è infatti meno nichilistico, è solo meno consapevole della propria natura. Valga per tutti il caso di Tolstoj, tanto più nichilista quanto più «ragionevolmente» cristiano; il suo cristianesimo, infatti, diventa una religione dell'amore e della ragione, una religio tra uomini, alla Feuerbach - una ideologia implicitamente ma profondamente nichilistica, che cancella tutti i presupposti della fede rimettendo all'uomo il dominio del mondo. (Si tratta del modo più classico del nichilismo, lo stesso in opera nella secolarizzazione amministrativa: il fondamento e la legittimità sono deposti nell'umanismo, cioè nel nichilismo, nella volontà di potenza, nelle «magnifiche sorti» di una umanità futura. Non a torto Solov'ev, amico di Dostoevskij, vedeva in Tolstoj l'immagine dell'Anticristo). D'altra parte, potremmo aggiungere, il pathos teologico deve essere sincero. Quella di Dostoevskij è fede autentica, non un gioco ateologico e trasgressivo. Va quindi ben distinta dal cristianesimo medioevale e bigotto (e artificiale) di Bataille e di Klossovski - per , fare due esempi recenti - il quale non è che una premessa per la trasgressione; l'esistenza di Dio è semplicemente il postulato pratico che conferisce frissons teologici alla sua uccisione - e il punto di partenza dei trasgressori non è affatto la fede, bensì l'ateismo. Anche in questo caso, non meno che in quello - opposto - di Tolstoj, il • nodo fede-nichilismo perde ogni dimensione tragica, divenendo qui semplice ironia teologica. Ora, l'aspetto sorprendente di quella che, grazie a Givone, possiamo chiamare senza virgolette la filosofia di Dostoevskij è che essa tiene simultaneamente attivi i nodi della fede e del nichilismo, senza (é. ·---- .. ,,' -- .---J# ~ - ·#. snaturarli. Né religione dell'amore (e razionalizzazione umanistica), né premessa della trasgressione (su base feudale e gnostica), il cristianesimo pi Dostoevskij è di una sincerità sorprendente - e proprio su questa sincerità si fonda la chiaroveggenza dostoevskijana intorno al nichilisn:i_o. Su questo punto, si può forse avanzare un'ipotesi. Givone ricorda come molti interpreti si siano stupiti del fatto che il creatore di personaggi quale Ivan Karamazov potesse avere «la fede di un contadino». Ora, il cristianesimo dostoevskijano è molto antico, e ortodosso; cioè, esente dal processo di secolarizzazione e di ascesi intramondana avviato da Lutero, e che sicuramente agisce su Nietzsche e su Heidegger. Dostoevskij è perciò in grado di pensare sino in fondo le ragioni teologiche del nichilismo, con un profetismo e una lucidità di cui i nichilisti luterani avevaqo forse dimenticato le origini: svela il fondo drammatico del nichilismo proprio in forza (e non: nonostante) la propria ortodossia. È il vantaggio di una fede remota sulle secolarizzazioni della Riforma e della Controriforma. Lo sforzo ermeneutico di Givone (che si fonda anche su recenti studi dostoevskijani di Luigi Pareyson) va quindi visto sotto una prospettiva almeno duplice: da una parte, illumina un punto cieco e ancora attuale della genesi e natura del nichilismo; dall'altra, restituisce alla storia delle idee un . autore tanto letto quanto poco discusso teoreticamente. Alla luce di· ..questo lavoro, Dostoevskij appare allora come il portatore di una filosofia che ha quella stessa intensità oggi cercata - non per caso - in quei pensatori che si ispirano a una fede anche più antica del suo cristianesimo orientale - l'ebraismo di Benjamin, Lévinas, Derrida.
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