Alfabeta - anno VI - n. 64 - settembre 1984

°' ....... I::! .s ~ t::I. ~ ~ ...... ~ ,,C) ~ .., i ~ ~ ~ ..t:) :g. I n una nota d'introduzione al catalogo della mostra bolognese sulla metafisica di qualche anno fa lo scrittore Giuseppe Raimondi, protagonista di interessanti vicende letterarie tra fermenti dadaisti e rappel à l'ordre, così scriveva nel ricordare la generazione degli intellettuali coinvolti nella grande guerra: «Era caduto a Plava uno come figlio di Agnoletti, Giovanni Bellini. Un acetaio del Poggio a Caiano, senza scuola ma inventore, nel suo dialetto contadino, di parole simili a scoppi di motore. Agnoletti raccolse i suoi lampi in un impasto combinato nel retro di Soffici rimbaudiano, una accensione barrocciaia e anarchica. Rimasero con il ritratto lirico dipinto da Soffici dentro il suo libro perduto di Arciviaggio, il capolavoro di quel momento futurista zingaresco. Lo ricerchino nel sistema cosmografico degli anni '15 e '16 i giovani d'oggi». La frase mi colpì perché per conto mio, percorrendo le strade accidentate della letteratura legata • all'avanguardia, avevo già provato il piacere di scoprire questo barbarico e smagliante libro dimenticato. Giovanni Bellini moriva precisamente nel luglio 1915, a soli venticinque anni. Non aveva pubblicato un verso. S'era accostato da autodidatta alla poesia ma non era un naif. Il suo caso, davvero unico in quel contesto, era piuttosto quello di un talento naturale sbocciato dalle sollecitazioni del clima culturale, irripetibile, d'una Firenze vociana e lacerbiana. Scoperto da Fernando Agnoletti, il paladino di Renato Serra, Bellini con non poche timidezze s'era introdotto nel giro intellettuale che ruotava attorno al caffè delle Giubbe Rosse, frequentato da Papini, Soffici, Palazzeschi, Marinetti, Boccioni, Carrà, dove Campana andava a vendere i suoi Canti Orfici. Alberto Viviani nel libro sulle Giubbe Rosse (Firenze, Barbèra, 1933) lo descrive come una figura davvero insolita: «piccoletto, tarchiato, dall'aspetto di campagnolo, calzato in un par di scarpe alte di vacchetta chiara con gli occhielli d'ottone, un cappelluccio tondo in testa», Bellini offriva agli amici gli aromatici prodotti del suo commercio, «piccoli tasselli variamente colorati - cetriolini, carote, sedani, capperi, peperoncini rossi gialli e verdi», e certe primizie poetiche, scritte sui fogli gialli dei sottaceti. Nelle tasche di un «mantellaccio» egli infatti depositava i manoscritti, con un atteggiamento 'nomade', anticonformista, che ricorda quello d'un Chlébnicov che, come ha scritto Ripellino, «schiccherava i suoi versi all'inizio su casuali brandelli di carta, e li portava con sé alla rinfusa in una fèdera di cuscino». Strana corrispondenza, questa, tra le tasche del nostro e la «nàvolocka» chlebnicoviana! In vita Giovanni Bellini apparve due volte nel '15 su Lacerba con un paio di prose di sapore interventista; una parte del 'taccuino di guerra' fu presentata postuma da La voce nel '16. Infine, l'Agnoletti raccolse gli scrjtti belliniani e li pubblicò con il titolo di Arciviaggio (Firenze, Vallecchi, 1921). Così egli scrive nell'introduzione: «La sera Giovanni Bellini chiudeArciviaggio1921 va lo stanzone degli aceti, accendeva il sigaro e si metteva accanto alle sorelle chine e attente al ricamo. Raccontava: 'Un giorno o l'altro bisogna che vada a fare un gran viaggio'. E a me spiegava: 'Dovrà essere un gran bel viaggio: un arciviaggio'. Io, suo fedele e inconsolato amico, non ho voluto mutare il nome ch'egli dava ai sogni». Giovanni Bellini e accademica con tutti i mezzi, anche con il recupero massiccio del- !' elemento «popolare»: l'«antifilosofo» Papini a questo scopo utilizza tutto, dalla parolaccia all'invettiva becera, mentre Soffici, nonostante gli atteggiamenti da 'parigino', non disdegna l'uso dei toscanismi. In questa fase l'anarchismo barrocciaio del poeta-acetaio è l'equivalente letterario del g_iovane GIOVANNI BELLINI trascrizione in parole del contenuto d'un quadro futurista, con tanto di «splendore geometrico di triangoli e di piramidi»); e i due dovevano avere in comune anche un po' l'aspetto ruvido e scabro (dice il Cecchi che Campana «non aveva affatto l'aria di un poeta e tanto meno d'un letterato, ma d'un barrocciaio»). Nel complesso, del vasto reperA·RClVIAGGIO CON: ritratto di _ARDENGOSOFFICI ùmoduiou è ao1e di AGNOLETTI au lettera di MARIO MELLONI VALLECCHI EDITORE FIRENZE Frontespizio della prima edizione Va/lecchi, 1921 (Biblioteca del Museo del Risorgimento, Milano) Il curatore annota inoltre che Bellini, poco esperto in «punti e virgole», utilizza nei manoscritti una «biffatura provvisoria» piuttosto vaga, che poi nella stesura definitiva viene sostituita con spaziature che segnano le pause logiche e quelle del ritmo. Il nostro ha appreso la lezione futurista: una delle indicazioni tecniche delle parole in libertà prevede che «le parole liberate dalla punteggiatura irradieranno le une sulle altre, incroceranno i loro diversi magnetismi, secondo il dinamismo ininterrotto del pensiero. Uno spazio bianco, più o meno lungo, indicherà al lettore i riposi o i sonni più o meno lunghi dell'intuizione». L'incontro del 'primitivista' Bellini col filone dell'avanguardia è stato indubbiamente favorito dal carattere del futurismo fiorentino e papiniano, piuttosto impermeabile alla «modernolatria» del 'milanese' Marinetti, ma ben deciso a dare battaglia alla cultura paludata Rosai, pittore 1stmtivo, cooptato all'epoca dai futuristi fiorentini, nonché amico del Bellini (che gli dedica un pezzo di gusto dissacrante: Imprecazione a Rosai). Volendo mettere a confronto il 'taccuino di guerra' belliniano con Il libro di un teppista (Firenze, Vallecchi, 1919), il diario di guerra di Rosai, pieno zeppo di vita vissuta e dialetto, si trova in entrambi quello stesso piglio popolaresco-irriverente. Nel laboratorio dell'Arciviaggio - che per altro risente del clima vociano per il gusto del non-finito, il frammento, l'impressionismo, l'equivalenza di poesia e prosa - si avverte l'esempio del Soffici rimbaudiano poeta di «simultaneità». Non va sottovalutato l'elemento «visivo» che può far pensare a certe cose di Campana (mentre nei Canti Orfici c'è il «paesaggio cubistico» della Falterona, Bellini in Notte eroica si cimenta in una descrizione della natura che pare la torio dell'avanguardia il nostro fa un uso alquanto limitato, prendendo quel tanto che serve alla sua sensibilità che resta appunto ancorata al mondo contadino, un mondo reso in forma mitica, fuori dal tempo e con gli incanti degli occhi d'un Adamo che vede per la prima volta le cose. Il raccordo tra il primordiale e le nuove forme d'espressione è per altro un fenomeno che abbraccia le avanguardie del principio del secolo a largo raggio. Ma Bellini, primitivo di una nuova sensibilità, non si serve delle forme dell'avanguardia come mezzo d'assalto o provocazione; al contrario, le usa ludicamente, gioca con esse, quasi per potere in tal modo dare forma a una gioia incontenibile, come avviene in Insalatina di campo o in Allegria. La fiaba lo tenta, ed ecco i versi magici dell'Invito: «Vieni alla casa degli archi baleni / retti da colonne di trombe marine». Campane è una canzone cantata a squarciagola. Richiamo alle armi ha accordi paroliberi, In viaggio è invece una curiosa poesia geografica che ricorda La passeggiata di Palazzeschi. Non mancano inconsapevoli quanto inattesi accenti 'alla Majakovkij' nel frammento che dice: «Non è lontano il tempo che mi risuolerò di lembi di cielo le scarpe». Il mondo dell'avanguardia offre queste strane sorprese. Altro argomento è la guerra. Bellini ha creduto nella mistica del conflitto 'rigeneratore', 'farmaco sociale' (lui parla di «guerra della salute»!), che ha attraversato gran parte della cultura italiana dell'epoca, e con particolare virulenza gli uomini delle due note testate fiorentine. Questo grande e intricato tema che concerne responsabilità, contraddizioni, rischi e mistificazioni di tutta una generazione d'intellettuali porterebbe molto lontano, perciò rinvio all'esauriente e davvero stimolante libro di Mario Isnenghi Il mito della grande guerra (Bari, Laterza, 1970). Nel ventaglio motivazionale dell'interventismo Bellini va collocato con l'Agnoletti, suo maestro (collaboratore di La voce e Lacerba, nonché autore del libro Dal giardino all'Isonzo, Firenze, La voce, 1917), nel filone demagogico, nazional-sovversivo con tinte di vivacità becera, rivoltosa e fiorentina. Da qui l'idea in Bellini di una guerra popolare (il «popolaccio torrentoso d'Italia»), fatta dai giovani, sotto il segno dell'«arrembaggio» (così si legge nelle «civiche» incluse nel volume), estremo approdo dell'ideologia populistico- avventurosa- avventurista-garibaldina. Si può inoltre ravvisare il movente esistenziale di tale scelta proprio nel rifiuto della «schifa vita quotidiana» e nel recupero d'una irrazionalissima barbarie-natura con in più il mito d'una fraternità recuperata nell'ambito della vita comunitaria militare (la «perfetta anarchia fanciullesca»). Sono questi elementi che fanno pensare anche a Jahier, che dalla felicissima satira della burocrazia del Gino Bianchi (Firenze, La voce, 1915) approda a un populismo· contadino dai risvolti ideologici arretrati in Con me e con gli alpini (Roma, La voce, 1919). Si potrà obbiettare che, mentre in Jahier si esprime la cattiva coscienza dell'intellettuale che va al popolo, in Bellini, d'estrazione contadina, c'è piuttosto un'andata verso l'ideologia piccolo-borghese, ma i risultati sono gli stessi: si esalta il senso della comunità, il microcosmo del plotone, ma si dimentica il macrocosmo della struttura militare, nel cui ambito gerarchico e coercitivo la subordinazione del singolo si centuplica. Bellini non ha incontrato fortuna. Dopo una puntata in apertura dell'Antologia degli scrittori morti in guerra (Firenze, Vallecchi, 1929), dove figurano i vari Serra, Slataper, Stuparich, Boccioni, Oxilia, Tommei, ecc. il suo nome scompare. In seguito, • Vanni Scheiwiller lo ha incluso nella Piccola antologia di poeti futuristi (Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1959). È venuto perciò il momento di avventurarsi in questo remoto Arciviaggio. Claudia Salaris l::!1-------------------------------------------------------------------------____,

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