Alfabeta - anno VI - n. 62/63 - lug./ago. 1984

Lettereaunluponelbosco 2 febbraio caro lupo, l'averti incontrato nel bosco davanti alla casa dove abito mi ha rivelato una presenza (la tua! la tua!) a cui non credevo più. Ti sto scrivendo accanto al camino acceso, circondato dal gelo al tramonto di una giornata solatìa. Ti lascerò questa lettera nel luogo dove ti ho incontrato: è breve, e vi descrivo la tua bocca. Rossa rossa quando mi apparisti, coi denti bianchi, verso sera. Nel buio principiante quella tua fauce mi fece paura, ma poiché rimanesti immobile mi rassicurai. Mi hai guardato a lungo, e anch'io ti ho guardato. Com'è bello stare accanto al fuoco che brucia quercia e olivo. Salve, o lupo. G. Marco Ercolani 3 febbraio caro lupo, stanotte risalendo dalla città ho reincontrato la lepre, per la seconda volta in pochi giorni. Prima ho visto le orecchie sopra i cespugli, poi la schiena. Ho frenato e spento i fari, perché non restasse immobile (imatonìa) davanti alla luce. Così è scappata.•Lo sai che certe persone vanno a caccia di lepri con l'automobile? Intontite dalla luce si fanno prendere. Questa mia lepre è grigia, grossa. Forse l'hai incontrata. Tu assali le lepri? Salve, lupo. G. Johnny van Doorn 5 febbraio caro lupo, questa è la terza lettera che ti lascerò nel bosco. Eccolo il tuo bosco: querce giovani e vecchie, qualche leccio, pini marittimi, ginepri, brecane, betulle, cipressi, faggi, salici, olmi, allori: quantissime piante. Fino al limite del bosco olivi e vigne: e nel sottobosco ginestre, pungitopi, muschi, giacinti, viole, bacche e rose selvatiche. Tutto sembra immobile per il gelo, ma in realtà si raccoglie e si rafforza, come un atleta prima del salto, o un guerriero prima dell'assalto. Lupo, ti rivedrò? Salve. G. 7 febbraio caro lupo, non ha senso scrivere a un lupo, lasciargli lettere nel bosco. Ma a volte si rivela il senso anche nel non senso. Può darsi che tu non legga le mie lettere. Ma io faccio come se le leggessi. Per me tu le leggi, sicuro! Oggi mi è sembrato di udire in casa il rumore di un topo. Forse si stava svegliando. I topi di campagna sono piccoli e graziosi, e nel mangiare raffinati, scelgono castagne, a mia esperienza, e per dormire borse e valigie. Avevo lasciato aperto un buchino in una stanza e da lì sono venuti almeno in tre. A nascondersi sono bravi quanto e più dei bambini. Prenderli e cacciarli non è stato facile, una mattina intera di lotta ho impiegato. Li avrei ospitati se non mi rovinavano valigie e borse cacando e pisciando. E d'altra parte mangiare pur devono, cacare e pisciare anche. A volte non si può convivere. La specie dell'uomo e la specie del topo si faranno sempre la guerra. Salve. G. Javier Maderuelo 8 febbraio caro lupo, è già la quinta lettera che ti preparo. È appena calata la notte. Anche oggi gelo e gelo: ho il fuoco acceso nel camino, accanto a me qui dove scrivo. Mi piacerebbe rivederti, parlarti. Narrarti le storie che so, e dei miei viaggi, come quando nella foresta dell' Amazzonia sono arrivato a un villaggio di negri con un soto bianco, di origine spagnola, costruttore di mongolfiere di carta. Ho comprato una mongolfiera e l'ho portata in Italia. Mi piacerebbe di là dal vetro vedere i tuoi occhi rossi, sentirti vicino, o gran solitario. Se vieni sarai bene accolto. Guardati dai cacciatori, che girano ai margini del bosco, sono soprattutto nascosti accanto ai cartelli dove si legge Riserva di caccia. Ti aspettano. Salve. G. Giuliano Scabia Mi/o De Angelis 10 febbraio caro lupo, nei _boschiho imparato a riconoscere l'uomo selvatico. Me lo ricordo, quand'ero lupetto, quante volte l'ho visto. Usciva dalla tana, andava fino al paese, ululava, tornava alla tana. Bello era le case quadrate di neve, e la neve sulla paglia dei casoni, neve tanta, pestata dagli zoccoli, il fumo dei camini. Vedessi, lupo! Era là il paradiso. Coi fossi ghiacciati che ci reggevano, e gli slisseghi lunghi, dove qua e là bisognava curvarsi per i tronchi obliqui dalle rive, e appena era la neve caduta battaglia di palle bianche, e i pupazzi con la pipa di ramo. Come stasera. L'uomo selvatico si chiama così perché sta nella selva. Lo conosci bene, vero? Egli è saggio e sa, del tempo conosce ogni futuro. L'ho cercato e l'ho ritrovato. L'uomo selvatico è vivo, come te. Salve. 11 febbraio caro lupo, il gelo permane, il ghiaccio è per terra da più giorni ormai, alto un pugno. Nel camino stasera due ceppi stanno uno sull'altro, l'incavato che sembra due braccia aperte, e il lungo appoggiato fra le due braccia. Bruciano, gli amanti. La tramontana è violenta e romba per la cappa. Dagli Appennini scende. Nella tua tana patisci forse, senza fuoco, o dormi. Passo nel bosco a portare la lettera e scorgo le tue orme, bestia feroce: e non ti fai vedere. Per scriverti ho interrotto gli altri lavori. Curo il fuoco, il forno col pane, e i dialoghi e i baci del mio amore. Hai tu un amore? Salve. G. Bartolomé Ferrando Colom 12 febbraio caro lupo, sei arrivato fin fuori dal bosco, al prato degli anemoni? Ai primi di gennaio ho visto il primo fiore. L'hai tu visto? È una bocca viola un anemone. Il prato è sulla costa solatìa, davanti al bosco. Hai attraversato il fiumicino in fondo al borro? È nero inquinato, hai visto? O lupo, mai dimenticherò la tua bocca rossa, la paura che ho avuto. Che sogno è questo, che tu mi legga. Quante vipere ha il bosco: ma ora dormono. Qualcuna, in primavera, mi schizza fra i piedi. Le sento, un po' prima che scattino, o le vedo. Bisogna stare in guardia. Possono cadere dai ra- . mi sul collo, e allora si è morti. Aggrediscono anche te le vipere? Salve. G. Diana Ozon 13 febbraio caro lupo, nel segreto del bosco c'è il lago, che io chiamo segreto. Ti scrivo di notte, la luna è in falce crescente, tutte le stelle sopra di noi, Orione inquadrata nel mio vetro. D'estate, di giugno, ho pescato le piccole trote. Ma è un dolore così grande doverle colpire ancora vive, insanguinarle per togliere l'amo dalla gola. No. Eppure noi siamo vissuti sulla morte degli animali, e su quella degli altri uomini. Fratello lupo, come tu fai, così facciamo noi. Non ho più coraggio di mangiare le trote del lago segreto. Ma la legge è uccidere per vivere. È inutile fingere. Noi siamo più abili e feroci di te. Salve. G. 15 febbraio caro lupo, spero di poterti ancora scrivere a lungo. Non trovo le lettere che depongo. Le prendi, vero? Ieri è stato l'ultimo di Carnevale, Carneval grosso, martedì. Con mio figlio e un amico mi sono travestito da fantasma. Tre fantasmi. Uno aveva la pila, io ero pieno di campanelli, il terzo in mano reggeva uno scopino. Si appariva ballando. Abbiamo attraversato il bosco, forse ci hai visti. Avevamo tre fili di bocca rossi sul bianco. Apparizione fra le poche case della frazione davanti al bosco, ho bussato. ai vetri, ci hanno sentiti, erano stupite figure alle finestre nel gelo.. Danzavamo con grazia, si vedeva da come ci guardavano, e da come eravamo felici. Poi siamo andati negli altri paesi. Tu ci seguivi? Ti udivo ululare. Giù per la montagna siamo arrivati al paese di B., dove sono tutti nostri amici, e ci aspettavano. Era la grande festa, tutti travestiti ballavano. Nella sala della festa siamo entrati e non ci hanno riconosciuti. Siamo scappati, poi siamo rientrati. Eravamo i tre fantasmi! Uno del paese, il capofesta, vestito da antico, ha cominciato a fissarci. Conosco questa gente, ha detto. Siamo scappati. Ci hanno inseguiti, su e giù per le strade del paese, a nascondino per tutta la sera. Alla fine, verso mezzanotte, sono usciti con una barca a ruote sormontata da una casetta. Ci hanno inseguiti con quella. Siamo scappati, tre fantasmi, che gelo, che sudati. Scappa scappa, avevano un faro con cui ci cercavano. Circondati e di nuovo scappati. Poi ci siamo lasciati prendere, accodandoci alla barca. Che gioco, che notte! Voi lupi e animali giocate a nascondervi, a travestirvi? Penso, caro lupo, che il gioco e la festa profonda siano il tempo degli dei. Gli animali hanno dei? Salve. G. 17 febbraio caro lupo, non ti porterò questa lettera. Si sono accorti che c'eri, o hai commesso un'imprudenza. Ti hanno aspettato e ucciso. Oggi pendevi da un ulivo, sangue per terra e bocca spalancata. Salve, ti onoro. Nel bosco porterò memoria di te. Amico lupo, addio. G. caro lupo, ho letto la nostra storia al mio amore. Piangeva, dopo l'ultima lettera. Amore, non piangere, ho detto. Mi dispiace che il lupo sia morto, ha mormorato. Ma la storia del lupo, amore, può finire anche così: caro lupo, dopo la festa notturna ho l'impressione che tu non sia più nel bosco. Ti sei perduto seguendoci? O hai cambiato bosco? Sento che non sei là, ma ti sento, come se fossi in questa casa, nel camino, dentro di me. Dove sei? Se non apparirai non ti scriverò altre lettere. Basta che tu (io) rilegga quelle che abbiamo scritto da capo e da capo, e là sempre ti ritroverò, e mi ritroverai. G.

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