Alfabeta - anno VI - n. 62/63 - lug./ago. 1984

cune frasi, alcuni gesti di Pertini. Com'è noto, il comportamento di Pertini in occasione dell'agonia e della morte del leader comunista ha sollevato più di un mugugno, che non si è trasformato in aperta polemica, probabilmente, solo per il particolare «alone» che circonda il presidente della Repubblica. Non casualmente, si è parlato di un «effetto Pertini» sulla copertura che i media hanno dato alla vicenda Berlinguer. La frase che forse ha assunto un-valore emblematico del comportamento di Pertini è quella detta dal capo dello Stato subito dopo la morte di Berlinguer: «Lo porto via con me, come un amico fraterno, come un compagno di lotta». Com'è ovvio, le immagini della partecipazione di massa ai funerali romani del 13 giugno entrano a buon diritto nella collezione simbolica. Ma la peculiare dimensione di «tragedia nazionale» assunta dalla morte del leader comunista è ben rappresentata da un fatto che ha scandalizzato molti comunisti e che non :tutti hanno trovato gradevole: l'ingresso del segretario del Movimento sociale nella sede di via delle Botteghe Oscure pe~ rendere omaggio alla bara del segretario comunista. Gli enormi titoli in rosso di due edizioni straordinarie dell'Unità sono entrati nella mente di molti che non sono lettori di quel giornale: Addio, ripetuto nella folla di piazza San Giovanni e nei televisori; Primi, che il pomeriggio del 18 giugno informava i passanti meno informati che il «sorpasso» era avvenuto. Sorpasso è la parola che in questi giorni è uscita dal contesto automobilistico e dalle filmografie per condensare stati d'animo collettivi, di giubilo, di disappunto, di timore, di scetticismo. Quel sorpasso che, dai recessi dei modelli computerizzati della Doxa, è apparso nelle cifre sul video, è scomparso, si è trasformato in una enigmatica parità nell'ultima proiezione con cui gli spettatori televisivi sono stati mandati a dormire alle 2 del 18 giugno. Elogi e necrologi ."' Sono comparsi subito, ·-g~à,~ui quotidiani dell'8 giugno, e sono continuati fino alla notizia che la morte del segretario comunista era infine avvenuta. Il necrologio è stato ripetuto per cinque giorni in centinaia di articoli, dichiarazioni, servizi speciali. Nella presentazione editoriale di Panorama n. 949 leggiamo: «Panorama e la casa editrice Mondadori si sono impegnate in una operazione giornalistico-editoriale che forse non ha precedenti. In 48 ore di tempo è stato redatto l'istant (termine quanto mai appropriato in questo caso) book che i lettori trovano allegato a questo numero». Per la cronaca, si intitola Berlinguer un'idea - l'uomo, le battaglie, le vittorie, le sconfitte. Come selezionare in una valanga di valutazioni, emozioni, ricordi, aneddoti, note biografiche, qualcosa di significativo per i nostri lettori? La cosa migliore è forse non scegliere affatto e limitarci a qualcosa di quanto hanno scritto alcune delle più prestigiose testate straniere. A good communist enuncia in modo telegrafico e bifronte il sommario del settimanale inglese The Economist. Il titolo del Wall Street Journal del 12 giugno indica pragmaticamente un modo per considerare il leader defunto come un «buon» comunista: Enrico Berlinguer, Who Pushed Italian Communists To Break With Moscow, Dies of Stroke at Age 62. Berlinguer è «colui che ha spinto i comunisti italiani a rompere con Mosca». Il giudizio moderatamente positivo sulla politica estera non si estende a quella interna: «la linea dura sulla scala mobile - conclude l'articolo - è sembrata il camuffamento di una mancanza di prospettiva sulla strategia del partito». . _ L'editoriale di Le Monde (La deuxième mort de l'eurocommunisme) afferma che «la prima morte dell'eurocomunismo è stata una lunga agonia» e che «la scomparsa di Enrico Berlinguer costituisce la sua seconda morte», anche se «l'idea non scomparirà» e «rinascerà senza dubbio, un giorno, dalle sue ceneri». L'inizio dell'editoriale testimonia che l'estensione inusitata degli omaggi alla figura di Berlinguer non è stata un fenomeno solo italiano e non ha sorpreso solo in Italia: «Vi era qualcosa di eccezionale in Enrico Berlinguer. Confusamente, la maggior parte degli occidentali, non solo gli italiani, lo avvertono. Di qui gli omaggi pressoché unanimi e senza dubbio più sinceri delle frasi fatte che in genere salutano l'uscita di scena dei 'grandi' di questo mondo». Eventi Le polemiche su Berlinguer e i mass media in quella settimana cruciale sembrano talvolta presupporre che i media abbiano operato come un blocco compatto. Se osserviamo i quotidiani e il loro rapporto con gli eventi, viceversa, emergono differenze non riducibili a qualche sfumatura. I giornali di mercoledì 13 giugno (è la data dei funerali di Berlinguer) registrano un altro fatto di rilievo: la sentenza del processo 7 aprile. Ogni testata deve stabilire, fin dalla titolazione, una priorità tra i due eventi. Corriere della Sera e La Repubblica aprono la prima pagina, rispettivamente, con i seguenti titoli: L'addio a Berlinguer / Oggi i solenni funerali, i partiti sospendono le manifestazioni elettorali; L'Italia dà l'addio a Enrico Berlinguèr / Anche Almirante gli ha reso omaggio. In entrambi la sentenza 7 aprile fa da «spalla» al titolo principale. Nella Stampa e nel Giorno il rapporto è inverso. Il quotidiano torinese apre su sei colonne con Negri condannato a 30 anni; di spalla, su tre colonne, Addio a Berlinguer / presente Gorbachev. Il quotidiano dell'Eni titola a tutta pagina Trent'anni a Negri. Sotto, campeggiano tre immagini a colori: il professore condannato, il presidente della Corte, il papa all'inizio del suo viaggio in Svizzera. Nella seconda metà della pagina Oggi a San Giovanni l'ultimo saluto a Berlinguer; ma il fotocolor sotto il titolo è quello di Platini. Ancora diversa la soluzione adottata dal Giornale e dal Tempo. Il quotidiano di Montanelli apre su quattro colonne sulla sentenza 7 aprile; a fianco, su cinque colonne: Oggi per l'ultimo saluto a Berlinguer / il Pci conta su un milione di persone / sarà sepolto vicino al padre e non a Togliatti. L'occhiello pres~nta un giudizio netto: Alla commozione sincera si è ormai sovrapposta la macchina di partito; il giudiiio è ribadito in un ampio corsivo, subito sotto il titolo, L'industria delle lacrime. Vi si legge: «Si può capire che il Pci cerchi di trasformare la commozione popolare in voti. Meno si può capire la melodrammatica sceneggiata dei politici di cui uno psichiatra ha fornito questa spiegazione: Berlinguer rappresenta i sensi di colpa degli italiani, noti a!Ilmiratori dei furbi (... ). Da morto, togliendosi di mezzo, ci libera dal senso di colpa, e gli vogliamo bene». E ancora: «quando il rapporto personale viene confuso con quello politico - ammonisce Renzo De Felice - non ci si può meravigliare che la gente comune finisca con l'esserne influenzata nelle decisioni elettorali. I dirigenti del Pci lo sanno e hanno deciso addirittura di far votare per il defunto. Anche a loro il ludo macabro non d1 piace». Sul versante opposto, Il manifesto esibisce sotto la testata, a tutta pagina, una grande foto della lunga coda di cittadini che attendono di entrare nell'atrio di Botteghe Oscure. Nella seconda metà della pagina un secco Sentenza fascista sul 7 aprile. Per i suoi cinque anni di realizzazione e per il susseguirsi di accuse, sempre ampiamente pubblicizzate e spesso cadute, il processo 7 aprile è stato definito un «processo a mezzo stampa». Ed ecco che la sentenza viene a coincidere con altri eventi clamorosi. Non si può dire che l'informazione e l'analisi ne traggano giovamento. Emerge una certa confusione. I titoli sono quasi tutti incentrati sulla condanna a Negri; nell'ammasso, le 14 assoluzioni non fanno quasi notizia. Dalla titolazione del Tempo si potrebbe capire che non esistono neppure: Riconosciuti tutti colpevoli i suoi [di Negri. Ndr] discepoli di Autonomia. Per Il manifesto, «il teorema è compiuto»; per La Stampa, «cade il teorema, restano le rapine e gli agguati». I quotidiani di giovedì 14 accordano tutti la preminenza ai funerali diJ3erlinguer, ma la presentazione dell'evento è tutt'altro che omogenea: si va dal caloroso titolo della Repubblica (Il popolo con quella bara), che accompagna una grande foto della folla, a quello, certo non simpatetico, del Giornale (Grande folla ai funerali di Berlinguer / tra canti, invocazioni, cortei e comizi) che introduce un articolo di fondo assai esplicito: Meritava di ·meglio. Enzo Cosimi Venerdì, sabato e domenica il tema elettorale assume in tutti i giornali la posizione dominante. Non vi sono più hard news preminenti che vincolano strettamente le titolazioni principali. Qui e là altri eventi si affacciano in ordine sparso a fare da spalla: il voto nei paesi europei dove gli elettori sono andati alle urne giovedì; la proposta di Reagan a Mosca per un summit; il rinvio a giudizio di Sindona per il caso Ambrosoli; lo sciopero dei doganieri; le previsioni sulla successione a Berlinguer. Eppure, anche in questo panorama «elastico», sembrano emergere dalla stampa due costanti ben definite: il tema del «sorpasso» e gli appelli contro l'astensionismo. Due aspetti che occorre analizzare più da vicino. • Esortazioni e profezie La parola «sorpasso» appare già nei titoli di testa di venerdì 15, ultimo giorno della campagna elettorale ufficiale. La Repubblica e La Stampa hanno un titolo addirittura identico: La Dc teme il sorpasso. Il quotidiano della Fiat nell'occhiello aggiunge: Il voto sotto l'influenza della morte di Berlinguer. Il Pci potrebbe superarci titola Il Giorno, sotto l'occhiello in rosso: Allarme di De Mita. Accanto, si spiega: «Se alla grande mobilitazione comunista corrisponderà l'astensionismo, si avrà un risultato 'disastroso per il paese'». Più composita, ma di analogo contenuto politico, la titolazione del Corriere della Sera: Scarsa l'affluenza alle urne per l'eurovoto in quattro paesi / In Italia la Dc teme il sorpasso del Pci. Il Giornale preferisce titolare con un richiamo unitario alla maggioranza di governo (I cinque uniti per neutralizzare l'«effetto Berlinguer» sull'eurovoto), ma l'editoriale di Montanelli annuncia: Ora il so~ è più vicino. Sabato e domenica registrano qualche riequilibratura: La Stampa mette in evidenza che I partiti criticano De Mita per l'allarme sul sorpasso; Il Giornale titola Craxi e la Dc chiedono un voto che rafforzi la maggioranza di governo; La Repubblica presenta tre parole d'ordine. Conto alla rovescia / Craxi: 'Stabilità'. De Mita: 'No al sorpasso' I Il Pci: 'Ma il vero pericolo è questo governo'. Tuttavia, i temi più ripetuti restano quelli ben in evidenza nel titolo di testa del Tempo, I rischi: assenteismo e sorpasso. Particolarmente impegnato contro l'astensione dal voto è Il Giorno con due titoli a tutta pagina: Quattro ragioni per votare (sabato) e L'Europa val bene una domenica. E già venerdì una intervista ad Andreotti era presentata dal Giornale con questo titolo: Andreotti: guai a disertare / «Altro che andare al mare o ai laghi». «Balneare» anche l'articolo di fondo di Gianfranco Piazzesi sulla Stampa di sabato: Se ìnolti vanno al mare. Nel fondo di Piazzesi e in quello di Enzo Forcella sulla Repubblica di domenica si manifesta una controtendenza sul tema del sorpasso. Scrive Piazzesi: «Ora dicono: attenzione alle ondate emotive! Incombe lo spettro del 'sorpasso'. Il Pci può prendere la maggioranza relativa! Certo, il sorpasso della Dc da parte comunista non sarebbe una cosa piacevole, nel momento attuale. Ma non vorremmo che a una ondata emotiva se ne contrapponesse una di segno contrario». E conclude: «Lo dicono in tanti; però non sembra che Annibale sia alle porte. E ricordiamoci che i politici sono quasi sempre bugiardi, anche quando fanno i profeti di sventura». Se La Stampa sembra, a fil di logica, più preoccupata di uno squilibrio fra la Dc e i suoi alleati laici, La Repubblica, con il fondo di Forcella, Il sorpasso del Pci e i fantasmi del '48, giunge a una conclusione diversa: «Ahimè, se il segretario della 'rifondazione democristiana' (... ) non ha ormai altre frecce al suo arco se non quelle di resuscitare, addirittura con le stesse parole, i fantasmi del 1948 bisogna davvero pensare che i tempi sono maturi per il sorpasso». Effetti C'è stato, secondo molti, un «effetto Berlinguer», mentre è mancato l'«effetto Craxi». Ma si è parlato anche di un «effetto Tognoli» e di un «effetto Spadolini» che sarebbe venuto meno. E si è scritto molto degli «effetti media» che avre~bero amplificato l' «effetto Berlinguer»; in proposito è stato invocato anche l'«effetto Pertini». L'Europeo n. 26 si chiede «quanto ha contato l'atteggiamento di Pertini» sul successo elettorale comunista (Con quel sorpasso, Sandro, andrai fuori strada?). «Ore intere di speciali, titoli di testa con susseguenti cinque-sei servizi su ambedue i principali telegiornali e processioni di uomini politici che descrivevano il loro cordoglio. Senza contare il larghissimo uso delle trasmissioni in diretta che, culminate in più di due ore di cerimonia funebre teletrasmesse dal Tgl, contavano su postazioni continuamente al lavoro alle Botteghe Oscure e all'ospedale di Padova» scrive il settimanale, che riporta poi l'autodifesa di Nuccio Fava, vicedirettore del Tg 1: «A nessuno è passato per la testa che si trattasse di una scelta che andasse al di là di un'ovvia opzione professionale ( ... ). E poi, quando Pertini è andato a Padova·, avrebbe avuto senso allòntanarsi, abbandonare gli avvenimenti ormai caratterizzati dalla presenza del presidente della Repubblica?» Un anonimo funzionario Rai, citato dall'Europeo, ha tirato in ballo anche una «sindrome di Vermicino»: «esiste anche la sindrome di Vermicino: una volta che il presidente della Repubblica è là, chi si muove più?» Il fatto è che, per solito, le consultazioni elettorali avvengono al1 'interno di un ambiente di comunicazione attentamente soppesato (che non vuol dire necessariamente equilibrato), secondo una certa configurazione standard. Quando eventi «esterni» vengono ad alterare tale configurazione, è inevitabile che le parti svantaggiate vedano nei risultati l'effetto dell'alterazione intervenuta. Ma l'ossessione degli «effetti» non rischia di riportare all'immagine di un elettorato passivo, in preda ai mezzi di comunicazione di massa che lo «manipolano», come usava dire tempo fa? L'ironia della storia, per una volta, ha fatto scambiare i ruoli nella vessata questione. Non per questo il livello del dibattito è migliorato di molto. Interpretazioni Si giunge così all'ultima tappa: l'interpretazione dei risultati elettorali. Com'era chiaro già prima del voto, le interpretazioni variano essenzialmente in funzione del «fattore emotivo» legato alla morte di Berlinguer, si chiamino o no in causa i media per averlo amplificato. Schematizzando, le interpretazioni date fin qui da politici, politologi, commentatori, si possono riferire a due prospettive opposte. Nella prima il dato politico (il risultato elettorale) è ridotto a quello «emotivo», suscitato dalla morte di Berlinguer. Nella seconda il dato «emotivo» è ridotto al giudizio politico che vi sarebbe implicito e che avrebbe poi trovato espressione nel voto del 17giugno. Nella prima, perciò, il risultato elettorale assume un carattere contingente, transitorio; nella seconda assume un senso pieno, «storico», indipendente dalle contingenze. Nessuno è così stolto da seguire fino in fondo queste prospettive estreme, ma molti le hanno evocate dopo il 17 giugno, forse non avvedendosi delle conseguenze paradossali di simili ragionamenti. Infatti, non è possibile negare l'evidenza di una campagna elettorale quasi inesistente, dominata da flussi informativi che per molti giorni hanno posto in primo piano una immagine positiva del Partito comunista. I pochi giorni tra i funerali di Berlinguer hanno quindi visto prevalere il tema del «sorpasso», e ciò ha indubbiamente giovato alla Dc. D'altra parte, insistere sull'«ondata emotiva» e sulla ccirrazionalità» del voto significaattribuire la prerogativa della razionalità solo alle posizioni proprie, relegando il voto espresso da milioni ~ di italiani nelle contingenze della -~ psiche. ~ Dissolvere ciò che è accaduto il ~ 17giugno nelle nebbie dell'irrazio- ~ nale ovvero irrigidire ciò che è ac- 'e:; caduto attorno all'll giugno nel- ~ l'astrazione politica può giocare __ brutte sorprese. L'intreccio di ca- j sualità e di necessità degli eventi di quella settimana resta da dipa- ~ nare. Le interpretazioni che ten- ~ dono a negare quell'intreccio at- i:: ~ tengono alla propaganda e non do- -0 vrebbero ingannare, vogliamo ~ - sperarlo, i loro fautori. i::

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