Alfabeta - anno VI - n. 62/63 - lug./ago. 1984

Agatha Christie Dieci piccoli indiani Milano, Mondadori, 1980 pp. 218, lire 4.500 Paul Henle «Metaphon> in Autori vari Language, Thought and Culture Ann Arbor, Univ. of Michigan Press, 1958 Charles S. Peirce Collected Papers Cambridge, Harvard U.P., 1931-1935 L a teoria dell'abduzione di C.S. Peirce è uno dei più importanti gioielli logici che il filosofo pragmatista americano ci ha lasciato. Peirce la colloca nel bel mezzo di un crocevia teoretico comprendente la logica, la pragmatica e la semiotica. Ma che cosa è esattamente l'abduzione? Solo impropriamente l'inferenza abduttiva è traducibile in sillogismo ipotetico o, tout court, ipotesi. Anche se Peirce usa abbastanza soventemente in modo sinonimico i termini 'abduzione' e 'ipotesi', un più approfondito studio rivela alcune differenze sostanziali. L'ipotesi, infatti, è solo una componente - un modulo - dell'abduzione e potrebbe anche non figurarvi nel momento in cui il movimento abduttivo non avesse bisogno di una narrazione. Mi aiuto con un esempio. Agatha Christie in Ten Little Niggers (Dieci piccoli indiani, nell'ed. italiana) fa raccontare ad alcuni dei suoi personaggi ipotesi più o meno plausibili di interpretazione dei fatti, tendenti a smascherare l'assassino. Di più, tutto il romanzo sembra comporsi seguendo un duplice binario. Sul primo binario scorre la trama degli avvenimenti scandita dai ripetuti assassini; sul secondo, invece, scorre la trama e l'avvicendamento delle ipotesi che i sopravvissuti si narrano l'un l'altro in un parossismo di paura. Quelle ipotesi h_anno,a monte, altrettante abduzioni. Sono mosse cioè da un tipo di inferenza che, diversamente dall'inferenza deduttiva e dall'inferenza induttiva, pone in rilievo il momento creativo e auspica audaci «salti» cognitivi allo scopo di rendere conto, in maniera quasi esaustiva e in ogni caso probabile, degli schemi della realtà. Dunque, il movimento abduttivo, il suo tirare a indovinare, dà spazio e saldezza logica alle ipotesi-narrazioni dei personaggi. In questo caso, abduzione e ipotesi sono intimamente legate e, anche a livello della struttura narrativa, l'una non sarebbe possibile senza l'altra. Quando invece, verso la fine del romanzo, i due ultimi personaggi rimasti in vita scoprono assieme il corpo del terz'ultimo assassinato accade qualcosa di logicamente diverso. Entrambi compiono un'abduzione, ognuno per proprio conto, riguardante l'identità dell'assassino. Le due abduzioni si rivelano uguali e opposte, e anche (sia detto di sfuggita) inesatte. -..; L'importante, da un punto di vista logico, è che le due abduzioni non necessitano in questo caso di ipotesi-narrazioni, nemmeno a livello della struttura narrativa. In- - ·- uz1•1 e meta ore fatti, il lettore è ugualmente condotto a sposare la veridicità ora dell'una ora dell'altra abduzione - continua cioè a interagire con il testo e a proporre personali sentieri interpretativi e mondi testuali possibili. In altre parole, il lettore agisce sul testo come se fosse stata data in lettura una o più ipotesi-narrazione. Questo può accadere perché nel momento stesso in cui si scopre il cadavere le abduzioni dei sopravvissuti e quelle del lettore coincidono. Quindi, pur avendo abduzioni senza ipotesi, il testo può tranquillamente continuare la sua strategia: l'ipotesi-narrazione è ormai presente, sia pure sotto diversa forma, direttamente nella mente del lettore. Lf ammissione dell'esistenza di abduzioni non accompagnate da successive ipotesi non deve però far pensare che l'abduzione an sich sia un mero calcolo logico. Anche se l'abduzione è passibile di formalizzazione (e alcuni interessanti tentativi in questo senso sono stati compiuti da M.A. Bonfantini e da alcuni «neopeirceani» in VS n. 34 e in li segno dei tre. Holmes, Dupin, Peirce, Milano, Bompiani, 1983), essa è troppo intrisa di creatività ed è troppo legata ai processi più elevati del pensiero per poter essere catalogata come semplice sillogismo. Inoltre, l'abduzione è interrelata ad altri campi del sapere quali la semiotica e la pragmatica oltre che la logica. Risulta allora necessario pensarla e comprenderla al di là e al di fuori del solo campo logico, oppure, se si preferisce, occorre allargare il concetto di «campo logico» sino a fargli comprendere altre branche del sapere. Nel far ciò si può essere ragionevolmente sicuri di non travisare il pensiero di Peirce, il quale aveva un concetto tanto ampio di logica da servirsene non solo per la sua teoria dell'abduzione ma anche per la fondazione della pragmatica e della semiotica. Seguendo tali indicazioni, provo a formulare un'ipotesi, con la speranza che torni utile per scovare l'assassino, vale a dire la verità. L'ipotesi è la seguente: si possono probabilmente rilevare alcune profonde analogie tra il movimento abduttivo e il movimento metaforico, e inoltre può accadere che tali analogie possano servire per una comprensione più profonda sia dell'abduzione sia della metafora. Se davvero l'ipotesi avrà seguito, se è deduttivamente predicabile e induttivamente fondata su prove sperimentali (seguendo il processo 'superinferenziale' prospettato da Peirce), allora il colpevole non potrà avere scampo. Peirce afferma in un punto dei Collected Papers (I, p. 599) che tra premesse e conclusione di una abduzione corre qualcosa di simile. Una affermazione del genere torna utile per capire lo statuto dell'abduzione, il suo potenziale di creatività e la sua capacità di analizzare il «qualitativamente simile». Ne deriva inoltre che un'inferenza la quale si fonda su una logica del simile non avrà un carattere apodittico ma piuttosto possibile. Una definizione più rigorosa del concetto di «somiglianza» Peirce Mauro Ferraresi la elabora mercé l'aiuto di strumenti concettuali mutuati dalla semiotica. Il simile si trasforma così in icona. Proprio su essa Peirce fonda la validità cognitiva dell'abduzione; essa si manifesta quando si trovano due oggetti o due fatti aventi una somiglianza sotto un certo aspetto: l'iconicità che ne risulta può diventare contenuto di una inferenza, la quale abduce che i due oggetti o i due fatti si rassomigliano fortemente anche sotto altri aspetti. Ef curioso a questo punto osservare che sull'icona è possibile fondare anche il commercio di significati e l'effetto di stupore che accompagna la metafora. Fu Paul Henle il primo a pensare che lo stupore determinato dalla comprensione di una mea partire da un vasto terreno culturale o da un universo del contenuto già organizzato per decidere serriioticamente delle similarità e delle dissimilarità delle proprietà presenti, ad esempio, nei termini «fanciulla» e «giunco». L'universo del contenuto non è gerarchizzato ma piuttosto continuamente in fieri, aperto a ristrutturazioni e accrescimenti. La presenza dell'universo del contenuto produce due conseguenze sulla metafora. La prima è una valenza culturale che lega ogni metafora all'epoca in cui nasce. La seconda è la capacità di aumentare la conoscenza grazie a combinazioni inedite tra cose e concetti, presenti nell'universo del contenuto ma mai elaborati tra loro. Il movimento metaforico si presenterebbe allora così: da un backtissimi pensatori banno provato a spiegarla e a razionalizzarla (una bibliografia ragionata di Shibles dava, sino a tutto il 1970, circa tremila titoli). E, pur partendo da punti di vista sostanzialmente identici, gli studiosi della metafora hanno poi sostanzialmente diviso in due filoni preminenti la sua interpretazione. L'arguzia della metafora sembra consistere nel far riconoscere una certa rassomiglianza tra cose diverse, o nell'istituirla ex novo. A partire da questa arguzia si è affermato o che il linguaggio intero è per sua natura metaforico o che, quasi all'opposto, del linguaggio la metafora è il guasto, il sussulto, e nel contempo il motore di rinnovamento. Delle due interpretazioni, forse, la prima è stata in un certo senso la .------TI meno operativa. Infatti, affermare che tutto il linguaggio è metaforico significa affermare qualcosa d'altro che non un tentativo di definizione della metafora. In altre parole, la prima interpretazione riguarda più il linguaggio stesso (e, perché no?, il pensiero) che la metafora e il suo funzionamento. Così, seguendo la prima ·interpretazione può accadere, come di fatto è accaduto in epoca barocca, di gonfiare oltre misura la metafora trasformandola in dominatrice di tutto il linguaggio ma svuotandola anche di ogni concetto, costringendola a essere puro orpello. Invece, la seconda interpretazione rende la metafora più simile a un picco inviolabile ma, paradossalmente, lascia più spazio all'investigazione. È in questo secondo filone che rimane possibile analizzare la metafora legandola all'icona. Rimane cioè possibile pensarla come determinatrice di associazioni incon- --=--------- ... suete, e perciò pensare di legare lo Valeria Magli e Francesco Leonetti stupore che sempre una buona metafora produce con r effettivo tafora nascondesse in sé un'icona. Collegare lo stupore metaforico all'icona significa affermare che, se io uso l'antica metafora araba «La fanciulla è un giunco», ammetto - nello stesso momento in cui propongo la metafora - un legame iconico tra la fanciulla e il giunco. Tale legame. può essere in parte specificato dalla enciclopedia, ovvero dall'intero universo culturale, ma non può essere completamente disambiguato. Si può, ad esempio, ritenere che la parola /flessuosità/ leghi in maniera iconico-culturale i due termini in gioco. Infatti, perché vi sia icona non è necessaria la somiglianza fattuale, basta una similitudine culturale. E proprio di questa similitudine culturale rende conto l'icona la quale, secondo Peirce, è il minimum semiotico, oltre cui esiste solo il disordine degli oggetti. D'altro cantG, la parola / flessuosità I rimane poca cosa per spiegare lo stupore metaforico. Da / flessuosità / il pensiero può essere condotto allora alla parola / giovinezza I e da questa a I bellezza /; ma già siamo piuttosto lontani dai significati dei due termini originariamente in gioco; pur avendo appena dato inizio alla catena iconico-associativa. Il fatto è che, come dice anche U. Eco, le metafore si producono ground culturale, sempre aperto e continuamente infieri, la metafora trarrebbe, via iconico-culturale, le associazioni inconsuete producenti una specie di surplus di significato, una eccedenza che è il momento distintivo della metafora viva, ovvero della metafora poetica che crea stupore in contrapposizione alla catacresi. S e ci si sposta dal piano retorico a quello più logico, si scopre che anche l'abduzione peirceana mantiene la stessa struttura della metafora viva o poetica. Infatti, ciò che gioca un ruolo principale e innovativo sia nella metafora come nella abduzione è il legame iconico. In Peirce e nell'abduzione questo legame viene esplicitato e diviene, anzi, il motore principale di tutto il pensiero creativo umano. È tramite il «debole» legame iconico che l'abduzione può permettersi i suoi audaci salti interpretativi: o traendo associazioni inconsuete per dare nuove spiegazioni a vecchi fenomeni o, addirittura, creando ex novo, indovinando una spiegazione ad hoc per fenomeni inusuali, inconsueti e magari slegati tra loro. La metafora, dal canto suo, non è riuscita a darsi, nel corso della sua lunga storia, una simile esplicitazione. Da Aristotele in poi molaumento di conoscenza. In questo filone interpretativo si riscontra più forte la somiglianza tra metafora e abduzione. I due diversi fenomeni del pensiero non banno però tutto in comune; permane una differenza che meglio si nota all'interno della ricerca scientifica. Premesso che all'interno della scienza si fa buon uso di metafore cognitive, bisogna anche rilevare una diversa direzione di marcia tra metafora e abduzione. Infatti, quando decido di aiutare la mia comprensione di alcuni fenomeni stellari definendoli «buchi neri», io faccio metafora; ma quando invece, aiutandomi con la legge di gravitazione universale di Newton e con osservazioni empiriche, individuo un particolare fenomeno, un caso con caratteristiche, come qualcosa di simile a ~ una stella che invece di essere c::s ~ esplosa dovrebbe essere implosa ·i (perché solo in quel modo si pos- Q.. sono spiegare alcuni fenomeni col- 00 laterali che il fenomeno in questio- ....., ne produrrebbe), allora io faccio ~ ~ una abduzione. C4 ~ Se poi decido di chiamare il ri- . 9 sultato di questa abduzione .cbuco ~ nero», costruendo così una meta- ~ fora, e scopro che la nuova definì- ~ zione mi aiuta ulteriormente nella ~ comprensione del fenomeno, tan- ~ to meglio: vorrà dire che mi sono ~ felicemente servito di una metafo- .a ra cognitiva. ~

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