Alfabeta - anno VI - n. 62/63 - lug./ago. 1984

Mensile di informazione culturale Luglio/Agosto 1984 Numero 6'l163- Anno 6 Lire 4.000 62A ~3 r~°&r~:t~t?E~tale tasKL u gruppo mno • Printed in Italy ·~ Agenzie per la comunicazione pubblicitaria in Milano e Modena :,· ornaledeiGiornaliB: erlinguer.l'affennazione comunista•AffabetUa:nasentenzada cancellare _ GuaneriniI:lpoetamutoViganò•AI.lluminati: - Ilprocessostocastico•DBa ucarest•DaNewYork A. Ponzio: LévinasL lasaittura•A.FolinI:lsilenziodell'ebreo•G. DorRes: GlislranieriallaXLBI iennale F.Leonetti: La materia~nsante•M. Cacciari . Un'immagineelelloraledelPd•L V8"'ine:Miracolo e pompieri•NL. orenzini: La cameradeltempo Testo:Ch.~al: Sulla«Fedra»diSeneca•FR. ella: - La figurachesalva•G.ComollPi:ensarelapace U.Curi: La giustificazionde llaguerra•E.Greblo: L'esperienzdaell'abbandono•CC. arena,P.Fossati, C. 1'1VGnli: Le «grandi o~re» Einaudi .• .D. Puccini: La funzione culturaledell'Einaudi M.Fenaris:El~Hidelladecoslruzione 'IL FerraresiA: bduzioneimetalore Da Rebibbia: L'usodelpentimento •· .C .•Cenlrodidocume1daziosnuellalegislazione :d'emergenza (7)•R. Candia: CharlesMingus IA.11· • .. d. • l1san1•:eal.o, 1 e menalo ~lettere : Immagini: Lo stiledellapoesia • n o rar10. __ Men•, Prete,Tedesco, Arbasino, Guglielmi, Baleslrini, Schiavo, GiacominVi,alduga, Scabia, Galizia, Spi•, Ficara,Krumm, RldfillVi, asioM, izzauD, elGiudiceP,olet

''AMBIENTE VENEZIA,, Festa nazionale dell'ambiente PROGRAMMA DELLE MANIFESTAZIONI POLITICHE E CULTURALI Venezia, 13-23 luglio 1984 VENERDÌ13 LUGLIO Spazio 1°, ore21.00 L'Italia trema: il dopo terremoto in Irpinia-Umbria-Abruzzo partecipano rappresentanti delle Regioni colpite dal terremoto, espérli e il rffin&troZamberletti .-• Spazio 2°, ore21.30 Il viaggio e l'avventura Incontri a soggetto «Soli tra le cime» con Santon (scalatore K2) SABATO14 LUGLIO ore16.00 Incontro internazionale dei giovani su Pace e Ambiente Spazio 1°, ore21.00 A. Peccei: riflessioni sulla sua opera. Questione demografica e uso delle risorse DOMENICA15 LUGLIO orell.00 • I Verdi: tra partito e movimento partecipano i leaders dei movimenti ecologici italiani, francesi, tedeschi LUNEDÌ16 LUGLIO Sala Sindacato Mestre, ore17.30 La salute nei posti di lavoro: è ancora un problema? partecipano G. Berlinguer - R. Tonini - Prof. Gafuri Spazio 1°, ore21.00 Consumi e consumatori: Ambiente-Produzione-Consumo partecipano T. Cortese - G. Nebbia Spazio 2°, ore21.30 Le isole abbandonate della Laguna proposte di riutilizzo partecipano E. Salzano e Gruppi di progettazione del IUAV di Venezia MARTEDÌ17 LUGLIO ore9.30 Convegno nazionale . Gli ecosistemi delle zone umide Tutela e valorizzazione, legislazione, normativa, progetti di intervento partecipano esperti del settore, amministratori pubblici, rappresentanti dei movimenti ecologici Spazio 1°, ore21.00 La scienza e l'impatto ambientale Lo stato della ricerca ambientale in Italia partecipano R. Misiti, Biondi, Montalenti Spazio 1•, ore21.30 Venezia e il suo ambiente nella storia della letteratura: critica di un'immagine partecipa F. Rella MERCOLEDÌ18 LUGLIO ore16.30 Lo smaltimento dei rifiuti: distruggere o riciclare partecipano amministratori pubblici, dirigenti di aziende specializzate, studiosi del settore coordina Ganapini Spazio 1°, ore21.00 Il viaggio e l'avventura Incontri a soggetto «Mito e realtà nel film MarcoPolo. L'avventura di una troupe in Cina» partecipa G. Montaldo GIOVEDÌ19 LUGLIO ore9.30 Convegno nazionale L'ambiente e l'uso dei suoli nella pianificazione e gestione del territorio Collaborazione PCI-INU-IUAV Spazio 1°, ore21.00 Il viaggio e l'avventura Incontri a soggetto «L'armata perduta» partecipa G. Ligabue VENERDÌ20 LUGLIO ore9.30 Convegno nazionale La salvaguardia di Venezia progetti di intervento su acque alte, inquinamento, difesa a mare, tutela ambientale, valorizzazione economica, residenza collaborazione PCI - Comune di Venezia Spazio 1°, ore21.00 L'ambiente Venezia e il suo mito partecipano B. Placido, A. Cipriani, N. Romanelli, D. Crivellari; G. Mazzariol SABATO21 LUGLIO Spazio 1°, ore21.00 Abitare nelle zone umide I problemi della salute dei cittadini partecipano medici specialisti, studiosi, dirigenti di centri tli cura e riabilitazione Spazio 2°, ore18.00 Il Parco della Laguna veneta: proposte a confronto incontro con le Associazioni naturalistiche veneziane ore21.00 Il •viaggioe l'avventura Incontri a soggetto L'ambiente nei documentari di Folco Quilici DOMENICA22 LUGLIO Spazio 2°, ore19.00 Dentro il mare: la morte del capodoglio ore21.00 L'ambiente: una risorsa per un nuovo sviluppo con A. Reichlin LUNEDÌ23 LUGLIO Spazio 1°, ore21.00 Una laguna pulita in un mare pulito Le politiche di disinquinai:nento delle acque in Laguna e nell'Adriatico Le immagindiiquestonumero L'edizione 1984 di Milanopoesia ha sottolineato una nota dominante, quella dello «stile» della poesia dei poeti che leggono. È stato il pubblico, come sempre, a mettere in rilievo, apprezzandolo, il salto di qualità che si è operato in questi ultimi anni, conseguenza del fatto che i poeti hanno imparato a leggere e riescono a fare arrivare agli ascoltatori la forma e la forza della propria scrittura. Così non si può più notare alcun calo di tensione spettacolare quando si passa da Leonetti o da Sanguineti che semplicemente leggono ciò che hanno scritto, a Gino Paoli che interpreta le sue canzoni, tanto per fare un esempio. Perfino una poesia certo non tra le più agevoli da capire al primo ascolto, come quella di Cesare Greppi, è arrivata con una lucidità che ha sorpreso un po' tutti. Si poteva seguire con precisione ogni passaggio di immagine e cogliere il senso prossimo e lontano di analogie e metafore; ma, soprattutto, la costruzione di ogni poesia - nervature e pilastri, porte e finestre - si delineava con chiarezza e si offriva come modello di logica. Osservazione che va1e per tutti, o quasi, i poeti, da Giuliani a Cucchi, da Giudici a Franco Loi (e gli altri che non nomino s'intendano come nominati, da Viviani a Ercolani, da Giacomini a Ortesta, da Sommario Giornale dei Giornali Berlinguer e l'affermazione comunista pagina 3 Alfabeta Una sentenza da cancellare pagina 3 Marinella Guatterini Il poeta muto Viganò (Il sogno del coreodramma, di Autori vari; Presentazione del libro. Prolusione orale, di A.M. Milloss) pagina 5 Augusto Illuminati Il processo stocastico (Potere e secolarizzazione, di G. Marramao; Mente e natura - Verso un'ecologia della mente, di G. Bateson) pagina 6 Francesco Leonetti La materia pensante (Mente e natura, di G. Bateson) pagina 7 Augusto Ponzio Lévinas, la scrittura (Quattro letture talmudiche - Autrement qu'étre ou au-delà de l'essence - L'au-delà du verset. Lectures et discours talmudiques, di E. Lévinas; La communauté inavouable, di M. Blanchot; Judafsme et écriture, di E. Jabès) pagina 8 Alberto Folin Il silenzio dell'ebreo (Nomi propri, di E. Lévinas; Il libro delle interrogazioni, di E. Jabès; L'esilio dellaparola, di A. Neher; Le regioni del silenzio, di Autori vari) pagina 9 Comunicazione· ai collaboratori di «Alfabeta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; b) t_utti gli articoli devono essere corredati da precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: auLo stile della poesia Baldini a Patrizia Valduga... ). La presentazione si limita per , ora a questo rilievo, ma annunciando che nel n. 64 (settembre) Alfabeta pubblicherà una cronaca dettagliata di tutta la manifestazione che qui le immagini di Carla Cerati delineano per intero, o quasi. Per raccontare in immagini lo «stile» della poesia ci voleva unf otografo «di stile», dunque un interprete, in grado di propo"e un proprio discorso, di cogliere la forza espressiva della cornice, i bellissimi cortili di Palazzo del Senato di Milano, sede dell'Archivio di Stato più importante del mondo, e la capacità dei poeti di fondere, per una sera almeno, la persona con il linguaggio, in un'unica articolazione. Francesco Hayez, Ritratto dellacontessa Giuseppina Negroni PratiMorosini (particolare) Unfotografo con la sua macchina vede più di quello che noi vediamo e ce ne dà testimonianza, dunque completa il messaggio globale di un avvenimento che ha detto già molto in una Milano che ha tutte le intenzioni di dimostrarsi vitale. Per questo si può dire che Carla Cerati fa parte di Milanopoesia, e parlare di semplice documento sarebbe diminutivo. Il suo è una sorta di «poema fotografico» e sta insieme alle altreforme che hanno interagito con la poesia più propriamente detta, dalla danza alla musica, dalle luci alle voci. Antonio Porta Gilio Dorfles Gli stranieri alla XLI Biennale (XLI Biennale di Venezia, giugno 1984) pagina 11 Lea Vergine Miracolo e pompieri (XLI Biennale di Venezia, giugno 1984) pagina 11 Massimo Cacciari Un'immagine elettorale del Pci pagina 12 Niva Lorenzini La camera del tempo (La camera da letto, di A. Bertolucci) pagina 13 Da Bucarest a cura di Tatiana Nicolescu e di Maurizio Ferraris pagina 14 Da New York a cura di Stefano Rosso e di Maurizio Ferraris pagina 14 Testo: Charles Segai Sulla «Fedra» di Seneca con una nota di Mario Vegetti pagine 16-17 Giampiero Comolli Pensare la pace («Il giorno prima» 4) pagina 18 Umberto Curi ' La giustificazione della guerra («Il giorno prima» 5) pagina 19 Franco Rella La figura che salva («Debole/forte» 2) pagina 21 Edoardo Greblo L'esperienza dell'abbandono («Debole/forte»3) pagina 22 tore, titolo, editore (con città e data), numero di pagine e prezzo; _ c) gli articoli devono essere inviati in triplice copia; il domicilio e _ilcodice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari. La maggiore ampiezza degli articoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla direzione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma larivista si compone prevalentemente di Dario Puccini La funzione culturale dell'Einaudi pagina 22 Carlo Carena Paolo Fossati Corrado Vivanti Le «grandi opere» Einaudi pagina 23 Omar Calabrese All'amico einaudiano pagina 23 Maurizio Ferraris Effetti della decostruzione (JacquesDerrida e la leggedel possibile, di S. Petrosino; On Deconstruction, di J. Culler) pagina 24 Cfr. pagina 25 Mauro Ferraresi Abduzioni e metafore (Dieci piccoli indiani, di A. Christie; Metaphor, di P. Henle; Co/lected Papers, di C.S. Peirce) pagina 26 Da Rebibbia L'uso del pentimento pagina 27 Centro di documentazione sulla legislazione d'emergenza (7) pagin~ 28 Renato Candia Charles Mingus pagina 29 Antonio Attisani Teatro, dibattito e mercato (La scena del dispiacere, di S. Colomba; Le théiìtre,sorties de sécours, di G. Banu; 'Theatrewritings, di B. Marranca) pagina 30 Lettere pagina 31 Le immagini Lo stile della poesia di Carla Cerati collaborazioni su commissione. Occorre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intel-- lettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti - e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri - in termini utili e evidenti per il lettore giovane o di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Il Comitato direttivo Supplemento Supplemento Letterario. 3 Nota Nello scorso n. 61, per errore redazionale, il nome della nostra collaboratrice Silvia De Laude (€be in quel numero aveva tradotto il «Testo» di Casanova) è stato dato come Delaude. Ci scusiamo con l'interessata e i lettori. mensile di informazione culturale della cooperativaAlfabeto Comitato di direzione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Redazione: Carlo Formenti, Maurizio Ferraris, Marco Leva, Bruno Trombetti Art director Gianni Sassi Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione -via Caposile 2, 20137Milano Telefono (02) 592684 CoordinaJoretecnico: Giovanni Alibrandi CoordinamenJo marketing: Sergio Albergoni Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: Rotografica viale Monte Grappa 2, Milano Distribuzione: MCMaggeriePe~odici Abbonamento annuo Lire 35.000 estero Lire 45.000 (posta ordinaria) Lire 55.000 (posta aerea) Numeri arretrati Lire 5.000 Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137Milano Telefono (02) 592684 Conto Correnu Postale 15431208 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile Leo Paolazzi Tutti i dirilti di proprietà lnteraria e artistica riservati ~ g ____________________________________________________________ ..._ ______ __ ___.~

e Q ual è il senso di quella settimana cominciata con la notizia della morte di Berlinguer, la mattina di lunedì 11 giugno, e terminata nella notte di do-. menica 17 con la notizia che il Pci ormai contendeva alla Dc la posizione di primo partito italiano? Se lo chiedono molti in questi giorni di fine giugno e si cercano risposte da diverse parti: dalla Sardegna, dove il 24 si tengono le elezioni regionali; da Botteghe Oscure, dove si sta decidendo chi sarà il successore di Berlinguer; dalla cosiddetta «verifica» tra i partiti di governo, dove è in gioco la sorte del ministero Craxi, almeno a breve termine. Chi ci legge già conoscerà le risposte a tali domande. Tuttavia è probabile che attendendo verifiche, congetturando e confutando, la domanda sul significato e sulle conseguenze di quella settimana si riproporrà ancora per diverso tempo. Abbiamo perciò radunato in pochi e brevi capitoli una piccola parte della grande quantità di materiali prodotti da quegli eventi, secondo ·prospettive che ognuno potrà confrontare con quelle depositate nella propria memoria. Prima e dopo L'inizio di giugno aveva visto svilupparsi, all'interno stesso della maggioranza di governo, uno scontro di rara violenza attorno ai massimi «misteri» d'Italia: P2, caso Moro e altro ancora. A detta di alcuni dei protagonisti, il sistema politico italiano era apparso sull'orlo di un collasso, di un bellum omnium contra omnes. Non solo una crisi di governo era sembrata Giornale dei Giornali er111az1onc0e111un1s lndex-Archivio Critico de~'Informazione. più volte inevitabile, ma alcuni (e tra loro lo stesso Berlinguer) giungevano a esprimere timori per la stabilità delle istituzioni. Pochi titoli di quei giorni basteranno a rievocare la situazione. Andreotti sotto accusa / Formica: 'Dai nemici di Moro la trama della P2' / E Piccoli replica: 'È un'azione destabilizzante' titolava La Repubblica del 6 giugno; e Il Giornale, lo stesso giorno, P2:·esplode la bomba Formica / vero e proprio 'avvertimento' contro la Dc e contro Andreotti. Il Giorno del 7 titolava a tutta pagina La Dc al Psi: «Sconfessate Formica~ e La Stampa apriva con un secco Governo in pericolo. In questo clima di avvertimenti e di ultimatum, tale da far sembrare imminente un ricorso generalizzato al deterrente di verità e di Davide Mosconi menzogne che i «misteri» italiani hanno stratificato nel sottosuolo del gioco politico, precipitava la notizia che il segretario comunista era in coma in un ospedale padovano. Basta un'occhiata ai quotidiani dei giorni seguenti per constatare il placarsi della tempesta politica, la rottura di una tensione e l'~scesa di una tensione di tipo diverso. La stessa campagna elettorale entrava in letargo per uscirne solo all'indomani dei funerali di Berlinguer, giovedì 14, vale a dire il giorno prima della sua chiusura ufficiale. Il contrasto tra il clima precedente 1'8giugno e quello dei giorni successivi è netto, palpabile, comunque lo si voglia interpretare. All'indomani del risultato elettorale permane qualcosa di rarefatto; non si poteva immaginare un contesto meno traumatico per l'affermazione elettorale comunista. La Borsa indifferente al sorpasso elettorale si leggeva sulla Stampa di martedì 19 giugno: dopo una modesta flessione, quello stesso martedì, l'indice azionario riprendeva a salire. È la quiete dopo la tempesta o la quiete prima della tempesta? Simboli Ogni serie di eventi che abbia avuto un contatto vasto e profondo con la memoria collettiva lascia dietro a sé un piccolo insieme di immagini e di parole destinate a durare più a lungo delle altre. Si potrebbero dire, semplicemente, i • simboli di quegli avvenimenti. Può essere utile tentare un inventario. In un articolo il cui titolo riprende uno dei temi che hanno fatto più discutere, I mass-media e la morte di Berlinguer (Corriere della Sera del 16 giugno), Luca Goldoni ha scritto: «Osservando le foto di Berlinguer - gli occhi ormai vitrei nel mortale pallore del volto - penso che diventeranno storiche, come la celebre istantanea di Robert Capa ... È da quelle fotografie di Berlinguer che comincia la grande emozione popolare che si acuirà nei giorni successivi, durante l'agonia seguita attraverso la Tv». Accanto alle immagini, alle registrazioni dell'ultimo comizio di Berlinguer (particolarmente drammatica la frase pronunciata prima del malore e ripetuta più volte dai telegiornali: «Guardate l'ironia - il decreto passa e il governo cade»), bisognerà porre alUnasentenzadacancellare Q uesto numero di Alfabeta esce a circa un mese di distanza dalla sentenza per il processo « 7 aprile». Ciò nonostante, teniamo anzitutto a rallegrarci, a esprimere la nostra gioia per l'assoluzione di uno degli ideatori del nostro giornale culturale, e suo condirettore, Nanni Balestrini. Diciamo subito che ci auguriamo che anche l'insufficienza di prove venga cancellatada una sentenza successiva che trasformi tale ambigua e ingiusta dicitura in un lampante «per non aver commesso il fatto» e che riconosca l'operato di Balestrini come intellettuale e poeta. Ma perché questo accada occorre, oltre a una più esatta valutazione dei fatti, per Balestrini e per molti altri, un orientamento politico generale decisamente diverso e nuovo rispetto a quello che ci ha accompagnati durante questi cinque anni di resistenza e attesa, anni in cui è nettamente prevalso l'indirizzo della estesa criminalizzazione del '68 e dei movimenti degli anni settanta. Stiamo, come tutti, attendendo il dispositivo della sentenza per capire un po' meglio come è stato rifmito questo «mostro» giuridico del «7 aprile» (e già ora non comprendiamo affatto l'esultanza di un Calogero che ha proclamato: «io avevo ragione», quando tutto il processo gli ha dato palesemente torto). Leggiamo, per esempio, talune osservazioni di Guido Neppi Modona (su La Repubblica, 13 giugno /984) che sottolineano in tutta tranquillità gli «aspetti abnormi di questa vicenda giudiziaria», e avanzano un dubbio significativo, chiedendosi «se i giudici di Roma hanno creato una nuova specificafigura di banda armata per gli imputati del '7 aprile', di cui ancora non si conosce il nome». «Perché» conclude Neppi Modona «in questo caso non potremo far altro che richiamarci alle garanzie del nostro sistema processuale che conosce l'appello ed il ricorsoper Cassazione per porre rimedio agli eventuali errori dei giudici di primo grado». Leggiamo ciò con forte amarezza e un'inquietudine che si rinnova . e aumenta, perché queste affermazioni, come altre, arrivano dopo cinque anni di carcerazione preventiva, anni indegni di un sistema che continua a proclamarsi istituzionalmente democratico. Se torniamo per un istante a un caso tra i più fortunati, pur nella durezza dell'esilio, appunto quello di Baiestrini, possiamo osservare come la sua vicenda ne chiariscamolte altre consimili. Partito da un'imputazione di /9 omicidi, tra cui quella di strage (l'assassinio di Aldo Moro e della sua scorta), le cosiddette prove a suo carico sono man mano impallidite fino a diventare grottesche e dover essere dichiarate «insufficienti» dai giudici romani. Infatti, il crollo del pilastro fondamentale del cosiddetto «teorema» Calogero, il delitto Moro, non ha cancellato la rete che vi era stata appesa, tessuta da imputazioni immaginarie, sempre meno gravi, e comunque sempre senza prove reali, ma egualmente gravide di anni di carcere, come abbiamo constatato. Fatti abnormi che saltano agli occhi di tutti. E allora? Il «mostro» nato dalle rovine del «teorema» calogeriano, dall'invenzione dell'insurrezione armata contro lo Stato (che ha fatto portare il processo a Roma, lontano dalla sua sede naturale, Padova) e infine inquinato nella sentenza dal sospetto finale di una nuova e autonoma definizione della figura giuridica di banda armata, ora deve essere distrutto, mentre questa sentenza tenta ancora disperatamente di tenerlo in vita, nonostante risulti mutilato fino al punto da diventare irriconoscibile, dunque ancora più mostruoso. Questo incubo va cancellato da una volontà politica nuova di profondo rinnovamento delle istituzioni democratiche che ancora resistono. Uno Stato democratico non può reggersi sulla volontà di «sorvegliare e punire» che di per sé lo nega, come si autonega e autodistrugge nel momento stesso in cui punisce le opinioni, che deve invece salvaguardare, comprese quelle che ne teorizzano la distruzione. Perché la risposta di una democrazia è il suo stesso funzionamento secondo le regole e le leggi indivisibili delle libertà, in primis quella di avere e esprimere opinioni. Gli eventuali limiti di questa essenziale forma di libertà sono tracciati dai fatti e dai comportamenti, ma un democratico non può tollerare una repressione di tipo giudiziario che pre-giudica i fatti e criminalizza chiunque si opponga con la forza della passione e della logica al degrado della res pubblica. Questo il punto. Abbiamo letto anche lo scritto di Virginio Rognont, non direttamente riferito al « 7 aprile», pubblicato dal Corriere della Sera (/3 giugno 1984). Certo non si può che essere d'accordo su~'esigenza di una lettura non mediocre, non appiattente della nostra storia, dalla Resistenza in poi. Ma perché una lettura forte, e perfino nobile, sia possibile occorre togliere di mezzo i guardiani impropri, come il «mostro» del « 7 aprile», che sottolineano soltanto la debolezza della politica, la sua riduzione a corporazione privilegiata e onnipotente, affaristica e corrotta, come è ovvio che sia al di fuori dei principi democratici. Ci auguriamo dunque che si smetta di contrabbandare sotto la comoda etichetta di «terrorismo» tutto ciò che si vuole ridurre al silenzio. Nelle presenti condizioni, in questo Stato, il terrorismo diventa un bersaglio depistante per fare avanzare nell'ombra complotti come la P2. Le vicende di Toni Negri sono state senza dubbio sconcertanti, ma il loro peso si vanifica se lo confrontiamo con tutto quel che è successo negli ultimi dieci anni a livello di corruzione e di inquinamento, e perfino di utilizzo dello stesso cieco terrorismo. Difficile, ci sembra, negare queste evidenze. La direzione e la redazione· di Alfabeta

cune frasi, alcuni gesti di Pertini. Com'è noto, il comportamento di Pertini in occasione dell'agonia e della morte del leader comunista ha sollevato più di un mugugno, che non si è trasformato in aperta polemica, probabilmente, solo per il particolare «alone» che circonda il presidente della Repubblica. Non casualmente, si è parlato di un «effetto Pertini» sulla copertura che i media hanno dato alla vicenda Berlinguer. La frase che forse ha assunto un-valore emblematico del comportamento di Pertini è quella detta dal capo dello Stato subito dopo la morte di Berlinguer: «Lo porto via con me, come un amico fraterno, come un compagno di lotta». Com'è ovvio, le immagini della partecipazione di massa ai funerali romani del 13 giugno entrano a buon diritto nella collezione simbolica. Ma la peculiare dimensione di «tragedia nazionale» assunta dalla morte del leader comunista è ben rappresentata da un fatto che ha scandalizzato molti comunisti e che non :tutti hanno trovato gradevole: l'ingresso del segretario del Movimento sociale nella sede di via delle Botteghe Oscure pe~ rendere omaggio alla bara del segretario comunista. Gli enormi titoli in rosso di due edizioni straordinarie dell'Unità sono entrati nella mente di molti che non sono lettori di quel giornale: Addio, ripetuto nella folla di piazza San Giovanni e nei televisori; Primi, che il pomeriggio del 18 giugno informava i passanti meno informati che il «sorpasso» era avvenuto. Sorpasso è la parola che in questi giorni è uscita dal contesto automobilistico e dalle filmografie per condensare stati d'animo collettivi, di giubilo, di disappunto, di timore, di scetticismo. Quel sorpasso che, dai recessi dei modelli computerizzati della Doxa, è apparso nelle cifre sul video, è scomparso, si è trasformato in una enigmatica parità nell'ultima proiezione con cui gli spettatori televisivi sono stati mandati a dormire alle 2 del 18 giugno. Elogi e necrologi ."' Sono comparsi subito, ·-g~à,~ui quotidiani dell'8 giugno, e sono continuati fino alla notizia che la morte del segretario comunista era infine avvenuta. Il necrologio è stato ripetuto per cinque giorni in centinaia di articoli, dichiarazioni, servizi speciali. Nella presentazione editoriale di Panorama n. 949 leggiamo: «Panorama e la casa editrice Mondadori si sono impegnate in una operazione giornalistico-editoriale che forse non ha precedenti. In 48 ore di tempo è stato redatto l'istant (termine quanto mai appropriato in questo caso) book che i lettori trovano allegato a questo numero». Per la cronaca, si intitola Berlinguer un'idea - l'uomo, le battaglie, le vittorie, le sconfitte. Come selezionare in una valanga di valutazioni, emozioni, ricordi, aneddoti, note biografiche, qualcosa di significativo per i nostri lettori? La cosa migliore è forse non scegliere affatto e limitarci a qualcosa di quanto hanno scritto alcune delle più prestigiose testate straniere. A good communist enuncia in modo telegrafico e bifronte il sommario del settimanale inglese The Economist. Il titolo del Wall Street Journal del 12 giugno indica pragmaticamente un modo per considerare il leader defunto come un «buon» comunista: Enrico Berlinguer, Who Pushed Italian Communists To Break With Moscow, Dies of Stroke at Age 62. Berlinguer è «colui che ha spinto i comunisti italiani a rompere con Mosca». Il giudizio moderatamente positivo sulla politica estera non si estende a quella interna: «la linea dura sulla scala mobile - conclude l'articolo - è sembrata il camuffamento di una mancanza di prospettiva sulla strategia del partito». . _ L'editoriale di Le Monde (La deuxième mort de l'eurocommunisme) afferma che «la prima morte dell'eurocomunismo è stata una lunga agonia» e che «la scomparsa di Enrico Berlinguer costituisce la sua seconda morte», anche se «l'idea non scomparirà» e «rinascerà senza dubbio, un giorno, dalle sue ceneri». L'inizio dell'editoriale testimonia che l'estensione inusitata degli omaggi alla figura di Berlinguer non è stata un fenomeno solo italiano e non ha sorpreso solo in Italia: «Vi era qualcosa di eccezionale in Enrico Berlinguer. Confusamente, la maggior parte degli occidentali, non solo gli italiani, lo avvertono. Di qui gli omaggi pressoché unanimi e senza dubbio più sinceri delle frasi fatte che in genere salutano l'uscita di scena dei 'grandi' di questo mondo». Eventi Le polemiche su Berlinguer e i mass media in quella settimana cruciale sembrano talvolta presupporre che i media abbiano operato come un blocco compatto. Se osserviamo i quotidiani e il loro rapporto con gli eventi, viceversa, emergono differenze non riducibili a qualche sfumatura. I giornali di mercoledì 13 giugno (è la data dei funerali di Berlinguer) registrano un altro fatto di rilievo: la sentenza del processo 7 aprile. Ogni testata deve stabilire, fin dalla titolazione, una priorità tra i due eventi. Corriere della Sera e La Repubblica aprono la prima pagina, rispettivamente, con i seguenti titoli: L'addio a Berlinguer / Oggi i solenni funerali, i partiti sospendono le manifestazioni elettorali; L'Italia dà l'addio a Enrico Berlinguèr / Anche Almirante gli ha reso omaggio. In entrambi la sentenza 7 aprile fa da «spalla» al titolo principale. Nella Stampa e nel Giorno il rapporto è inverso. Il quotidiano torinese apre su sei colonne con Negri condannato a 30 anni; di spalla, su tre colonne, Addio a Berlinguer / presente Gorbachev. Il quotidiano dell'Eni titola a tutta pagina Trent'anni a Negri. Sotto, campeggiano tre immagini a colori: il professore condannato, il presidente della Corte, il papa all'inizio del suo viaggio in Svizzera. Nella seconda metà della pagina Oggi a San Giovanni l'ultimo saluto a Berlinguer; ma il fotocolor sotto il titolo è quello di Platini. Ancora diversa la soluzione adottata dal Giornale e dal Tempo. Il quotidiano di Montanelli apre su quattro colonne sulla sentenza 7 aprile; a fianco, su cinque colonne: Oggi per l'ultimo saluto a Berlinguer / il Pci conta su un milione di persone / sarà sepolto vicino al padre e non a Togliatti. L'occhiello pres~nta un giudizio netto: Alla commozione sincera si è ormai sovrapposta la macchina di partito; il giudiiio è ribadito in un ampio corsivo, subito sotto il titolo, L'industria delle lacrime. Vi si legge: «Si può capire che il Pci cerchi di trasformare la commozione popolare in voti. Meno si può capire la melodrammatica sceneggiata dei politici di cui uno psichiatra ha fornito questa spiegazione: Berlinguer rappresenta i sensi di colpa degli italiani, noti a!Ilmiratori dei furbi (... ). Da morto, togliendosi di mezzo, ci libera dal senso di colpa, e gli vogliamo bene». E ancora: «quando il rapporto personale viene confuso con quello politico - ammonisce Renzo De Felice - non ci si può meravigliare che la gente comune finisca con l'esserne influenzata nelle decisioni elettorali. I dirigenti del Pci lo sanno e hanno deciso addirittura di far votare per il defunto. Anche a loro il ludo macabro non d1 piace». Sul versante opposto, Il manifesto esibisce sotto la testata, a tutta pagina, una grande foto della lunga coda di cittadini che attendono di entrare nell'atrio di Botteghe Oscure. Nella seconda metà della pagina un secco Sentenza fascista sul 7 aprile. Per i suoi cinque anni di realizzazione e per il susseguirsi di accuse, sempre ampiamente pubblicizzate e spesso cadute, il processo 7 aprile è stato definito un «processo a mezzo stampa». Ed ecco che la sentenza viene a coincidere con altri eventi clamorosi. Non si può dire che l'informazione e l'analisi ne traggano giovamento. Emerge una certa confusione. I titoli sono quasi tutti incentrati sulla condanna a Negri; nell'ammasso, le 14 assoluzioni non fanno quasi notizia. Dalla titolazione del Tempo si potrebbe capire che non esistono neppure: Riconosciuti tutti colpevoli i suoi [di Negri. Ndr] discepoli di Autonomia. Per Il manifesto, «il teorema è compiuto»; per La Stampa, «cade il teorema, restano le rapine e gli agguati». I quotidiani di giovedì 14 accordano tutti la preminenza ai funerali diJ3erlinguer, ma la presentazione dell'evento è tutt'altro che omogenea: si va dal caloroso titolo della Repubblica (Il popolo con quella bara), che accompagna una grande foto della folla, a quello, certo non simpatetico, del Giornale (Grande folla ai funerali di Berlinguer / tra canti, invocazioni, cortei e comizi) che introduce un articolo di fondo assai esplicito: Meritava di ·meglio. Enzo Cosimi Venerdì, sabato e domenica il tema elettorale assume in tutti i giornali la posizione dominante. Non vi sono più hard news preminenti che vincolano strettamente le titolazioni principali. Qui e là altri eventi si affacciano in ordine sparso a fare da spalla: il voto nei paesi europei dove gli elettori sono andati alle urne giovedì; la proposta di Reagan a Mosca per un summit; il rinvio a giudizio di Sindona per il caso Ambrosoli; lo sciopero dei doganieri; le previsioni sulla successione a Berlinguer. Eppure, anche in questo panorama «elastico», sembrano emergere dalla stampa due costanti ben definite: il tema del «sorpasso» e gli appelli contro l'astensionismo. Due aspetti che occorre analizzare più da vicino. • Esortazioni e profezie La parola «sorpasso» appare già nei titoli di testa di venerdì 15, ultimo giorno della campagna elettorale ufficiale. La Repubblica e La Stampa hanno un titolo addirittura identico: La Dc teme il sorpasso. Il quotidiano della Fiat nell'occhiello aggiunge: Il voto sotto l'influenza della morte di Berlinguer. Il Pci potrebbe superarci titola Il Giorno, sotto l'occhiello in rosso: Allarme di De Mita. Accanto, si spiega: «Se alla grande mobilitazione comunista corrisponderà l'astensionismo, si avrà un risultato 'disastroso per il paese'». Più composita, ma di analogo contenuto politico, la titolazione del Corriere della Sera: Scarsa l'affluenza alle urne per l'eurovoto in quattro paesi / In Italia la Dc teme il sorpasso del Pci. Il Giornale preferisce titolare con un richiamo unitario alla maggioranza di governo (I cinque uniti per neutralizzare l'«effetto Berlinguer» sull'eurovoto), ma l'editoriale di Montanelli annuncia: Ora il so~ è più vicino. Sabato e domenica registrano qualche riequilibratura: La Stampa mette in evidenza che I partiti criticano De Mita per l'allarme sul sorpasso; Il Giornale titola Craxi e la Dc chiedono un voto che rafforzi la maggioranza di governo; La Repubblica presenta tre parole d'ordine. Conto alla rovescia / Craxi: 'Stabilità'. De Mita: 'No al sorpasso' I Il Pci: 'Ma il vero pericolo è questo governo'. Tuttavia, i temi più ripetuti restano quelli ben in evidenza nel titolo di testa del Tempo, I rischi: assenteismo e sorpasso. Particolarmente impegnato contro l'astensione dal voto è Il Giorno con due titoli a tutta pagina: Quattro ragioni per votare (sabato) e L'Europa val bene una domenica. E già venerdì una intervista ad Andreotti era presentata dal Giornale con questo titolo: Andreotti: guai a disertare / «Altro che andare al mare o ai laghi». «Balneare» anche l'articolo di fondo di Gianfranco Piazzesi sulla Stampa di sabato: Se ìnolti vanno al mare. Nel fondo di Piazzesi e in quello di Enzo Forcella sulla Repubblica di domenica si manifesta una controtendenza sul tema del sorpasso. Scrive Piazzesi: «Ora dicono: attenzione alle ondate emotive! Incombe lo spettro del 'sorpasso'. Il Pci può prendere la maggioranza relativa! Certo, il sorpasso della Dc da parte comunista non sarebbe una cosa piacevole, nel momento attuale. Ma non vorremmo che a una ondata emotiva se ne contrapponesse una di segno contrario». E conclude: «Lo dicono in tanti; però non sembra che Annibale sia alle porte. E ricordiamoci che i politici sono quasi sempre bugiardi, anche quando fanno i profeti di sventura». Se La Stampa sembra, a fil di logica, più preoccupata di uno squilibrio fra la Dc e i suoi alleati laici, La Repubblica, con il fondo di Forcella, Il sorpasso del Pci e i fantasmi del '48, giunge a una conclusione diversa: «Ahimè, se il segretario della 'rifondazione democristiana' (... ) non ha ormai altre frecce al suo arco se non quelle di resuscitare, addirittura con le stesse parole, i fantasmi del 1948 bisogna davvero pensare che i tempi sono maturi per il sorpasso». Effetti C'è stato, secondo molti, un «effetto Berlinguer», mentre è mancato l'«effetto Craxi». Ma si è parlato anche di un «effetto Tognoli» e di un «effetto Spadolini» che sarebbe venuto meno. E si è scritto molto degli «effetti media» che avre~bero amplificato l' «effetto Berlinguer»; in proposito è stato invocato anche l'«effetto Pertini». L'Europeo n. 26 si chiede «quanto ha contato l'atteggiamento di Pertini» sul successo elettorale comunista (Con quel sorpasso, Sandro, andrai fuori strada?). «Ore intere di speciali, titoli di testa con susseguenti cinque-sei servizi su ambedue i principali telegiornali e processioni di uomini politici che descrivevano il loro cordoglio. Senza contare il larghissimo uso delle trasmissioni in diretta che, culminate in più di due ore di cerimonia funebre teletrasmesse dal Tgl, contavano su postazioni continuamente al lavoro alle Botteghe Oscure e all'ospedale di Padova» scrive il settimanale, che riporta poi l'autodifesa di Nuccio Fava, vicedirettore del Tg 1: «A nessuno è passato per la testa che si trattasse di una scelta che andasse al di là di un'ovvia opzione professionale ( ... ). E poi, quando Pertini è andato a Padova·, avrebbe avuto senso allòntanarsi, abbandonare gli avvenimenti ormai caratterizzati dalla presenza del presidente della Repubblica?» Un anonimo funzionario Rai, citato dall'Europeo, ha tirato in ballo anche una «sindrome di Vermicino»: «esiste anche la sindrome di Vermicino: una volta che il presidente della Repubblica è là, chi si muove più?» Il fatto è che, per solito, le consultazioni elettorali avvengono al1 'interno di un ambiente di comunicazione attentamente soppesato (che non vuol dire necessariamente equilibrato), secondo una certa configurazione standard. Quando eventi «esterni» vengono ad alterare tale configurazione, è inevitabile che le parti svantaggiate vedano nei risultati l'effetto dell'alterazione intervenuta. Ma l'ossessione degli «effetti» non rischia di riportare all'immagine di un elettorato passivo, in preda ai mezzi di comunicazione di massa che lo «manipolano», come usava dire tempo fa? L'ironia della storia, per una volta, ha fatto scambiare i ruoli nella vessata questione. Non per questo il livello del dibattito è migliorato di molto. Interpretazioni Si giunge così all'ultima tappa: l'interpretazione dei risultati elettorali. Com'era chiaro già prima del voto, le interpretazioni variano essenzialmente in funzione del «fattore emotivo» legato alla morte di Berlinguer, si chiamino o no in causa i media per averlo amplificato. Schematizzando, le interpretazioni date fin qui da politici, politologi, commentatori, si possono riferire a due prospettive opposte. Nella prima il dato politico (il risultato elettorale) è ridotto a quello «emotivo», suscitato dalla morte di Berlinguer. Nella seconda il dato «emotivo» è ridotto al giudizio politico che vi sarebbe implicito e che avrebbe poi trovato espressione nel voto del 17giugno. Nella prima, perciò, il risultato elettorale assume un carattere contingente, transitorio; nella seconda assume un senso pieno, «storico», indipendente dalle contingenze. Nessuno è così stolto da seguire fino in fondo queste prospettive estreme, ma molti le hanno evocate dopo il 17 giugno, forse non avvedendosi delle conseguenze paradossali di simili ragionamenti. Infatti, non è possibile negare l'evidenza di una campagna elettorale quasi inesistente, dominata da flussi informativi che per molti giorni hanno posto in primo piano una immagine positiva del Partito comunista. I pochi giorni tra i funerali di Berlinguer hanno quindi visto prevalere il tema del «sorpasso», e ciò ha indubbiamente giovato alla Dc. D'altra parte, insistere sull'«ondata emotiva» e sulla ccirrazionalità» del voto significaattribuire la prerogativa della razionalità solo alle posizioni proprie, relegando il voto espresso da milioni ~ di italiani nelle contingenze della -~ psiche. ~ Dissolvere ciò che è accaduto il ~ 17giugno nelle nebbie dell'irrazio- ~ nale ovvero irrigidire ciò che è ac- 'e:; caduto attorno all'll giugno nel- ~ l'astrazione politica può giocare __ brutte sorprese. L'intreccio di ca- j sualità e di necessità degli eventi di quella settimana resta da dipa- ~ nare. Le interpretazioni che ten- ~ dono a negare quell'intreccio at- i:: ~ tengono alla propaganda e non do- -0 vrebbero ingannare, vogliamo ~ - sperarlo, i loro fautori. i::

Il poeta ~l~,to Viganò Autori vari Il sogno del coreodramma. Salvatore Viganò, poeta muto a c. di Ezio Raimondi Bologna, Il Mulino, 1984 (coli. «Proscenio») pp. 337, lire 25.000 Presentazione del libro Prolusione orale di Aurelio M. Milloss Teatro com. «Romolo Valli» Reggio Emilia, marzo 1984 Il Se Viganò fosse riuscito a '' inventare "l'art d'écrire les gestes et les groupes" si sarebbe a distanza parlato di lui più che di Madame de Stael». Questo appunto di Stendhal motiva almeno da due punti di vista l'importante riscoperta del coreografo Salvatore Viganò (17611821): in quanto tale, e nei metodi di approccio alla sua opera dispersa. Come si sa, la danza non si scrive se non adottando un altro linguaggio, che scrive soprattutto se stesso più che l'oggetto della sua trascrizione. Tuttavia, mantenere intatto un approccio estemporaneo- recensorio, quasi - all'opera viganoviana come se si trattasse di una produzione contemporanea, nel tentativo, scrive Raimondi, «di desumere da un'ermeneutica scritta un'ermeneutica visiva», appare di straordinaria novità specie per la cultura e la storiografia di danza, troppo spesso restie a restituirci l'archeologia dei grandi coreografi del passato. Ed è anche il fascino e il mistero che seducono Stendhal nonostante il rammarico di vedere sfumata, dopo pochi anni dalla prematura scomparsa di Viganò, la sua imprescindibile lezione tersicorea. Stendhal, esule a Milano negli anni trionfali del «coreodramma», è mosso dal piacere di descrivere più che di decodificare l'arte viganoviana, immerso negli entusiasmi di una contemplazione tutta emo~ tiva, in un dramma inedito che lo scuote più delle tragedie di Shakespeare. E a quel dramma o «coreodramma» vorrebbe avvicinarsi, a distanza di tempo, in modo coerente e forse più meditato rispetto alle entusiastiche effusioni contenute nei suoi epistolari dall'Italia («Canova, Rossini et Viganò, voila la gioire de l'Italie actuelle»). Gli autori del Sogno del coreodramma (oltre a Ezio Raimondi, Luciano Bottoni per i rapporti con la cultura europea contemporanea, Rossana Dalmonte sulla mu:. sica, Fabrizio Frasnedi per le intersezioni tra gestualità, mimica e danza, Anna Ottani Cavina sulla pittura e scenografia) esplorano la vasta materia viganoviana con una curiosità tutta calcolata, già erudita, ma poi brillantemente cedono lr) le armi della ricerca minuziosa per ~ far affiorare quel tanto di inespri- .::: ~ mibile, di non univoco, che rende ~ così aperta la chiosa di danza. ~ Basti solo meditare sul titolo -. sfuggente del libro (Sogno) e leg- ~ gere il problematico saggio sul ~ rapporto tra Viganò e le arti visive -~ di Anna Ottani Cavina («l'unicità } ha un senso solo quando si tratta di stabilire dei fatti, non quando è ~ in gioco l'interpretazione; e 'sen- ~ so' non è una tautologia, ma rac- ~ chiude sempre in sé qualcosa di ~ più dell'oggetto concreto dell'e- l nunciazione», da una nota del sag- ~ gio, tratta da C.G. Jung, Lettera a un giovane studioso), per capire che è questa chiosa aperta a emergere in tutte le componenti letterarie, musicali, gestuali e d'immagine del testo. Una chiosa che si dilata fino a toccare i limiti della rinuncia a se stessa, e si restringe di volta in volta nell'accostamento alle fonti più preziose come i Commentarii della Vita e delle Opere Coreodrammatiche di Salvatore Viganò e della Coreografia e de' Corepei, scritti da Carlo Ritorni (1838), biografo di Viganò, come le varie dissertazioni dei romantici lombardi sulla sua missione - davvero tale, considerata la brevità e l'intensità del messaggio contenutovi. noverriano. Una somma di teorie racchiuse innanzi tutto nelle prime famose quindici Lettres sur la danse, del 1760, che non chiariscono soltanto le prerogative del «ballet d'action» ma influenzano tutta la danza del tardo Settecento e quella successiva alla missione viganoviana per circa cento anni (Aurelio Milloss). Noverre aveva assegnato alla danza il compito di esprimere anche le azioni drammatiche senza bisogno del supporto recitativo di attori o cantanti, come era in uso precedentemente. Tuttavia, la tecnica dei suoi balletti rispondeva ancora alle regole della «danse d'école», fissata ali'Académie ancora alla verosimiglianza, anche se alla verosimiglianza stilizzata della pittura. I balletti noverriani per tanto non dovevano risultare né dinamici né organici, piuttosto giustapposizioni di frammenti assai diversi tra loro: danze puramente decorative (il vecchio divertissement), pantomime e stilizzazioni di stati d'animo. Tra l'altro, in genere, la danza pura occupava un posto secondario («dans les scènes on marche en mesure à la verité mais sans danser», dice un appunto di Diderot e Grimm riportato nel libro), per lo più in chiusura degli avvenimenti drammatici. S alvatore Viganò superò queste formule elaborando anche il pensiero del maggior teorico antagonista di Noverre, l'italiano Gasparo Angiolini, fautore di una pantomima «misurata sulla musica» per un'azione più scarna e essenziale. Angiolini preannuncia già una pantomima guidata da uno spirito di danza, plasmata in forma coreografica, ma è solo con Viganò che il dramma danzato - sia esso a carattere mitologico, storico o individuale - si trasforma in un'opera unica, organica, dove il ritmo, la velocità di cambiamento, la misura dello spazio, il movimento, so- • no regolati a misura di un «teatro totale» come una Gesamtkunstwerk. È questa totalità d'intervento (Viganò, dice Milloss, è un wagneriano ante litteram), questo pensiero che trasforma il testo in progetto autonomo, questo trascolorare Katalin Ladik e Bob Cobbing 'della parola (pantomima) in poesia corporea (danza), ma anche la ricchezza, la fastosità dei cavalli e degli animali in palcoscenico, delle «apparizioni cosmoramiche», a affascinare il pubblico colto e popolare (come il Giovannin Bongee di Carlo Porta) del tempo. Ai romantici lombardi, in particolare, le opere viganoviane (il Prometeo, la Mirra «più toccante di quella alfieriana») dischiusero la forza del- !' espressione gestuale, gli orizzonti di un linguaggio inedito, potente e S orprendentemente, Viganò non sopravvisse a se stesso. Percorse il cielo della danza europea come una cometa rapidissima. Napoletano, figlio d'arte (la madre è una valente pantomima sorella di Luigi Boccherini, e il padre Onorato è un coreografo), egli raccoglie la lezione familiare, che qualche addentellato doveva ancora avere con la tradizione girovaga degli attori della Commedia dell'arte, cercando soprattutto di avvicinare le esperienze più inedite della coreografia del suo tempo senza pregiudizi rispetto alle ascendenze. Per questo, lo troviamo in Spagna affascinato dalla danza folklorica di quel paese e convinto dell'urgenza di dover esprimere attraverso la danza non solo la purezza di uno stile e l'eleganza dei passi, ma anche i sentimenti e le passioni. Quindi a Parigi, presso il discepolo più importante del massimo teorico della danza francese, Jean George Noverre - quel Dauberval che, nel 1789, aveva firmato il primo balletto borghese che la storia della danza ricordi, La Fil/e mal gardée. Da Dauberval Viganò apprese tutte le coordinate del pensiero Royal de la Danse di Parigi nel 1661. Di qui la contraddizione tra teoria e pratica che si coglie nell'opera noverriana e il tentativo di Viganò non tanto di superare il consolidato spettacolo di danza nella confeziorte, quanto nel suo linguaggio intrinseco. Il coreografo comprese che una tecnica lineare basata sulle componenti meccaniche, in un rapporto di assoluto equilibrio geometrico tra corpo e spazio, non poteva tradurre i turbamenti dell'anima, l'effusione dei sentimenti, la dinamica delle azioni. Anche Noverre non ignorò questo problema oggettivo, ma lo risolse traducendo la successione degli eventi drammatici nell'unico linguaggio gestuale mimetico già depurato, però, della sua forza vitale, di trasformazione del dato reale in arte - cioè in una pantomima statica ispirata alla grande pittura del secolo. Concettualmente, si manifesta nell'opera noverriana non tanto il rifiuto di abbassare la danza a un linguaggio volgarmente realistico «da sordomuti» quanto, piuttosto, un ennesimo riconoscimento del pensiero aristotelico. L'arte espressiva del «ballet d'action» doveva puntare - secondo Noverre - immaginario, libero, ma allo stesso tempo logico perché regolato da una (nuova) composizione coreografica. A Viganò si deve l'uso variato e polifonico del corpo di ballo. Nelle sue azioni - come si desume dalle descrizioni del Ritorni - i danzatori non si esprimevano all'unisono, bensì individualmente, in un gioco concertante che animava la scena «di angolo in angolo». Ormai privi degli ingombranti costumi barocchi, molto spesso vestiti di semplici tunichette (che non mancarono di stupire, di turbare, di sollecitare la fantasia erotica degli spettatori), questi danzatori - tra cui va ricordata almeno la Pallerini, grande interprete drammatica - mutuavano passi e espressioni secondo gli schemi prestabiliti dal coreografo nell'intento di rendere immediatamente leggibili gli intrecci tematici. Per fantasia compositiva, per pregnanza dei temi prescelti (si pensi al mito di Prometeo, ma anche all'allegorico Noce di Benevento, fitto di simbologia, dove il Bene e il Male v~ngono contrapposti in modo scenicamente complesso, senza semplificazioni), per la molteplicità della scrittura corporea, che alterna tutti i possibili dettagli dell'eleganza francese e la ricerca di un'espressività interiore, psicologica e terrigna, l'opera di Viganò si proietta ben oltre il balletto romantico e tardoromantico. Le sue problematiche assomigliano molto al teatro di danza contemporaneo nel suo desiderio di coinvolgere di nuovo lo spettatore nel racconto di temi riconoscibili, trovando la forma adeguata alla loro messa in scena senza dimenticare quei respiri formali, quelle pause astratte, a cui si è dedicata unilateralmente molta coreografia contemporanea. Il senso della riscoperta viganoviana è anche questa particolare forza propositiva, di confronto, con l'immediato presente. Solo come esempio di come non sia possibile avvicinare nuovi soggetti di danza senza rimetter mano all'impostazione tecnica - di quanto sia indispensabile, per uno sguardo totale, la raccolta di materiali gestuali plurimi (si pensi al ballo di sala nel teatrodanza di Pina Bausch) - l'operato di Viganò si rivela di grande novità. Non sfugge al corpo del Sogno del coreodramma l'importanza che Viganò ebbe per il suo tempo. Tanto è vero che i curatori nei diversi e compl~mentari capitoli dell'opera fanno a gara a ricercare citazioni e raffronti. Tutto il nuovo mondo estetico, filosofico e artistico italiano a cavallo tra Sette e Ottocento pare si sia rispecchiato nell'opera viganoviana e viceversa, con il risultato di delineare un mosaico sfaccettato e impressionante per gli stessi curatori che scoprono, montando la ricerca, quanto «la storia del balletto e del mimo è insieme una storia della cultura, un capitolo della psicologia storica, dell'espressione umana». A questa non ovvia scoperta, di cui è prova la mancanza di ricerche illuminanti come questa, avrebbe senz'altro giovato l'apporto di un tecnico della danza. Il testo sembra volontariamente sottrarsi a una verifica specifica, interna, della materia danza - in questo ricadendo contraddittoriamente nell'opposto esatto dell'enunciato riportato sopra. Le storie del balletto e del mimo, infatti, appartengono alla storia della cultura proprio perché hanno tradizioni, regole, percorsi autonomi, non ignorabili. Persiste, crediamo, una congenita diffidenza nei confronti della critica e della storiografia di danza che si fonda, forse, su dati oggettivi ma anche su pregiudizi pericolosi, tanto più se incrinano - come in questo caso - la chiarezza della sezione dedicata al gesto viganoviano e i molti (ambigui o impropri) riferimenti di danza. Salta subito agli occhi la confusione e talvolta la contraddizione •tra capitolo e capitolo sui termini appropriati per distinguere e le varie parti di cui si compone l'opera viganoviana e il suo insieme. La definizione esatta, generale, dovrebbe essere comunque quella di «balli» o «coreodrammi» - come brillantemente suggerì il Ritorni - ovvero coreografie fortemente caratterizzate da un impianto drammaturgico, e narrative. Occorre insistere sul termine 'coreografia' perché infine il lavoro di composizione e di confronto di corpi, spazi, oggetti, musica, svolto da Viga-

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